1945-1989 LA GUERRA FREDDA
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Guerra fredda: ed il mondo ebbe paura La politica del terrore e ..... |
I protagonisti della Guerra fredda Problemi interni al blocco comunista |
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Guerra
fredda: ed il mondo ebbe paura “La
guerra fredda viene generalmente descritta come un gioco a vincita zero
nel quale il punteggio di un giocatore è pari alle perdite
dell’altro…Sarebbe però più realistico vedere il sistema della
guerra fredda come una macabra danza di morte nella quale i governanti
delle superpotenze mobilitano le proprie popolazioni per avere il
consenso su misure dure e brutali rivolte contro vittime all’interno
di quelle che vengono considerati i rispettivi domini, nei quali stanno
progettando i loro progetti. Appellarsi alla presunta minaccia
di un potente nemico globale ha dimostrato essere un utile strumento a
questo scopo…Quando gli USA si muovono per rovesciare il governo
dell’Iran o del Guatemala o del Cile … lo fanno con il nobile scopo
di difendere i popoli liberi dall’imminente minaccia russa .Nello
stesso modo l’URSS manda
i suoi carri armati a Berlino est , in Ungheria , a Praga …per il più
puro dei motivi : difendere il socialismo e la libertà dalle
macchinazioni dell’imperialismo americano e delle sue coorti “ .
Il 1945 anno della fine della
II guerra mondiale ha segnato l’inizio di un’epoca definita l’età
delle super potenze , dominata dalla presenza e dalla concorrenza di due
grandi blocchi politico-economico-militari entrambi in grado di
distruggere l’avversario e con esso la vita di tutto il pianeta.
Fortunatamente lo scontro politico ed ideologico non degenerò mai in un
conflitto militare aperto : per questo il dopo guerra viene generalmente
denominato come il periodo della guerra fredda . Gli
anni della G.F. sono stati segnati da una tensione continua ,da guerre
locali definite “ guerre per delega “, in quanto combattute dagli
alleati degli USA e dell’URSS , e dalla corsa agli armamenti . L’
inizio della G.F. viene fatto risalire alla conferenza di Yalta , dove
“ I tre grandi “ Churchill , Roosevelt
e Stalin , decisero le sorti del mondo che usciva dalla guerra .
In termini brutali ,ci fu una vera e propria spartizione del mondo tra
USA e URSS. I
protagonisti della guerra fredda URSS:
L’URSS uscì dalla II guerra mondiale notevolmente provata : 18
milioni di morti , molte città distrutte e tutte le sue regioni europee
invase dalla Germania . Riuscì comunque ad affermarsi a livello
mondiale grazie alla forza del suo grande esercito ( “ l’armata
rossa “ ) , grazie alla ferrea disciplina imposta da Stalin e
grazie allo sfruttamento dei territori occupati. Fin dal 1945 , infatti , l’URSS avviò una politica di sfruttamento sistematico dei paesi occupati , volta a ricostruire e accelerare lo sviluppo del sistema industriale sovietico. Vennero quindi imposte pesantissime riparazioni agli ex alleati della Germania ( Ungheria , Romania e Bulgaria ) costretti a cedere risorse finanziarie , derrate agricole , macchinari e mezzi di locomozione. Interi complessi industriali , un tempo controllati dai tedeschi , vennero inoltre smantellati e ricostruiti su territorio russo. Il
suo potere derivò inoltre dal grande appoggio di tutti i partiti
comunisti del mondo e dalle speranze di indipendenza che essa alimentava
in tutti i paesi ancora soggetti al regime coloniale. In
Europa orientale , la massiccia presenza dell’armata rossa anche dopo
la fine del conflitto , determinò l’imposizione russa di governi
comunisti filo-sovietici ( e di conseguenza l’allontanamento forzato
dei dirigenti non comunisti ) e la conseguente collettivizzazione
dell’economia. Nel
1947 così si insediarono governi filo-sovietici in Polonia , Bulgaria ,
Ungheria e Romania , uniti tutti alla “ madre Russia “ mediante
organizzazioni politiche , COMINFORM
, economiche , COMECON e militari , Patto di Varsavia. Il
Cominform era una sorta di
riedizione della terza Internazionale ( che si era sciolta nel ’43
in omaggio all’alleanza antifascista ) , ed il suo scopo era
quello di coordinare l’ azione di tutti i partiti comunisti europei .
