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La rivista multimediale di tutto
ciò che fa poesia


Da Horal (1950)

IL GIORNO

Albeggiò senza lei.
Appena si muove.
Ricorda.

(I miei occhi, più sottili,
la sognano.)

Com'è facile l'assenza!

Nelle foglie del tempo
questa goccia del tempo
scivola, trema.

 

LENTO, AMARO ANIMALE
che sono, che sono stato,
amaro dal nodo di polvere e acqua e vento
che chiedeva Dio nella prima generazione dell'uomo.

Amaro come questi minerali amari
che nelle notti di esatta solitudine
-maledetta e rovinata solitudine
solitaria-
si arrampicano alla gola
e, croste di silenzio,
asfissiano,uccidono, resuscitano.

Amaro come questa voce amara
prenatale, pre-sostanziale, che disse
la nostra parola, che percorse il nostro cammino,
che morì la nostra morte,
e che scopriamo in qualsiasi momento.

Amaro da dentro,
da quello che sono,
-la mia pelle come la mia lingua-
dal primo essere vivente,
annuncio e profezia.

Lento da secoli,
remoto -nulla c'è dietro-,
distante, lontano, sconosciuto.

Lento, amaro animale
che sono, che sono stato.

 

SPAZIO D'AMORE, luogo che ho vissuto
da lontano, tu, ignorata,
amata che ho taciuto, sguardo che non ho visto
bugia che mi son detto e alla quale non ho creduto:

In quest'ora in cui noi due, senza di noi,
a pianto ed odio e morte ci amammo,
sto, nonso se sto, si se stessi!,
amandoti, piangendoti, perso.

(Questo è l'ultima volta che io ti amo
te lo dico sul serio.)

Cose che non conosco, che non imparo
con te, adesso, qui, le ho imparate.

In te crebbe il mio cuore.
In te si fece la mia angustia.
Amata, luogo dove riposo,
silenzio dove m'affliggo.

(Quando guardo i tuoi occhi,
penso ad un figlio.)

Ci sono ore, ore, ore, in cui sei talmente assente
che ti dico ogni cosa.

Il tuo cuore a fior di pelle, le tue mani,
il tuo sorriso perso nei paraggi di un grido,
nuevamente questo tuo cuore, così povero, così semplice,
e questo tuo cercarmi dove non sono stato:
tutto ciò che tu fai e a volte non fai
è quasi come stare lì, lì per litigare con te.

Bambina degli orrori, il mio cuore candido,
vedi, amata, bambina, che cosa dico.

 

Da La señal (1951)

 

DELL'ADDIO

Non si dice.
Giunge ai nostri occhi,
nelle nostre mani, trema, si detiene.
Dici cosa aspetti -t'aspetti- da quell'istante,
e sai che l'addio è inutile e triste.

 

DELL'ILLUSIONE

Scrivesti sulla tavola del mio cuore:
desidera.
E io andai giorni e giorni
pazzo e profumato e triste.