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LA REPUBBLICA

Oggi arriva MojoNation, che garantisce lo scambio di file
per pochi centesimi. E che si definisce "non censurabile"


Napster, l'ora dei cloni
più furbi e più cattivi

"Ma noi cerchiamo la collaborazione delle case discografiche"

LAS VEGAS - Un po' come Napster. Ma più astuto, e molto più cattivo. Come molti avevano previsto, la censura imposta (e per ora sospesa) alla grande comunità virtuale di scambio di brani musicali, ha avuto come diretta conseguenza la nascita di soluzioni alternative. Che si presentano sempre più ardue da contrastare. L'ultimo nato nella categoria si chiama MojoNation, ed è disponibile a partire da oggi. È stato progettato da un certo Jim McCoy, ex programmatore di Yahoo! e da un anno amministratore delegato di Autonomous Zone Industries, una società con una filosofia a cavallo tra l'anarchia hacker e il business della Silicon Valley.

L'idea è di accoppiare la straordinaria forza del "peer to peer", vale a dire lo scambio di prodotti tra "pari", con l'utopia di una economia della Rete, parallela a quella reale. Ossia, come dice lo stesso McCoy, di realizzare "un qualcosa a metà tra Napster e eBay". Ma con caratteristiche tali da diventare inattaccabile da parte delle forze dell'ordine e sicuro per chi ne fa uso. Grazie a MojoNation è possibile infatti far circolare tra i membri della comunità i propri software (dagli mp3 ai video fino ai programmi di ogni tipo). Quasi gratuitamente. Quasi, perché il tutto funziona grazie a un sistema di micropagamenti (cioè l'equivalente di pochi centesimi di dollaro) per ogni transazione: una trovata che serve a scoraggiare gli scrocconi, quelli che cioè mettono a disposizione degli altri un paio di file di nessun interesse e poi invece prendono di tutto.

In realtà, gli scambi non sono in denaro. Ma in "mojo", una valuta che viene battuta solo su Internet ma che eventualmente - come hanno spiegato i creatori del software - può essere convertita in dollari. Ogni operazione è infatti retribuita in "mojo", che a loro volta possono essere spesi per scaricare nuovi file. Ma non solo. Chi mette a disposizione il proprio computer per farne un server (per ospitare cioè materiale messo a disposizione da altri), oppure mette a disposizione della comunità la propria velocità di banda, viene ricompensato in "mojo" extra.

Ma la caratteristica più esplosiva di MojoNation è di essere - stando almeno a quanto assicurano i suoi ideatori - a prova di censura. "Nessuno di noi ha un inventario di quello che transita sui nostri server", ha spiegato McCoy. "E nessuno può rimuovere quello che, anche di illegale, passa sui nostri server". Un argomento che difficilmente convincerà le severe autorità americane a non intervenire. Ma che è rafforzato da una serie di furbizie che rendono molto complicati i tentativi di attacco. Innanzitutto perché i materiali sono distribuiti anche su server che con l'azienda non hanno niente a che vedere, fra cui quelli degli utenti stessi. E poi perché il sistema è protetto da un sofisticato software di crittografia: ogni volta che qualcuno mette in Rete un file, questo viene spezzato in otto parti. Solo quattro di esse sono realmente necessarie per ricostruirlo. Le altre non servono a niente. E questo fa diventare molto difficile per eventuali inquirenti l'individuazione del "corpo del reato".

Ma la strategia degli autori di MojoNation non è di solo scontro. E per questo potrebbe essere vincente. La società ha infatti annunciato la disponibilità a collaborare con case discografiche e cinematografiche. Promettendo di girare a loro i micropagamenti, nel caso che accettassero di entrare nei sistema. "Quando il presidente della Sony verrà da noi - ha detto alla rivista Wired un baldanzoso Zooko Journeyman, nickname di uno dei programmatori di MojoNation - gli diremo che Napster o Gnutella non gli daranno mai niente. E lui dovrà scegliere se combatterli o morire. Oppure se unirsi a noi e prosperare".

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