Fondato nel 1947 dai rappresentanti dei partiti comunisti dei paesi
dell’Europa orientale , di Francia ed Italia , Il Cominform
divenne lo strumento tipico della contrapposizione tra blocco comunista
e blocco occidentale .IL Cominform venne però sciolto nel 1956 con
l’avvio della politica di coesistenza pacifica avviata dal leader
sovietico Chruscev . Grazie
al COMECON invece, l’URSS si assicurò il controllo delle economie
dei paesi da lei occupati. Attraverso il “ consiglio di mutua
assistenza economica “ (COMECON) infatti, l‘URSS poté scegliere i
processi di produzione dei paesi satelliti in modo tale che questi
risultassero complementari a quelli russi. I tassi di scambio
all’interno dell’area del rublo, nonché la quantità ed i prezzi
dei beni scambiati furono quindi rigidamente controllati dal potere
sovietico. La
Russia così conobbe ben presto un rapido sviluppo: nei primi anni del
dopoguerra, la crescita produttiva sovietica fu notevole, con incrementi
medi del 10 % annuo. Il
Patto di Varsavia fu invece la
risposta sovietica all’ingresso nella Nato della Germania Federale. Esso
si configurò come organizzazione militare dei paesi comunisti
dell’Europa orientale e conferì alla Russia il comando di tutte le
forze militari dei paesi contraenti il trattato. Il
patto di Varsavia si sciolse soltanto nel 1991 in seguito al crollo dei
regimi comunisti nell’Europa orientale. USA:
Gli
USA uscirono dalla II guerra mondiale addirittura rafforzati; essi non
avevano, infatti, conosciuto né occupazione straniera né bombardamenti
e la loro capacità produttiva era notevolmente aumentata dato lo sforzo
fatto per rifornire di armi e di ogni altra merce i propri soldati in
guerra. Alla
fine della guerra gli USA si ritrovarono con la più potente marina e
aviazione militare del mondo e la sua supremazia militare era garantita
dal possesso della bomba atomica. Anche
nel campo economico la supremazia degli USA era indiscutibile, con la
conferenza di Breton Woods del 1944 infatti , poiché gli USA possedevano i due
terzi delle riserve aurifere mondiali ed era necessaria la ricostruzione
di un sistema monetario internazionale efficiente e stabile per la
ripresa della crescita degli scambi internazionali , fu deciso che di
tutte le monete internazionali , solo il dollaro avrebbe mantenuto la
convertibilità in oro diventando così la moneta chiave del sistema.
Gli scambi e i pagamenti internazionali sarebbero stati effettuati
unicamente in dollari e la valuta americana sarebbe divenuta moneta di
riserva in sostituzione dell’oro. Vennero
inoltre create due nuove istituzioni economiche internazionali : la
Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale con lo scopo di
agevolare con prestiti lo sviluppo dei paesi più arretrati . Queste
istituzioni , nate per essere “ super partes “ dipendono però
principalmente dai finanziamenti USA e sono quindi largamente
influenzati dalla politica di Washington . Agli
occhi degli americani il fallimento delle democrazie europee , la
nascita dei regimi fascisti , dei vari nazionalismi e della stessa
catastrofe bellica erano il frutto della mancata risoluzione dei
problemi finanziari creati dalla I guerra mondiale . Solo l’
affermazione della libertà di commercio su scala mondiale e lo sviluppo
della cooperazione internazionale avrebbero potuto assicurare la pace e
la democrazia . Gli USA si proclamarono allora promotori di
quest‘ideale e lo dimostrarono attuando il cosiddetto “ Piano
Marshall “ . Il
Piano Marshall consisteva
nella concessione agli stati europei di prestiti a basso interesse o a
fondo perduto , nella fornitura di massicci aiuti in beni alimentari e
materie prime e soprattutto nel rinnovamento tecnico delle imprese
europee attraverso l’introduzione di macchinari , tecnologie e
tecniche di produzione più moderne .
