Il film "GLADIATORE" in prospettiva storica

Allen Ward, University of Connecticut

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Cosa può dirci uno storico di Roma sul film "Gladiatore"? E’ stato il migliore dei film. E’ stato il peggiore dei film. Tutto qui.

Una delle cose migliori del film è che rientra in quella lunga serie di libri, racconti, film ed opere d’arte che mantengono vivo l’interesse verso il mondo antico tra un vasto pubblico, qualcosa per cui artisti e scrittori hanno ottenuto attraverso i secoli un successo di gran lunga superiore a quello di storici professionisti.

Sfortunatamente, le menti creative che fanno del loro meglio per rendere in maniera adeguata una visione popolare del passato, spesso hanno poco riguardo per il livello di accuratezza che costituisce la preoccupazione principale dei seguaci dell’arte di Clio. Artisti e scrittori non fanno che minare alla base il passato con il materiale grezzo che è il supporto della loro agenda creativa. Pochi scrittori, ad eccezione di alcuni fra i più scrupolosi autori di romanzi storici, lasceranno mai che i fatti riguardanti gli storici professionisti si frappongano fra loro ed i clienti che pagano. Come il peggiore dei film, "Gladiatore" fornisce un perfetto esempio.

Già dalla scena d’apertura le inesattezze sono legioni. Per prima cosa non vi fu mai una grande battaglia finale con le tribù germaniche alla vigilia della morte di Marco Aurelio. Vi fu invece una grande battaglia durata una intera giornata durante la campagna militare del 179 d.C., ma Marco morì il 17 marzo del 180, proprio quando egli era sul punto di lanciare un’altra grandiosa campagna militare. Qualcuno potrebbe dire che gli autori avevano bisogno di abbreviare la cronologia per risparmiare tempo, ma essi agivano con velocità e libertà in altri aspetti della battaglia. Personalmente non ho scoperto alcun parallelo documentato con il cane da combattimento del comandante romano Massimo, l’eroe del film, e se ve ne fosse uno, non sarebbe stato un pastore tedesco, una razza che non esisteva nell'antichità. L’uso delle catapulte lancia-fiamme ed i lanciatori meccanici di dardi contro i barbari che avanzavano, era certamente drammatico, ma antistorico. E’ risaputo che tali armi erano troppo ingombranti per l’uso su un campo di battaglia aperto, confinati invece ad un assedio di guerra più statico.

L’intero film ha compresso radicalmente la cronologia di tutto il regno dell’imperatore Commodo. Egli diventò imperatore soltanto dopo la morte di suo padre nel marzo del 180 e fu assassinato quasi 13 anni più tardi, il 31 dicembre del 192. Sebbene il periodo abbracciato da "Gladiatore" non venga indicato con precisione, risulterebbe che non più di 2 anni potrebbero essere trascorsi prima che Commodo fosse ucciso. Nel quadro di tale periodo, tuttavia, la trama utilizza alcuni fatti storici: Commodo era affascinato dagli spettacoli di fiere, corse di carri e combattimenti di gladiatori; egli si cimentò personalmente in questi esercizi e, probabilmente, scandalo estremo per tutte le classi, egli combattè nella pubblica arena come gladiatore di armamento leggero, noto come "secutor" (attaccante, sfidante). In una iscrizione egli addirittura si vantava delle sue 620 vittorie in combattimenti di gladiatori.

Nella vita reale, Lucilla, sorella più anziana di Commodo, complottò con vari senatori per ucciderlo durante i primi 2 annidel suo regno. Come ci indica il film, lei era stata sposa di Lucio Vero, ex co-imperatore di Marco Aurelio. In seguito, però, i dettagli storici specifici ed il film concordano soltanto in parte. Lucilla, a soli 14 anni aveva sposato Vero, dandogli 3 figli prima di rimanere vedova nel 169. Ovviamente il personaggio identificato come Lucio vero, figlio di 8 anni nel film, è completamente inventato. Infatti il loro unico figlio ed una delle 2 figlie erano morti ancora bambini. L’altra figlia, sconosciuta di nome, sopravvisse, fidanzata a Claudio Pompeiano Quintiano, nipote o figlio di Tiberio Claudio Pompeiano, secondo marito di Lucilla, avuto da un precedente matrimonio. Sia questa figlia, sia Quintiano presero parte al complotto del 182, ma nel film non compaiono.

