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L’ELEMENTO DEL CRIMINE
(di Laura Mambelli, lativvu.com)

 

Si è detto tanto di Lars Von Trier, di questo nuovo modo di fare cinema, delle immagini curate che sembrano trascurate, dell’immagine che dice molto di più che quello che sta nell’inquadratura, dei colori: quel giallo insistente da foto sbiadita, degli attori poco famosi, degli effetti poco speciali, delle inquadrature molto simboliche. Si è detto tanto.

"L’elemento del crimine" è un giallo che dice ancora di più su questi nuovi argomenti e li enfatizza fino ad esasperarli.

Se non siete pronti, o semplicemente non avete voglia, di vedere un brutto sogno riprodotto sullo schermo, (non un incubo, niente a che vedere con i film del terrore, proprio uno di quelli che definite un "brutto sogno") allora non andate a vedere questo film. Un brutto sogno con tutte le sue logiche stranezze, i suoi sbalzi temporali, sovrapposizione di persone, incoerenza di spostamenti ed eventi, un brutto sogno in piena regola.

Un bel Giallo, una strana storia, che inizia come la migliore tradizione americana dallo psicoterapeuta, ma che però è un tipo strano con una scimmietta sulla spalla, il tipico psicologo del Cairo.

L’atmosfera claustrofobica non se ne va mai, non bisogna neanche sperarci, e non andate a lamentarvi col gestore del cinema, è proprio la pellicola che è di quell’ocra strano, e tutta quell’acqua che invade costantemente l’Europa sarà perché il protagonista torna dal deserto e gli sembra troppa anche solo una pioggia sottile o è un eredità di "Waterworld" di Kevin Kostner? E poi perché sono sempre le tre di notte? Ma i giorni passano? Ma in che epoca è ambientato?

Gli attori sono molto nella parte, nel senso che probabilmente uscirete convinti che sono davvero un ex poliziotto e un assassino, e che non li vedremo in qualche altro film, sembrano più che altro pazzi o ottimi caratteristi.

Ovviamente bisogna evitare anche di chiedersi come mai con tutta quell’acqua la gente sia tanto sporca e impolverata, che a dire il vero il senso di fastidio è tanto, e cosa c’entrino i cavalli, e perché sembrino tutti pazzi e non cercate disperatamente un "buono", tanto non c’è. Se quando uscite dalla sala del cinema piove e vi stanno improvv8isamente tutti antipatici, non vi preoccupate, il brutto sogno, quello di Lars, è finito; potete ricordare solo la storia e ripulirla, ricordarlo come un giallo e basta.

Ma poi è inevitabile chiedersi se invece non sia stato tutto pensato apposta per lasciare quel senso di distanza tra la storia e lo spettatore, se davvero i protagonisti siano appositamente così lontani da non permettere mai, in nessun momento, nemmeno per un istante qualcosa che solo assomigli alla classica immedesimazione così facile da fare al cinema. Allora pensate che se magari voleva dare fastidio, bè ce l’ha fatta in pieno, se voleva farvi vedere un brutto sogno, allora nessuno avrebbe potuto meglio. Così magari non avrete visto certo un film piacevole, di piacevole proprio niente in questo "elemento del crimine", se non l’idea che a volte i film non sono necessariamente favole rassicuranti, i film per qualche folle come Lars sono cose che qualcuno ha da dire e possono non piacerci anche se dette davvero in modo efficace.

 

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