GLI INSEDIAMENTI RUPESTRI DI BARI
INTRODUZIONE AL FENOMENO DEGLI INSEDIAMENTI
RUPESTRI
Fin dall'antichità più remota l'uomo ha utilizzato la "grotta" come riparo dalle intemperie e dai pericoli dell'ambiente, come abitazione, ma anche come luogo dove deporre i defunti e venerare le divinità. Per tali funzioni si utilizzarono all'inizio le cavità naturali di origine carsica e solo in un secondo tempo l'evoluzione delle tecnologie e degli stessi bisogni spinse l'uomo ad adattare tali luoghi ad esigenze sempre più specifiche o a scavare ex novo degli ambienti ipogei.
Numerosissimi e diversificati (per tipologia e epoca di riferimento) gli esempi rupestri presenti in Italia e nella stessa Puglia (protagonista quest'ultima in particolare in epoca medievale).
Per moltissimo tempo invece il territorio di Bari non è stato considerato, nemmeno dagli specialisti, quale significativo esempio di "habitat rupestre", oscurato dalle emergenze presenti in altre zone del territorio pugliese (Massafra, Mottola, Grottaglie, Fasano, S.Vito dei Normanni, il Salento, il Gargano). Dagli studi condotti a partire dalla fine degli anni '70 è invece emersa una realtà rupestre ricchissima e molto articolata, che merita di essere conosciuta, tutelata e valorizzata, anche in considerazione dei fenomeni di degrado in atto che ne mettono a rischio la sopravvivenza stessa.
GLI INSEDIAMENTI RUPESTRI NEL TERRITORIO DI BARI
1 - Geologia e morfologia del territorio di Bari
La maggior parte del territorio del Comune di Bari è interessato dalla presenza di due differenti substrati geologici, i cosiddetti tufi e il calcare.
I tufi sono costituiti da depositi calcareo - arenacei e calcareo - arenaceo - argillosi risalenti al Pleistocene e ricoprenti tre quarti del territorio comunale (ad eccezione della zona più interna, a sud - ovest del centro abitato). I calcari detritici risalgono invece al Cretaceo, molto più antichi dei tufi e di conseguenza anche molto più duri e meno lavorabili. I giacimenti di calcare, proprio in virtù della maggiore durezza, non danno origine al fenomeno rupestre: l'unica eccezione è costituita dall'uso da parte dell'uomo di cavità naturali di origine carsica (insediamento di S.Maria della Grotta).
Per quanto riguarda invece la morfologia del territorio barese, una delle forme maggiormente legate al fenomeno rupestre è quella delle lame, che costituiscono in genere dei micro ambienti molto favorevoli all'antropizzazione, per la presenza di acqua, di terreni particolarmente fertili, di un microclima temperato e perché costituiscono vie di comunicazione naturali. Per di più la morfologia delle lame offre all'uomo fianchi subverticali nella parete di tufo in cui risulta più semplice iniziare lo scavo degli ambienti rupestri.
Nel territorio di Bari le lame si sviluppano come una sorta di ventaglio, che partendo dalla Murgia confluisce verso il centro urbano. Da nord - ovest a sud - est si incontrano le seguenti lame: Balice, Lamasinata, Villa Lamberti, Picone, Fitta, Valenzano, S.Marco, S.Giorgio e Giotta.
2 - Distribuzione e tipologia degli insediamenti rupestri nel territorio di Bari
La distribuzione degli insediamenti rupestri nel territorio di Bari è legata, oltre alla presenza dell'adatto substrato geologico, anche alla presenza di opportune vie di comunicazione, in particolare all'esistenza di preesistenti tracciati viari. Sull'antica Appia Traiana insistono per esempio gli insediamenti rupestri del Cimitero, di Masseria Prete e di Torre Rossa.
