La classificazione dell'Irap

L'introduzione di questa imposta non finisce di manifestare i suoi effetti distorsivi nella predisposizione dei bilanci e nella loro interpretazione. Se, in qualche modo, si è trovato un accordo per la sua contabilizzazione nel bilancio di esercizio, così non è per quanto riguarda i bilanci riclassificati per una corretta analisi

 

di Alberto Lanzavecchia

Con l’introduzione della nuova imposta regionale sulle attività produttive (Irap), si è aperta una nuova problematica che ha interessato sia il mondo accademico sia gli analisti finanziari.

Il punto è questo: come costruire il sistema degli indici di bilancio tenendo conto dell’Irap, e cioè, in altri termini, come individuare il “nuovo” risultato operativo, base fondamentale per ogni successiva analisi finanziaria?

La questione non è di competenza limitata alle discussioni dottrinali, giacché chiunque si trovi a dover effettuare l’analisi di un bilancio di esercizio, potrebbe essere indotto a considerazioni errate, per il solo fatto di non aver valutato attentamente gli effetti che scaturiscono dall’esposizione dell’Irap in una posizione piuttosto che in un’altra.

Nel bilancio d’esercizio redatto ai fini civilistici l’Irap viene normalmente esposta tra le “Imposte sul reddito dell’esercizio” quantunque la base imponibile non sia il reddito civilistico analogamente all’Irpeg che viene calcolata su un reddito determinato secondo norme fiscali che non sempre coincidono con la norma civilistica ed i principi contabili.

Per calcolare gli indici reddituali dell’impresa si rende quindi necessario operare alcune riclassificazioni per ottenere informazioni significative e confrontabili con altre società operanti in un contesto diverso. Tra le diverse possibilità, sono state individuate le seguenti:

La seconda alternativa pare poco utile, ancorché formalmente corretta, per un’analista finanziario in quanto la base per il calcolo dell’imposta è più facilmente assimilabile ad un’imposta sul valore aggiunto che non ad un’imposta sul reddito.

L’Irap non colpisce il reddito netto, ma un reddito comprensivo degli oneri finanziari e del costo del lavoro.

Più sottile e raffinata appare la prima soluzione, ma più sbrigativa, e forse per questo verrà più usata, la seconda.

In realtà, la correttezza formale e metodologica dell’una o dell’altra può essere accertata solo se si risponde con certezza alla seguente domanda: l’Irap nasce dalla sola area della gestione operativa, ed è il suo saldo che determina la base imponibile, oppure c’è anche un qualche contributo delle altre aree gestionali?

Se si accoglie la prima ipotesi, allora, essendo fonte impositiva la sola gestione caratteristica, pur se al lordo del costo del lavoro, si deve imputare tutta l’Irap in quest’area e considerarla, a tutti gli effetti, come un costo di produzione aggiuntivo.

Se, diversamente, si ritiene che alla formazione della base imponibile concorrano, a diverso titolo, anche le altre aree (quella finanziaria e la non caratteristica), allora è necessario predisporre un meccanismo che ripartisca il peso impositivo in base all’area di origine del presupposto impositivo. Così facendo, si dovrebbe concludere che la prima ipotesi sia l’unica veramente corretta, ma soprattutto utile ed efficace strumento di analisi finanziaria.

E’ forse superfluo ricordare che la scelta dell’uno o dell’altro metodo non è puramente teorica, perché questo strumento dovrebbe permettere di effettuare valutazioni corrette tali da consentire l’assunzione di decisioni corrette. E’ evidente che indicatori come il Roi ed il Ros divergano, a seconda del metodo di riclassificazione adottato.

Il Roi deve esprimere la redditività della gestione caratteristica e degli investimenti, risultante dall’efficienza produttiva e commerciale, a prescindere da scelte di tipo finanziario, ma al netto delle imposte.

Se allora ipotizziamo di sostituire costi del lavoro con costi di ammortamento, ci dovremmo aspettare una variazione del Roi per effetto della diversa efficienza fiscale delle due alternative.

L’ipotesi di attribuzione dell’Irap alle imposte di esercizio fa perdere tale informazione: non solo il Roi rimane invariato, ma si evidenzia un maggior carico fiscale, quando non é aumentato il reddito, bensì le conseguenze fiscali della nuova struttura di costo (Tabella 3). 

Qual è allora il corretto Roi dell’impresa: il 28.7%, il 30% o il 27.5%? Su quali valori del Ros si deve ragionare: il 14.3%, il 15% o il 13.7%? E’ possibile confrontare diverse imprese o paragonare bilanci non soggetti all’Irap?

