In questi ultimi anni, le ricerche svoltesi in Piemonte, nell'ambito dell'archeologia rupestre, hanno portato alla luce elementi di notevole importanza, in particolar modo nell'arco di vent'anni a questa parte, luoghi considerati privi o non importanti di testimonianze spirituali (così gli studiosi definiscono le espressioni di arte rupestre presenti sulle rocce), hanno al contrario evidenziato un'importanza per nulla irrilevante ridisegnando le carte nazionali dei siti rupestri.

 

Studi e rilevamenti approfonditi in Valle Po (Cavallera), Valli Varaita, Maira e Grana (Baldi), hanno proiettato anche l'area del Saluzzese dai periodi eneolitici alla seconda età del Ferro.

Il sito di cui ora ci occuperemo, scoperto e studiato dal Baldi nel 1991; discusso in Namibia dal Prof. Léo Dubal di Berna nella Conferenza Internazionale di Arte Rupestre del 11-18 agosto 1996 (Int. Conference on Rock Art Research Moving into 21st Century- Swakopmund, Namibia), ha suscitato un vasto interesse tanto che la Soprintendenza Archeologica del Piemonte, in collaborazione con il Comune di Cuneo, il Museo Civico e la Cooperativa Archeologica "Le Orme dell'Uomo", il 22 ottobre 1995 pubblicavano un ricco catalogo: le "Immagini dalla Presitoria" usando come logo-simbolo una delle incisioni antropomorfe studiate dal Baldi e dallo stesso pubblicate sul Bollettino del Centro Studi e Museo d'Arte Preistorica di Pinerolo dal titolo: "Antropomorfi schematici in Valle Grana - Schematic anthropomorphous Rock Art Western Alps - Italy", Survey 1991/92, Anno V-VI, n° 7-8", che ora cercheremo di proporre usando il testo del Baldi in forma sintetizzata e meno scientifica.

"…In data 25 settembre 1991, è stato eseguito un sopralluogo in Valle Grana, località "La Costa", poco sopra la borgata "Campo Fey" a quota slm. 1624. Il ritrovamento consiste in cinque antropomorfi (figure umane schematizzate) e una figura illeggibile. Le incisioni si presentano su due distinti massi affioranti in calcare cristallino (…) entrambi i massi sono collocati in direzione Sud e disposti quasi verticalmente sul bordo di uno spartiacque naturale (da cui il toponimo "La Costa") che divide un'ampia zona terrazzata (in tempi passati probabilmente adibita a coltivazioni di cereali) e divisa da una ripida valle boscosa ed incolta. Geomorfologicamente si presenta di dubbia interpretazione la giacitura dei due massi se antropica o naturale. Il masso "A" è di forma semicircolare, misura cm 80X320 con un spessore medio di cm. 35. La superficie incisa ha un aspetto liscio e piano: molti i licheni di tipo "crostoso" di colore grigio e giallo. (…) Nella parte più ampia della superficie del masso, è inciso un interessante antropomorfo schematico sessuato, con due coppelline sotto le braccia; misura cm. 35X29. Il masso "B" è di forma quasi rettangolare, misura cm. 70X340 e le sue caratteristiche geomorfologiche sono simili a quelle del masso "A", sulla sua superficie sono stati rilevati quattro antropomorfi schematici, di questi tre sono sessuati e due con un paio di coppelline disposte sotto le braccia.

Le incisioni sono state eseguite con tecnica a percussione e, considerata la larghezza delle incisioni ed alcune microcoppelline (piccole escavazioni a forma di coppa) sparse in prossimità degli arti, si ipotizza che l'opera sia stata eseguita tramite percussione diretta (cioè impugnando in modo diretto una punta di pietra piuttosto dura - tipo il quarzo).

Come è possibile osservare nell'immagine (1), molte sono le analogie iconografiche tra gli antropomorfi della Valle Grana e altri, sparsi in diversi luoghi d'Europa. In particolar modo, gli antropomorfi nn° 8-10-11-12. Così dicasi per la tecnica esecutiva, in questo caso a percussione per tutte le figure. Interessante è constatare come la simbiosi coppelline-antropomorfi, si manifesti in alcune rocce geograficamente distanti le une dalle altre anche migliaia di chilometri.

 

Queste comparazioni, invitano a supporre che gli antropomorfi di Campo Fey, sono ben lungi dall'appartenere ad una espressione culturale propria di questa valle (cioè non sono stati "inventati" in questi luoghi), ma bensì sono da interpretarsi come parte integrante di un vasto substrato culturale che in un periodo cronologico (altri studiosi nel 1995 hanno inserito queste incisioni nell'Età del Bronzo - ultimo quarto del III Millennio/fine del II Millennio a.C.) non ancora ben definito, era comune non solo alle popolazioni del nostro arco alpino, ma si estendeva nella regione francese, in Linguadoca, nei Pirinei Orientali e nel Portogallo…".

 

Umberto Bersani