La distribuzione degli insediamenti rupestri nel territorio di Bari è caratterizzata, a differenza delle zone del Tarantino e del Brindisino, da singole unità insediative isolate l'una dall'altra; nei documenti medievali è attestata la presenza di numerosi casali (Cammarata, Sao, Cillaro, Vulpiclano, Lucignano ed altri) che però erano abitati al massimo da qualche decina di persone, senza mai configurarsi come veri villaggi rupestri (come sono invece per esempio Lama d'Antico a Fasano e Petruscio a Mottola).
Nel territorio di Bari si possono distinguere alcune schematiche tipologie insediative: i grandi complessi caratterizzati da atrio scoperto, criptoportico intorno all'atrio e una serie di ambienti a raggiera intorno al criptoportico; medi complessi caratterizzati da dromos e/o corridoio di ingresso, con distribuzione degli ambienti sui due lati; insediamenti posti sul fianco di una lama con una serie di ambienti intercomunicanti sul fianco della lama stesso; piccoli complessi rupestri o ipogei costituiti da uno o due ambienti.
L'elemento maggiormente caratterizzante la prima tipologia è il criptoportico, elemento che non ha analogie con altri esempi pugliesi: esso si dimostra un utile elemento strutturale per permettere l'accesso al complesso attraverso l'atrio scoperto (di cui invece ci sono numerosi esempi nell'area ionica), costituisce il disimpegno per gli ambienti più interni che vi si affacciano e ne garantisce l'illuminazione. Il criptoportico è presente negli insediamenti di Torre Rossa, Seminario 1, Caravella, Madia Diana, Quadrivio, Torre Tresca e Villa Costantino. Questa tipologia richiama, con i dovuti adattamenti, lo schema dei portici sotterranei romani, come per esempio quello di Egnazia.
Un secondo elemento tipologico caratterizzante
alcuni degli ipogei baresi è il "corridoio", che per la sua semplicità dà luogo
ad uno degli schemi planimetrici più ricorrenti:
il corridoio è formato da un ambiente a pianta
rettangolare molto allungata, con una serie
di ingressi sui due lati lunghi. La sua funzione
è dunque quella di disimpegno tra i vari
ambienti, mentre l'aerazione è garantita
da una serie di sfiatatoi ricavati nella
volta. La presenza del corridoio si riscontra
negli ipogei di S.Caterina, Seminario 1,
Masseria Milella, Quadrivio, Masseria Tresca,
S.Giorgio, Via Grava, Torre Bella.
Tipologicamente simile al corridoio ma con
funzione differente è il "dromos", costituito da un corridoio scoperto
che dal piano di campagna scende fino al
piano di calpestio dell'ipogeo. Il dromos
è presente negli insediamenti di S.Caterina,
di Villa Giustiniani e di Via Omodeo.
Un altro elemento caratterizzante gli ipogei,
in particolare quelli più grandi, è il "laboratorio": esso si presenta come un vasto camerone,
di dimensioni e forma variabili; all'interno
hanno sede le principali attività lavorative
connesse alla vita dell'ipogeo. In genere
è situato in posizione centrale rispetto
a tutto il complesso ed è dotato di una accesso
indipendente. Tali ambienti possono ospitare
trappeti o palmenti, utilizzati molto spesso
anche in epoca post medievale. I laboratori
più articolati si trovano nei complessi ipogei
di Masseria Milella, S.Caterina, Madia Diana,
Torre Bella, la Caravella.
3 - Le chiese rupestri nel territorio di
Bari
Le chiese rupestri oggi conosciute nel territorio
di Bari sono quelle di Santa Candida, della
Caravella, di Via Martinez, di Masseria Milella,
di Mungivacca 1, di Torre Tresca e la cappelletta
di S.Maria di Costantinopoli, tutte interamente
scavate nel banco tufaceo; altre due chiese,
S.Angelo di Cammarata (situata lungo la sponda
sud di Lama Balice, era ricavata in una grotta
naturale e sulle pareti si potevano vedere
interessanti affreschi, opera dei monaci,
risalenti al XIII secoloche rappresentavano
volti di santi con aureole. Purtroppo la
chiesa rupestre non esiste più, in quanto
crollata a causa di una cava di pietrisco
posta nelle vicinanze) e S.Maria delle Grotte,
sfruttano invece cavità naturali di origine
carsica. Esistono infine casi in cui i complessi
ipogei si associano a chiese sub - divo (chiesa
di S.Giorgio).
