Ade

Gli antichi immaginavano Ade, detto anche Plutone, come un dio cupo e triste, sempre chiuso nei suoi oscuri regni dai quali uscì solo per rapire Persefone, la bella figlia di Demetra. Aveva avuto in dono dai Ciclopi un nero elmo di pelle canina, che lo rendeva invisibile. Si è detto che Zeus concesse ad Ade il dominio del regno sotterraneo e lo fece padrone e signore non solo delle ricchezze che si celano sotto terra, ma anche delle ombre dei morti. Tutti i morti, fossero o non fossero stati in vita buoni, onesti o generosi, si rifugiavano nella casa di Ade giungendovi attraverso una qualsiasi voragine aperta nel terreno. Vicino alla regione che li avrebbe ospitati scorrevano, lenti e minacciosi, quattro grandi fiumi: il Cocito, fiume del pianto; il Piriflegetonte, fiume del fuoco; l'Acheronte, fiume del dolore; e lo Stige, fiume dell'odio. Arrivati lì, i morti si affollavano sulle rive dell'Acheronte, che era il più grande ed esteso, porgendo a Caronte, dio canuto e dagli occhi di fuoco, l'obolo (l'obolo era un'antica moneta greca di argento o di bronzo, è una piccola offerta in denaro) che la pietà dei parenti aveva posto in bocca prima degli onori funebri. Con quell'obolo Caronte accettava di traghettare i morti al di là del fiume, nel regno che sarebbe stato il loro; chi, non avendo ricevuto gli onori funebri, vi giungeva senza l'obolo, era condannato a vagare per cento anni lungo le tristi sponde del fiume infernale. Oltrepassato il fiume, i morti percorrevano un lungo viale, traversavano un boschetto di pioppi e di salici ed infine arrivavano ad una grandissima porta da cui tutti potevano passare. Custode degli Inferi era Cerbero, un cane che, secondo alcuni, aveva due teste e un serpente per coda; secondo altri la coda era di cane, le teste tre e circondate da tanti serpenti velenosi. Stava sulla porta per impedire che, una volta entrati, i morti fugissero via da quella triste dimora senza sole. Alcune leggende narrano che i morti trascorrono nell'Ade l'eterna vita d'oltretomba, che si svolge monotona, senza dolori, ma anche senza gioie, priva dell'attesa del futuro. L'immensa malinconia che grava su quelle ombre è riassunta dalle parole che Achille, l'ardente e implacabile eroe della guerra di Troia, rivolge ad Ulisse che è riuscito a giungere sino all'entrata di quel regno e ad evocarne le ombre. <<Sono re qui>> dice Achille, <<sono venerato da tutti gli eroi più grandi, ma quanto preferirei essere un misero bifolco pur di godere della dolce luce>>. Perchè, in quella regione immersa nelle tenebre, la mancanza del sole rappresenta l'oppressione più grande, la tristezza più profonda. Altre leggende precisano che le ombre, appena entrate nel regno dei morti, sono esaminate dai tre giudici infernali, Eaco, Minosse e Radamanto, e che a ciascuna ombra è assegnata una regione dove trascorrere la vita d'oltretomba. I malvagi, relegati nel Tartaro, vengono perseguitati da mostri infernali che rimproverano loro le colpe di cui sono macchiati; i buoni sono invece mandati nei Campi Elisi dove, secondo Omero, la vita scorre senza affanni. Nella casa di Ade vivono le Erinni, dee spaventose che perseguitano i colpevoli nella vita dell'oltretomba. Due figli della Notte abitano in questo regno: Thanatos, il demone della morte, e Hypnos, il sonno. Figli di questi sono i Sogni, che abitano in una grande casa al di là dell'Oceano. Questa casa ha due grandi porte: una di avorio e una di corno. Da questa escono sogni premonitori, dall'altra escono sogni falsi e ingannevoli.

Presso i Romani il regno di Plutone, l'Ade per i greci, è l'Orco. Il dio della Morte va in giro per il mondo, silenzioso, armato di una falce e miete la vita di coloro che vuol portare con sé nella regione da lui abitata e che da lui prende il nome. Altre divinità infernali sono le Furie, simili alle Erinni, e i Sogni, le cui leggende furono ricalcate dai Romani sulle leggende grache. Nell'arte antica compare soprattutto nella pittura (ceramica e parietale) e nei rilievi di sarcofagi.