Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale

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La Pagoda

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Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

 

 

Anno IV n°4 ( ottobre-novembre-dicembre )

Riflessioni sul cambiamento di Antonio Caso

Molto spesso, per la quasi totalità delle persone, il concetto di sofferenza s’identifica con quello del cambiamento, nel senso di perdita, nel senso del lutto, nel senso dell’invecchiamento, o comunque della variazione di un qualsiasi stato di benessere. Eppure tutto cambia, sempre, dentro e fuori di noi. Le nostre cellule della mucosa intestinale cambiano completamente ogni 48 ore, più velocemente quelle cutanee, gli stessi globuli rossi, entro 120 giorni vengono distrutti e rinnovati, per non dire dei nostri pensieri, che in una frazione di secondo possono mutare più velocemente di qualsiasi evento. Il nostro corpo ci insegna, con la sua biologia, con questo piccolo microcosmo, se ci riflettiamo, che cosa sia la vita.

Perché, allora, cerchiamo di conservare, di cristallizzare, di incapsulare nel tempo emozioni, situazioni, eventi che sappiamo essere mutevoli, che sappiamo far parte del circolo di nascita-sviluppo-decadimento-morte? Perché su tutto stendiamo il velo dell’inconsapevolezza, che ci fa credere di essere immutabili e immarcescibili, padroni del piacere e delle cose cosiddette giuste, abili a scartare e a glissare le situazioni non piacevoli. Ma poi, un certo giorno, tutto questo ci viene addosso, com qualcosa di inevitabile, come una gran valanga, e mentre rotoliamo giù, senza fiato, con la bocca e gli occhi pieni di neve, l’acqua si mescola alle nostre lacrime, e pensiamo che la vita sia ingiusta, che tutto sia una fregatura, che si è costruito tutto per nulla e altre simili facezie.

In realtà, l’unica sicurezza che si ha è di essere impermanenti, e tutto quello che ci circonda lo è, ma spesso per tutta la vita lottiamo e soffriamo contro il mulino a vento costruito dal concetto del "per sempre", del conservare ad oltranza, contro ogni evidenza, un grattacielo edificato sulla sabbia, sempre lì attenti e atterriti di scoprirne una crepa, un cedimento, nella paura che prima o poi possa cadere - quanta tensione, quanta energia sprecata nell’esercizio inutile e dannoso di evitare l’inevitabile. Alcuni, poi, capiscono teoricamente che il mezzo per disinnescare questo meccanismo perverso sia semplicemente accettare la realtà, le sue leggi, le cose così come sono, ma non sanno al dunque metterlo in atto, reagendo, nel momento della verità del dolore, nel solito modo cioè rifiutandolo e così incistandolo più profondamente dentro di loro. Cos’è allora che ci può fornire la possibilità di uscirne? La risposta è la pratica. Praticare la consapevolezza attenta e continua, ricordando a se stessi che si è parte di un tutto, di un insieme mutevole ed eterno, in cui interdipendiamo con tutti gli esseri di questo mondo, anche i più piccoli, anche i più apparentemente insignificanti. Tutti hanno i loro tempi, il loro massimo splendore e poi decadono e muoiono perché questa, se ci si pensa, è la legge meravigliosa della vita che fa sì di avere sempre nuova linfa, sempre nuova energia. Sarebbe terribile e alieno un mondo che non cambiasse, fermo a miliardi di anni fa; da quel magma informe e infernale di allora, ora ci sono le foreste, il mare e noi. L’evoluzione comprende in se stessa la morte e il rinnovamento, in un alternarsi ciclico ed eterno. Noi viviamo perché gli altri sono morti, ed è la morte che dà peso, sostanza e significato al nostro vivere qui. E continuamente con il cambiamento sperimentiamo, a ben pensarci, piccole morti e piccole rinascite, e in fondo quello che eravamo 30-40 anni fa non è quasi più riconoscibile nell’immagine che si riflette ora nello specchio. Similmente a molti altri animali abbiamo cambiato pelle, abbiamo fatto la muta. Se riuscissimo a ridimensionare la visione della nostra vita come fatto personale, includendola nel tutto, come è nella realtà, ricordandoci con la pratica, con la meditazione, con la giusta visione delle cose, che siamo qui solo per la legge di natura, allora forse riusciremo a guardare la nostra sofferenza e il nostro dolore in modo diverso e più equo.

"La mente che non è toccata dalle vicissitudini della vita, la mente che è libera dal dolore, senza macchia e sicura: questa è la somma benedizione" Mangala Sutta

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Località Quercia Grossa, 33 Pieve a Socana 
52016 Castel Focognano ( AR )