L'utilizzo delle opzioni reali
per valutare imprese
e progetti ad alto rischio
di Alberto Lanzavecchia, Stern Stewart & Co. – The EVA company
Docente a contratto Università di Parma

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Quanti progetti non sono stati intrapresi perché troppo rischiosi? Quanto possibile valore, così facendo, non è stato creato dalle imprese? Indubbiamente stimare la volatilità non è compito facile, ma l'incertezza può anche rivelarsi un'opportunità, nel caso si ricorra, ad esempio, alle cosiddette opzioni reali, in grado di mettere ordine e rigore all'agire del management. L'analisi del rischio in due situazioni concrete: la valutazione di una risorsa naturale e di un brevetto.

Finanza statica e finanza dinamica

Il valore di una qualsiasi attività può essere calcolato partendo dai flussi di cassa futuri attualizzati che essa produce. La formazione dei prezzi delle obbligazioni è l’esempio più semplice ed immediato dell'applicazione di tale metodologia, ma la stessa può essere applicata anche a singoli progetti di investimento o all’impresa nel suo complesso. Questo approccio è comunemente chiamato Discounted Cash Flow (DCF) Analysis. Tuttavia, pur essendo formalmente ineccepibile, esso trova il limite di non "vedere oltre" il flusso di cassa: è "finanza statica". L’origine del valore avrebbe un payout lineare, ma ciò che non è un flusso di cassa non può essere valorizzato. L’incertezza sui diversi scenari possibili viene così "trattata" attraverso la distribuzione di probabilità, oppure adeguando il tasso di sconto, comunque sempre nell’ambito di stime soggettive.
Le opzioni reali appartengono, invece, alla "finanza dinamica", perché il loro valore e il loro esercizio dipendono dall’evoluzione di una o più variabili incerte: è compito del management gestirle ed esercitarle nel momento migliore. Si apre dunque una nuova "frontiera" per la applied corporate finance: l’incertezza come fonte di opportunità per creare valore.
Ma in concreto: quando l’utilizzo delle opzioni reali è più efficace della Discounted Cash Flow Analysis? Come utilizzare questo nuovo strumento per valutare un progetto o un’impresa? Quali sono gli ambiti di applicazione?
Nel prosieguo di questo intervento cercheremo di rispondere a queste domande, ma anticipiamo fin da subito una prima conclusione: le opzioni reali attenuano la soggettività nella stima dell’incertezza (probabilità di scenari futuri), perché è il mercato che definisce il premio al rischio.

I limiti della Discounted Cash Flow Analysis

La finanza di impresa ci insegna che il valore di una qualsiasi attività, sia finanziaria che reale, è misurabile scontando i flussi di cassa futuri ad un tasso coerente con il profilo di rischio dell’investimento. Gli ingredienti necessari sono dunque, in linea di massima due:

  • i flussi di cassa, e 
  • il tasso di sconto. 
Sulla definizione del flusso di cassa, almeno concettualmente, non dovrebbero esserci grossi problemi a livello di impresa, ma già nella valutazione degli investimenti si possono incontrare alcune difficoltà.
Un progetto di investimento può essere visto come una piccola impresa, così come una impresa è la somma di tanti investimenti. Proprio perché bisogna scindere il progetto dall’impresa nel suo complesso, l’analista finanziario dovrà:
  1. individuare i flussi di cassa incrementali (with without principle); 
  2. considerare gli effetti indotti (cross fertilization e "cannibalismo"); 
  3. dimenticare i costi passati (sunk cost); 
  4. ricordarsi dei costi opportunità. 
Sulla stima del tasso di sconto da impiegare si apre invece uno spinoso dibattito.
I flussi di impresa dovrebbero essere scontati ad un tasso espressione del rendimento che i portatori di capitale richiedono per finanziare una specifica attività. A tal fine, è prassi diffusa utilizzare il costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of Capital, WACC):

WACC

dove:
Kd = è il costo del debito marginale
Kt = è il costo della rivalutazione annua del fondo TFR
Ke = è il costo dei mezzi propri
D = è il debito finanziario in essere
T = è il fondo TFR
E = sono i mezzi propri
A ben vedere, ogni singola componente delle formula apre numerosi temi di discussione, solo in parte riassunti nella Tavola 1.