Ad eccezione della chiesa di Torre Tresca,
costituita da un unico vano rettangolare
a volta piana, le altre chiese presentano
soluzioni planimetriche più articolate. Molto
diffusa la pianta longitudinale, arricchita dalle soluzioni molto diversificate
adottate per le volte e gli alzati. L'interno
delle chiese è generalmente scandito dalla
presenza di colonne o pilastri, che dividono
l'aula in più navate. In genere la planimetria
delle chiese si apre "a ventaglio", procedendo dall'ingresso verso l'interno,
poiché tale deformazione della pianta, frequente
anche negli ambienti ad uso civile, permette
una migliore penetrazione e diffusione della
luce all'interno dell'ipogeo.
Elemento funzionale alla liturgia e quasi
sempre presente nelle chiese baresi è l'iconostasi, costituita da un muretto continuo, risparmiato
durante lo scavo della chiesa e alto circa
un metro, che separa il naos, ovvero l'aula destinata ai fedeli, dal
bema o presbiterio, area riservata ai sacerdoti
officianti. L'accesso al presbiterio era
costituito da uno o due piccoli varchi presenti
nel muro iconostatico.
Il bema, riservato ai sacerdoti, può essere costituito
da una o più absidi. La centrale, in genere
più ampia, accoglie l'altare in pietra ed
è accompagnata lateralmente da due zone:
a sinistra la "prothesis", destinata alle cerimonie preparatorie
al sacrificio e a destra il "diakonikon", usato per riporre gli arredi sacri
e per la vestizione del sacerdote.
L'unica chiesa barese in cui sopravvivono
tracce dell'altare è S.Candida, dove l'altare è "alla greca", ovvero staccato dalla parete dell'abside;
l'altare è costituito da un blocco squadrato
di tufo alto circa un metro e risparmiato
durante lo scavo della chiesa.
L'orientamento delle chiese rupestri, comune anche a molte
chiese medievali sub - divo, non è casuale:
le absidi sono rivolte a Est, verso la Terra
Santa.
Molto rare sono le tracce di affreschi e
di decorazioni pittoriche.
CHIESA RUPESTRE DI SANTA CANDIDA
La chiesa rupestre di Santa Candida è sicuramente l'esempio più significativo
e più celebre del fenomeno rupestre nel territorio
di Bari. La chiesa si trova sul fianco destro
della lama Picone, quasi di fronte all'insediamento e alla
chiesa rupestre della Caravella, a circa
300 metri dalla tangenziale di Bari. Lo stato
dei luoghi e parte della chiesa stessa hanno
subito forti compromissioni in seguito a sbancamenti legati alla costruzione
della tangenziale. Tali lavori hanno infatti
cancellato l'ingresso originario e il nartece,
l'ambiente che nelle chiese paleocristiane
costituiva il vestibolo alla chiesa stessa,
e alcuni locali annessi.
Il toponimo di S.Candida e di Lama S.Candida
è uno dei rari toponimi medievali conservatisi
fino ai nostri giorni: la più antica citazione
di tale toponimo e della stessa chiesa risale
al 1194 (Codice Diplomatico Barese), anche
se la chiesa, a giudicare dalla sua tipologia,
è sicuramente più antica (IX - X secolo).
La chiesa di S.Candida è la più grande basilica
rupestre pugliese: la parte attualmente superstite
è estesa circa 120 mq e si sviluppa secondo
una planimetria alquanto complessa: la presenza di 5 absidi
faceva pensare alla presenza di altrettante
navate, ma da un esame più attento è emersa
la presenza di sole 4 navate, di cui quella
all'estrema sinistra più piccola delle altre,
con la navata centrale biabsidata (motivo
questo abbastanza raro in Puglia).
