Sesta fuga
(Canto a 3 voci)di Umberto Saba
1) Io non so più dolce cosa
dell'amore in giovinezza,
di due amanti in lieta ebbrezza,
di cui l'un nell'altro muore.Io non so più gran dolore
ch'esser privo di quel bene,
e non porto altre catene
di due braccia ignude e bianche,che se giù cadono stanche
è per poco, è a breva pace.
Poi la sua bocca che tace,
tutto in lei mi dice: ancora.Spunta in ciel la rosea aurora,
ed il sonno ella ne apporta,
che a goder ci riconforta
della grande unica cosa.2) Io non so più dolce cosa
dell'amore. Ma più scaltro,
ma di te più ardente, è un altro
che a soffrir nato mi sento.Non la gioia, ma il tormento
dell'amore è il mio diletto;
me lo tengo chiuso in petto,
la sua immagine in me vario.E cammino solitario
per i monti e per i prati,
con negli occhi impriginati
cari volti, gesti arcani.Mi dilungo dagli umani:
profanar temo repente
quella ch'è nella mia mente
una tanto dolce cosa.3) Io non so più dolce cosa
di pensarmi. Il puro amore
di cui ardo, dal mio cuore
nasce, e tutto a lui ritorna.Quando annotta e quando aggiorna
io mi beo d'esser me stessa.
E'la cura mia indefessa
adornarmi per me sola.La mia voce in alto vola,
scende al basso; il male e il bene
tutto é puro quando viene
all'azzurra mia pupilla,come a un'acqua che tranquilla,
coi colori della sera,
specchia i monti, la riviera,
i viventi, ogni lor cosa.1) Io non so più dolce cosa
dell'ascosa mia dimora,
in cui tutto annuncia un'ora,
in cui tutto la ricorda.Dentro come tomba è sorda,
non le giungono rumori;
vi riflettono splendori
del dì vetri pinti ad arte.D'oriente in lei v'è parte
per i miei lunghi riposi;
per i giochi gaudiosi
ampio ha il talamo e profondo.Tutto il bello che nel mondo
prende alletta gli occhi tuoi,
la raccolto veder puoi
per la grande unica cosa.2) Io non so più dolce cosa
dell'ascosa mia stanzetta,
sempre in vista a me diletta,
nuda come una prigione.Poche cose vi son, buone
sol per me, per la mia vita.
I rumori della vita
giungon sì, ma di lontano.Tutto quanto al mondo è vano,
che mal dura e mal s'innova,
spazio amico in lei ritrova
qual pulviscolo in un ciglio.La in un canto è il mio giaciglio,
quasi il letto d'un guerriero.
Con me giace il mio pensiero,
la mia grande unica cosa.3) Io non so più dolce cosa,
ne dimora altra mi piace,
che vagar nella mia pace,
come nube in cielo vasto.A me stessa, è vero, basto,
non mi punge lalcuna brama;
pure amar posso chi m'ama,
e investirlo del mio fuoco.voi m'udite ora; tra poco
chi sarà da me beato?
Forse un misero cascato
fino al fondo giù dell'onta.Una grazia piena e pronta
gli fa impeto nel cuore;
trasfigura il suo dolore
nella grande unica cosa.1) Io non so più dolce cosa
dell'amore in giovinezza;
pur v'ha, dicono, un'ebbrezza
che sta sopra anche di quella.Non per me che in una bella
forma appago ogni desio,
ma per chi si sente a un dio
nel volere assomigliante.Non fanciulla, non amante
-vivo grappolo autunnale-
la dolcezza per lui vale
di piegarti al suo destino.E si taglia egli un cammino
tra gli ignavi e tra gli ostili.
Pei tuoi sogni giovanili
io non so più grande cosa.2) Io non so più dolce cosa
di chi al cenno altrui soggetto,
sente d'essere un eletto
all'interna libertà.E non ha felicità
che non venga a lui da questo.
Non ti inganni il suo esser mesto,
il suo aspetto non t'inganni.Fra i tormenti, negli affanni
propri solo alla sua sorte,
solo a lui s'apron le porte
d'un occulto paradiso.La uccisor non v'è, né ucciso,
e non torbida demenza.
Dalla mesta adolescenza
Io non so più lieta cosa.3) Io non so più lieta cosa
del sereno in cui mi godo.
Pure quando parlar v'odo,
e parlando vaneggiare,la mia pace vorrei dare
per la vostra, oh lo potessi!
Ma dai limiti concessi
non c'è dato, o cari, uscire.Folle amore, orgoglio d'ire,
paradiso me non tocca.
Se baciarmi sulla bocca
fosse lecito a un mortale,proverebbe un senso, quale
della morte è forse il gelo:
tanto azzurro è in me di cielo,
tanto in me brucia l'amore.1) Io non so più caldo amore
dell'amor di questa terra,
quando tutta al cor la serra
nell'abbraccio il suo fedele.Come pomo sa di miele
e d'acerbo al mio palato;
se un amaro v'è mischiato
è perché mai ma ne sazi.Se i tormenti, se gli strazi
che tu esalti, mi prepara,
quale ho mai cosa più cara
della sola che possiedo?Ma mi guardo intorno, e vedo
altro ancor che strazio e lutto
sulla terra, dove al frutto
morde ognun del caldo amore.2) Io non so più cieco amore
dell'amore della vita.
