La Gente di Mare di Loano

La “Gente di Mare” di Loano, dai secoli lontani ai giorni nostri.

 Il lavoro sul mare o per il mare è da molti secoli fonte di reddito e prosperità per le genti loanesi; oggi molto importante a sostegno del turismo e a guardia della sicurezza dei ‘bagnanti’ ma un tempo lavoro duro, in mare aperto, in acque e paesi pericolosi, con uomini lontani da casa anche per mesi e mesi, con la vita affidata alla robustezza dei “legni” e delle vele, oltrechè all’abilità degli equipaggi e al mutevole capriccio dei venti e delle correnti marine.  

L’attitudine delle nostre genti alla vita sul mare risale certamente al ‘300 quando Raffo Doria, signore di Loano, spinse gli abitanti sul lido marittimo, e ne è testimonianza nel ‘500 la presenza di valenti loanesi anche alla battaglia di Lepanto; al numero dei pescatori e naviganti seguì ben presto una folta presenza su mari vicini e lontani di “legni” (tartane, leudi, pinchi, brigantini, ecc.) posseduti da ‘padroni marittimi’ e armatori loanesi, cresciuti di numero e importanza nella prima metà del ‘700, quando Loano passò sotto i Savoia (va qui ricordato che Loano non appertenne mai alla oligarchica Repubblica di Genova in quanto possedimento imperiale individuale assegnato in varie epoche a feudatari come i Fieschi, i Doria e, dal 1736 fino all’avvento di Napoleone, ai re di Sardegna). Negli anni 1757-61 su un elenco di 193 “permissioni d’inalberare la bandiera” della flotta sabauda, Loano risulta la località con ben 53 ‘padroni marittimi’, seguita da Oneglia, Nizza e Villafranca (unici possedimenti sabaudi sulla costa ligure dell’epoca) rispettivamente con 51, 49 e 29 ‘patenti’ e ultima la Sardegna, con solo 11. Nel periodo 1862-66 nei cantieri sulla nostra spiaggia furono varati ben 20 bastimenti della complessiva portata di oltre 10.000 tonnellate; nel 1910 erano in navigazione - anche nell’Oceano Indiano e nel Pacifico, dopo aver doppiato il burrascoso capo di Buona Speranza o il pericolosissimo capo Horn -  ben 68 “legni” appartenenti a 26 famiglie di armatori loanesi.  

A quei tempi erano frequenti i decessi e gli infortuni invalidanti: basti pensare che, nei circa 50 anni precedenti la prima guerra mondiale, persero la vita in mari lontani oltre 90 loanesi, praticamente due ogni anno, e molti di più subirono incidenti invalidanti. E anche chi riuscì a completare indenne la sua attività di navigante sapeva di non poter contare su alcuna pensione statale! Quando si parla di liguri “sparagni” e molto attenti nello spendere i soldi conviene ricordare questi nostri pro-genitori che, per poter ritornare a casa dopo una lunga vita di sacrifici in navigazione e permettersi un sostentamento decoroso preparando anche un futuro migliore ai figli e ai nipoti dei nostri tempi, dovettero  letteralmente  sudarsele quelle loro “palanche”, contando ogni boccone di pane risparmiato. 

