LA SORPRENDENTE FALESIA DI ENTRACQUE

Aromi e colori di Provenza nella valle Gesso

Quando capita di scoprire un luogo la cui bellezza ha sorpreso il nostro animo, può essere poco saggio diffonderne la conoscenza, interessando involontariamente anche coloro che possono essere poco propensi a non interferire con il naturale evolvere delle cose e certo è in questo senso eticamente discutibile descrivere nascosti angoli dell'ambiente alpino con il rischio di condurvi un turismo che potrebbe rivelarsi incompatibile con i delicati giardini spontanei creati dalla natura. E' tuttavia anche certo che la spinta dell'opinione pubblica ha talora indotto gli amministratori pubblici a proteggere preziosi ambienti minacciati: è cosí accaduto che proprio in valle Gesso l'istituzione di una riserva speciale ad opera della Regione Piemonte ha evitato che un eccezionale insediamento di Ginepro di Fenicia, testimonianza di periodi climatici assai più caldi dell'attuale, rifugiatosi sui candidi e solatíi dirupi calcarei del monte Sabin presso Valdieri, fosse se non cancellato sicuramente gravemente minacciato da una cava che lentamente erodeva la base della montagna. Proprio sul versante opposto al Saben ed ai suoi Ginepri di Fenicia, al cospetto del piccolo ghiacciaio del Gelas (forse la vetta più elegante della valle Gesso) che appare lontano nella luce del sud, ha origine una lunga catena montuosa costituita da roccia calcarea, catena che dal monte Corno (m. 1506) si distende fino alla Rocca dell'Abisso. Nessuno oggi minaccia le falesie ma non lontano le cave, che forniscono materia prima per i numerosi cementifici del cuneese, continuano a rosicchiare il paesaggio; mentre la parte più meridionale della catena montuosa è inserita nel territorio protetto, non altrettanto si può dire per la parte posta alle spalle di Entracque: certo farebbe molto dispiacere se mai un giorno le mine dovessero far crollare le grandi bastionate calcaree che la caratterizzano: questa catena spartiacque merita infatti particolari attenzioni . Il gruppo del monte Bussaia (m. 2451), posto quasi al centro della costiera lunga circa 15 km, si generò a seguito di immani spinte che innalzarono un fondo marino, sul quale per circa 130 milioni di anni (durante il Trias ed il Cretaceo) si accumularono imponenti sedimentazioni: pare che la roccia sedimentaria conservi gelosamente coralli fossili, testimoni del clima tropicale di cui fruivano queste regioni quando erano ancora sommerse dalle acque del mare. Il paesaggio è tipico della montagna calcarea e soltanto in prossimità della Rocca dell'Abisso le rocce carbonatiche vengono via via sostituite da gneiss, porfidi ed altre rocce acide. Sono pure presenti fenomeni di carsismo, anche se non cosí appariscenti come nelle vicine Alpi Liguri: non lontano da Andonno si possono visitare le grotte del Bandito, la più lunga delle quali si allunga nelle viscere della montagna per oltre 200 metri; si tratta di gallerie scavate nell'antichità da torrenti sotterranei, oggi non più percorse dalle acque ed in parte occluse da sedimenti e ghiaie: in questi ambienti ipogei sono state tra l'altro rinvenute testimonianze della presenza del terribile orso delle caverne. Altri fenomeni geologici dovuti all'azione erosiva delle acque superficiali sono ancora più interessanti: grandioso esempio sono le Gorges de la Reina, gole che debbono il loro nome alla regina Giovanna d'Angiò che nel medioevo impersonò l'unione delle genti occitane, dalle Alpi cuneesi ai Pirenei catalani passando ovviamente per il sud della Francia: feroce con i nemici, la memoria popolare ricorda invece Giovanna come regina generosa e benevola verso le sue genti. Le Gorges sono un incredibile canyon creato dalla instancabile ed inesorabile azione erosiva di un ruscello, talvolta impetuoso, nella roccia calcarea. Assai singolare per il suo aspetto di simbolo fallico è inoltre l' Uja di S.Lucia, slanciata torre calcarea alta 40 metri circa, che tocca i 1400 m. di quota e simile per molti versi ai più famosi campanili delle montagne del Triveneto: costituita da roccia assai poco sicura, l'uja è stata scalata per la prima volta nel 1933 da Ellena e Soria (alpinisti cuneesi a cui è intitolato il rifugio raggiungibile da S.Giacomo di Entracque) e Quaranta. La sua salita ha purtroppo mietuto anche vittime famose, come Silvio Varrone, alla cui memoria è stato dedicato il bivacco che costituisce la base ideale per l'attacco al Lourousa, celebre