Tavola 1 - Utilizzo del WACC: temi di discussione
 
 
Costo del debito (Kd)
Rivalutazione del TFR (Kt)
Costo dei mezzi propri (Ke)
Sempre
  • Quale costo del debito? Rapporto oneri finanziari su debiti finanziari? Media storica? 
  • Quali debiti? Solo a lunga scadenza? 
  • Il finanziamento soci, o dal Gruppo, è debito o equity? 
  • Come valutare il costo delle obbligazioni convertibili? 
  • Il debito a valori contabili o di mercato? 
  • Costo al lordo o netto da imposte? 
  • Quale aliquota di imposta, marginale o effettiva? 
  • La rivalutazione del TFR è una posta operativa o finanziaria? 
  • Se venisse inclusa nel calcolo del WACC, come confrontare il tasso di sconto per l’impresa con il tasso di sconto per le decisioni di investimento? Devo forse calcolare lo stipendio dei singoli dipendenti coinvolti? 
  • Come trattare l’assicu-razione del TFR presso una società di assicurazioni? Considero il costo relativo nel calcolo dell’onere finanziario del TFR? 
  • Quale orizzonte temporale di riferimento? 
  • Quale metodologia? Capm? Apt? Option pricing model? 
  • Se l’impresa non è quotata, quale tasso usare? 
  • Il Capm presuppone che l’investitore abbia un portafoglio diversificato, se non fosse così? 
  • Il beta è espressione del rischio, ma quale beta usare? Quanto lunga deve essere la serie storica? Rispetto a quale indice? 
  • Beta storico o prospettico? 
  • Beta di impresa o di settore per un singolo progetto? 
  • Quale market risk premium utilizzare? 
  • Quale tasso risk free? 
  • Il rapporto di ponderazione, a valori di mercato o di libro? 
  • Struttura finanziaria attuale, media storica o target? 
  • Il WACC è un tasso medio, teorico 
  • Flussi per impresa o flussi per gli azionisti? WACC o il solo Ke? 
  • E’ opinione di chi scrive che il CAPM (Capital Asset Pricing Model), pur formalmente ineccepibile, non sia una misura gestionale, e comunque risulti difficilmente applicabile nel contesto italiano, sia con riferimento al mercato regolamentato degli scambi sia perché, soprattutto, prevale una struttura proprietaria chiusa, ben lontana dal presupposto del CAPM di portafoglio diversificato.
    Superati tutti gli ostacoli brevemente accennati (cfr. Tavola 1), dovremmo essere in grado di stimare il valore dell'impresa o del progetto. Siamo sicuri di non aver perso nessun elemento rilevante? Non entrando nel merito della valutazione degli intangibles, basti solo fare osservare come assai spesso questa valutazione non coincide con il valore di mercato. Ciò è intrinseco laddove la previsione dei flussi di cassa è veramente aleatoria, come per le imprese "senza storia" o in settori innovativi, ma si può verificare anche in settori tradizionali.

    Il "gap" rispetto al valore di mercato
    Il valore dell’attivo corrente e delle previsioni sui flussi futuri non coincide con i valori di mercato, pur altamente volatili. Che cosa manca? Il valore delle opzioni manageriali, il valore dell’incertezza.
    Entrare in un mercato può talvolta permettere di aggredirne uno nuovo, qualora le condizioni lo rendano conveniente.

    Tavola 2 - Il valore dell'incertezza

    La possibilità di procedere per passi successivi nel "lancio" di un nuovo prodotto, aspettando che si verifichino le condizioni ottimali ha un valore.
    La possibilità di uscire da un business (come da un contratto) ha un valore.
    La flessibilità sulle fonti di approvvigionamento, potendo fare uno switch fra diversi fornitori o materie prime, ha un valore.
    La finanza statica, pur integrata da simulazioni sulla sensibilità di alcune variabili di input o su scenari probabilistici non è in grado di valorizzare la flessibilità nelle decisioni manageriali. Il management ha uno strumento in più per cogliere le opportunità offerte dalla pianificazione strategica e l’analisi degli investimenti. Nel nuovo ambiente della finanza dinamica, la sua abilità consiste nel cambiare e ottimizzare le operazioni con il passare del tempo ogni volta che nuove informazioni diventano disponibili o che l’incertezza si sia risolta. Molti investimenti strategici includono la facoltà di cogliere successive, nuove opportunità di investimento, quindi il valore di impresa o di progetto calcolato con la DCF analysis deve essere integrato con il valore delle opzioni. Tale approccio rende più visibile il modo in cui l’incertezza influenza il valore a livello di progetto e di impresa.

