home le tradizioni cultura il gazzettino proloco
Santuario della Madonna Delle Grazie di Luigi Chicone |
Durante le ricerche fatte nell'Archivio Vescovile di Lacedonia[1],
non ho trovato alcun documento per poter datare, almeno approssimativamente,
l'inizio della venerazione della Madonna delle Grazie, che, secondo la
tradizione, risale a diversi secoli fa. Plurisecolare, quindi, è
anche il Santuario, che trovasi, "splendente di luce mistica a pie' di una
collina", ad oltre 4 miglia da Lacedonia, verso Oriente. Le origini
di questo Santuario, come ogni altro dedicato alla Madonna[2],hanno
inizio da una leggenda, ancora oggi costante e nobile tradizione del popolo
lacedoniese. La
tradizione popolare, infatti, vuole che alcuni vaccari di Montella, pascolando
le loro mandrie in contrada Forna[3],
abbiano trovato, in un cespuglio, la statua della Madonna e l'abbiano portata
nel loro paese.
Il
Palmese, storico lacedoniese, è, invece, del parere che la statua della
Vergine, quella di S. Donato, un Crocifisso ed una piccola immagine della
Madonna dell'olmo, fossero state fatte "da taluni vaccari di Montella in
tempi remotissimi"[4].
Questa
affermazione è priva di fondamento storico, e, quindi, accettabile come la
prima; essa, però, è più attendibile per il fatto che i vaccari montellesi
(ancora oggi abili intagliatori) abbiano, durante le soste con le loro mandrie
in contrada
Forna, potuto donare, alla spoglia Cappella, le statue che essi avevano
intagliato con mano abile.
La
presenza dei vaccari montellesi in contrada Forna costituisce un fondamento
storico accertato, perché i più anziani ricordano che, nel periodo della
transumanza, tal luogo offriva ottimi
pascoli e
acque limpide e fresche del vicino torrente Osento[5]
Nel
1850 il Sacerdote D. Raffaele De Mauro fece ricostruire la volta; forse per
l'eccessivo peso, appena ultimati i lavori, crollò tutto il fabbricato
irreparabilmente.
Il
popolo lacedoniese, sempre sollecito in queste occasioni, grazie alla sua
profonda fede, cominciò la raccolta di ducati, che, insieme ai 100 offerti dal
Re Ferdinando Il, di passaggio per Lacedonia, in occasione della visita alla
città di Melfi distrutta da un terribile terremoto[6],
servirono a rifare, poco distante dalla precedente, la nuova Cappella.
Nel
1857 il
Cappellano Giuseppe Lavacca fece restaurare l'immagine della Madonna.
Ancora
oggi non è spenta nei Lacedoniesi la grande fede e devozione verso la Beata
Vergine; nei nostri cuori, infatti, arde lo stesso amore, che un tempo infiammò
gli animi dei nosri Padri.
Ogni
anno, in aprile, e precisamente il lunedì in Albis, la
statua viene portata in processione al
paese ed
esposta, per circa
un mese, nella Cattedrale.
La
prima domenica di maggio la Madonna delle Grazie viene riportata nella sua
chiesetta di campagna; i festeggiamenti durano l'intera giornata "in una
magnifica cornice di verde, tra gli effluvi della primavera in fiore, unitamente
all' azzurro immacolato del cielo, in una commovente sagra di popolo
che riecheggia nel rito sincero il palpito della sua ardente
devozione"[7].
La
processione, muovendo dalla Cattedrale verso le sette del mattino, giunge al
Santuario verso le 10.
Spesso
si nota che alcuni devoti alla Madonna seguono scalzi la processione per tutto
il percorso.
Lo
spiazzale antistante la chiesetta si gremisce di pellegrini
dei paesi viciniori (Monteverde,
Aquilonia, Rocchetta S.Antonio)
giunti a piedi o con asini o con automobili; altri hanno
già preso posto all'interno della Cappella per assistere alla S. Messa solenne.
Prima
che la statua sia portata in chiesa vengono sparati i tradizionali fuochi
artificiali.