Il piano Marshall che
all’inizio era piuttosto vago assunse ben presto dimensioni
considerevoli : dal 1948 ( anno del suo inizio ) al 1957 ( anno della
conclusione ) esso portò allo stanziamento di ben 13 miliardi di
dollari . Esso d’altra parte permise agli USA di influenzare la
condotta economico-finanziaria dei paesi assistiti e di favorire gli
investimenti esteri americani . IL
piano Marshall inoltre , creando un forte legame tra USA e Europa
occidentale , si poneva come forte baluardo contro le mire
espansionistiche sovietiche in Europa . Fu per questo dunque che quando
gli americani offrirono i loro aiuti anche a Cecoslovacchia e Polonia ,
fu lo stesso Stalin ad intervenire e ad imporre ai governi di Varsavia e
di Praga di rifiutare l’offerta americana . La
solidarietà politica tra Usa ed Europa si riaffermò poi nel 1949 con
l’alleanza politico-militare del Patto Atlantico che ebbe il suo
strumento bellico nella NATO ( North Atlantic treaty Organization ) cui
aderirono 12 paesi . La
Nato era una alleanza con dichiarato carattere
difensivo , ma il suo sorgere confermò comunque una netta divisione
dell’Europa occidentale da quella orientale. Questa divisione fu
confermata nel 1955 quando i paesi del blocco comunista opposero alla
NATO una loro alleanza militare , IL Patto di Varsavia , che istituiva a
Mosca il comando supremo delle forze armate di tutti i paesi a lei
alleati. Era dunque calata quella “ cortina di ferro “ di cui
Churchill aveva parlato già nel 1946. Non
tutte le nazioni però avevano accettato di allinearsi con uno dei due
blocchi e avevano preferito restare neutrali e conservare i propri
orientamenti tradizionali nella politica estera e le proprie strutture e
istituzioni di governo. Tra
i “ non allineati “ europei il più importante fu la Yugoslavia di
Tito che nel 1948 , vista la scarsa presenza
dell‘armata rossa sul suo territorio , arrivò ad una rottura
definitiva con l’URSS per quanto riguardava le relazioni economiche e
militari , aderendo invece al piano Marshall e intensificando gli scambi
con l ‘ occidente . Si proclamò quindi repubblica federale e concesse
ampie autonomie alle sue sei regioni . In questo modo dunque , La
Yugoslavia si pose come cuscinetto neutrale tra Est ed Ovest .
Di
matrice soprattutto americana, fu anche l’ispirazione di base
dell’organizzazione delle nazioni unite –ONU-, creata nella
conferenza di S.Francisco in sostituzione della screditata Società
delle Nazioni, con l’obbiettivo di salvare le generazioni future dal
“flagello della guerra” e di impiegare “strumenti internazionali
per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli”. La
struttura organizzativa venne articolata attorno a tre organismi
principali: il segretariato generale, con funzioni amministrative,
l’assemblea generale, col potere di adottare a maggioranza semplice
risoluzioni che però non sono vincolanti ma hanno solo valore di
raccomandazione ed il consiglio di sicurezza. Quest’ultimo si compone
di quindici membri ed ha il potere di produrre decisioni vincolanti per
gli stati ed ha il potere di adottare misure che possono arrivare anche
all’intervento armato. Dei
quindici membri del consiglio di sicurezza, le cinque massime potenze
vincitrici della seconda guerra mondiale sono membri permanenti con
diritto di veto, mentre gli altri dieci vengono eletti a turno tra gli
altri stati. Con
l’evolversi del processo di contrapposizione dei due blocchi, l’ONU
restò schiacciata dallo scontro tra USA e URSS ed il suo potere venne
notevolmente ridimensionato. In molte delle più spinose questioni
internazionali, l’ONU venne sistematicamente scavalcata dalle
decisioni delle grandi potenze. La
politica del terrore e la corsa agli armamenti Nel
1945 il primato atomico americano finì. Fu proprio questo infatti,
l’anno in cui l’URSS riuscì a costruire la sua prima bomba atomica.