Particolare interessante: Lucilla ebbe un figlio da Pompeiano al tempo in cui si svolge il film. Aveva 6 anni nel 182 e si chiamava Aurelio Commodo Pompeiano; divenne console nel 209. Era sopravvissuto perché suo padre non si era mai opposto a Commodo. Lucilla non ebbe nulla in comune con il padre di suo figlio. Sia lei che la madre, l’imperatrice Faustina, rimasero fortemente amareggiate per il matrimonio che Marco aveva predisposto frettolosamente per lei e Claudio Pompeiano. Questo si era celebrato soltanto 10 mesi dopo la morte di Vero, prima cioè, che terminasse il periodo di lutto regolamentare. Lucilla era scontenta della enorme differenza di età fra loro. Aveva solo 19 anni e ½; lui poteva averne almeno 50 ed più. Sia lei che la madre lo giudicavano come persona al di sotto del loro stato sociale, in quanto era figlio di un cavaliere provinciale pproveniente da Antiochia di Siria. Questo matrimonio fu la causa delle fredde relazioni fra Lucilla e Marco Aurelio, che il film non spiega mai in modo soddisfacente.

Poiché era stata una Augusta, in quanto moglie di vero, Lucilla indubbiamente avrebbe desiderato rimanere ancora tale. Marco, tuttavia, aveva scelto Pompeiano come suo secondo marito sostanzialmente perché egli era un leale ufficiale e apprezzato militare, che poteva proteggere la famiglia imperiale, ma la sua condizione sociale lo escludeva da ogni ambizione personale per il trono. Anche se suo figlio o nipote Quintiano, sua moglie e la cognata furono al centro del complotto del 182, egli ne rimase completamente fuori. E fu una fortuna per lui. Diversamente dal film, i cospiratori, dopo il fallimento della congiura furono messi a morte; perfino Lucilla, dopo essere stata esiliata per un breve periodo nell’isola di Capri.

Tranne l’amore per i giochi, non c’è molto di storico su Commodo, nella versione del "Gladiatore". Nel film egli appare come un ventenne di media corporatura, dai capelli neri e combatte con la mano destra. In realtà egli aveva 18 anni e ½ quando Marco Aurelio morì; aveva un fisico molto robusto, una folta capigliatura bionda e combatteva con la mano sinistra. Per di più egli non era scapolo, come lo presenta il film. Nel 178 aveva sposato Bruttia Crispina e divorziò da lei, subito dopo la cospirazione del 182, facendola condannare a morte per adulterio.

Il ritratto di un Commodo privato dell’affetto paterno, attratto dalla sorella e alla fine assassino di suo padre, onde evitare l’ultimo affronto, quello di non diventare suo successore, ha qualche supporto in fonti spesso tendenziose e sensazionalistiche. La vita di Commodo, nel noto pastiche di fatti veri e racconti romanzeschi, che va sotto il nome di Historia Augusta, ha degli spunti di compiacimento pornografico nel dipingere lo stato di ubriachezza e gli eccessi sessuali, che ogni antico canone retorico attribuisce quale stereotipo di un governante dispotico. Per ironia, Lucilla è l’unica sorella con cui egli non è mai accusato di rapporti incestuosi, ma gli autori del film vanno elogiati per non aver mai indugiato sulle inaffidabili accuse del biografo, che avrebbero fatto del "Gladiatore" un altro esempio a buon mercato di sfruttamento del sesso e orgie imperiali romane.