Poichè fino ai primi decenni del ‘900 non esisteva alcuna forma di copertura statale per malattie, infortuni o morti sul lavoro, solo la solidarietà tra le nostre Genti di Mare di allora consentì di aiutare vedove e orfani ma non con una “pensione” bensì con del “lavoro” assegnato ai superstiti: cucire e rammendare vele, fornire cordami o arredi per le vedove, imbarchi come mozzi per gli orfani. Nacquero così, spontaneamente, le S.M.S. - Società di Mutuo Soccorso, dapprima separate tra “capitani marittimi” e “pescatori” che, dopo i tanti sacrifici in vite umane nella Grande Guerra, nel 1921 si fusero nella “Unione dei Lavoratori del Mare di Loano”, la cui bandiera venne poi benedetta, assieme alle altre due, nel luglio del 1945, dopo la rinascita della solidarietà tra Gente di Mare nella “Società Lavoratori del Mare di Loano”, costituita il 1° maggio di quell’anno. Terminata la seconda guerra mondiale, lo sfacelo della struttura statale, la perdita di documenti di lavoro, di archivi previdenziali, le carenze organizzative del nuovo stato italiano crearono seri problemi alla vita quotidiana di molti naviganti o pescatori invalidi, pensionati, vedove e orfani, spesso rimasti senza sussidi ne altre forme di sostentamento anche per motivi burocratici; ma ancora una volta lo spirito di solidarietà mosse quanti potevano aiutare i meno fortunati ad organizzarsi nella nuova “Società” - con gli stessi intendimenti solidaristici delle precedenti Società di Mutuo Soccorso - che già nell’estate del 1945 iniziò a  fornire aiuti, con collette, elargendo sussidi e facendo ricerche delle necessarie documentazioni per pratiche assistenziali, previdenziali o per un nuovo lavoro, a beneficio di alcune centinaia di concittadini indigenti - con alcuni casi particolarmente pietosi di orfani, vedove e anziani rimasti soli -  le cui tracce sono conservate numerose negli archivi della “Società”. Solo dopo questa emergenza, superati i mesi più duri, si provvide ad altre iniziative come la riparazione della sede, la sostituzione delle campane sulle “Porte”, i corsi per ‘bagnini’, le gare nautiche, la costituzione dell’Associazione Marinai d’Italia, della Lega Navale, del Circolo Nautico e della prima Mostra del Mare. Numerosi furono i personaggi che parteciparono attivamente alla riuscita di queste iniziative e in ognuna di esse figurava sempre e in prima linea “ù Cumandante” Pietro Garibbo, classe 1905, che iniziò come suo padre e molti altri a lavorare come mozzo a 15 anni per mantenersi agli studi e poter diventare capitano marittimo di lungo corso, sempre prodigo di aiuti a quanti gli si rivolgevano nel bisogno.  

Oggi, sul sito internet “tiscali.it/lacasetta_loano” si possono trovare molte altre informazioni sulla storia e le tradizioni della Gente di Mare di Loano che la nostra Associazione intende mantenere vive a doveroso ricordo di quanti in quegli anni, belli ma lontani e quindi troppo facilmente dimenticabili, vollero, si batterono e riuscirono a far nascere e crescere quello spirito di solidarietà umana che molto contribuì a dar  più lustro alla nostra città. A ricordo di questo glorioso passato di solidarietà e di lavoro, nella “Casetta” sono conservate le tre bandiere, rispettivamente del 1882 per i “Capitani”,  del 1911 per i “Pescatori” e del 1921 per la “Unione”, assieme a quella della più recente “Società” del 1945 e a tanti altri cimeli e interessanti documentazioni.

VECCHI LUPI DI MARE DI LOANO,

CHE FU CANTIERE DI NAVI E CULLA DI AUDACI NAVIGATORI.

[breve sintesi tratta da una lettera di Gio. Bono Ferrari al suo carissimo maestro, il prof. Vincenzo Molle]

 

Primi nel ricordo quelli che potrebbero chiamarsi i capostipite – Quelli del 1800 – [quando il gen. Massena si trovava asseragliato a Genova, sotto assedio dagli austriaci - NDR]

I padroni Accame, Giretto, Lavagna, Molle, Craviotto, Bertora, Pendola, Isnardi, Vallarino ed altri, che furono armatori di Pinchi, di Feluche, Sciabecchi, Bombarde e Navicelli con i quali più d’una volta burlarono le fregate inglesi del blocco di Genova. Perché furono i Loanesi che più di una volta, giocandosi la pelle ed esponendosi alle cannonate, portarono a Genova granaglie, polvere da schioppo ed i plichi dei reparti francesi, operanti nelle terre del Finale.

