Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale
La Pagoda |
Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo) |
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Anno VI n° 3 ( Luglio - Agosto - Settembre ) |
Sul Dolore: due ali per il volo
di
Ludovico Petroni
Ogni crescita spirituale
dovrebbe essere bilanciata.
In
questi nuovi limiti dovrebbe stemperarsi la tinta più in sintonia con la nuova
presenza alla Nobile Verità dell’esistenza di Dukkha (il Dolore). La tinta
calda della Compassione, già equipaggiata dal germe della liberazione: in
questa nostra valle di lacrime c’è una via d’uscita.
Forgiata
dalla Giusta Comprensione di quanto Dukkha sia universalmente onnipervasivo, la
nostra Compassione sarà aperta ma salda. Nessun evento sarà sorprendente ed
inatteso al punto da spazzarci via in rivoli di angoscia incontrollabile e di
disperazione.
E
in questo tepore, ove i cuori sono in sintonia, i conflitti stemperati,
l’amarezza dell’avversione dolcificata, io ho trovato il più sicuro dei
rifugi, la scoperta più rilevante di che cosa sono nel mondo.
Senza
pericolo, è divenuta il mezzo per l’esplorazione di tutte le direzioni. Ciò
che credo di essere, ciò che sono stato e ciò che sarò. Verso tutte le
direzioni della mente, ove dimora chi mi ha generato, chi mi ha amato e chi no.
Verso amici, parenti, nemici, la tabaccaia, il collega di lavoro. Chi mi piace e
chi mi assilla. Coloro con cui ho condiviso e coloro che non ho incontrato mai,
chi ancora si dibatte e chi ci ha lasciato. Verso tutti gli esseri visibili e
invisibili, le piante e il fantasma che vive in questa casa nel bosco. Verso me
stesso impaurito da un incubo notturno e verso tutti i personaggi in esso
coinvolti. Verso me stesso irrigidito nella mancanza di Compassione e verso
tutti gli altri cuori che una ferita ha sigillato in un bozzolo di indifferenza
ed egoistica malvagità.
Che
questo tepore del cuore filtri nella vita quotidiana come un’inondazione che
non lascia sacche asciutte, così che, essendo in confidenza col mio più intimo
dolore, sia in confidenza anche col profondo dell’animo altrui, nel tepore
amorevole della sintonia dei cuori, liberi da conflitti, dal risentimento e
dall’animosità.
Per
vivere faccio il muratore, non sempre, e non per tutti. Spesso lavoro da solo, a
volte a contatto con altri.
Il
mantenere vivi i propositi basilari dell’Equanimità in azione diviene per me
molto impegnativo in un contesto di ordinaria fatica lavorativa, tanto che a
volte mi sembra impossibile distinguere se l’impronta sensoriale
prevalentemente percepibile sia attribuibile solo alla fatica fisica, o sia già
infiltrata dall’avversione più cupa. Purtroppo mi diviene difficile mantenere
aperta un po’ di buona disponibilità, ma sinceramente vorrei riuscirci con
tutto quel poco cuore che mi rimane.
Qualche
tempo fa ho lavorato con una persona più giovane di me. Facemmo amicizia e,
nello slancio iniziale della nuova conoscenza, gli chiesi della sua famiglia. Mi
rivelò, con gli occhi bagnati, di un evento dolente che aveva segnato la sua
vita recente. Quando ancora vivevano in una comune isolata sulle montagne, un
paio di anni prima, la sua compagna era finalmente rimasta incinta. Un giorno
lei si sentì male. Con difficoltà riuscirono a portarla all’ospedale più
vicino, ove partorì due gemellini di sei mesi che vissero solo alcuni giorni in
incubatrice.
Penso
che questa sua rivelazione sia stata un raro momento di vera sintonia tra noi.
Ma rimase un momento isolato. Nella fatica e nello stress del lavoro, i vecchi
atteggiamenti stereotipati grossolani e maschili presero il sopravvento, dando
adito ad avversioni, incomprensioni, musi lunghi.
La
cosa mi addolorava molto, anche perché, in parte, mi sentivo responsabile per
questa degenerazione.
Feci
in cuor mio il proposito di non litigare almeno. E se così è stato, se è
stato evitato il conflitto palese, penso che in parte lo si debba anche a
quell’isolato momento di penosa condivisione iniziale che non si è più
ripetuto. Un’infiltrazione della Compassione nel mondo della fatica
quotidiana.
Forse
è impossibile ponderare tutti i benefici dell’attitudine Compassionevole.
L’effetto di una parola che
sgorga da un luogo di compassione si rivela quasi miracoloso, come la bellezza
della connessione col chiunque di turno, quando si innesca anche il minimo
spunto di Compassionevole Comprensione.
Sul Dolore: coltivare semi di mostarda
di Ludovico Petroni
L’afflizione tocca il suo culmine in sincronia con il massimo picco
dell’egocentratezza: noi siamo unici sofferenti, separati e speciali per
quello che stiamo provando in una totale identificazione e attaccamento concreto
ed impermanente che aliena la verità ed alimenta la rimozione. Ciò viene
magistralmente illustrato in una famosa storia Buddista che indica nella
percezione dell’universalità di dolore e morte la giusta terapia
all’afflizione abbagliante e alla conseguente rimozione della verità.
Kisagotami
perde la testa per la morte improvvisa del suo unico figlio maschio. Accecata
dal lutto, rifiuta di accettare la verità e,
col cadavere del piccolo in grembo, si aggira per le case del villaggio
in cerca di un dottore. Finchè non incontra il Buddha , che acconsente a
“curare l’afflizione”, senza specificare come l’unica afflizione
attualmente esistente fosse quella di Kisagotami. Chiede alla povera donna di
recuperare dei semi di mostarda da qualche famiglia del villaggio dove non sia
mai morto nessuno. Kisagotami si aggira casa per casa solo per scoprire come la
morte abbia visitato ogni famiglia e, per questa acquisita onnipervasività del
lutto, il suo personale dolore si placa e lei rinsavisce.
Più il dolore è di tutti e meno lo sentiamo nostro.
E
con questo ho abbondantemente tracimato oltre i limiti che mi ero prefissato
(articoli precedenti: vedi n° 3-4 V anno 2003; n° 1-2-3 VI anno 2004)
Spero
che il lettore perdonerà le cose
che non sono piaciute, del resto il piacervi non era particolarmente nelle mie
intenzioni. Spero anche che vogliate prendervi cura di quanto può esser
risuonato in modo interessante dentro di voi.
Chiedo
a tutti umilmente scusa per aver lasciato esprimere questo cuore, ancora così
lontano dalla mansuetudine senza confini, dalla purezza di attenzione a fatica
immaginabile, del cuore di Colui che si è lasciato indietro avversione,
desiderio, delusione ed ansia.
Che
sia chiara la luce del Dharma, dolci i suoi frutti su questo sentiero, libero
dai pericoli, dalla paura e dall’incertezza.
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