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CORRIERE DELLA SERA

Dai gitani a Woodstock: sarà musica a Venezia

Alla Mostra che si apre domani tanti film tra danze e canti. In un documentario la storia rock

VENEZIA
Si ballerà a Venezia e non soltanto i soliti pochi eletti con l'invito vip. La Mostra si apre domani con il Leone d’oro alla carriera a Clint Eastwood e l’attesa Sharon Stone, ma nel corso della rassegna saranno tanti i film musicali: da un documentario su Woodstock ai ritmi gitani presenti in varie pellicole.
L'ultima notte del Lido, il Festival invita tutti davanti al Casinò per celebrare la chiusura della prima Mostra del 2000 con il film di Tony Gatlif «Vengo», una specie di musical tzigano dal trascinante effetto balcanico appassionante e sensuale, capace di uniformare ogni giudizio critico. Dove Caco, il famoso ballerino di flamenco Antonio Canales, cerca di dimenticare la morte della figlia con feste e danze, ma la sua famiglia ha un debito di sangue che alla fine dovrà essere pagato, nel rispetto del dittico amore & morte. «Il mio film - assicura Gatlif, regista che ama introdursi nelle stranezze delle etnie più curiose - non è solo sull'Andalusia, sui gitani e sul flamenco, ma anche un grido, un canto, un inno alla vita, all'amore, al lutto. Un inno al Mediterraneo».
Ma ci sarà un altro gitano sugli schermi del Lido, il fiero e impetuoso Johnny Depp, domatore di cavalli che incontra a Parigi Christina Ricci, un'ebrea che fugge dalle persecuzioni, facendo un pezzo di viaggio insieme. Sally Potter, la regista inglese, ha chiamato la Taraf de Haidouks, una band che viene dalla Romania, composta da 13 uomini di età diverse, il cui feeling del tipo Bregovic-Kusturica, viene accelerato dalla presenza dell'amato ballerino argentino Pablo Veron, già partner della Potter in «Tango», che danza morbido e felino sui ritmi gitani di questi zingari rozzi ma onesti, risvegliando le signore. «La musica è essenziale in questo film - dice la regista - da una parte c'è l'opera, dall'altra la musica gitana ruvida e selvaggia, l'altra faccia della cultura europea».
E la musica sarà importante in questa Mostra e si parlerà molto della colonna sonora: basti sentire la minacciosa partitura quasi non stop del kolossal bellico marino «U 571». E poi le extravaganze, una per tutte, per restare nella Palermo multietnica di oggi, la versione sicilian-scespiriana di Romea e Giulietto in «Sud Side Stori», trionfo visivo del modernariato kitch e folk, ad opera di Roberta Torre. E raccontare con la musica è un'esigenza sentita anche altrove: «Platform» del cinese Jia Zhang Ke è la storia di una band, su un contesto diverso dai soliti.
Ma il documento musicale più imponente e gonfio di memoria è quello girato da Barbara Kopple in «My generation», esempio di «Cinema del presente», la storia di Woodstock nel mitico 1969, poi nel '94, infine nel '99. E' la cronaca di tre leggendari concerti che riflettono tre generazioni con tre giovinezze ed esigenze e miti diversi, tre eventi di mass media entrati nel costume del rock. E pur cambiando luoghi, usi, costumi, lessico, droghe e sponsor, la musica resta la star di questi appuntamenti di massa giovanili. Nel film si potranno ascoltare tutti: Joe Cocker, the Who, Santana, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Nine Inch Nails, Red Hot Chili Peppers, Country Joe McDonald e molti altri ancora.
«My generation» racconta 30 anni di storia di Woodstock e prendendo spunto dal rock e dai giovani, racconta come eravamo e come siamo. Ma il cuore del film, per l'autrice che ha vinto due volte l'Oscar raccontando le lotte della working class e i diritti della gente a difendere i propri ideali, sta nei giovani di oggi, che s'accorgono di non essere poi tanto diversi dai mitici figli dei fiori del '68 accorsi, desiderosi di ogni liberazione, al primo appuntamento di Woodstock nel 1969.

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