Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale

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La Pagoda

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Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

 

 

Anno IV n° 2 ( aprile-maggio-giugno )

Lavorare con le emozioni 

di Massimiliano Foglini

Dennis Genpo Merzel, Maestro Zen americano, in un suo insegnamento dice: Se, quando sediamo, ripudiamo determinate sensazioni, determinati pensieri, determinate emozioni, determinate idee e ci attacchiamo a ciò che riteniamo bello e creativo, riporteremo nella vita esattamente lo stesso atteggiamento. Ameremo determinate persone a cui ci attaccheremo, disprezzando e rifiutando le altre. Se invece diventiamo come l’ampio spazio, non c’è più scelta e preferenza. Tutti sono uguali, tutti sono il riflesso di noi stessi. E questo ci consente di incominciare ad apprezzare le diverse qualità di ciascuno, la bellezza che è in tutti.

Tutti, anche le persone più orribili, hanno qualche bellezza, qualche bella qualità, così come ogni bellezza ha sempre un lato di bruttezza. Basta vivere con un altro per scoprirlo. Tutti scoreggiano, tutti cacano, tutti puzzano. C’è una storiella. Una donna porta a casa due scimmie e un cane, e li installa in camera da letto. Il marito trova da ridire: "Ma come facciamo con l’odore?". "Non preoccuparti", risponde la moglie". "Come mi sono abituata io, si abitueranno anche loro".

Come ci comportiamo quando si presenta una forte emozione quale potrebbe essere la rabbia, ma anche l’invidia, la gelosia, la paura... (e chi più ne ha più ne metta)?

Merzel parla di ripudiare determinate sensazioni-emozioni-pensieri. Tendiamo a ripudiare, cioè ci rifiutiamo di riconoscere un aspetto della nostra vita emotiva. Possiamo addirittura giustificare la nostra avversione per gli stati mentali ‘negativi’ definendola come un passaggio evolutivo: "Abbandonerò tutta questa rabbia per superare l’io-mio!" Ripudiare alcune qualità che consideriamo non salutari, prenderne le distanze, non fa altro che rafforzarle, potenziarle. Proprio il nostro "cercare di abbandonare" le emozioni negative fa sì che rimaniamo identificati con esse.

Un’altra tipica maniera di rapportarsi all’emozioni è quella di credere che debbano per forza essere espresse. Viene fuori un grande carico di rabbia e la prima cosa che pensiamo è in quale maniera buttarla fuori. Cerchiamo il responsabile di questa rabbia e gliela scarichiamo addosso; se non lo facessimo qualcosa dentro noi si sentirebbe tradito. Il solo pensiero di "osservare senza esprimere" la rabbia ci dà l’impressione che così facendo questa rabbia ci mangerà da dentro, ci corroderà creando ancor più tensioni e confusione... altro che consapevolezza!

Se poi decidiamo di non buttarla fuori... allora è meglio far finta di niente: "Io non ci metto le mani; tanto è tutto un’illusione; tutto passa". Dall’esprimere passiamo al suo opposto che è il reprimere. Le emozioni allora, affondano negli abissi dell’inconscio e di lì ci manovrano: reagiamo impulsivamente ai vari stimoli senza sapere neanche bene il perché.

Esiste una maniera di vivere le emozioni che non sia il reagire ad esse o il reprimerle? Certo, e l’insegnamento del Buddha ne è maestro: "E in che modo dobbiamo dedicarci alla contemplazione della mente? Riconoscendo la mente dotata di brama come dotata di brama; riconoscendo la mente priva di brama come priva di brama; la mente offuscata dall’odio come offuscata dall’odio; la mente priva di odio come priva di odio; la mente distorta dall’illusione come distorta dall’illusione, la mente priva d’illusione come priva d’illusione; la mente trattenuta come trattenuta; la mente turbata come turbata; la mente sviluppata come sviluppata; lo stato mentale non evoluto come non evoluto; la mente superabile come superabile; la mente insuperabile come insuperabile; la mente concentrata come concentrata; la mente non concentrata come non concentrata; la mente liberata come liberata; la mente non liberata come non liberata".

Non reagire, non reprimere ma osservare attentamente, non reattivamente gli stati mentali. Ecco che grazie ad una introspezione calma e spassionata di quello che passa nella mente sviluppiamo una preziosa autoconoscenza di noi stessi ed una capacità impagabile di riflessione prima di agire, capace di disinnescare i modelli di abitudini non sane che si sono instaurati nel nostro comportamento.

Mark Epstein descrive questa pratica così: "Il Dalai Lama inizia ogni suo discorso descrivendo come gli esseri umani desiderino la felicità, e come l’unico scopo della pratica spirituale sia rendere reale quella felicità. La strategia del concentrare l’attenzione sull’"io" che si manifesta nei momenti della ferita narcisistica non è altro che l’esempio avanzato di un metodo di cui la via buddhista fa grande uso: quello di ricercare continuamente soddisfazioni più mature.

[...] Negli insegnamenti buddhisti, la capacità di contenere un’emozione nello spazio transizionale della nuda attenzione è sempre descritta come più soddisfacente e più completa delle strategie della negazione o dell’indulgenza".

Accettare le emozioni così come sono, riconoscere di esserci coinvolti è più soddisfacente che rimuoverle, controllarle, esprimerle, rifiutarle. La nuda attenzione ci permette di spostare l’attenzione dall’emozione all’identificazione con essa, dalla reattività emotiva alla consapevolezza non giudicante. Questo ci permette di fare una scoperta fondamentale: dietro alle emozioni non si nasconde nessun sé: il sé è un’invenzione!

La principale illusione, che poi influisce su tutta la nostra vita, è la certezza che esista un ‘io’ (un sé, un ego), consistente e ben distinto dalle altre cose. In verità, ciò che chiamiamo ‘io’, non è altro che una sensazione derivante dalla nostra identificazione con i vari processi del pensiero. Il ‘senso del sé’ si nutre di pensieri tipo: "Io sono questo. Io sono quello. Vorrei essere così. In questo non mi ci riconosco. Eccetera" (Per avere altri esempi è sufficente osservare attentamente la propria mente!). La pratica della consapevolezza, la nuda attenzione ci mette in contatto direttamente e semplicemente con le varie esperienze: vedere, toccare, udire, odorare, toccare... e dietro a tutto ciò non c’è un sé separato. Anche i pensieri, le emozioni sono prive di un sé. Non ci rimane altro da fare che vivere direttamente ogni istante, pienamente, lasciando andare la nostra illusione di essere altro da tutto questo.

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