    Le opzioni reali: il valore dell’incertezza

    Le opzioni reali sono l’estensione della teoria delle opzioni finanziarie al "mondo tangibile", quello delle decisioni di impresa. Tuttavia, mentre i contratti derivati negoziati in Borsa sono standardizzati, le opzioni reali devono essere esaminate e valutate singolarmente.
    L’equazione di Black-Merton-Scholes si presta utilmente a calcolare il valore delle opzioni reali con un’unica fonte di incertezza e data di decisione. Quando l’analisi è più articolata (più fonti di incertezza o più date di decisone), non si possono ottenere soluzioni analitiche, ma è necessario avvalersi di metodi numerici più complessi, come il modello binomiale di Cox-Ross-Rubinstein.
    Nel modello di Black-Merton-Scholes, sono sei i fattori che influenzano il valore dell’opzione:
    S = il valore dell’attività sottostante 
    K = il valore di esercizio
    t = la vita residua dell’opzione (a scadenza)
    r = risk free rate coerente con la vita residua dell’opzione
    y = dividend yield
    s2 = la varianza nei rendimenti logaritmici sul valore dell’attività sottostante

    La formula per il calcolo del valore di una opzione call (C) o put (P), è la seguente:

    C = S e-yt N(d1) - K e-rt N(d2)

    P = S e-yt (N(d1) - 1) - K e-rt (N(d2) - 1)

    dove:

    d2 = d1 - s vt

    Nell’ambito delle opzioni reali, il valore dell’attività sottostante (S) è il valore economico del business o del progetto oggetto di valutazione. Può essere stimato con le tecniche finanziarie di valutazione, come i multipli di mercato, DCF analysis o altro.
    Lo strike price (K) è l’esborso necessario per finanziare il nuovo business o progetto di investimento. Nelle opzioni finanziarie lo strike price è fisso. Nelle opzioni reali può crescere nel tempo per effetto dell’inflazione o altri fattori, ma può anche diminuire in seguito alle innovazioni tecnologiche, ciclicità del settore o altri fattori esterni. Proprio per la sua rilevanza nella determinazione del valore delle opzioni reali, è necessario calcolarlo con molta attenzione.
    Qualsiasi pagamento (y) verso i proprietari riduce il valore dell’attività reale, perché viene distribuito valore, e contemporaneamente diminuisce la probabilità che l’opzione diventi "in the money", quindi esercitabile. Mentre per le opzioni finanziarie standardizzate esistono i fattori di rettifica, questo non è possibile per le opzioni reali.
    Per contro, il possessore di una opzione reale può aspettare fino alla scadenza prima di esercitarla, beneficiando così degli interessi generati dal portafoglio virtuale composto da un debito risk-free (r) su un valore pari allo strikeprice.
    Il tempo a scadenza (t) è il periodo entro il quale il management deve scegliere se fare o non fare l’investimento o differire ulteriormente. Potrebbe trattarsi di mesi o anni; più tempo ha il manager a disposizione, maggiore è il valore dell’opzione perché in quel lasso di tempo egli potrebbe ricevere le informazioni necessarie mancanti oppure fugare ogni dubbio sulle variabili in gioco.
    La volatilità è l’elemento che più influenza il valore di una opzione, perché al crescere delle oscillazioni del valore dell’attività sottostante, maggiore è la probabilità che l’opzione diventi "in the money". Tuttavia, mentre nelle opzioni finanziarie è possibile calcolarla dai rendimenti nei prezzi di mercato dell’attività sottostante, oppure utilizzando la volatilità implicita, per le opzioni reali occorre procedere diversamente.
    Se il valore di un progetto dipende dal prezzo di una materia prima, è possibile utilizzare le variazioni dei prezzi negli scambi sui mercati regolamentati. Se oggetto di analisi è un business, allora potrebbe essere utilizzata la volatilità nel prezzo delle azioni di imprese "peers" operanti in quel settore. Quando non esistono società comparabili, si potrebbe utilizzare una simulazione "Montecarlo" per generare una distribuzione probabilistica del DCF del business/progetto calcolando poi la deviazione standard dal valore medio atteso.
    Considerati congiuntamente, le condizioni che aumentano il valore di una opzione sono (Tavola 3):