canalone ghiacciato dell'Argentera. L’Uja di S.Lucia è visibile anche da Entracque ma la sua forma particolare si mimetizza con perfezione camaleontica sullo sfondo della parete calcarea che pare proteggerla alle spalle, impedendone di fatto la percezione. Per cogliere le linee slanciate della torre occorre quindi raggiungere la frazione Colletta Sottana (mt. 1047) ove si parcheggia l'auto e, superato l'abitato formato da vecchie case molte delle quali recentemente ristrutturate in rispetto allo stile montano, si prende una carrareccia che volge verso la grande bastionata calcarea. Dopo una breve passeggiata, rivolgendo lo sguardo verso occidente, si potrà ammirare ben delineata nel cielo l'insolita forma dell'Uja. Il vallone del Bousset, che delimita a ovest il gruppo del Bussaia, presenta un forte contrasto tra la geologia dei suoi versanti: le balconate della costiera calcarea mostrano una morfologia assai differente dalle aspre forme dei monti costituiti da rocce cristalline che formano il lato opposto della valle, aspre forme che hanno nella cima dell'Aiera (m. 2713), nota ad Entracque come La Riunda, la loro espressione più appariscente, forme addolcite solamente nel fondo di alcuni valloni sospesi dalla forza erosiva dei ghiacciai del Quaternario. Se il mare del passato, noto tra gli esperti come il Subbrianzonese, creò i contrasti geologici attuali, il Mediterraneo è oggi all'origine degli straordinari contrasti climatici e botanici che caratterizzano quest'angolo delle Alpi tra Piemonte e Provenza. Sono infatti le depressioni sul mar Ligure, generate dal contrasto tra l'aria artica e l'aria mediterranea più calda e ricca di umidità, che favoriscono su questi monti abbondantissime nevicate invernali; è il sole del Mediterraneo che favorisce la crescita di molte piante aromatiche, spesso tipiche della regione provenzale come la lavanda, che profumano le praterie di queste montagne. La falesia che pare proteggere Entracque alle spalle è sorprendente: al cospetto dei ghiacciai più meridionali delle Alpi, battuta dal sole di mezzogiorno e inaridita dalla permeabilità del calcare, è ammantata di ginepri e cespi di lavanda che richiamano alla mente dell' escursionista i paesaggi del Midi francese, mentre la luce intensa dei cieli alpini ed i gli intensi aromi che si sprigionano dai piccoli fiori viola ci portano per un attimo nelle vallate del Luberon. Quest'ambiente di grande valore è soltanto in parte compreso nel Parco Naturale delle Marittime. Vi sono svariati luoghi nella catena alpina che presentano caratteristiche botaniche o geologiche di notevole interesse ma non è azzardato affermare che solo le Alpi Marittime mostrano una ricchezza di ambienti ed una diversità biologica così ampia: la presenza contemporanea di calcari sedimentari e di rocce silicee, l'indubbia influenza del mare e la rispettabile quota raggiunta da alcune cime dove regna il deserto nivale generano forti contrasti che sono alla base della grande ricchezza paesaggistica e botanica. In una ripartizione assai meno vasta di altre regioni dell'arco alpino maggiormente interessate da importanti flussi turistici, un territorio in gran parte inserito nel Parco regionale piemontese e nel Parco Nazionale francese del Mercantour, si incontrano boschi di castagni, di faggi, di abeti bianchi e rossi e luminosi lariceti; mentre in quota allignano i pini mughi ed i più rari cembri, il pino silvestre forma le foreste dell'alta valle Roya, ben visibile dalla Rocca dell'Abisso. Il Ginepro di Fenicia cresce in vista dei ghiacciai del Gelas mentre le chiare pareti calcaree creano contrasti con le scure forme di aspri massicci cristallini. E' proprio il vivere la ricchezza generata da accostamenti spesso insoliti a nutrire la passione che nasce lentamente nell'animo di chi conosce giorno dopo giorno queste montagne ed è ancora il grande valore ambientale e paesaggistico di questi luoghi che ci induce a sperare che il confine della zona protetta sia un giorno spostato più a nord: tenendo ovviamente in gran conto le attività legate all'agricoltura montana praticata dalle popolazioni locali, conoscere e far conoscere la natura delle falesie di Entracque con l'ombrello protettivo ed organizzativo del Parco potrebbe essere occasione per aggiungere nuovi e numerosi motivi di interesse per continuare ad alimentare il turismo "discreto" delle Alpi Marittime, fonte anch'esso di richezza per l'intera vallata.

Claudio Trova