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I RAGAZZI DI OGGI NON VOGLIONO PIÚ ANDARE A SCUOLA

LA DISPERSIONE SCOLASTICA ITALIANA NON CI FA ONORE

di  Simona Vanzati

Molti sono i ragazzi che decidono di non continuare dopo le medie, quelli che lasciano a metà le superiori o quelli che lasciano l’università.

I numerosi ragazzi che abbandonano la scuola sono, secondo l’Istat, il 7% alle superiori e il 60% all’università.

Ma non si tratta più o non soltanto, come un tempo, di ragazzi disagiati, provenienti dai bassi fondi, bensì di ragazzi che non hanno voglia di studiare. Così sono tanti i ragazzi che vanno a lavorare nell’impresa del padre, in quella dello zio o del padroncino locale per ritrovarsi alla fine del mese con un milione- un milione e due in tasca, perché adesso dicono che le paghette settimanali non si danno più, ed è questo un altro motivo che spinge i ragazzi di 16-17 anni ad andare a lavorare.

Un tempo, quando i ragazzi venivano bocciati, sembrava strano, qualcosa di molto negativo, invece adesso no, forse ci si è fatta l’abitudine. Eppure, ci dobbiamo chiedere: perché tanti ragazzi vengono bocciati?

Soprattutto è per la loro voglia di non fare niente, e per la loro scarsa motivazione scolastica. Ci sono ragazzi che sostengono che si può imparare di più dalla televisione che da un’ora di lezione, ed altri che dicono che il diploma è un inutile pezzettino di carta e se anche non lo hai, tanto non serve a molto.

Questi problemi non li abbiamo solo noi: recentemente anche in Francia si sta presentando lo stesso problema, dell’abbandono scolastico. Ma è una magra consolazione. E da noi è comunque più grave.

Normalmente tutte le famiglie vorrebbero i figli con un diploma, i ragazzi dicono di non tenerci, ma da parte di un professore è essenziale.

E il mondo del lavoro che cosa ne pensa? Sarà vero che, mentre tutte le famiglie dicono ai ragazzi che grazie a quel “pezzo di carta” il lavoro si può trovare più facilmente, invece alle aziende importa sempre di meno?

Attilio Oliva, presidente della Commissione Scuola della Confindustria ha detto che si può lavorare anche senza il titolo, perché al momento dell’assunzione si guarda di più “alle competenze, alle esperienze fatte, agli atteggiamenti del candidato”.

Invece, Federico Montelli, presidente di Formaper presso la Camera di Commercio di Milano, dice che lasciare la scuola per andare a lavorare dapprima sembra redditizio, ma in seguito poi non lo è più, perché fra i non qualificati la disoccupazione è più alta; occorre una formazione di base (un diploma) e poi la formazione permanente (percorsi di studi post-diploma).

È d’accordo anche Walter Passerini, responsabile di Corriere Lavoro e autore del libro Il Trovalavoro (edito Franco Angeli), che ci esorta: “Per carità, studiate, studiate, studiate.” E si riferisce agli studi post-diploma.

(Fonte: Supplemento al Corriere della Sera, sett. ‘99)

Quando si tratta di bambini speciali...Boicotaggio o no?Bambini/Ragazzi