Scienza - 10.01.2002

BIOLOGIA - La vita originaria terrestre si conservò in profondità
oppure emigrò su Marte
Rimbalzando fra i pianeti
Suggerite due strategie primordiali per sopravvivere agli asteroidi


Carlo Maffei

Uno dei misteri più affascinanti della ricerca scientifica è
rappresentato dalla nascita della vita: nessuno ancora conosce un
modello che descriva correttamente come siano comparse le prime
creature unicellulari nel brodo di molecole organiche delle pozze che
ricoprivano il nostro pianeta 4 miliardi di anni fa. E tuttavia, se
ha ragione Norman Sleep, geofisico della Stanford University, la vita
potrebbe aver corso molto spesso il rischio di sparire dalla faccia
della Terra, specialmente all'inizio della sua storia. Si è salvata
forse grazie a due strategie, che Sleep ha descritto a metà del mese
scorso durante un congresso dell'American Geophysical Union.
Sappiamo che nelle prime centinaia di milioni di anni dopo la sua
formazione il nostro pianeta ha subito con frequenza impatti con
asteroidi dieci volte più grandi di quello che ha spazzato via i
dinosauri 65 milioni di anni fa. Eventi di questo tipo hanno il
potere di surriscaldare l'atmosfera e di distruggere ogni forma di
vita. Escluse quelle che, per le proprie caratteristiche di
resistenza e per la particolare nicchia ecologica occupata, si siano
trovate in una condizione favorevole. Sleep individua questa
condizione in una posizione, all'interno della crosta terrestre,
abbastanza profonda da proteggere i microrganismi dal calore prodotto
dagli impatti e nel contempo abbastanza superficiale da non risentire
troppo del calore generato dalle profondità del pianeta. Peraltro è
noto che esistono varietà di microrganismi in grado di resistere con
successo anche a temperature assai elevate. Sono i termofili, alcuni
dei quali sono stati osservati sopravvivere perfino in acqua sotto
pressione alla temperatura di 115 gradi centigradi. Ebbene, le
attuali forme viventi affondano le proprie radici proprio in
microrganismi che avevano queste caratteristiche.
Norman Sleep ha però suggerito una seconda possibilità di
sopravvivenza: il viaggio interplanetario. Infatti alcuni esemplari
di microrganismi avrebbero potuto essere espulsi dal campo
gravitazionale terrestre a bordo di piccoli frammenti che poi
sarebbero precipitati su Marte. Miliardi di anni fa il Pianeta Rosso
non era quel deserto arido e squallido che vediamo oggi. Vi sono anzi
indizi che possedesse un'atmosfera abbastanza densa e pure acqua allo
stato liquido. Sopravvissuti al vuoto, al freddo e alle radiazioni
(condizioni che, secondo alcuni esperimenti di laboratorio, non
sarebbero letali per alcuni microrganismi particolarmente
resistenti), i nostri progenitori unicellulari avrebbero prosperato
su Marte e sarebbero poi rientrati sulla Terra ripartendo grazie a
impatti asteroidali sul pianeta-ospite. Una sorta di rimbalzo
interplanetario di forme di vita primitiva, insomma.
Sarà vero? L'unica cosa certa è che i primi segni di vita risalgono a
3,8 miliardi di anni or sono. Cosa sia successo prima è oggetto
soltanto di congetture più o meno affascinanti. Ma, soprattutto,
rimane aperta la questione dell'inizio. Sulla quale Norman Sleep non
si è però sbilanciato.

Fonte: Corriere del Ticino


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