Nella mia stanza romita,
passeggiando solitario,da un delirio unico e vario
tutta notte posseduto,
quante, quante volte ho avuto
il pensiero io di lasciarla!Te felice se puoi darla
del tuo amor nei rischi avvolto;
più felice ancora, e molto,
chi a gettarla si fa un vanto;chi la getta come un guanto
al destino che disprezza.
Ah, perché la giovinezza
della morte ha in se l'amore?3) Io non so di questo amore,
io non so di questa morte:
immutabile è la sorte
conceduta alla mia gioia.Ch'altri viva, ch'altri muoia
il pensiero in me non nacque.
A crearmi si compiacque
forse un'anima in un sogno.Forse un'anima in un sogno
così bella mi creava,
con la mente al bene schiava,
con l'azzurra mia pupilla,come un'acqua che tranquilla
tutto specchia e nulla offende.
Ah, perché tra voi mi prende
desiderio d'altra cosa?1) Io non so più dolce cosa
del presente. Ai dì remoti
mi smarrivo anch'io in ignoti
desideri, ora non più.Voglio il bene, e nulla più,
di cui possa uomo godere.
Belle forme amo vedere,
possederle amo più ancora.La bellezza m'innamora,
e la grazia m'incatena;
e non soffro un'altra pena,
se non è di ciò l'assenza.Alla mesta adolescenza
ho lasciato i sogni vani.
Esser uomo tra gli umani,
io non so più dolce cosa.2) Io non so più dolce cosa,
né più amara a chi n'è privo.
Nel presente appena vivo,
vedo più ch'altri non vede.Beni a cui nessuno crede
mi sorridono al pensiero.
Tutto il mondo un cimitero,
senza quelli mi diventa.Tutta in me la gioia è spenta,
sana gioia in cui t'esalti.
Troppo bassi son, tropp'alti
forse i sogni che altrui taccio?Ahi, sognando io mi disfaccio;
notti ho insonni e giorni vani.
Esser uomo tra gli umani
no, non v'è più dolce cosa.3) Io non so più dolce cosa
che potermi in voi mutare,
solo un'ora; ma tornare
potrei dopo alla mia pace?Sarei dopo ancor capace
di adornarmi per me sola?
La delizia che s'invola
chi sa mai se si riacquista?Io che vedo e non son vista,
se soffrir potessi il morso
della brama, forse il corso
qui più a lungo avrei fermato.Forse uno avrebbe uno ascoltato
sul mio labbro accenti vani:
ch'esser uomo tra gli umani
parve a me una dolce cosa.1) Io non so più dolce cosa
della dolce giovinezza.
Fino il vento l'accarezza
sulla gota, o poco punge.Se la gloria a lei s'aggiunge
sommo è il bene che in te rechi.
A me basta udirne gli echi,
berne a lungo le parole.Giovinezza in me si duole
solo d'esser fuggitiva.
Altra pena non ho viva,
fuori questa, nel mio cuore.E obliarla dell'amore
anche appresi nell'incanto.
Rattristare in te di pianto
come puoi sì breve cosa?2) Io non so più breve cosa
della dolce giovinezza.
Di me forse più l'apprezza
chi è già giunto alla sua sera.Della gloria menzognera
non ascolto io la lusinga.
Bella ogn'altro se la finga,
io il suo fascino ho in me estinto.Bagna il pianto le sue gote,
cresce in cor la strana ebbrezza.
Per lui prova giovinezza
la sua grazia anche ai supplizi.3) Non mi nego ai tuoi supplizi,
non ho in odio i tuoi piaceri;
non so come i miei pensieri
si smarriscono nei vostri.Per la fede che mi mostri,
tu a una gioia, e tu a un dolore,
se mortal fosse il mio cuore
di lui quanto vorrei darvi!Pur son lieta di mirarvi,
e l'udirvi anche m'è caro.
Per voi provo un dono raro,
del diamante la virtù;che in bei gialli, in rossi, in blu,
quando a un raggio di sol brilla,
lo splendor nativo immilla;
e non so più dolce cosa.1) Io non so più dolce cosa
di ascoltarti, chiara voce.
Ma se nulla a te non nuoce,
ecco, esaudi quanto chiedo.Te che ascolto e che non vedo
sei, celata, una fanciulla?
Se tal sei, dalla tua culla
d'aria scendi al mio richiamo.La tua faccia veder bramo,
senza lei m'è il giorno oscuro.
Tanto bella io ti figuro
come dolce a udirti sei.La tua bocca io bacerei,
tenerezza che tu ignori.
Uno fare di due ardori,
io non so più dolce cosa.2) Io non so più dolce cosa,
né più vana, amico errante.
Parla un angelo, e un amante
in lui pinge il tuo desio.Oh t'inchina invece al mio,
che di solo udirti ho sete.
D'onde vieni, a quali mete
sei rivolta, io dir ti prego.All'abbraccio te non lego
d'un mortale, aereo fuoco.
Ma dimora ancora un poco
qui con noi, fra terra e cielo.Forse invan mirarti anelo?
Non hai corpo, non hai viso;
non sei forse che un sorriso.
Parla, amica, oh parla ancora!3) Parla tu, gentile, ancora,
se d'udirmi ancora agogni.
Non m'hai forse nei tuoi sogni
prima d'ora mai raggiunta?Quando in ciel l'aurora spunta?
Nella veglia che beata
chiama questi, e n'ha celata
la sua nausea egli, il disgusto.Nata son dal suo disgusto,
nata son dal tuo tormento:
tanto viva esser mi sento
quanto amate il viver mio.Ma se voi tacete, anch'io,
ecco, in aere mi risolvo;
con voi libera m'evolvo,
muoio libera con voi.