Si potrebbe dedurre che la natura seria fin dalla giovinezza ed il self-control tipico di un filosofo stoico, dimostrato chiaramente alla morte del fratello gemello di Commodo, non avrebbero fatto di Marco Aurelio un genitore molto caldo ed espansivo. Nonostante ciò, il quadro che emerge dalla sua corrispondenza con l’amato maestro Cornelio Frontone e dalle sue "Meditazioni", è quello di un uomo gentile, simpatico ed affettuoso. E’ davvero difficile immaginare che egli avesse avuto almeno 14 figli da sua moglie di 30 anni, soltanto per un puro senso di dovere stoico.

L’idea esposta nel film, che Marco avesse deciso di ignorare Commodo per la successione e restaurare la vecchia libera repubblica, è ridicola. Nessuno, neppure i veri senatori che complottarono contro Commodo volevano restaurare quella che oggi la gente pensa sia una Repubblica. La carica di imperatore era una necessità riconosciuta. La principale fonte di frizione tra gli imperatori e molti senatori era piuttosto la questione su come quella carica doveva essere esercitata. I principali senatori volevano essere in grado di scegliere un uomo maturo di esperienza e di provato merito derivante dal rango. I soldati, tuttavia, favorirono sempre la successione ereditaria per nascita o adozione, e senza la lealtà dinastica era troppo facile per un generale ambizioso usare i propri soldati per contestare la scelta di un nuovo imperatore che non fosse lui stesso.

Gli antichi commenti su Marco Aurelio timoroso che Commodo fosse un candidato inaffidabile quale imperatore e che Commodo ne provocasse la morte, sono pure invenzioni create al fine di screditare Commodo e giustificare la sua esclusione. Contrariamente all’immagine presentata nel film, Commodo in realtà fu al governo, insieme al padre, dagli inizi del 177, allorché egli divenne il più giovane dei consoli a Roma, fino a quel tempo. Dall’agosto del 178 essi diressero insieme le operazioni militari della guerra sul Danubio fino alla morte di Marco.

Marco Aurelio aveva 59 anni quando morì, probabilmente di peste. "Gladiatore" riprende la sua natura gentile di filosofo, ma la sua decrepita fragilità, la sottile barba e la capigliatura fluente, nel film ha poco di rassomigliante con le sue statue, i busti ed i ritratti sulle monete, pur riprendendolo all’età di 56 anni. Essi infatti lo mostrano come un uomo vigoroso, con una folta barba e una testa ricoperta da una spessa capigliatura. Naturalmente il ritratto ufficiale tende sempre a migliorare l’aspetto, e lo stesso Marco Aurelio si lamentava della sua salute malferma. Egli affrontò la guerra e 2 inverni lungo il Danubio e, se egli contrasse la peste nel corso del 2° inverno, ovviamente sarebbe sembrato invecchiato prima che morisse e quale appare nel "Gladiatore".

Sfortunatamente non esistono ritratti con cui confrontare l’eroe di "Gladiatore", il generale spagnolo Massimo. Egli non è mai esistito. E’ un pastiche, un ritratto composito del tipo di uomo dotato di ottime capacità proveniente dalle province, quello cioè che costituiva la prova tangibile della insistenza di Marco Aurelio nel voler promuovere gli uomini per il loro merito, ovunque li trovasse. Come lo stesso Marco, Traiano ed Adriano, il personaggio Massimo proveniva da una famiglia provinciale della Spagna. I suoi natali, per casato e per famiglia, riecheggiano sentimenti che Erodiano attribuisce a Claudio Pompeiano, la cui carriera come ufficiale delle province rassomigliava alla sua per molti aspetti. L’uomo, che molto probabilmente tenne il comando supremo nella grande battaglia del 179, su cui si basa la scena d’apertura, era Taruttieno Paterno, prefetto anziano della guardia pretoriana, il quale in seguito sarà condannato a morte per il supposto coinvolgimento nel complotto del 182.

