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LA REPUBBLICA De André e la sua Novella lo
"scandalo" trent'anni dopo
In autunno al Carlo Felice di Genova la trasposizione lirica del
discusso album del cantautore. Con Sastri, Bisio e Elio
di STEFANO BIGAZZI
GENOVA - Dopo la commemorazione a un anno dalla morte, l'inverno
scorso, affidata alla polifonia di tanti protagonisti, da Vasco Rossi ad Adriano
Celentano, il Teatro Carlo Felice di Genova ospiterà un altro evento dedicato a Fabrizio
De André, con l'allestimento in forma d'oratorio classico de "La Buona
Novella", uno dei suoi primi e più discussi lavori.
Questa volta viene superato il puro proposito celebrativo con un concerto, previsto ad
autunno inoltrato, che conferma l'apertura dell'ente lirico genovese a territori artistici
più ampi, che oltrepassano i confini stretti di lirica e classica.
Del resto, se si vuol esaminare un po' meno sentimentalmente la questione, un concerto di
De André è in grado di sbancare il botteghino, e di questi tempi un tutto esaurito non
si butta via. Se poi è uno spettacolo di spessore, di autore fascinoso e con un cast
notevole, allora è ancora meglio. Il progetto - tale è sinora la trasposizione lirica de
"La Buona Novella" - si basa su alcuni nomi: la regia di Pepi Morgia e la
disponibilità di Lina Sastri (Maria adulta), Claudio Bisio quale voce narrante ed Elio
senza Storie Tese che avrebbe il ruolo di Tito, ladrone crocifisso a fianco di Cristo al
quale è dedicato lo struggente "Testamento", pagina singolare del canzoniere di
De André, che riassume poesia, religiosità e politica, come testimonianza anche civile.
E poi in un teatro d'opera la narrazione ispirata ai Vangeli apocrifi appare ben
collocata. Andrà ad accrescere il repertorio religioso della musica classica, sia esso in
una corale di Haendel o per la Petite messe solennelle di Rossini, fino a Battiato o la
Misa Criolla.
Religiosa è infatti "La buona novella", un disco che nel 1970 fece scalpore,
non solo a Genova, dove la Chiesa era il cardinale Giuseppe Siri, l'altra faccia del
Concilio, quattro volte papabile. Scalpore e scandalo: i brani non dispiacquero in
Vaticano, a quanto pare. La Rai della Dc preferì una normale censura. Intanto perché i
Vangeli apocrifi narrano, anche crudamente, episodi della vita di Gesù e Maria in cui c'
è una dovizia di incisi sulla sessualità, gli usi matrimoniali ebraici, addirittura vi
si spiega come a Betlemme una pia donna si sincerò de manu delle verginità della
puerpera Maria. Poi perché De André vi mise del suo, ovvero la poesia, rendendo queste
antiche affabulazioni mediorientali brani di ampio respiro ben accolti nell'Italia già
sessantottina: appunto "Il testamento di Tito", per citare un esempio, è un
decalogo rovesciato, dalla parte di chi il comandamento subisce. Così non si deve
nominare invano il nome di Dio: "Con un coltello piantato nel fianco gridai la mia
pena e il suo nome: ma forse era stanco, forse troppo occupato, non ascoltò il mio
dolore. Ma forse era stanco, forse troppo lontano, davvero lo nominai invano". Tutto
per quella buona novella, che dà titolo a canzone e raccolta: "...e Gioacchino
disse: "Ecco che (Maria) ha compiuto i tre anni. Portiamola perciò al Tempio del
Signore". Forse fu all'ora terza, forse alla nona, cucito qualche giglio sul
vestitino alla buona, forse fu per bisogno, o peggio per buon esempio, presero i tuoi tre
anni e li portarono al tempio". Lì si compie il destino di Maria, nove anni dopo:
"E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio avevi dodici anni e nessuna colpa
addosso; ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio, la tua verginità che si tingeva di
rosso".
Ecco, questo cantare non sarà opera buffa e non stupirà più i benpensanti. Ma forse
servirà ad avvicinare molta più gente alla straordinaria poesia di De André. Come la
stessa Lina Sastri che confessa di aver aderito al progetto senza conoscere l'artista di
Genova, ma dopo aver ascoltato "La buona novella" in una cassetta inviatale
dagli organizzatori per convincerla a farsi coinvolgere nell'iniziativa. |
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