Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale

fior_di_loto.jpg (2050 byte)

La Pagoda

fior_di_loto.jpg (2050 byte)

Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

 

 

Anno III n° 3 ( luglio-agosto-settembre )

Dialogo tra uomini di fede: la compassione e la sofferenza

(Rodolfo Savini)

 

Guardare al di là dell’apparenza, distinguere le "cose così come sono", riconoscere il volto di Dio nel fratello: si apre una porta, la porta della compassione, della fusione amorevole, della condivisione. Certo che questa dimensione è evidente nel percorso cristiano che direttamente fa appello all’altro: scorgere il volto di Dio nel fratello. Lo stesso slancio sostiene la prospettiva buddhista che sollecita a guardare l’altro così come è, ma soprattutto a guardare me stesso così come sono: senza il peso delle innumerevoli scorze egoistiche che tutto ci mostrano tranne la vera natura della realtà.

Il dialogo tra uomini di fede arricchisce il sentiero spirituale con ciò che abbiamo dimenticato, perché è chiaramente impossibile alla nostra persona abbracciare anche ciò che ha alle spalle, discernere con la stessa chiarezza ciò che non ha davanti agli occhi.

Durante l’incontro che si è svolto ad aprile scorso con la comunità cristiana è emersa con insistenza proprio la domanda sul modo in cui il Buddhismo coltivi la compassione. Questo argomento apre all’esigenza, fortemente avvertita nel Cristianesimo, di prestare aiuto al fratello. L’accento corre verso il povero, l’umiliato, l’offeso: e corre con l’impulso a condividere, a portare quella parola capace di consolare ma al contempo di arricchire: "beati gli afflitti, perché…". Aiutare chi soffre: qui il Cristianesimo delinea un sentiero forte che lo contraddistingue. Sgorga da questo orientamento un impulso inarrestabile all’amore. Quell’amore che non è gratificazione personale ma unione fraterna. Così dovrebbe essere, ma chiaramente in agguato c’è sempre la morsa dell’egoismo, l’impulso a mettermi in mostra, a sedere agli angoli delle strade per farmi vedere. Anche il ricco che si avvicina al Cristo non riesce a compiere l’ultimo passo: dare tutto quello che ha. La vecchina che dona solo una moneta, compie un dono immenso perché dà veramente tutto quello che ha. La compassione e l’aiuto caritatevole al prossimo hanno alla radice proprio questa energia di condivisione.

Sembra che nel Buddhismo questo impegno sociale ad aiutare gli altri sia meno accentuato. Un monaco vietnamita narra di come nel suo Paese la "Scuola di giovani per il servizio sociale" operasse con determinazione ad aiutare chi viveva il dramma della povertà e come si sia mossa in questo senso creando numerose comunità di aiuto. Guardava con tacita benevolenza un suo vecchio amico che con la bicicletta ogni giorno andava a portare da mangiare a chi si trovava nell’indigenza. Con lo scoppio della guerra e con l’affermarsi del comunismo, le comunità da lui avviate vennero chiuse, mentre il suo amico continuava a dare il suo dono compassionevole passando di villaggio in villaggio con la propria bicicletta. Allora ciò che può veramente cambiare il nostro modo di vedere le cose (per riuscire a vederle proprio così come sono) non è tanto quello di dare investire le nostre risorse in grandi opere, ma è senz’altro più importante che queste opere scaturiscano da un radicale mutamento della nostra vita. Le grandi opere potranno anche venire, ma saranno l’effetto di un’energia che ha nell’intimo di ognuno la sua vitalità esplosiva. È la vitalità della compassione che sgorga, sorgente inesauribile, dall’amore. Un calore che cura le ferite del fratello e discioglie le resistenze del soggetto stesso che aiuta. L’amore verso se stessi che il Buddha ci ha insegnato a praticare, è quello di interrogarsi ogni momento sulla natura della nostra individualità, del nostro io, dei suoi condizionamenti, delle resistenze e dei fraintendimenti che deformano la mano amichevole rivolta all’altro. Come nel Cristianesimo l’amore per gli altri può essere incrinato dalla vena dell’egoismo, così nel Buddhismo la comprensione di se stessi può essere deformata dalla presunzione di aver conseguito l’Illuminazione e dal riaffermarsi della separazione lacerante dell’io e del mio.

Buddha mi insegna che all’egoismo posso sorridere, che le paure, le ansie, le divisioni che mi lacerano possono essere dissolte, che il dolore, prima di emergere e avviluppare gli altri spingendomi a soccorrerli, intride me stesso. Penso di sapere chi sono, ma non mi conosco, l’ignoranza non mi permette di capire la causa di questa sofferenza, non mi permette di risalire al peso che hanno gli attaccamenti, alla meccanicità delle sensazioni da cui sgorgano tutte le più avvilenti conseguenze. In questo sentiero c’è il rischio che l’egoismo torni ad emergere con il suo peso lacerante e divisorio. Cristo insegna ad amare il prossimo come se stessi: ma riuscirò veramente ad amare gli altri con quella sincerità che mi permetta di liberarmi dall’egoismo? O aiutare gli altri diventa un altro modo per " mettermi in mostra"? Ecco che dai nostri incontri sta emergendo una forte esigenza: comprendere il cammino dei nostri fratelli per ritrovare quell’interezza spirituale, quella totalità avvolgente che ci faccia veramente abbracciare ogni divisione in una prospettiva nuova in cui si possa dissolvere l’egoismo e possa emergere l’amore partecipativo.

go_back.JPG (3453 byte) INDICE Trimestrale Anno III n° 3

Località Quercia Grossa, 33 Pieve a Socana 
52016 Castel Focognano ( AR )