Non
mancano i venditori di noccioline, torroni, bibite fresche, gelati e perfino di
frutta.
Al
termine delle cerimonie religiose le comitive siedono all'ombra degli alberi del
vicino bosco e consumano il pranzo portato da casa o preparato sul posto.
Il
luogo dove sorge il Santuario della Madonna delle Grazie è veramente
incantevole; vi si arriva percorrendo una strada interpoderale che ha inizio nei
pressi del Cimitero, corre agevolmente lungo la sponda sinistra del fiume Osento
dalle fresche e limpide acque fino alla Cappella e prosegue per Aquilonia, dopo
essere passata sul muro di sbarramento della diga[8],
in agro di Monteverde, da poco costruita.
Nei
pressi del Santuario si è formato un bel laghetto, dove gli appassionati di
pesca possono soddisfare il loro hobby.
Tra gli alberi del vicino bosco i pellegrini Possono tranquillamente consumare la colazione; il sottobosco, poi, è ricco di asparagi molto saporiti.
Appuntamento,
quindi, ogni prima domenica di maggio di ogni anno, alla Forna, dove, in
occasione dei solenni festeggiamenti in onore della Madonna delle Grazie, si può
trascorrere una giornata a diretto contatto con la natura, in luoghi non ancora
contaminati dalla civiltà industriale.
[1]
Il lavoro del prof. Luigi Chicone risale al 1975 ed è qui riportato
integralmente grazie al cortese
consenso della famiglia. Solo questa nota non appartiene
all'opuscolo.
[2]
Vedi a tale proposito, P.Rizzo,Il Santuario della Stella mattutina e la
sua storia, in Voci da Mattinella, giornalino delle Scuole
Elementari di Mattinella (Andretta) anno sc. 1972-73, n°2, pag.1.
[3]
In agro di Lacedonia, distante circa 7Km. dall’abitato
[4]
Can. P.Palmese, Notizie storiche di Lacedonia, Tip.R.Prete, Napoli
1876.
[5]
L'Osento nasce dal Monte
Origlio, attraversa la contrada Pastena e il bosco di Origlio, si insinua
tra il Monte Pauroso e quello della Fratta, bagna le contrade S. Ciso, la
costa dei Disperati, il Roveto, il Petrizzo, la Forna; e, dopo aver
alimentato un lago artificiale, tra le alture di Monteverde e quelle di
Aquilonia versa le sue acque
nel fiume Ofanto.
[6]
La grande scossa
avvenne il 14 agosto del 1851 alle ore 2,22. Della provincia di Avellino
subirono danni gravi Monteverde e Aquilonia mentre minori ne subirono
Accadia, Bisaccia, Lacedonia e Anzano. Il Re Ferdinando Il si fermò a
Lacedonia; ed ecco cosa scrisse il Palmese:
"Al primo ingresso
in Lacedonia suonarsi le campane a festa per la prossima venuta
dell'adorabile Monarca.
L'entusiasmo è
generale ed in breve spazio di tempo cambiò di aspetto l'intera città.
Ognuno con l'olivo in mano si vede tripudiare e già si avviano due
drappelli di giovanetti l'uno, e di donzelle l'altro, guidati da particolari
bandiere ed in bell'ordinate file, giungono alla punta delle Serre. Sorgeva
in quel mattino il sole più ridente dell'usato, ed in quel punto
cominciarono ad apparire il luccimanti (sic) delle armi per le truppe
avanzate.
Intanto la Cattedrale
viene abbigliata delle stoffe servite prima nella festa del dì 8 settembre.
Il portone
dell'Episcopio, la porta Messere, e così tutte le case
private. Dinanzi alla
Cappella S. Rocco si fissa altra cappelluccia con molti ceri e torchi (sic)
aventi le statue della Maestà Sua e della Regina. Esce il Capitolo col
Vescovo e clero, ed in questo spiazzo si ferma per attendere l'arrivo del
sospirato Monarca.