Sarebbe desiderabile che l’ultimo personaggio di Oliver Reed, il ‘lanista’ o impresario di gladiatori Proximo, fosse un personaggio storico ma, se lo fosse, ovviamente il suo nome sarebbe il latino "Proximus", e non l’italiano Proximo. Simbolicamente, forse il latino viene ancor più maltrattato quando Proximo porta le sue truppe di gladiatori a Roma, dove essi entrano in un edificio con la scritta LUDUS MAGNUS GLADIATORES, invece di Ludus Magnus Gladiatorum!

Infine Proximo afferma erroneamente che Marco Aurelio aveva meso al bando i combattimenti di gladiatori e di conseguenza l’aveva costretto a lasciare Roma, per guadagnarsi da vivere in posti miserabili come Zucchabar nel N. Africa, che, mirabile dictu, era una colonia romana della Mauritania. In realtà Marco Aurelio aveva emanato una legge per garantire la continuità dei giochi gladiatorii in periodi di grande difficoltà economica.

La descrizione dell’equipaggiamento tipico dei gladiatori, delle armi e perfino del modo di combattere, è pieno zeppo di errori. A partire dal 2° secolo d.C. i gladiatori erano stati divisi in categorie ben definite in base alle loro armi, armatura e stile di combattimento. Nella maggior parte dei casi gladiatoori di tipo diverso venivano abbinati in certe combinazioni standard. Per esempio, considerato che Commodo combattè sempre come attaccante (secutor), Massimo avrebbe dovuto affrontarlo come retiarius, uno che combatteva dotato di una rete circolare, un tridente ed una corta spada (gladius) e la cui unica protezione consisteva nella spada. Per di più, non si avevano quelle zuffe di massa spesso mostrate nel film, ma duelli individuali combattuti in base a rigide regole, sotto il controllo di un arbitro.

Eppure, a dispetto delle numerose imprecisioni e inesattezze, "Gladiatore" è il migliore dei film recenti, perché presenta un quadro vivo e convincente di alcune importanti verità relative al mondo romano sullo scorcio del 2° secolo d.C. Molta gente trova il film violento in maniera offensiva, sanguinario e con scene dove scorre a fiumi il sangue. Purtroppo la vita nel mondo antico in genere era molto più violenta, sanguinaria in modo perfino macabro, rispetto alla vita nelle moderne democrazie industriali. Marco Aurelio trascorse la maggior parte del suo regno in guerre combattute. Nonostante le catapulte lancia-fiamme del tutto fuori luogo, la brutale carneficina del corpo a corpo della battaglia iniziale dà una idea reale della ferocia dei combattimenti e dei modi sanguinari in cui si poteva essere uccisi o feriti. In realtà queste scene sono rappresentate graficamente nella famosa colonna che celebra le guerre del Nord portate da M. Aurelio.

Non soltanto su un campo di battaglia, ma in ogni luogo la gente doveva affrontare una morte tanto immediata e dolorosa. Erano tutti consapevoli, così come il personaggio Proximo, citando male Orazio (Odi, 4.7.6) più di una volta, che noi siamo "ombre e polvere". Il delitto era frequente nelle città popolate, prive di una polizia adeguata, e tutte le zone abitate erano sottoposte di continuo a scorrerie di briganti e razziatori.

Dopo il fallito complotto del 182, la classe senatoriale affrontò di nuovo quel genere di purghe delittuose, come quelle che si erano svolte in passato sotto Caligola, Nerone e Domiziano. Il brutale assassinio della moglie e del figliolo di Massimo, nel film, riflette tale realtà. Marco evitò questi estremismi nel trattare i suoi oppositori in patria, ma coloro i quali gli furono leali non ebbero scrupolo nel tagliare la testa dello sfortunato Avidio Cassio e gliela mandarono. La peste aveva devastato l’impero romano fin dal ritorno in patria dell’esercito di Lucio Vero nel 166 dalla terra dei Parti, e la mancanza di medicine adeguate rendeva tutti i casi di malattia più letali rispetto ad oggigiorno.La percentuale dei decessi era assai elevata. Lo stesso Marco aveva seppellito sua moglie ed otto dei 14 figli.

