Associazione culturale        La Pagoda

Introduzione al buddismo

IL BUDDISMO IL SENTIERO DEL BUDDISTA VIRTU' MEDITAZIONE SAGGEZZA LE QUATTRO NOBILI VERITA'
LA PRIMA NOBILE VERITA' LA SECONDA NOBILE VERITA' LA TERZA NOBILE VERITA' LA QUARTA NOBILE VERITA' SUL SENTIERO

 

"NON FATEVI GUIDARE DALLA TRADIZIONE, DALLA CONSUETUDINE O DAL SENTITO DIRE; DAI TESTI SACRI, DALLA LOGICA O DALLA VEROSIMIGLIANZA, NE’ DALLA DIALETTICA O DALL’INCLINAZIONE PER UNA TEORIA. NON FATEVI CONVINCERE DALL’APPARENTE INTELLIGENZA DI QUALCUNO O DAL RISPETTO PER UN MAESTRO...QUANDO CAPITE DA VOI STESSI CHE COSA E’ FALSO, STOLTO E CATTIVO, VEDENDO CHE PORTA DANNO E SOFFERENZA, ABBANDONATELO...E QUANDO CAPITE DA VOI STESSI CHE COSA E’ GIUSTO...COLTIVATELO"
 
(Estratto dall’Introduzione del Buddhismo distribuita dalla "Associazione Santacittarama")
 
IL BUDDHISMO                                                                                                  TOP
Il termine "Buddhismo" abbraccia una grande varietà di forme di pratica religiosa. Tutte però, hanno come fonte di ispirazione Siddharta, che visse e insegnò nell’India del nord circa 2500 anni fa e che storicamente divenne noto con l’appellativo di Buddha, ossia il Risvegliato, un uomo che ha conseguito una profonda saggezza grazie ai propri sforzi. Il Buddha non scrisse nulla, ma lasciò la cospicua eredità del suo insegnamento - il Dharma - che in principio veniva trasmesso oralmente dall’ordine religioso da lui fondato e che egli stesso guidò per quarantacinque anni - il Sangha. Questo Ordine è sopravvissuto nei secoli, custodendo la saggezza del Buddha nello stile di vita e di parola. Ancor oggi questi tre elementi - il Buddha, il Dharma e il Sangha - sono conosciuti e rispettati da tutti i buddhisti come i "Tre Rifugi", o il "Triplice Gioiello". Inoltre hanno acquisito il significato simbolico di qualità - rispettivamente Saggezza, Verità e Virtù - che è possibile sviluppare dentro di sé. Dopo la morte del Buddha, il suo insegnamento varcò i confini dell’India per diffondersi in Asia e altrove, subendo l’influenza delle diverse culture locali e dando origine a numerose "scuole". A grandi linee, tali scuole si possono riassumere in tre principali correnti. Theravada (l’Insegnamento degli Anziani) tuttora fiorente nello Sri Lanka, in Birmania e in Tailandia; Mahayana (il Grande Veicolo) che abbraccia le varie tradizioni sorte in Cina, in Corea e in Giappone; e Vajrayana (il Veicolo adamantino), associato principalmente con il Tibet. Insegnamenti appartenenti a tutte e tre le scuole sono approdati in Occidente. Alcuni preservano il proprio lignaggio spirituale secondo la forma del paese di origine, mentre altri hanno adottato approcci meno tradizionali.
 
IL SENTIERO BUDDHISTA                                                                               TOP
Il Buddha ha insegnato una via di risveglio spirituale, una disciplina che è possibile applicare nella propria vita quotidiana. Il sentiero della pratica si può suddividere in tre aspetti che si sostengono a vicenda: virtù, meditazione e saggezza.
 
VIRTU’                                                                                                                    TOP
Si può esprimere formalmente il proprio impegno nella pratica buddhista chiedendo a un monaco o a una monaca di prendere i tre Rifugi e i cinque Precetti, in un monastero buddhista, oppure informalmente, a casa propria, con un atto di deliberata adesione personale. Prendere i Rifugi implica l’impegno a vivere in accordo con i principi della saggezza, della verità e della virtù, giovandosi degli insegnamenti e dell’esempio del Buddha. I cinque Precetti sono regole di autodisciplina da applicare nella vita quotidiana: Astenersi dall’uccidere o danneggiare qualunque creatura vivente. Astenersi dal prendere ciò che non ci è stato dato. Astenersi da una condotta sessuale irresponsabile. Astenersi da un linguaggio falso o offensivo. Astenersi dall’assumere bevande alcoliche e droghe che alterano la coscienza. Vivendo in questo modo si incoraggiano la disciplina e la sensibilità necessarie per chi voglia coltivare la meditazione, che è il secondo aspetto del Sentiero.
 