Poi, verso il 1840, fra le tante, tutte degne di essere ricordate, una stupenda figura di navigatore: il Cap. Gio.Batta Rocca. Un uomo che gettò le base di una vera flotta armatoriale. E che lasciò, con i tanti bastimenti, ben cinque figli tutti Capitani di mare, i quali sotto la guida oculata e tenace del fratello maggiore, Cap. Giuseppe Rocca, arrivarono a possedere una squadra di bastimenti a vela che nessuna famiglia armatoriale in Liguria arrivò mai a possedere.

Primato loanese dunque. Persino Camogli, che pure vantò i cognati Martola e Bozzo, che tennero sul mare 36 bastimenti, deve inchinarsi davanti alla grandezza armatoriale dei Rocca, buona stirpe di Loano.

Cap. Francesco Coxe fu il fondatore di un altro Casato armatoriale che vantò grandi navi per la navigazione dei Capi [Capo Horn, Capo di Buona Speranza, ecc. – NDR] e che furono comandate dal fior fiore dei capitani loanesi, come Cap. B. Pendola, Cap. A. Maccagli, Cap. P. Lavagna, Cap. N. Coxe, Cap. S. Aicardi, Cap. L. Chiappori, Cap. B. Ferro, Cap. R. Bollorino e Cap. Ameglio e Cap. Felice Pendola.

Poi ancora i Chiozza, buonissimi capitani ed armatori. E i Marchesani, gli Accame, i figli di Cap. Angelo Rocca, Cap. Giovanni Marengo, i fratelli Patrone e Cognati nonché Felice Bruna armatore di quattro bastimenti.

Questi i maggiori. Che se poi si dovessero nominare tutti, come sarebbe nostro ardente desiderio, vi sarebbe da riempire tutta la bella “Gazzetta di Loano”. Perché al tempo eroico della vela quasi tutti i buoni capitani di Loano diventarono, a loro volta, armatori di un bastimento. [In meno di due secoli Loano ha dato i natali a oltre 300 capitani marittimi e 6 ammiragli – NDR].

Vi fu poi il Cap. Giuseppe Opizzo che verso il 1850, con una “scunetta” da 200 tonn. partì per i porti del Perù. Invece di doppiare il Capo d’Horn – come si usava – volle navigare per i canali interni, sondando e rilevando i fondali che fissò poi in un ordinato grafico che rimise al Conte Camillo Benso di Cavour, allora Ministro della Marina. Nessun navigatore straniero – e tanto meno gli Inglesi ai quali avevamo già dato i vari Caboto, la bussola dei nostri Amalfitani e la nostra bandiera, proprio quella genovese di San Giorgio, perché senza di quella non ardivano navigare per tema dei pirati – aveva ancora osato quello che seppe portare a compimento l’audace e colto lupo di mare loanese. Capitan Opizzo si ebbe dal Governo Sardo una grande medaglia d’argento con la scritta: “A Giuseppe Opizzo per ardite navigazioni”. [Vedere oltre la sua storia].

Cap. Pellegro Lavagna, con il piccolo brik “Eugenio”, degli armatori Rocca, fece molti viaggi al Callao con carichi di mercanzia generale e portando anche passeggeri, in tempi nei quali il Capo d’Horn era poco conosciuto per mancanza di rilievi cartografici.

Cap. Giacomo Lavagna, con il “Nimbalto” prima e con il “Caronte” poi, navigò l’Atlantico, quando tutti i bastimenti dei Rocca stavano sulla rotta del Mar Nero. I Rocca, grandi armatori, ma anche formidabili negozianti di grano, si valsero di questo provetto capitano per tentare – primi fra i primi – il commercio dei grani dal Nord-America ai porti inglesi.

Un altro stupendo lupo di mare, il Cap. Giuseppe Lavagna, seguendo le orme del Cap. Celle di Bogliasco, fu uno dei primi Capitani della Marina Sarda che fece il giro del mondo. Navigando da Manila verso l’Australia, scoperse un gruppo di isole che non figuravano sulle carte geografiche. Ne fece rilievi e disegni, prendendone possesso e piantandovi la bandiera sarda. Per queste sue scoperte si ebbe dal Governo la Croce di Cavaliere, che a quei tempi era una decorazione rarissima.

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