Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale

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La Pagoda

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Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

 

 

Anno VI n° 2 ( Aprile - Maggio - Giugno )

Il Dolore di Meditazione 

di Ludovico Petroni

 

In che cosa consista una sensazione fisica dolorosa, scevra da tutti i “nostri annessi e connessi”, percepita nella sua più essenziale nudità e disseccata dalla proliferazione emotiva-mentale che l’avvolge, è di per sè esperienza di meditazione, oggetto di concentrazione spesso lasciata alla casuale crescita del meditante, altre volte deliberato insegnamento mirato, come nel caso dei ritiri condotti da Steve e Rosemary Weissman, che la sera del quinto giorno del ritiro programmato per principianti danno dettagliate istruzioni su come “trattare” le “sensazioni fisiche spiacevoli”.

Innanzi tutto viene premesso l’uso di quest’ultima terminologia, invece dell’uso di “pain”= dolore, in quanto che la parola stessa già evoca un moto avversivo, quindi l’atmosfera viene costantemente alleggerita durante il discorso in cui vengono toccate fasi di schietta ilarità.


Gli studenti vengono spesso tranquillizzati. Non si vuole che essi si mostrino super-uomini o super-donne, e soprattutto non si vuole che gli studenti giungano a generare avversione nei confronti della sensazione fisica spiacevole che decidessero di contemplare, invece di cambiare posizione come precedentemente erano istruiti a fare, cosa che rimangono comunque liberi di fare in qualunque momento. Quindi diviene importante saper distinguere tra due tipi  di “sensazione fisica spiacevole” (SFS). Distinguere cioè tra un reale dolore fisico causato da una malattia, una disfunzione o un incidente e quello che si chiama “dolore di meditazione” (DdM), che emerge quando si comincia ad aver sviluppato un certo livello di concentrazione e consapevolezza del corpo momento per momento. Questi dolori possono sorgere ovunque, ma più spesso nelle ginocchia, caviglie, schiena, collo e sono distinguibili dai primi (dolori reali) in quanto che cessano completamente col cambiare della posizione, mentre invece un dolore reale resta.

Mentre è possibile lavorare con un dolore di meditazione, un dolore reale deve essere trattato e rispettato come tale.

Quando quindi si è accertato che una SFS sorta è effettivamente un DdM, si può provare a tornare al primario oggetto di meditazione, che sarà ad esempio il respiro. Quindi un DdM attrarrà nuovamente la vostra attenzione e ancora tornerete al respiro. Questo per un po’ di volte, fino a che l’avversione per un DdM sorgerà nella mente. A questo punto potete cambiare posizione, se volete. Altrimenti, potete provare a cambiare oggetto di meditazione e a focalizzare l’attenzione sulla SFS stessa, mirandone al centro. Se la SFS è più di una, scegliete la principale o le principali con una mente aperta ed interessata. Che cos’è questa cosa che chiamo dolore? E’ nella mente o nel corpo, dov’è esattamente, com’è esattamente? E’ penetrante, è pulsante, è fredda o calda, si dirama, è pulsante, si sposta, si divide, sparisce, rispunta altrove (è interessante!). Dopo un po’ di tempo ne avrete abbastanza, si sta sviluppando avversione e veramente volete cambiare posizione. Potete farlo, ma, se volete, c’è ancora qualche altra cosa da provare: guardare come l’atteggiamento mentale di avversione alla SFS influenzi altre parti del corpo. Magari avete irrigidito le gambe, o avete contratto una spalla, o avete serrato un pugno con tutta la muscolatura dell’avambraccio interessata, o avete serrato le mascelle,  o aggrottato la fronte. Tutte le volte che scoprite qualcosa,  viene impulsivo  rilassare la parte immediatamente. Ma aspettate un po’, osservate un attimo in che consiste questa contrazione, questa tensione.

Del resto, per conoscere la libertà dall’assillo, l’assillo deve essere esperito. Per riconoscere la leggerezza, la pesantezza deve essere assaporata. Per ripulire ci si sporca le mani.

Ora potete rilassare la parte contratta. E così facendo, si amplifica la ristrettezza dei propri limiti di compulsività, imparando i legami sottili d’influenza tra il corpo e la mente.

Dopo un po’ che osservate la SFS in questa maniera, veramente non ne potete più, quel che è troppo è troppo, ora basta, volete cambiare posizione. Ma aspettate un attimo, provate appena a tornare al respiro per vedere se  il DdM è ancora lì e se veramente è il caso di muoversi. Solo per 5 minuti, no troppo, solo 2 minuti … Va bene, 10 respiri. Contate 10 respiri e vedete se veramente volete cambiare.

E può darsi anche che non lo facciate più. Comunque, se lo volete fare, prima di farlo (questo è importante) dite, dentro di voi, che veramente avete fatto quanto di meglio è stato possibile in questo momento e che, invece di sviluppare avversione, decidete che è opportuno cambiare posizione ( per un buon rapporto di equilibrata fiducia in se stessi).

Quindi cambiate posizione lentamente, con consapevolezza, osservando lo svanire della SFS che vi ha dato tanto e che un giorno potreste accogliere come un vecchio amico. La SFS potrebbe divenire solo la spia che vi indica che siete di nuovo sulla vecchia strada di casa del vostro raccoglimento e potrebbe rimanere la denominazione “spiacevole” solo nell’etichetta. Imparare a confrontarsi con il DdM ci aiuterà ad accogliere  pazientemente anche un reale dolore fisico od una  condizione mentale spiacevole con una mente più calma ed equanime.

 

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Località Quercia Grossa, 33 Pieve a Socana 
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