Dall'ingresso originario nasce un ambiente
a pianta rettangolare e soffitto piano che
comunica con le navate della chiesa: ad est
tre arcate a tutto sesto, rette da pilastri
compositi, immettono nella navata centrale
e nella prima navata laterale sinistra (arco
di sinistra); lo stesso ambiente comunica,
a sud attraverso un arco, con la navata destra
e a nord con la seconda navata sinistra.
La navata centrale si biforca in due vani presbiteriali di
circa 3 metri per 2, culminanti in due profonde
absidi; questi vani sono separati dal naos,
ovvero dall'aula per i fedeli da un muretto
(iconostasi), dotato di un unico varco in corrispondenza
del vano absidale di sinistra, che costituiva
quindi l'ambiente destinato alle celebrazioni
eucaristiche. I vani presbiteriali sono tutti
comunicanti tra loro. Nell'aula è interessante
la presenza, comune a molte altre chiese
rupestri, di nicchie ad arco, alte, strette
e disposte a circa 40 cm dal piano di calpestio
(sei nell'ultima navata di sinistra e tre
nella navata destra).
All'interno della chiesa non vi è alcuna
traccia di affreschi, andati completamente perduti, ma sono ancora
visibili una serie di graffiti ascrivibili
a differenti periodi storici, probabilmente
corrispondenti alle figure dei Santi oggi
scomparse (Giacomo, Tommaso, Erasmo, Elena,
Candida).
L'area di S.Candida è inoltre interessata
dalla presenza di un insediamento preistorico risalente alla fase di transizione tra il
neolitico finale e l'eneolitico, ma la mancanza
di approfonditi saggi archeologici non permette
di stabilire se ci sia stata una continuità
insediativa nella lama, dall'età preistorica
a quella medievale, o solo una sua frequentazione
saltuaria.
INSEDIAMENTO RUPESTRE DI VIA MARTINES
La chiesa e l'insediamento rupestre di via Martines si collocano sul ciglio ovest di lama Fitta, in località la Grava, alla periferia nord
- est di Carbonara. Il complesso rupestre è esteso circa 220
mq ed è composto di una chiesa, di una grande
camera centrale e di una serie di ambienti
più piccoli.
Non è possibile indicare il nome originario
del complesso rupestre, anche se è stata
proposta l'identificazione del sito con il
casale di Cillaro, in cui vi erano le chiese di S.Leone, S.Angelo
e S.Antonio.
Il complesso presenta alcune stringenti affinità
con complessi rupestri della Cappadocia da poterlo considerare quale centro monastico,
probabilmente di origine greco - orientale.
L'impianto complessivo della chiesa inducono
a datarla alla fine del IX secolo, nel gruppo degli insediamenti colonizzatori
greco - orientali, in seguito alla riconquista
di Bari da parte dell'imperatore Basilio
I nell'876. Sicuramente più tardi alcuni
dei locali annessi alla chiesa (XIII - XIV
secolo).
La chiesa, pur nelle ridotte dimensioni, rappresenta
un vero gioiello architettonico: si compone
di due navate asimmetriche orientate secondo
un asse principale est - ovest e presenta
una leggera apertura a ventaglio in corrispondenza
dell'area presbiteriale. Un'altra lettura
della planimetria della chiesa identifica
una sola navata divisa da un locale annesso
(paraecclesion) da una fila di pilastri.
Dall'ingresso, ricavato nella parete nord,
ci si immetteva nella navata principale,
a soffitto piano; nella parete nord sono
inoltre ricavate due finistrelle ad arco
a sesto leggermente ribassato. L'aula è interamente
a soffitto piano, ad eccezione del presbiterio
che, delimitato da un originale muretto iconostatico
a colonnette, è caratterizzato da una copertura
a volta. Interessante notare come il livello
del piano di calpestio sia molto articolato
nelle differenti parti della chiesa: il livello
del presbiterio (bema) è più alto di quello
dell'aula (naos), mentre nella zona absidale
si riscontrano altri due livelli.