Non potendo lasciare indeterminata la soluzione, riteniamo anche noi che la soluzione della ripartizione proporzionale sia quella da preferirsi. A difesa della riclassificazione secondo il metodo di ripartizione proporzionale, ci sembra opportuno non tanto soffermarci sull’impianto applicativo, già concretamente esposto dal fautore della proposta 5, quanto avvalorare la base su cui, crediamo, si fonda l’intero ragionamento. Abbiamo detto che la scelta tra l’uno e l’altro dei metodi di riclassificazione nasce dalla definizione del presupposto impositivo: solo la gestione caratteristica o anche altre gestioni? Crediamo che il risultato operativo, valore di chiusura della gestione caratteristica, sia influenzato, e quindi determinato, dalla gestione finanziaria, almeno nelle seguenti ipotesi 6:

il fatturato può essere influenzato dalla politica di vendita della direzione, qualora si dispongano cospicue risorse finanziarie, in quanto è possibile accordare termini di pagamento più lunghi, comportando una dilatazione del circolante altrimenti non sostenibile;

la politica degli acquisti può essere influenzata dalle disponibilità finanziarie poiché si possono effettuare acquisti in larga scala, fruendo di sconti dai fornitori o sfruttando le condizioni del mercato, e si può reggere alla dilatazione del circolante, per giacenze in magazzino, conseguente all’espansione delle vendite;

i costi operativi possono essere diminuiti qualora la gestione finanziaria metta a disposizione risorse per l’acquisto di macchinari più efficienti, flessibili e produttivi;

la stessa politica degli ammortamenti verrebbe a modificarsi qualora si attui una costante e regolare politica di rinnovo ed ampliamento dei macchinari;

peraltro una struttura finanziaria precaria, dalla quale traspaia la possibilità di un tracollo, può provocare un calo del fatturato per effetto dell’abbandono dei clienti di quella azienda 7.

Conclusioni

L’introduzione della nuova imposta impedisce la confrontabilità fra i bilanci precedenti e successivi alla sua introduzione in quanto contemporaneamente alla nascita della nuova imposta sono stati eliminati alcuni oneri sociali sul costo del lavoro, con l’effetto di una riduzione del costo del lavoro e di una variazione del carico fiscale variabile da società a società. A ben vedere nessuna delle tre alternative potrebbe fare altrimenti, perché l’Irap introduce conseguenze fiscali sull’articolazione dei costi prima inesistenti. Per effettuare un’analisi finanziaria corretta si deve prevedere di “spalmare” l’Irap sulla aree di riferimento che hanno fatto nascere il presupposto impositivo per poter cogliere gli effetti di una diversa organizzazione dell’impresa. La ripartizione dell’imposta sulle tre aree gestionali si basa su una semplice proporzione, ed è possibile anche qualora l’impresa sia in perdita. E’ altrettanto vero che da una attenta analisi sull’ampia varietà delle strutture di costo possibili, emerge che le tre soluzioni proposte possono discostarsi anche in maniera sensibile. Considerando che il Roi determinato su valori contabili ha, di per sé, gravi difetti tali da scoraggiare l’assunzione di decisioni importanti, avendolo come fondamento 8 sarebbe ancora più grave aggiungere volontariamente una commistione di effetti fiscali nascenti dalla gestione operativa. In tal caso, l’utilità del Roi, nell’analisi finanziaria, sarebbe praticamente nulla.

E’ peraltro importante raggiungere una omogeneità di comportamento per poter confrontare gli indici delle diverse imprese indipendentemente dalla corrente di pensiero seguita dall’analista di turno.

Tabella 1 - Le tre alternative di riclassificazione
 
Valori di Conto Economico Ipotesi 1: 
Ripartizione 4
Ipotesi 2: 
Alle imposte di esercizio
Ipotesi  3: 
Al costo del venduto
Valore della produzione  1.000,00 1.000,00 1.000,00
Costi della produzione - 700,00 - 700,00 - 700,00
Imponibile Irap 300,00 300,00 300,00
Irap di competenza -12,75 -12,75 -12,75
Base imponibile da ripartire 300-12,75= 
287,25
Costo del lavoro - 150,00 - 150,00 - 150,00
Irap relativa a costo del lavoro - 6,66 -0,00 -12,75
Costo totale della produzione -856,66 -850,00 -862,65
Risultato operativo 143,34 150,00 137,25
Oneri finanziari -10,00 -10,00 -10,00
Irap relativa a Oneri finanziari -0,44 0,00 0,00
Reddito lordo 132,90 140,00 127,25
Irpeg -51,80 -51,80 -51,80
Irap sul reddito -5,65 0,00 0,00
Reddito netto 75,45 75,45 75,45
 == == ==
Tabella 3 - Sostituzione di costi di lavoro e costi di ammortamento
 