Il tracciolino della
nuova consolare in alcuni punti era pericoloso per la carrozza, per cui
molti bracciali con le marre accomodarono alla meglio. A quando si udivano
colpi di salve che echeggiando nella vallee (sic) rallegravano le adunate
genti. L'Intendente di Avellino galoppando su brioso destriero precede, e
proibisce lo sparo preparato in Città, onde non spaventare i cavalli della
carrozza del Re, e dimanda ove la Maestà sua sarebbe alloggiata. Monsignore
ripiglia: "Potrà la Maestà Sua degnarsi allocare l'Episcopio che è
casa di Lui". Arrivato il Re al largo S. Rocco: 'Eccoci - dice
Monsignore - con la carrozza in Lacedonia"; e questi a Lui:
"Soltanto alla Maestà Sua potea recare ciò ad effetto, ma il
sentimento mio era in contrario". Intonato il Benedictus, difila il
Clero, e si innalzano vari globi aerostatici: ; gli sporti, i davanzali, i
veroni, così dei palagi, che degli abituri eran pavesati di razzi e di
quanti adornamenti simili ciascuna famiglia possedea.
A largo del Castello fu
visto apparire in aria un altro globo aerostatico di maggior grandezza ed
in cui leggevasi il saluto dell'Evviva il Re da mille labbra ripetuto.
Si proibisce l'ingresso
alla folla presso il Vescovado, ove prende posto la piana (si.c) maggiore.
Sopra tre genuflessori già preparati nel
Presibetero si
ginocebiano il Re, il Principe ereditario (Francesco) e il
germano del Re
(Francesco Paolo); ed in prima si accolgono la bene(1izione del S.S.mo e
poi coi libri divoti in mano ascoltano la messa piana
dal medesimo Vescovo celebrata (Mons. Luigi Napolitano); indi per
lo passetto si va all'Episcopio, e il Re dice 'camminando: 'Buona
popolazione ed ottimo pastore'. Entrando Sua Maestà nella stanza di
ricevimento, vede l'immagine di Maria SS.ma della Pace, cbe
da Lui medesimo era stata pria regalata a tutti i Vescovi, si toglie il bonè
e con profondo incbino adora la Gran Madre di Dio, gusta poi un sorso di
caffè e lasciato il bqnè sul travertino della finestra se ne passa all'
ultima stanza del Segretario ed in piedi, col capo scoverto vi si trattiene
due ore piene. Tutto l'Episcopio è già occupato e due canonici già dispensano dolci e cremato in abbondanza tanto cbe
quei signori se ne provvidero ancbe pel viaggio.
Il pranzo era
preparato, ma Sua Maestà si ricusò avendo in mira trovarsi a Melfi la
sera. In questo rincontro l'accolito D. Pasquale De Vincentiis ottiene un
beneficio a titolo di Sacro Patrimonio: il Canonico D. Giuseppe La Vacca
ducati 100 per la fabbrica della nuova Cappella di S. Maria delle Grazie;
e il popolo ducati 120 di limosine.
Accoltosi
molto pane dall'Intendente per portarlo nella desolata Melfi, già si
prosegue la marcia, rimanendo la carrozza a Lacedonia . .
Di
poi nel dì 22 la ripetuta Maestà Sua ritorna in Lacedonia e vi si fece
trovare l'antica Cattedrale addobbata; ma quegli smontato da cavallo e ricevuto
da 2
Vescovi, cioè Napolitano e da Gregorio (trovandosi pure qui Mons. Bottazzi
da podagra impedito). dopo pocbe parole, di bel nuovo cavalcò tra arcbi
trionfali, voci di acclamazioni e nella sera del 22 felicemente arrivò in
Montemarano", (Cfr. P. PALMESE, Notizie storiche
di Lacedonia (manoscritto), pagg. 154-153).
[7] P. RIZZO, op. cit
[8] La diga è stata costruita nella località San Pietro e viene indicata col nome Aquila Verde; essa è stata realizzata per l'irrigazione del territorio delle Puglie.