    1. l’attività sottostante ha una volatilità elevata; 
    2. la vita residua è elevata. 
    Tavola 3 - Le condizioni che influenzano il valore di un'opzione
     
     
    Variabile
    Valore Call
    Valore put
    Incremento valore del sottostante
    ­ 
    ¯ 
    Incremento Strike Price
    ¯ 
    ­ 
    Incremento volatilità del sottostante
    ­ 
    ­ 
    Incremento vita residua
    ­ 
    ­ 
    Incremento Risk free rate
    ­ 
    ¯ 
    Incremento dividend yield
    ¯ 
    ­ 

     

    La valutazione degli investimenti e di un'impresa

    Suddividere il valore di una impresa tra valore dell’attivo corrente e valore delle opzioni di crescita future è una strategia manageriale piuttosto perseguita, perché permette di capire quant’è lo stock di valore che deve essere aggiunto grazie all’operato del management. Tuttavia, spesso tale spaccatura avviene in modo residuale. Dal valore di mercato di una impresa viene dedotta una valutazione dell’attivo con una metodologia tipo DCF, e ciò che rimane è quanto il management deve produrre con il suo operato nei prossimi anni.
    La valutazione con le opzioni reali è un approccio bottom-up: al valore stimato con metodologia DCF viene aggiunto il valore delle opzioni. Va da sé che non necessariamente il manager dovrà farsi carico dell’intero valore di mercato dell’impresa: ciò che deve gestire è l’attività reale, non un’attività finanziaria (a meno che non sia un asset manager di un fondo comune!).
    In generale, le opzioni a disposizione dei manager sono le seguenti:

    • differimento dell’investimento (wait and see); 
    • crescita (entrata o effettuazione); 
    • uscita (abbandono); 
    • flessibilità (o trasferimento); 
    • apprendimento (o fasi successive) 
    In concreto, occorre valutare attentamente il progetto o l’impresa affinché si colga, se presente, il maggior valore dato dall’incertezza. Essendo quest’ultima un input, molti non riuscendo a quantificarla, abbandonano tale approccio. Ma ignorare un problema non significa risolverlo.

    Il coefficiente Vega
    Indubbiamente stimare la volatilità non è compito più facile che stimare i flussi di cassa e la sensibilità del valore del progetto a tali input è assai elevata. Nelle opzioni reali è possibile utilizzare la volatilità espressa dal mercato (volatilità storica) oppure utilizzare modelli che quantifichino la volatilità futura ("simulazione Montecarlo"). In ogni caso, il manager ha sotto controllo l’effetto della volatilità sul valore del progetto, attraverso il calcolo del "coefficiente vega".
    "Vega" è la derivata del valore dell'opzione rispetto alla volatilità dell’attività sottostante; essa misura quindi i cambiamenti attesi del valore dell'opzione a dati cambiamenti della volatilità. In questo senso, è un indice di rischio.
    Se, ad esempio, vega è pari a 0,26 , allora vuol dire che se la volatilità aumenta di un punto percentuale, il valore dell'opzione varierà esattamente di 0,26. Questo consente sia di misurare l’errore che si può commettere nell’utilizzo di un valore di volatilità sbagliato, sia come impattano variazione future di volatilità sul valore dell’opzione.
    Cercheremo ora di impostare l’analisi in due situazioni:

    • la valutazione di una risorsa naturale, e 
    • la valutazione di un brevetto. 
    Caso 1 - La valutazione dello sfruttamento di una risorsa naturale

