Trimestrale d'informazione dell'Associazione culturale

La Pagoda

Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

 

 

Anno X n° 1 ( Gennaio - Febbraio - Marzo 2008 )

Il nobile ottuplice sentiero  

di Ludovico Petroni        

         La Quarta Nobile verità è la via che conduce all’esaurirsi della Sofferenza ed è conosciuta come “Via di mezzo” (Majjhma Patipada) perchè evita due estremi: un estremo consiste nel nostro costante impegno a soddisfare il desiderio, a ricercare ed indulgere nel piacere, nella comodità, nella sicurezza; l’altro estremo consiste nel sopprimere/reprimere psicologicamente, nell’eccesso di tensione che impedisce un naturale fluire, nell’automortificazione tipica delle varie forme ascetiche in uso ai tempi del Buddha.

Infatti la scoperta di questa Nobile Via di Mezzo da parte del Buddha avvenne dopo un lungo periodo di estremo rigore ascetico che Siddharta decise finalmente di interrompere alimentandosi con una tazza di riso e latte generosamente offertogli dalla pastorella Sujata, quindi, dopo un bagno ristoratore, le energie di Siddharta si riequilibrarono e si predisposero per l’esperienza dell’illuminazione quella stessa notte.

Inoltre sembra essere l’esperienza di molti meditanti che certe importanti realizzazioni avvengano al momento di allentare la tensione immediatamente successivo ad un periodo di pratica intenso.

Questa Nobile Via di Mezzo che, se percorsa, può apportare un sensibile miglioramento delle esistenze, è anche chiamato Nobile Ottuplice Sentiero (Ariya Atthagika – Magga) in quanto che si considerano otto aree di interesse che contribuiscano a svilupparsi reciprocamente, cioè ognuna aiuta la coltivazione dell’altra .

Queste otto aree puntano canonicamente a promuovere e perfezionare tre essenziali discipline di preparazione Buddista, cioè la Condotta Etica (Sila), la Disciplina Mentale (Samadhi) e la Saggezza (Panna).

E’ una vera sfortuna che alcuni insegnanti di meditazione trascurino lo sviluppo di una condotta etica (Sila), costituita sulla concezione di Amore e Compassione universale, sul quale l’insegnamento del Buddha  è basato e che comporta una sana motivazione per qualunque successiva forma di sviluppo mentale. Ci è familiare e di aiuto il “non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi”, anche se bisogna aggiungere che a volte si può fare del male agli altri proprio perché non amiamo noi stessi. A questo riguardo, la scoperta della Compassione per se stessi risulta portare un contributo di essenziale sincerità ed onestà in ogni praticante.

Per migliorarsi come esseri umani, due qualità dovrebbero essere sviluppate equamente: la Compassione, il calore del cuore, l’amorevole gentilezza e tolleranza, che costituiscano il lato emotivo e la Saggezza, che, ben bilanciata, costituisce il lato razionale/intellettuale.                               

Nella Condotta Etica basata su Amore e Compassione   inclusi i tre fattori della Giusta Parola, Giusta Azione, Giusto Modo di Vivere.

La Giusta Parola  (Samma vaca) è una parte enorme della pratica, tanto che uno dei cinque precetti fondamentali ci aiuta direttamente a considerare attentamente questa area in cui è estremamente facile ferire noi stessi e gli altri. Giusta Parola significa non dire bugie, non parlare in modo (con l’intenzione) di provocare odio, inimicizia, separazione, risentimento, disarmonia tra gli individui; parlare alle persone giuste nel momento opportuno con il linguaggio appropriato; evitare il parlare frivolo e rude, evitare il pettegolezzo ed anche il riferire ciò che di non benefico viene detto dagli altri. (Rimane un gran spazio per il Nobile Silenzio). A volte ci piace dire cose vere che feriscano gli altri e lo facciamo dichiaratamente per “amore della Verità”, anche quando potremmo evitarlo. A volte si rovinano datate relazioni di amicizia per il desiderio di dire la verità, che stranamente viene meno quando la suddetta verità può ferire noi.

La Giusta Azione (Samma Kammanta). Ciò che facciamo ha conseguenze future per noi e per gli altri, soprattutto quando agiamo “intenzionalmente”. Sarebbe bene, prima di compiere una azione, chiederci se è benefica o no, per noi, per gli altri, ora o in futuro. Si potrebbe scoprire che un’infinità di comportamenti che ci procurano piacere, comodità e sicurezza vengono pagate dagli altri e spesso comporteranno un peso insostenibile per coloro che non sono ancora nati. Un importante precetto viene spesso tradotto con “Non Rubare”. A volte, però, lo si sente tradurre più accuratamente con “Non prendere ciò che non ci sia stato dato liberamente”, il che amplia il panorama considerevolmente.

Il Giusto Modo di Vivere (Samma ajiva). Scegliere una professione che non comporti provocare dolore, danno o morte per gli altri esseri senzienti, Tradizionalmente si stigmatizzava chi per professione uccideva o commerciava in animali o uomini, chi produceva o commerciava armi e veleni. Probabilmente ognuno può fare del suo meglio nell’ambito della propria professione, ove magari sia possibile non sfruttare avidamente il prossimo (che è un furto); quel che conta poi è l’intenzione, che effettivamente comporta la gravità delle conseguenze. Comunque, sono molto contento di non fare l’avvocato o il commercialista.