Valori di Conto Economico 
Ipotesi di ripartizione 
Ipotesi di attribuzione alle Imposte di esercizio 
 
prima 
dopo 
prima  dopo 
Valore della produzione 
Costi della produzione 
Imponibile IRAP 
1.000,00 
- 700,00 
300,00 
1.000,00 
- 600,00 
400,00 
1.000,00 
- 700,00 
300,00 
1.000,00 
- 600,00 
400,00 
Irap di competenza  12,75  17,00  12,75  17,00 
Base imponibile da ripartire: 287,25 383,00 
Costo del lavoro 
Irap relativa a costo del lavoro 
- 150,00 
- 6,66 
- 250,00 
- 11,10 
- 150,00 
0,00 
- 250,00 
 0,00 
Costo totale della produzione  - 856,66  - 861,10  - 850,00  - 850,00 
Risultato operativo 
Oneri Finanziari 
Irap relativa a oneri finanziari 
Reddito lordo 
IRPEG 
Irap sul reddito 
Reddito netto 
143,34 
- 10,00 
- 0,44 
132,90 
-51,8 
- 5,65 
75,45 
138,90 
- 10,00 
- 0,444 
128,456 
- 51,80 
- 5,46 
71,20 
150,00 
- 10,00 
 0,00 
140,00 
- 51,80 
- 12,75 
75,45 
150,00 
- 10,00 
0,00 
140,00 
- 51,80 
- 17,00 
71,20 
Indici di redditività: 
ROI 
ROS 
28,67% 
14,33% 
27,78% 
13,89% 
30,00% 
15,00% 
30,00% 
15,00% 
 
Note:
1 E’ qui sufficiente ricordare che tale modello di riclassificazione mira ad individuare idealmente, in seno alla gestione aziendale, rispecchiata nel conto economico, tre aree distinte: la gestione caratteristica (dell’esercizio della “normale” attività di impresa), la gestione finanziaria, e le gestioni accessorie.
2 Questa tesi è stata avanzata per la prima volta da: Giulio Tagliavini, in Il Roi ‘dopo’ l’Irap, Amministrazione & Finanza, Milano, n. 10/1998, pagg. 41-48.
3 Ipotesi avanzata da Flavio Dezzani, ne L’Irap va imputata alla voce ‘imposte di esercizio’, in Il Fisco, n. 33/ 1997, pagg. 9600 - 9603.
4 Per il calcolo della quota relativa alle aree in cui è sorto il principio impositivo, è utile avvalersi della semplice proporzione: Voce imponibile: Irap relativa = Base imponibile netta da Irap: Irap dovuta. Tramite questa relazione è stata calcolata l’Irap relativa al costo del lavoro, quella relativa agli oneri finanziari, e quella sul reddito prodotto.
5 Vedi nota 2.
6 Argomentazioni in parte tratte dal saggio di Maria Barbato Bergamin Il valore segnaletico degli indici di bilancio in rapporto ai criteri seguiti per la loro determinazione, in: V. Coda - G. Brunetti - M. Barbato Bergamin, Indici di bilancio e flussi finanziari, libri, Milano, 1977.
7 Si possono citare almeno due casi, fra i tanti, in cui la cattiva gestione finanziaria ha prodotto impatti sulla gestione caratteristica e quindi a livello di conto economico: si pensi ad una compagnia aerea prossima al fallimento, in cui i clienti la abbandonano perché temono che la manutenzione non venga regolarmente svolta, o che si usino componenti scadenti. O si pensi ai potenziali clienti di una azienda automobilistica che versa in cattive acque, che non comprano l’automobile perché temono che non ci sia più un servizio di assistenza post vendita. Questi e molti altri ancora, sono definiti i costi indiretti del dissesto. Si veda, a tal riguardo: E.I. Altman, A further empirical investigation of the bankruptcy cost question, Journal of Finance, September 1984.
8 Basti vedere: R.A. Brealey-S.I. Myers, Principi di finanza aziendale, McGraw-Hill libri Italia, Milano, 1990.
 
Articolo pubblicato su "SUMMA - Mensile di cultura e informazione professionale dei Ragionieri Commercialisti ed Economisti di Impresa", Nr. 150/2000.
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