MEDITAZIONE                                                                                                     TOP
Secondo l’accezione più vasta del termine, "meditare" significa dirigere ripetutamente l’attenzione su un’immagine, una parola o un tema allo scopo di calmare la mente e riflettere sul significato dell’oggetto prescelto. Nella pratica buddhista della "meditazione di consapevolezza", l’attenzione focalizzata ha anche un altro scopo - approfondire la comprensione della natura della mente. A tal fine la funzione dell’oggetto di meditazione è fornire un punto di riferimento stabile che faciliti l’emersione di inclinazioni altrimenti celate dall’attività superficiale della mente. Il Buddha esortava i suoi discepoli a prendere come oggetto di meditazione il proprio corpo e la propria mente. Un oggetto frequentemente utilizzato, ad esempio, è la sensazione associata all’inspirazione e all’espirazione nel corso del naturale processo respiratorio. Sedersi in silenzio prestando attenzione al respiro porta, col tempo, allo sviluppo di chiarezza e calma. In questo stato mentale è possibile discernere più chiaramente tensioni, aspettative e umori abituali, e scioglierli con l’esercizio di un’investigazione delicata e al tempo stesso penetrante. Il Buddha ha insegnato che è possibile sostenere la meditazione nel corso dell’attività quotidiana, e non solo quando si siede immobili in un certo luogo. Si può portare l’attenzione sul movimento del corpo, sulle sensazioni fisiche o sul flusso di pensieri e sentimenti che si avvicendano nella mente. Questa attenzione dinamica si definisce ‘presenza mentale’ o consapevolezza. Il Buddha spiegò che la presenza mentale si esprime in un’attenzione serena ed equanime. Benchè centrata sul corpo e sulla mente,è un’attenzione spassionata, non vincolata ad alcuna specifica esperienza fisica o mentale. Questo distacco è un precursore di ciò che il Buddha chiamò Nirvana - una condizione di pace e felicità indipendente dalle circostanze. Il Nirvana è uno stato "naturale", ossia non è qualcosa che dobbiamo aggiungere alla nostra vera natura; è il modo di essere della mente quando è libera dall’ansia e dalle abitudini dettate dalla confusione. Così come un sogno si dilegua spontaneamente al risveglio, allo stesso modo la mente che si rischiara per effetto della consapevolezza non è più offuscata da pensieri ossessivi, dubbi e preoccupazioni. Tuttavia, sebbene la consapevolezza sia lo strumento principale, in genere c’è bisogno di indicazioni su come fondare un approccio obbiettivo all’osservazione di se stessi e su come valutare ciò che la consapevolezza rivela. E’ la funzione degli insegnamenti che mirano allo sviluppo della saggezza, o discernimento.
 
SAGGEZZA                                                                                                                   TOP
Gli insegnamenti sapienziali del Buddha più direttamente applicabili non riguardano la natura di Dio o della verità ultima. Il Buddha riteneva che tali argomenti fossero non di rado fonte di disaccordo e controversie, se non addirittura di violenza reciproca. La saggezza buddhista si interessa piuttosto di quegli aspetti dell’esistenza che sono direttamente osservabili, e che non implicano l’adesione a un credo. Gli insegnamenti vanno verificati alla luce dell’esperienza personale. I modi di esprimere la verità possono variare a seconda delle persone. Ciò che veramente conta è la validità dell’esperienza, e se tale esperienza conduce a un modo di vivere più saggio e compassionevole. Si tratta dunque di uno strumento per sgombrare il campo dalle nostre idee inadeguate sulla realtà. Quando la mente si rischiara, la verità assoluta - comunque la si voglia definire - si palesa spontaneamente.
 
LE QUATTRO NOBILI VERITA’                                                                              TOP
Per aiutare i suoi interlocutori a capire come la concezione ordinaria della vita sia inadeguata, il Buddha parlava di dukkha (termine che con qualche approssimazione si può rendere con "insoddisfazione", "inappagante"). Una definizione sintetica del suo insegnamento, a cui il Buddha stesso ricorreva di frequente, ce lo propone come "la verità circa dukkha, la sua origine, la sua fine e il sentiero che porta alla fine di dukkha". Con l’espressione "le quattro nobili verità", si allude appunto al nucleo fondamentale del messaggio del Buddha, una sorta di modello da applicare e verificare nel contesto dell’esperienza personale.
 
