Presentare un artista contemporaneo non è come la proposta di collaborazione occasionale per un'attività di lavoro autonomo. Il feeling travalica il traliccio burocratico: e nel caso di Giorgio Cattani si dipana nel segno della pazienza. Specie dopo i viaggi nelle Americhe a Cuba o nella foresta colombiana, l'artista ferrarese chiede che "il termine mansuetudine non sia visto come processo mentale a perdere, ma come parola che porti la forza del mite''.

Lungi da me

E la mansuetudine in lui si accoppia alla curiosità, per tutto e per tutti. Onnivoro sperimentatore post-Transavanguardia, Cattani oggi può ricevere stimoli nel contempo da Beuys e dai Maya, dai video-clip e dai Tuareg; da Elio e dallo Zen, ma altresì ammirare con tranquillità i dipinti del veneziano ottocentesco Lancerotto o i disegni novecentisti della misconosciuta Ciamarra.

Tutto quest'emporio figurale. e rielaborato dalla retina e dalla mente nella sua casa-tana di Ferrara, dove il "terre perse'' (e ritrovate) se ne intuiscono parecchie. Grandi quadri e piccoli disegni suggeriscono anzitutto il senso dell'architettura visiva: ma forme matematiche e solidi geometrici sono contrapposti a sfilacciamenti e al dripping, la lucida razionalità si scontra con l'estro incontinente. Spazi riquadrati, microcosmi segnici, caselle del villaggio globale sono posti nell'orizzonte illimitato del fondo della tela, spesso (apparentemente) incompiuto: il paziente Giorgio si ricorda della foresta amazzonica mentre mangia nei McDonald's posti dinanzi alle cattedrali romanico-gotiche della Padania sporcate dallo smog di Sironi.

 

Di terra

 

Quasi monocromatico, amante di tonalità beige e grigiosporco, Cattani costruisce la sua matematica spirituale talora in modo ironicamente poverista: ad esempio stampando fotocopie su rotoli di carta igienica, su una collana preziosa e rude al tempo stesso.

In un mondo plumbeo e industrializzato, formato da macerie e pozzanghere. nell'epoca dominata dalla riproduzione meccanica, vi è ancora il tempo per uno sberleffo. per l'urlo di uno sciamano, per un paziente osservare. Nell'odierna mostra milanese di Giorgio Cattani., questo si evidenzia anche nell'intrecciarsi della materia, nelle sovrapposizioni, nelle aperture e chiusure formali.

Terre arcaicizzanti per comporre tele finis millennii, collages auto-citazionisti, ossidi rugginosi, pigmenti non polverizzati, disegni non disegnati: l'anima mansueta ma contaminata di Giorgio si manifesta fortemente nelle sedimentazioni tecniche. Camminatore sull'oggi, come ama definirsi, il pittore vuole catturarne l'energia, il senso di transizione d'un mondo sospeso tra Medioevo e Fantascienza.

 

Reduce dalla"Officinottanta", egli abbina così i pianoforti a coda ( simboli erotico-vaginali anche secondo Avida Dollars) con i tori. Allusivi alla Natura che sta via via scomparendo. in viaggio estetico, antropologico e psicanalitico, che benissimo trasfigura gli archetipi. La ciotola tondeggiante da lui spesso dipinta è così la forma perfetta, cara a Giotto e a Piero, ma evoca ,anche l'acqua da bere, il desiderio più ricorrente nei viaggi nel deserto, il placido sorseggiare, la paura della siccità.

Stanco cammino

 

Inconsciamente, Giorgio Cattani è davvero l'ultimo degli etruschi ferraresi, di quei viaggiatori che risalivano il Delta del Po verso il porto di Spina. per smerciare a copiare ciotole e vasi decorati a figure rosse. Il viaggio nelle terre perse è iniziato da lì...

 

Lucio Scardino