Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale

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La Pagoda

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Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

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Anno III n° 2 ( aprile-maggio-giugno )

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I sette fattori dell'illuminazione

(Massimiliano Foglini)

 

I sette fattori dell’illuminazione non sono la descrizione di un astratto e nebuloso ‘antico insegnamento’ tramandatoci nel tempo, ma delle ben precise qualità mentali da approfondire nell’ambito della nostra pratica. Infatti, per liberarci dalla sofferenza, dobbiamo da una parte lavorare sciogliendo i nodi dell’attaccamento, dell’avversione e dell’ignoranza, e dall’altra coltivare quelle qualità salutari capaci di orientarci nella giusta direzione.

I sette fattori dell’illuminazione si possono suddividere in tre qualità di stimolo: Energia, Indagine, Gioia. Tre stabilizzanti: Concentrazione, Tranquillità, Equanimità. E un elemento in grado di equilibrare e mettere in relazione tutte le altre: la Presenza Mentale. Si usa paragonare queste qualità, agli ingredienti che il Buddha ha usato nella sua ricetta per il risveglio.

Il primo di questi ingredienti e punto di partenza della pratica è la Presenza Mentale o consapevolezza, intesa come capacità di vedere le cose direttamente così come sono. Per allenare e rafforzare questa facoltà, gli insegnamenti buddhisti ci indicano quattro elementi nei quali dirigere la consapevolezza: il corpo, le sensazioni, la mente, i contenuti mentali. Contemplando così tutto il campo delle esperienze possibili. E’ una pratica che mira al progressivo dissolvimento del nostro attaccamento e identificazione da tutte le manifestazioni del corpo e della mente. Tramite la consapevolezza, ogni cosa viene osservata nel suo costante processo di mutevolezza, fino a comprendere come il nostro attaccamento alle cose destinate a finire, generi insoddisfazione. Continuando ad osservare può sbocciare la comprensione che nessuna sensazione, nessun contenuto mentale, nessuna condizione, ci appartiene veramente. Approfondendo seriamente la consapevolezza possiamo sperimentare una ‘luminosa spaziosità mentale’ nella quale nessuna caratteristica personale è presente. La presenza mentale contiene e alimenta il sorgere degli altri fattori dell’illuminazione, che a loro volta nutrono la presenza mentale; ecco che così si innesca un processo liberante fatto di virtù (circolo virtuoso) che tende a sostituire l’illusoria visione dettata dall’ignoranza-attaccamento-avversione (circolo vizioso).

Il secondo ingrediente è l’energia; energia che è spinta, risoluzione, calore, ispirazione e che serve innanzitutto a sostenere la consapevolezza, a tenere il cuore aperto di fronte ad ogni situazione. Energia da coltivare e da volgere nella direzione dell’illuminazione. E’ anche il nostro impegno ad accrescere ogni forma di benessere senza lasciarsi ingannare dagli stati mentali negativi che indubbiamente sorgeranno; impegno nel ricercare deliberatamente l’amore, la compassione, la gioia compartecipe e l’equanimità, evitando con determinazione le cose dannose.

Il terzo fattore dell’illuminazione è l’indagine. Dobbiamo considerare ed esaminare da noi stessi cosa è vero e cosa è falso. La stessa pratica deve diventare esclusivamente esperienziale, pragmatica: è nostro compito osservare direttamente la natura delle cose senza aderire ciecamente a quello che gli altri ci dicono o a quello che ci ‘sembra’ vero. E’ una qualità che ci avvicina coraggiosamente all’ignoto, che ci consente di essere pienamente presenti in qualunque situazione, che ci stimola ad intuire la realtà delle cose oltre i processi del pensiero.

Altro fattore dell’illuminazione è la gioia. Gioia di praticare, gioia di vivere che scaturisce dal lasciar andare ogni attaccamento. Stiamo parlando di una gioia che nasce dal proprio lavoro interiore, dalla più completa apertura nei confronti di qualunque cosa possa accadere. E’ intrinseca alla spiritualità, alla bellezza del cammino che conduce all’illuminazione; c’è chi la chiama ‘leggerezza del cuore’ e chi ‘meraviglia’, è comunque manifestazione di una ‘mente unificata’ e di un cuore che è penetrato nell’esperienza del momento presente.

Il quinto ingrediente è la concentrazione o il raccoglimento uni-verso l’esperienza presente. ‘Raccoglimento’ inteso non solo come contrario di ‘disattenzione’, ma anche contrario di ‘dispersione’. Stabilizzare la mente significa ricondurla continuamente ad uno specifico oggetto, ad esempio il respiro, un mantra, le sensazioni, l’amorevolezza o l’esperienza presente in qualsiasi maniera si offra. La mente, per abitudine, tenderà a divagare muovendosi tra desideri e avversioni, paure e resistenze. La concentrazione, tramite la determinazione e la perseveranza, può condurci oltre gli impedimenti verso la stabilità e la chiarezza della ‘visione profonda’, sviluppando quella capacita di comprensione capace di illuminare le oscurità della mente.

Il seguente fattore dell’illuminazione è la tranquillità, l’inclinazione ad immergersi nel silenzio e nella pace del nostro cuore. Certamente la quiete esteriore facilita e promuove quella interiore ma esiste anche quella capacità di ‘riposarsi nel momento in cui ci si trova’ qualunque situazione ci si presenti. Parte integrante di questa pratica è il lasciar andare ogni preferenza e avversione, allentando i nostri attaccamenti ai progetti, alle idee; in altre parole, anziché voler controllare ogni cosa, ci apriamo incondizionatamente ad ogni istante che viviamo nonostante le nostre aspettative. Alcuni suggerimenti, che vengono dati per promuovere la calma interiore, sono quelli di fare una cosa alla volta e di semplificare la vita smettendo di ricercare la felicità all’esterno in un ipotetico cambiamento di circostanze, comprendendo veramente che l’unica vera pace è quella del cuore, trovabile in ogni situazione.

L’equanimità è l’ultimo dei sette fattori dell’illuminazione. J. Kornfield (cofondatore e insegnante dell’Insight Meditation Center di Barre, Massachusetts) la descrive paragonandola ad una montagna: "Mentre la montagna sta ferma al suo posto, il sole splende su di essa, e la pioggia cade, e la neve la ricopre, e il fulmine la colpisce. Che fa, allora, la montagna? Resta al suo posto, senza vacillare. L’equanimità è quella facoltà che permette alla mente di sperimentare i vari cambiamenti che avvengono nel regno della forma, nel regno del sentimento, e nel regno della mente stessa, rimanendo ciò nonostante concentrata e impassibile. E l’equanimità si sviluppa proprio quando impariamo a tenere aperto il nostro cuore di fronte a tutte le mutevoli circostanze della vita e della pratica meditativa". L’equanimità va di pari passo con la disidentificazione da corpo e mente e con lo scioglimento dei processi dell’io-mio. Al contrario di quanto si può supporre, non porta alla passività, perché sviluppa quell’energia capace di penetrare e fluire intuitivamente nelle situazioni.

Possiamo comprendere e sviluppare i sette fattori dell’illuminazione esaminandoli sia all’interno delle nostre sedute meditative che durante le nostre giornate, cercando di accorgerci quali di queste qualità abbiamo più sviluppato e quali meno. E’ anche importante diventare consapevoli di ‘quando’ sorgono, perché essendo delle qualità impersonali che si sviluppano da specifiche condizioni, possiamo comprendere quali condizioni le impediscono e quali le nutrono... Buona pratica!

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