LA PRIMA NOBILE VERITA: C’E’ DUKKHA                                                       TOP
La vita come normalmente la conosciamo include necessariamente una certa dose di esperienze spiacevoli, di cui malattia, dolore fisico e disagio psicologico sono gli esempi più ovvi. Anche nelle società economicamente più avanzate, ansia, tensione fisica e mentale, demotivazione o un sentimento di inadeguatezza sono comuni fattori di sofferenza. A questo si aggiunge la limitatezza e la precarietà delle esperienze piacevoli; ad esempio, si può sperimentare dukkha in seguito alla perdita di una persona cara, o alla cocente delusione inflittaci da un amico. Potremmo accorgerci, inoltre, che a lungo andare non è possibile alleviare questi sentimenti spiacevoli attraverso le nostre strategie abituali, come ad esempio la ricerca di gratificazione, di maggior successo o di una nuova relazione. Questo perché la fonte di dukkha è un bisogno di natura interiore. E’ una sorta di nostalgia, un desiderio profondo di comprensione, di pace e di armonia. La natura in ultima analisi interiore o spirituale di questo bisogno rende inefficaci i tentativi di appagarlo aggiungendo alla nostra vita oggetti piacevoli. Finchè sussiste la motivazione a ricercare l’appagamento in ciò che è transitorio e vulnerabile - e basta un minimo di introspezione per accorgerci di quanto siano vulnerabili il nostro corpo e i nostri sentimenti - saremo soggetti alla sofferenza della delusione e della perdita.
 
LA SECONDA NOBILE VERITA’: DUKKHA HA UN ORIGINE                               TOP
L’intuizione del Buddha fu capire che questa motivazione distorta è in sostanza l’origine dell’insoddisfazione esistenziale. E perché? Perché continuando a cercare la felicità in ciò che è transitorio, perdiamo quello che la vita potrebbe offrirci se fossimo più attenti e più ricettivi spiritualmente. Mancando di attingere, per ignoranza, al nostro potenziale spirituale, ci lasciamo guidare da sensazioni e stati d’animo. Quando però la consapevolezza ci rivela che si tratta di un’abitudine, non della nostra vera natura, ci rendiamo conto che il cambiamento è possibile.
 
LA TERZA NOBILE VERITA’: DUKKHA PUO’ AVERE FINE                              TOP
Una volta compresa la seconda verità, la terza ne discende naturalmente, se siamo capaci di "lasciar andare" le nostre abitudini egocentriche consce e inconsce. Quando smettiamo di reagire aggressivamente o di metterci sulla difensiva, quando rispondiamo alla vita liberi da pregiudizi o idee fisse, la mente ritrova la sua naturale armonia interna. Le abitudini e le opinioni per cui la vita appare ostile o inadeguata vengono intercettate e disattivate.
 
LA QUARTA NOBILE VERITA’: C’E’ UNA VIA PER METTERE FINE A DUKKHA                               TOP
Si tratta di principi generali in base a cui si può vivere la vita attimo per attimo in una prospettiva spirituale. Non è possibile "lasciar andare" se non attraverso la coltivazione della nostra natura spirituale. In virtù di una pratica appropriata, invece, la mente comincia a rivelare la sua spontanea inclinazione per il Nirvana. Non serve altro che la saggezza di riconoscere che c’è una via, e che esistono gli strumenti per realizzarla. Tradizionalmente, la via viene descritta come il "Nobile ottuplice sentiero". Il simbolo della ruota, così comune nell’iconografia buddhista, è una rappresentazione dell’ottuplice sentiero, in cui ciascun fattore sostiene ed è sostenuto da tutti gli altri. La pratica buddhista consiste nel coltivare questi fattori, ossia: retta concezione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione. Sono definiti "retti" in quanto implicano uno stile di vita che è in accordo con la virtù, la meditazione e la saggezza, piuttosto che prendere le mosse da una posizione egocentrica. Dunque è una via che è "retta" in relazione tanto agli altri che a se stessi.
 
SUL SENTIERO                                                                                                          TOP
Domandarono al Buddha perché i suoi discepoli sembrassero sempre così allegri; la sua risposta fu: "Non rimpiangono il passato né si preoccupano del futuro; vivono nel presente, ecco perché sono gioiosi". Chi ha coltivato compiutamente questo sentiero, trova serenità e pazienza dentro di sè nei momenti difficili, e il desiderio di condividere con gli altri la buona ventura quando le cose vanno bene. Vive libero dal senso di colpa, e, invece di subire violenti cambiamenti d’umore, la mente e il cuore restano saldi e sereni nelle diverse circostanze della vita. Questi sono i frutti; ma, come tutti i frutti, richiedono l’impegno generoso di una coltivazione graduale e costante. Per questo motivo, la guida, o semplicemente la compagnia, di persone affini è pressochè indispensabile. Prendere rifugio nel Sangha è un modo di riconoscere questo fatto. In senso lato, il Sangha è la comunità degli amici spirituali, tradizionalmente esemplificata dall’ordine religioso.
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