LA fine del monopolio atomico
americano colse di sorpresa i governi occidentali e mutò radicalmente
le prospettive delle relazioni internazionali. Improvvisamente
lo scontro ideologico e politico sembrò potersi trasformare in un
aperto conflitto nucleare. Tutti
gli uomini e le donne a Ovest come ad Est avevano la sensazione di una
imminente catastrofe e ciò rendeva ancora più difficile i rapporti tra
i due blocchi. Le
tecnologie cui si era arrivati da ambo le parti, infatti, erano tali da
potersi annientare istantaneamente a vicenda. Paradossalmente
però, la consapevolezza dell’enormità del potenziale distruttivo
delle armi accumulate da ambo le parti, impedì di fatto lo scoppio di
un conflitto nucleare aperto. Tale fenomeno prese il nome di politica
della “ deterrenza “. Nel
1952 intanto, gli USA riconquistarono la supremazia nucleare con la
costruzione della prima “ bomba
H “, la bomba all’idrogeno, che aveva una potenza distruttiva
mille volte superiore a quella della bomba di Hiroshima. Pochi
mesi dopo i sovietici ottennero gli stessi risultati. Nessuno
dei due paesi aveva però interesse a combattere una guerra nucleare sul
proprio territorio e perciò un eventuale scontro diretto si sarebbe
potuto svolgere soltanto in Europa, vista la sua posizione strategica e
viste le ancora insufficienti tecnologie per il trasporto delle bombe di
cui disponevano i due blocchi. Conseguenza
di questo fu il fatto che i paesi europei membri della NATO affidarono a
Washington ogni decisione sulla loro difesa. La
corsa agli armamenti era ormai cominciata. Sia
USA che URSS cominciarono a investire gran parte dei loro capitali nella
ricerca e nella costruzione di armi sempre più nuove e più potenti. Gli
USA ,comunque, mantennero sempre una certa superiorità tecnologica,
superiorità che venne seriamente minacciata nel 1957 con la messa in
orbita da parte dei sovietici dello “ Sputnik “ . Lo
Sputnik era il primo satellite
artificiale in orbita attorno alla terra , ma la sua importanza, agli
occhi degli occidentali, consisteva soprattutto nel fatto che ora i
sovietici avrebbero potuto disporre
di propulsori in grado di lanciare missili dal suolo russo
direttamente sul territorio americano. In
risposta allo Sputnik gli USA lanciarono nel 1958 il loro primo
satellite orbitale : l’ Explorer. Nel
1961 seguirono all’Explorer i primi missili intercontinentali
americani : gli Atlas , cui si aggiunsero poi i primi sottomarini a
propulsione nucleare, non intercettabili ed in grado di restare in
immersione per parecchi mesi, percorrendo migliaia di chilometri. Dal
’45 agli anni ’90, sono state costruite più di 130 mila testate
nucleari , 75 mila dagli americani, 55 mila dai russi. Secondo
una stima pubblicata nel 1995 nel “ Bullettin
of the atomic scientists’ “, gli USA da soli hanno speso dal 1940 ad
oggi circa 3900 miliardi di dollari per i loro programmi nucleari.