    La decisione riguardante l’inizio dello sfruttamento di una miniera o l’estrazione di petrolio da un giacimento dipende dall’incertezza sulla non conoscenza dei prezzi futuri dell’output sul mercato delle commodities. A differenza dell’analisi reticolare (decision tree analysis) o della distribuzione probabilistica del valore attuale netto, in questo caso è il mercato che premia il rischio con la volatilità nelle quotazioni.
    Si consideri il seguente caso di studio, semplificando l’analisi con i soli dati rilevanti.
    L’amministratore delegato di una società operante nell’estrazione del rame doveva valutare l’acquisto di una concessione mineraria ventennale. Il canone annuo di concessione era di 50.000 euro. Una perizia effettuata da un geologo stimava in 5.000 tonnellate la quantità di rame potenzialmente estraibile dalla miniera. La capacità estrattiva era di 250 ton/anno. Il prezzo del rame in quegli anni oscillava attorno a 1.550/ton euro, ed era previsto in crescita del 3% annuo rispetto al prezzo attuale per i successivi 5 anni; oltre tale data non erano state effettuate ulteriori stime. I costi operativi erano nell’ordine del 15% del fatturato; le imposte al 40,25% nel primo anno, 39,25% in quegli successivi. Il WACC al 9,2%. Il valore attuale dei flussi di cassa necessari per avviare la miniera ammontavano a 1.600.000 euro; l’investimento sarebbe stato ammortizzato a quote costanti lungo la vita utile della miniera.
    L’analisi dei flussi di cassa mostrava un valore attuale netto (VAN) pari a:

    VAN = 2.253.612 – 1.600.000 = 653.612 euro

    L’investimento era conveniente, ma dubbi nascevano con riferimento alla stima effettuata sui prezzi. L’incertezza sulle oscillazioni nei prezzi della materia prima poteva tuttavia essere meglio colta da una opzione reale di crescita (ingresso nel business).
    Tale approccio prevede i seguenti parametri di input:
    S = 2.253.612 euro
    K = 1.600.000 euro
    r = 5,30% dato dal rendimento medio del BTP con vita residua 20 anni alla data di valutazione
    s 2 = 18%, volatilità osservata con 24 rilevazioni mensili alla London Metal Exchange
    Il valore del progetto ammonterebbe così a circa 925mila euro. La differenza di valore è imputabile all’orizzonte temporale di riferimento e alla possibilità, legata alla volatilità, che il prezzo del rame aumenti molto di più di quanto previsto dall’analisi basata sul free cash flow rendendo così l’opzione "deep in the money", di gran lunga economica.

    Caso 2 – La valutazione di una start-up

    Il limite della metodologia DCF è ancora più evidente quando si devono valutare imprese "senza storia" oppure entranti in settori caratterizzati da elevata incertezza, in cui il Business Plan potrebbe rivelarsi del tutto irrealizzabile perché il prodotto non trova mercato, la tecnologia diventa obsoleta, oppure vengono sviluppati nuovi prodotti sostitutivi.
    Un’azienda americana specializzata in strumenti ottici per la correzione della vista, grazie ad una lunga e proficua collaborazione con l’università del proprio Stato, è riuscita ad ottenere un brevetto decennale su una innovativa lente a contatto morbida, caratterizzata da una manutenzione praticamente nulla e una durata di diversi anni. Il prodotto è già disponibile, ma il suo costo di produzione è estremamente elevato per bassi volumi. Attualmente, il mercato è di nicchia, e i flussi di cassa attualizzati in tali circostanze ammontano a 300 milioni di euro, mentre i costi di avvio del progetto ammontano a 450 milioni. Il valore generato dal "lancio" del nuovo prodotto sarebbe dunque negativo per 150 milioni. Ciò nonostante, il mercato è in rapida evoluzione, inoltre ulteriori innovazioni di processo potrebbero migliorare notevolmente il valore attuale dei flussi di cassa previsti. Una "simulazione Montecarlo"sui diversi scenari possibili mostra una deviazione standard nel valore attuale netto del progetto del 55%. Tuttavia, per raggiungere tali obiettivi, l’azienda dovrebbe continuamente investire in ricerca circa 2 milioni all’anno. Il venture capitalist che ha finora seguito l’impresa pensa che i nuovi fabbisogni finanziari debbano essere raccolti attraverso la quotazione al Nasdaq.
    Come valutare l’iniziativa considerando le opzioni reali, apendo che il treasury bond americano decennale offre un rendimento del 4,8%?
    I consueti parametri di input sono:
    S = 300 milioni di euro
    K = 450 milioni di euro
    r = 4,8%
    s 2 = 55%
    y = 2 milioni di euro
    Il valore del progetto stand alone sarebbe negativo per 150 milioni, il valore dell’opzione di crescita è di 173 milioni di euro, quindi il valore del progetto con l’opzione di crescita è di 23 milioni di euro, sebbene la sola metodologia DCF indicasse un valore negativo.
    La differenza di valore, ancora una volta, è generata dall’incertezza sugli scenari futuri, ovvero, vi è la possibilità che si manifestino le condizioni che rendano esercitabile l’opzione call. Soprattutto in questo caso, rispetto al precedente, è compito del management guidare l’impresa con successo, realizzando gli ambiziosi obiettivi si è posta, pena il fallimento.

