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di A. Arpen

Sandro Penna: Un maestro del '900 italiano

Sandro PennaSandro Penna (1906-1977) è indiscutibilmente una delle figure più distaccate del panorama poetico del '900 italiano. Anticonformista, lontano dal format montaliano è decisamente e incoscentemente attratto dallo stile sapienzale. Nonostante si ritenesse un libero cantore del mondo circostante la sua poesia è pervasa da una ossessione pederastica che si manifesta con una costante alternanza tra una espressione lucente dell'io e una regressione malinconica all'infelicità e all mistero. Nei suoi scritti si evidenzia chiaramente una dicotomia dell'essere uomo intesa sotto il profilo dell'identità sessuale che si estrinseca in una disappartenenza all'umano contrapposta all'onnipotenza dell'io quando si libera al piacere. Stati d'animo che passano dall'euforia del piacere all'angoscia del sentirsi vittima dell'amore. Queste due condizioni dell'io per Penna non ammettono mediazione alcuna e sono indissolubilmente legati l'uno all'altro per mezzo del tempo non solo quello atmosferico ma anche psicologico ed orario. Gli eventi atmosferici (sole,sera,notte, ecc.) vengono ulilizzati dal poeta come sepressione di paragone dell'io interiore. Il sole è la parola chiave dei versi del Penna. Importante è anche il tempo inteso come il movimento delle lancette sulla sfera di un orologio perché molti eventi descritti dal poeta sono molto rapidi, fugaci, istantanei. Portremmo definire quindi, la poesia del Penna, come una serie di istantanee dove vengono proiettate all'esterno la necessità di comunicare con il mondo circostante e l'irrinunciabile bisogno del piacere fisico caratterizzato dalla sua omosessualità. Il registro linguistico del Penna si attesta nell'ambito piccolo - borghese ricordando D'Annunzio e Pascoli, ancorato quindi in un certo qual modo a uno stile per certi versi antico che lo tiene lontano dai salotti buoni della cultura italiana. Penna dipinge il suo vissuto trascrivendo direttamente il suo mondo in un complesso movimento emotivo molto caratteristico che lo rende unico. La sua dialettica, come abbiamo già visto, oscilla tra un io vittima e un io vincente nei confronti delle proprie sensazioni. In Penna si evidenzia l'indifferenza e l'estraneità del desiderio all'umano. Per il poeta, la sua condizione omosessuale è vissuta più come sogno piuttosto che essere la conseguenza della trasgressione. Questo dà origine a questo suo tono sempre più sublime ma al tempo stesso miserabile che condanna non tanto la "diversità" dell'uomo quanto piuttosto l'umiliazione dell'essere omosessuale. Nella poesia del Penna emerge la sua italianità, infatti, più di ogni altro poeta italiano del '900 egli fa risaltare nelle sue liriche, il suo essere italiano dando spazio alle bellezze nascoste dell'Italia. Altro elemento caratterizzante la poesia del Penna è sicuramente la solitudine vissuta come epicentro di libertà, di gioia interiore. Per concludere possiamo sicuramente affermare che Sandro Penna merita un posto di prestigio nelle pagine della nostra letteratura del '900.

[Anonime stazioni]

Anonime stazioni, a un calmo treno
riemergeva il mio corpo abbandonato.
E il mondo lieto s'incrociava all'angolo
dei miei calzoni di fresco soldato.

[Deserto è il fiume]

Deserto è il fiume. E tu lo sai che basta
ora con le solari prodezze di ieri.
Bacio le tue ascelle, umidi, fieri,
gli occhi di un'estate che si guasta.

[Qui brucio la vita]

Qui brucio la mia vita. Fra le rare
luci del vicoletto adesso appare
un pastorello su di un mulo. Bruci
tranquilla la mia vita a queste luci.

[Viaggiava per la terra]

Viaggiava per la terra
come un giovane Iddio
colui che non aveva
amori sulla terra.
Tornava dalla festa
la giovane animale
molti colori in testa
e frutti nel grembiule.

[Il sole di settembre indora i canti]

Il sole di settembre indora i canti
degli operai. E' già lontano il tempo
quando vinti al gran sole i nudi corpi
turbavano il mio cuore. Adesso brilla
deserto il fiume. Ritornato è l'uomo
in piedi. Io rido a più sereno amore.

[La luna che nel cielo era assopita]

La luna che nel cielo era assopita
entra nella mia stanza così viva
che il mio sesso sussulta e si nasconde.
Ride il fanciullo e candido si mostra
dicendomi <vergogna di una luna
!>.

[Ricomporre la mia malinconia vorrei]

Ricomporre la mia malinconia
vorrei. La nuova dolce religione mia.
Me se mi desto nella buia stanza
esiterò a picchiare o luminoso
mattino? Io non verrò alle calme
corse nel verde antico ove si sgrana
talvolta il sesso di un fanciullo e rossa
più rossa è l'aria di primavera?

[E' bella giovinezza e basta un poco]

E' bella giovinezza e basta un poco
di vino e poi vedete cosa fanno.
I miei ragazzi dapprima sì fieri.