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CORRIERE DELLA SERA

IL FENOMENO L’America si è fermata per «Survivor», il programma che ha ripreso la vita di 16 persone in un’isola

Usa, tutti pazzi per i «naufraghi» spiati

Finale dello show-verità, davanti al video quaranta milioni di spettatori

Nella versione americana, l'avventura non è l'elemento principale. Il rischio - e il fascino - è interamente sociale: i concorrenti/colleghi flirtano, tramano e si alleano allo scopo di non rimanere esclusi (accade in ogni azienda, e non ci sono nemmeno le palme). La stessa isola non appare terrificante: presenta i rischi di un villaggio-vacanze, senza gli animatori. Il programma, filmato da ventiquattro telecamere, è interamente registrato. I concorrenti sanno, in sostanza, chi è il «sopravvissuto», ma tacciono per contratto. La Cbs, che manda in onda la serie, minaccia infatti multe miliardarie. I quattro rimasti sono Rudy, 72enne ex-marinaio barbuto; Susan, 38enne camionista bionda; Kelly, che ha 23 anni, sembra la Pivetti da piccola e di mestiere fa la guida sui fiumi; e Richard, detto Crudelia Demon, rubicondo formatore aziendale, specialista in intrighi e alleanze. Nella seconda puntata, Richard ha rivelato di essere gay; poi ha dimostrato di essere abile e perfido; infine ha deciso di passeggiare nudo sulla spiaggia. A lui la Washington Post - la cui idea di divertimento sfrenato è una nuova cravatta al collo di Al Gore - ha dedicato un lungo articolo, sostenendo che il concorrente di Survivor ha fatto di più, per la causa degli omosessuali, di tante marce e convegni. Richard infatti è acuto, per niente remissivo, ed è l'unico in grado di allestire una cena decente sull'isola (più o meno) deserta.
Prima di dire che l'America è definitivamente rimbecillita, aspettate.
Survivor forse ci sta dicendo qualcosa sui media; se è così, faremmo bene ad ascoltare. La serie, per cominciare, è costata pochissimo: niente agenti, manager, truccatori e parrucchieri (su un'isola deserta, una permanente apparirebbe sospetta). I protagonisti ricevono centosessanta milioni, contro gli ottanta miliardi a testa degli attori di Friends (i soldi li faranno altrove: una delle escluse ha ricevuto la solita offerta di posare per Playboy , ma ha risposto che preferisce fare la commessa). Non solo: Survivor piace ai pubblicitari, che vendono uno spot da trenta secondi per un miliardo e duecento milioni; piace alle aziende, che piazzano i prodotti nelle mani dei protagonisti (che sapore ha una birra fredda, su una spiaggia del mar della Cina). E piace, sorprendentemente, ai giovani americani, che da qualche tempo preferiscono il computer al televisore. La Cbs legge questi dati, guarda gli ascolti, fa i conti e si commuove.
Non si commuovono invece i professionisti della televisione tradizionale, che ormai somiglia sempre più al cinema: conduttori-divi (leggi: permalosi e strapagati), attori tirati a lucido, applausi e sorrisi, situazioni tanto brillanti da risultare improbabili.
Survivor non sarà la realtà: però le somiglia. E', in sostanza, l'anti-Hollywood (come Big Brother/Grande Fratello , più claustrofobico e meno intrigante). Certo, la spontaneità è anche merito di cameramen e montatori. Ma poiché segna la rinuncia all'intermediazione (come certa radio e Internet), dovrebbe preoccupare tutti gli intermediatori di mestiere, dalla televisione ai giornali.
Ecco perché eravamo tutti a casa ieri sera, e ordinare una pizza è stato tanto difficile.

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