Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale
La Pagoda |
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Anno VI n° 2 ( Aprile - Maggio - Giugno ) |
Il Dolore di Meditazione
di
Ludovico Petroni
In
che cosa consista una sensazione fisica dolorosa, scevra da tutti i
“nostri annessi e connessi”, percepita nella sua più essenziale nudità
e disseccata dalla proliferazione emotiva-mentale che l’avvolge, è di per
sè esperienza di meditazione, oggetto di concentrazione spesso lasciata
alla casuale crescita del meditante, altre volte deliberato insegnamento
mirato, come nel caso dei ritiri condotti da Steve e Rosemary Weissman, che
la sera del quinto giorno del ritiro programmato per principianti danno
dettagliate istruzioni su come “trattare” le “sensazioni fisiche
spiacevoli”.
Innanzi
tutto viene premesso l’uso di quest’ultima terminologia, invece
dell’uso di “pain”= dolore, in quanto che la parola stessa già evoca
un moto avversivo, quindi l’atmosfera viene costantemente alleggerita
durante il discorso in cui vengono toccate fasi di schietta ilarità.
Gli
studenti vengono spesso tranquillizzati. Non si vuole che essi si mostrino
super-uomini o super-donne, e soprattutto non si vuole che gli studenti
giungano a generare avversione nei confronti della sensazione fisica
spiacevole che decidessero di contemplare, invece di cambiare posizione come
precedentemente erano istruiti a fare, cosa che rimangono comunque liberi di
fare in qualunque momento. Quindi diviene importante saper distinguere tra
due tipi di “sensazione
fisica spiacevole” (SFS). Distinguere cioè tra un reale dolore fisico
causato da una malattia, una disfunzione o un incidente e quello che si
chiama “dolore di meditazione” (DdM), che emerge quando si comincia ad
aver sviluppato un certo livello di concentrazione e consapevolezza del
corpo momento per momento. Questi dolori possono sorgere ovunque, ma più
spesso nelle ginocchia, caviglie, schiena, collo e sono distinguibili dai
primi (dolori reali) in quanto che cessano completamente col cambiare della
posizione, mentre invece un dolore reale resta.
Mentre
è possibile lavorare con un dolore di meditazione, un dolore reale deve
essere trattato e rispettato come tale.
Quando
quindi si è accertato che una SFS sorta è effettivamente un DdM, si può
provare a tornare al primario oggetto di meditazione, che sarà ad esempio
il respiro. Quindi un DdM attrarrà nuovamente la vostra attenzione e ancora
tornerete al respiro. Questo per un po’ di volte, fino a che
l’avversione per un DdM sorgerà nella mente. A questo punto potete
cambiare posizione, se volete. Altrimenti, potete provare a cambiare oggetto
di meditazione e a focalizzare l’attenzione sulla SFS stessa, mirandone al
centro. Se la SFS è più di una, scegliete la principale o le principali
con una mente aperta ed interessata. Che cos’è questa cosa che chiamo
dolore? E’ nella mente o nel corpo, dov’è esattamente, com’è
esattamente? E’ penetrante, è pulsante, è fredda o calda, si dirama, è
pulsante, si sposta, si divide, sparisce, rispunta altrove (è
interessante!). Dopo un po’ di tempo ne avrete abbastanza, si sta
sviluppando avversione e veramente volete cambiare posizione. Potete farlo,
ma, se volete, c’è ancora qualche altra cosa da provare: guardare come
l’atteggiamento mentale di avversione alla SFS influenzi altre parti del
corpo. Magari avete irrigidito le gambe, o avete contratto una spalla, o
avete serrato un pugno con tutta la muscolatura dell’avambraccio
interessata, o avete serrato le mascelle,
o aggrottato la fronte. Tutte le volte che scoprite qualcosa,
viene impulsivo rilassare
la parte immediatamente. Ma aspettate un po’, osservate un attimo in che
consiste questa contrazione, questa tensione.
Del
resto, per conoscere la libertà dall’assillo, l’assillo deve essere
esperito. Per riconoscere la leggerezza, la pesantezza deve essere assaporata.
Per ripulire ci si sporca le mani.
Ora
potete rilassare la parte contratta. E così facendo, si amplifica la
ristrettezza dei propri limiti di compulsività, imparando i legami sottili
d’influenza tra il corpo e la mente.
Dopo
un po’ che osservate la SFS in questa maniera, veramente non ne potete più,
quel che è troppo è troppo, ora basta, volete cambiare posizione. Ma
aspettate un attimo, provate appena a tornare al respiro per vedere se
il DdM è ancora lì e se veramente è il caso di muoversi. Solo per 5
minuti, no troppo, solo 2 minuti … Va bene, 10 respiri. Contate 10 respiri e
vedete se veramente volete cambiare.
E
può darsi anche che non lo facciate più. Comunque, se lo volete fare, prima
di farlo (questo è importante) dite, dentro di voi, che veramente avete fatto
quanto di meglio è stato possibile in questo momento e che, invece di
sviluppare avversione, decidete che è opportuno cambiare posizione ( per un
buon rapporto di equilibrata fiducia in se stessi).
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