Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale

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La Pagoda

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Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

 

 

Anno IX n° 2-3 ( Aprile - Settembre 2007 )

La malattia vista da dentro   20 settembre, spunti introduttivi

Quando la malattia vuole tutto

di Rodolfo Savini    

Nella malattia, soprattutto quando essa sembra non dare più spazio, avvertiamo la nostra solitudine e in essa ci confrontiamo, anche solo per brevi istanti con tutto ciò che vi è di sospeso e che rimbomba ovunque dentro di noi. Ricordi,  rimpianti, amarezze, desideri, aspettative, passato e futuro, “tutto insieme”  risuona qui, senza scampo. In questa dimensione siamo immersi tutti, io che sono malato, di una malattia che sembra senza riscatto, sia chi mi è vicino.

Io sono lì, dove il mondo si chiude e le parole si accorciano, chi mi è vicino lo vedo scosso dalla sua incapacità di “stare” con questo mondo ridotto ad un pugno di respiri. E’ il dramma di una libertà, che da un lato appare ormai smarrita mentre, dall’altro, si accontenta di esprimersi nella superficialità di gusti, preferenze, abitudini di frequente senza spessore. 

Chi mi accompagna in questi momenti, con la sua presenza o con il suo pensiero, vive con me questo turbinio emotivo. Vive il paradosso di essere con me su questo valico mentre è, al contempo, pervaso da molteplici attività e impegni, da quella forte l’energia che va altrove e che le esperienze stanno ancora forgiando. La sproporzione tra malattia e salute non può soffocare l’una a scapito dell’altra. Occorre riconoscere con lucidità e chiarezza quel filo sottile di luci e di ombre che corre tra il partecipare e il condividere da un lato e l’essere estranei e separati dall’altro. Non riusciamo ancora ad entrare in quel mondo in cui la serenità avvolge entrambi; la serenità di poter finalmente guardare con intensità il senza-tempo laddove, per strade diverse, l’esperienza ci vuole condurre. E’ vero però che io sono qui, al cospetto di quell’attrito tra rifiuto e rassegnazione. Non vorrei essere in questa stanza, non vorrei essere legato a questo letto, avrei ancora “tante” cose da fare eppure tutto questo mi è precluso, tutto di me dipende sempre più dagli altri, mi accorgo di essere solo un “disturbo” e un “peso” per chi mi è vicino. Quell’astio e quella rassegnazione che mi feriscono, quella incolmabile estraneità e incomprensione di colui che mi è vicino sono l’ultimo velo  da dissipare, allora la malattia e la salute  potranno riconoscersi, comprendersi, accogliersi; è lì che sgorga la libertà. La mia libertà di ritirarmi senza rimpianti, la sua libertà di essere presente alla vita. L’intensità di questa scintilla potrà far sbocciare ciò che è nascosto nella rassegnazione e nell’estraneità: la paura soffocante potrà divenire l’esperienza e la scoperta di qualcosa di radicalmente nuovo. Il linguaggio dell’accoglienza di ciò che accade a me e a lui potrà esprimersi in una carezza, in un sorriso, in uno sguardo, in una reciproca presenza che riappacifica. Allora non ci sarà più nulla di non detto, quella paura che divide diviene quella comprensione che unisce, che unisce a tutto. Quando la mia porta si chiuderà e chi mi è stato vicino tornerà a casa non potrà dimenticare ciò che ci siamo detti: torna a casa sereno perché mudita, la gioia condivisa, guiderà con sicurezza i nostri passi.
go_back.JPG (3453 byte) INDICE Trimestrale Anno IX n° 2-3

Località Quercia Grossa, 33 Pieve a Socana 
52016 Castel Focognano ( AR )