L’immagine del Mietitore Implacabile era visibile in ogni momento, per cui le persone di tutte le classi sociali erano preoccupate dalla prospettiva della morte incombente. Questa preoccupazione pervade le "Meditazioni" di M. Aurelio e si può riassumere nelle parole che Massimo attribuisce a Marco nel film: "La morte sorride a noi tutti. Tutto ciò che un uomo può fare è restituire il sorriso."

La costante percezione della morte che occhieggia furtiva dovunque, aiuta a spiegare la popolarità degli spettacoli di gladiatori in tutto l’impero. Come dice nel film il senatore Gracco, personaggio romanzesco, nei riguardi di Commodo e del suo sforzo per vincere i cuori delle masse:"Egli li porterà alla morte, ma essi per questo lo ameranno." Mentre gli spettacoli di gladiatori e giochi relativi, come la caccia alle fiere e le corse di carri, erano spettacoli della potenza romana con una forte carica religiosa, adoperati per mantenere il controllo politico e sociale, il grande entusiasmo popolare che essi generavano non aveva nulla a che vedere con l’amore del popolo per i rituali romani e le espressioni di potenza. Esso si ricollegava interamente all’antico codice guerresco di chi sfidava la morte incombente con il conseguimento di onore e fama immortale mediante l’uccisione di altre persone in battaglia, o per lo meno incontrando una morte gloriosa. Il combattimento dei gladiatori era una replica della lotta quotidiana con la morte che ciascuno affrontava ed esso forniva il modello per affontarla eroicamente. Come il gladiatore nero Juba, che curò Massimo ferito, gli disse quando egli in un primo momento si rifiutò di assumere il nuovo ruolo di gladiatore, "Perché non combattere? Noi tutti dobbiamo combattere!" Affrontando eroicamente la morte era possibile dominarla per il presente, sconfiggendo il proprio avversario, oppure combattendo coraggiosamente perfino avendo di fronte forze soverchianti di numero, si poteva conseguire onore da eroe, pure in una sconfitta che trascendeva la morte.

Proximo disse tutto ciò a Massimo, con le parole: "In definitiva, noi siamo già tutti morti

…Dobbiamo decidere come affrontare la morte allo scopo di essere ricordati come uomini."

La lezione impartita nell’arena era che, sottraendosi ad un combattimento, anche se qualcuno avesse patito tutti i casi possibili di sfortuna o di schiavitù, egli poteva diventare un nobile eroe. Ed ancora, per citare Proximo, "Voi morirete al suono di ‘clap, clap’. Gladiatori, io vi saluto." Massimo superò il suo rovesciamento di fortuna mettendo in atto quello che costituiva il massimo onore per un eroe: la vendetta sul proprio nemico. Quando alla fine la morte reclamò il suo corpo sfigurato, Lucilla disse:"Era un soldato di Roma. Onoratelo!" e molte mani volentieri lo sollevarono portandolo in trionfo.

Era un potente finale per un film eccitante, che aveva suscitato enorme interesse per la storia che stava dietro. Forse gli storici di Roma dovrebbero essere grati per le sue rappresentazioni valide in generale, pur con tutti i suoi errori di fondo. L’artista dirà che l’interesse per tali dettagli riflette semplicemente le sottigliezze eccessive e puntigliose dei pedanti, i quali non possono apprezzare la foresta per gli alberi. Di certo gli artisti creativi hanno bisogno che sia loro concessa una certa licenza poetica, ma questo non dovrebbe permettere uno stravolgimento totale dei fatti in un racconto storico.

In molti casi i dettagli su fatti facilmente determinabili non avrebbero reso "Gladiatore" meno interessante o meno emozionante, perché lo svolgimento del regno di Commodo contiene personaggi ed eventi che potevano rendere quella che ora è una buona storia, una "Storia" perfino migliore.

 

Traduzione di Vittorio Todisco

Titolo originale: The movie "Gladiator" in historical Perspective

by Allen Ward, University of Connecticut

http://ablemedia.com/ctweb/showcase/wardgladiator1.html