L’osservazione di questi tre fattori che costituiscono la Condotta Morale conduce ad una vita più felice ed armonica, oltre ad essere un fondamento indispensabile per lo sviluppo spirituale.

 

Quindi passiamo a considerare la Disciplina Mentale che include altri tre fattori del Nobile Ottuplice Sentiero.

Il Giusto Sforzo (Samma vayama) Sembra che il Buddha abbia parlato del Giusto sforzo più di qualunque altro argomento nei 45 anni dedicati all’insegnamento. Soprattutto qui è dove diviene importante evitare gli estremi: sviluppare la mente è un po’ come accordare uno strumento  musicale: può produrre buona musica solo se le corde non sono nè troppo tirate nè troppo lente. Il nostro sforzo  (o impegno) sarà dedicato a 1- prevenire il sorgere di quelle condizioni mentali non benefiche che non siano ancora sorte; 2- liberarsi di quelle condizioni mentali non benefiche che fossero già sorte; 3- far sorgere quelle condizioni mentali benefiche che non sono ancora sorte; 4- mantenere e perfezionare quelle qualità mentali benefiche che siano già sorte.

La Giusta Consapevolezza (Samma sati) senza questa è come insegnare pittura ad un cieco. E’ la facoltà che più direttamente viene sviluppata attraverso tecniche di meditazione. E’ la capacità di vedere, una specie di supervisione di ciò che accade nel corpo-mente. Soprattutto è la capacità di vedere ciò che è benefico e ciò che non lo è.

Ci sono quattro aree che la Giusta Consapevolezza si trova ad esplorare: una per il corpo (che include Anapanasati, la consapevolezza dell’azione respiratoria) , tre per la mente, a cominciare dalle sensazioni piacevoli, spiacevoli o neutre. con cui la mente risponde continuamente alla miriade di stimoli che la colpiscono anche attraverso le porte sensoriali; a seguire gli stati mentali, cioè riuscire a riconoscere gli umori ed i moti della mente, che colorano momento per momento l’esperienza esistenziale; infine il variegato resto delle attività mentali che possono nobilmente includere i più noti motivi del Dhamma.

Il terzo ed ultimo fattore della Disciplina Mentale è la Giusta Concentrazione (Samma Samadhi) Io preferisco parlare di raccoglimento, non riconoscendo sperimentalmente come importante tutta la canonica lista dei vari livelli di concentrazione (Dhyana). Mi limito a dire che ad un certo punto è opportuno che la mente si dedichi ad una sola attività per volta, senza soffermarsi a dare valore coinvolgente ai fenomeni psichici che si possono incontrare. Inoltre manifesto il sospetto che non sia necessariamente utile, per vedere ciò che è benefico o no nelle nostre vite, raggiungere stratosferici livelli di concentrazione.

 

I rimanenti due fattori costituiscono la Saggezza (panna)

Il Giusto Pensiero (Samma sankappa) Credo di aver incontrato almeno tre o quattro parole Pali che in Italiano vengono tradotte con “pensiero”. Il Giusto Pensiero relativo alla Saggezza è un pensiero che non è invischiato nel “sogno incentrato su noi stessi”: è un pensiero senza attaccamento, senza coinvolgimento personale, che non implichi  egoistiche impurità e la nascita di un Io. Ad esempio, Giusto pensiero è un pensiero di Amore e Pace universale.

Infine la Giusta Comprensione (Samma ditthi) è la visione delle cose per quello che sono (cioè senza ciò che l’ignoranza può aggiungere), vale a dire la visione della realtà attraverso la assimilata Verità di Dukkha, il suo esistere, le sue cause originali ed il suo estinguersi. Anche la sola considerazione dell’universalità del Dolore e l’ineluttabilità della Morte possono porre le nostre esistenze in una prospettiva ben più significativa.

Giusta Comprensione è la visione della realtà nella sua assenza di stabilità, fermezza, concretezza; le cose non sono … diventano.

C’è un tipo di comprensione superficiale, che è il prodotto finale di una intellettuale somma di memorizzazioni limitatamente riferita (anubodha)

E c’è una visione intuitiva più profonda, figlia del licenziamento del pensiero discorsivo, al di sotto dei nomi e delle etichette di limitato relativo riferimento, che penetra (Pativedha) ben oltre l’intrigo di idee, punti di vista ed opinioni entro il quale la mente non educata rimane intrigata.

Sembra quasi che il processo di purificazione consista nel dismettere conoscenza, invece di accumularla. Sembra che gli eventi non abbiano più un chiaro inizio ed una riconoscibile fine quando si comincia a considerare l’intreccio di concause da cui originano ed i rivoli che ne conseguono. Sembra che il calarsi in una prospettiva più profonda renda la realtà meno definibile; ed oggi, se mi si chiedesse che cosa è la mente, non saprei che dire.

INDICE Trimestrale Anno X n° 1

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