All'interno della chiesa sono presenti decorazioni a rilievo e dipinte: a rilievo è realizzata
la croce presente nel catino dell'abside,
oggi parzialmente scalpellata; ghiere dipinte
sono invece presenti su tutte le arcate della
navata principale e sull'abside laterale.
Lo studio dell'architettura della chiesa
ha rivelato l'esistenza, nei rapporti tra
le misure interne della chiesa, di un modulo
metrico basato sul "piede bizantino".
Gli altri ambienti del complesso rupestre
si sviluppano in continuità con la chiesa.
Oggi l'accesso è costituito da un'unica apertura
che immette direttamente nel primo vano,
più ampio degli altri, a pianta trapezoidale
e interamente scavato nel tufo, con due pilastri
centrali che reggono il soffitto. La caratteristica
principale di questo ambiente è data dalla
presenza di numerose nicchie di forma e funzione
diversa tra loro, tutte accuratamente rifinite
e disposte a differenti livelli lungo le
pareti perimetrali: alcune, di modeste dimensioni,
erano presumibilmente destinate a contenere
le lucerne; altre di media ampiezza e scavate
a una quota più alta risultano di difficile
interpretazione; 4 grandi nicchie ad arcosolio,
in media grandi 1 metro e 80 per 1 metro,
e a circa 90 cm dal piano di calpestio, si
configurano quali giacigli - alcova, corredati
da un cuscino di pietra risparmiato durante
lo scavo e in alcuni casi da una nicchietta
sulla parete di fondo. Due arcosolii simili
si rinvengono sulle pareti laterali di un
altro vano più piccolo. Tali elementi sono
essenziali per poter ipotizzare l'esistenza
in questo luogo di una comunità monastica di tipo cenobitico. Il complesso rupestre, sorto intorno alla
chiesa, aveva quindi la funzione di monastero,
al cui interno si svolgevano le attività
di lavoro tipiche del mondo contadino: a
questa funzione dovevano essere destinati
gli ambienti più piccoli contigui al vano
principale.
CHIESA DI SANTA MARIA DELLA GROTTA
La chiesa di Santa Maria della Grotta si trova al confine tra il territorio comunale
di Bari e quello di Modugno, sul fianco sinistro
della lama Lamasinata. La grotta naturale occupata dalla chiesa
è stata inglobata in un complesso monumentale,
arroccato sulla parete della lama, composto
da una villa ottocentesca e da una torre
campanaria in buona parte risalente al XIII
secolo.
La chiesa utilizza una cavità naturale di
origine carsica e la facciata in muratura
è raccordata da una scalinata a doppia rampa
alla villa superiore.
Lo sviluppo planimetrico della chiesa, abbastanza ampio in corrispondenza
dell'entrata, va restringendosi sempre più
verso l'interno. L'ambiente della chiesa
in alcuni punti è definito da strutture murarie
costruite in tempi differenti. Sul lato destro
della chiesa uno stretto varco mette in comunicazione
il vano principale con altre cavità carsiche
più piccole, tradizionalmente indicate come
"cunicolo di S.Corrado", in quanto utilizzate come dimora
dal Santo eremita. Un'antica tradizione riconosce
infatti in S.Maria della Grotta l'eremo dove
visse e morì, nel 1155, S.Corrado Bavaro, protettore della città di Molfetta.
I lavori di restauro e di eliminazione di alcune aggiunte ottocentesche
condotti nel 1974 hanno portato a numerose
interessanti scoperte: la rimozione di alcune
pareti ha evidenziato affreschi realizzati
direttamente sulla parete rocciosa o su murature
risalenti al XIII - XIV secolo; la demolizione
di un altare ottocentesco ha posto in luce
una vasca a sezione circolare destinata a
contenere acqua; lo sterramento del pavimento
ha scoperto, nella zona anteriore all'altare,
tombe e brani di un mosaico pavimentale in
grosse tessere in pietra.
S.Maria della Grotta è l'unico esempio di
chiesa rupestre nel territorio di Bari che
conservi ancora affreschi sufficientemente leggibili: gli affreschi
sono riconducibili a modelli iconografici
di chiara tradizione bizantina.