    L'incertezza: da minaccia ad opportunità

    La teoria delle opzioni può essere applicata in modo diffuso anche nella finanza di impresa. Le opzioni reali non sono un "gioco matematico" per pochi iniziati, ma dovrebbero rappresentare un nuovo supporto per manager e i loro collaboratori.
    Le real options introducono un nuovo modo di pensare, dove l’incertezza è fonte di opportunità e non una minaccia da fugare. I manager nel loro agire quotidiano hanno sempre introdotto delle correzioni in fase di attuazione di un progetto, talvolta poteva essere abbandonato, rivisto, eseguito per passi successivi. Le opzioni reali mettono ordine e rigore all’agire, portano il rischio prezzato dal mercato dei capitali all’interno dell’impresa per aiutare a prendere decisioni.
    E’ vero che sono più complicate rispetto alle opzioni finanziarie e le stesse formule utilizzate possono sembrare talvolta un rompicapo. Il problema è tuttavia mal posto. L’utilizzatore deve comprendere le variabili in gioco e come queste interagiscono fra di loro e sul risultato finale, ma non è tenuto a conoscere tutte le relazioni matematiche sottostanti. A tal fine, abbiamo brevemente individuato i sei parametri rilevanti, e, soprattutto, abbiamo evidenziato i loro effetti sul valore delle opzioni.
    Indubbiamente la stima della volatilità è un elemento critico, sia con riferimento al calcolo sia in considerazione degli effetti indotti dal parametro sul valore dell’opzione reale. La Tavola 4 espone le variazioni nel valore del progetto a variazioni nella volatilità utilizzata.

    Tavola 4 - Caso 2: variazioni della volatilità e variazioni nell’opzione reale
     
    Vega
    2,60
     
    Variazione volatilità
    (in punti %)
    5
    10
    5
    20 
    25
    30
    35
    40
    45 
    Variazione valore progetto
    (valori in euro) 
    13,0
    26,0
    39,0
    51,9
    64,9
    77,9
    90,9
    103,9
    116,9
    Variazione valore (%)
    7,5%
    15,0%
    22,6%
    30,1%
    37,6%
    45,1%
    52,7%
    60,2%
    67,7%

    Conclusioni

    Il rapido cambiamento in atto sul fronte delle nuove tecnologie rappresenta senza dubbio una spinta molto forte verso l’adozione di tecniche nuove che consentano di valutare progetti o business "senza storia", ma dal potenziale di crescita veramente elevato. Ma non solo. Anche in settori già affermati, come l’industria farmaceutica, immobiliare, petrolifera o delle commodities in generale è possibile trovare nelle opzioni reali la risposta a dubbi sinora insoluti.
    Quanti progetti non sono stati intrapresi perché l’incertezza era troppo grande? Quanto valore così facendo non è stato creato dalle imprese?
    Per contro, l’elevata incidenza delle opzioni reali sul valore complessivo delle attività ne aumenta il rischio, esponendo l’attività a possibili squilibri finanziari: un manager che gestisce un’impresa (o un progetto) il cui valore è in gran parte determinato dal valore di una opzione reale può vedere azzerato il valore del proprio asset (o ridursi al solo valore attuale netto dei flussi di cassa). Ciò è dovuto sia perché l’opzione non è stata esercitata (errore manageriale) sia perché a scadenza risulta ancora "out-of-the-money".
    L’esempio più evidente è il recente fallimento del consorzio per la telefonia satellitare Iridium, quotato al Nasdaq, guidato da Motorola a cui anche Telecom Italia aveva partecipato. Il valore attuale netto dei flussi di cassa previsti non consentivano di giustificare il "lancio" dell’iniziativa, ma esisteva un’elevata incertezza sul mercato di sbocco che sarebbe potuto divenire veramente ampio. A scadenza, tuttavia, non sono pervenute nuove informazioni tali da eliminare l’incertezza sui flussi di cassa futuri e l’investimento che gli azionisti avrebbero dovuto effettuare nel differire ulteriormente nel tempo ogni decisione è risultato insostenibile.

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