L’URSS probabilmente spese una cifra confrontabile il che, insieme con
le spese delle potenze nucleari “minori” ( Francia, Gran Bretagna,
Cina, Israele, India e Pakistan ), porta la spesa complessiva a qualcosa
nell’ordine dei 9000 miliardi di dollari ( equivalente a nove volte il
PIL annuo attuale italiano ). Un
esempio significativo della distorsione economica e sociale prodotta
dalla corsa agli armamenti è stata la creazione in Russia di intere
città chiuse al mondo esterno e dedicate alla produzione di materiale
fissile e di altri prodotti per le armi nucleari. La popolazione totale
di queste città chiuse ha superato le 700 mila unità. “
Le armi nucleari costituiscono dunque un fenomeno unico nella storia
dell’umanità : mai così tante energie sono state dedicate allo
sviluppo, alla produzione e all’installazione di sistemi d’arma che,
per circa 50 anni sono stati solo accumulati senza mai essere
utilizzati.” ( Paolo Cotta ). Il
Mondo tra spie e “ caccia alle streghe “ A
est come a ovest, la propaganda politica anticomunista da una parte,
dall’altra la condanna del capitalismo di cui si prevedeva il prossimo
declino, assunse una posizione di grande rilievo. In
entrambi i blocchi , paure irrazionali e cecità politica sfiorarono il
fanatismo. Problemi
interni al blocco occidentale : Ad
Ovest, e soprattutto negli USA , potenti interessi industriali premevano
affinché le spese militari fossero incrementate. Al
nome del senatore americano McCarthy, sono legate pesanti misure
repressive che portarono all’estromissione dal pubblico impiego tutti
i sospetti simpatizzanti comunisti ( una vera “ caccia alle streghe
“)e alla repressione delle minoranze, a partire dai neri,
potenzialmente sovversive. Per alcuni anni fu addirittura vietata la
proiezione dei film di Chaplin rei di tendenze filo comuniste. Tale
fenomeno prese appunto il nome di “ Maccartismo
“. Quasi ad emblema di quegli anni, è rimasta la condanna a morte
e l’esecuzione di due
innocenti, i coniugi Rosenberg, accusati di spionaggio a favore dei
sovietici. In
Germania occidentale inoltre, gli alleati abbandonarono ben presto i
loro programmi di denazificazione e adottarono una silenziosa politica di
reintegrazione degli ex collaboratori del regime nazista in modo tale da
poterne sfruttare le conoscenze contro il nuovo pericolo comunista. Un
caso eclatante fu l’accoglienza che gli americani riservarono
all’ingegner Werner von Braun, l’inventore dei famigerati V2, i
missili con i quali Hitler aveva bombardato Londra durante la II guerra
mondiale. Nel
caso in cui inoltre, partiti comunisti o comunque filo sovietici fossero
saliti al potere nei paesi del blocco occidentale, gli americani
avrebbero provveduto al sabotaggio di tale governo ( mediante
organizzazioni di spionaggio come la Cia ) avvalendosi anche, se necessario, dell’uso delle armi ( come
accadde ad esempio a Panama ). In Germania il partito comunista venne
posto fuorilegge, mentre in Gran Bretagna, Francia e Italia i partiti
comunisti presero il sopravvento. Problemi
interni al blocco comunista: Nel
blocco orientale, i partiti comunisti, persino laddove erano in
maggioranza, mortificarono la loro egemonia imprigionandola in forme di
governo autoritarie, povere di dialettica politica, criminalizzando le
manifestazioni di dissenso, dietro le quali si sospettava l’esistenza
di trame destabilizzatrici “capitaliste”. Per
quasi un decennio, si sgranò un’interminabile serie di processi
contro oppositori interni veri o presunti tali, non di rado le
confessioni estorte a vittime innocenti furono funzionali alla lotta
politica interna agli apparati politi comunisti. Ogni
tentativo di riforma fu duramente represso . Fulgido
esempio ne furono gli scontri avvenuti a Budapest nel 1956. Le
frange comuniste più democratiche, attraverso l’insurrezione
popolare, riuscirono ad imporre un nuovo governo guidato da Imra Nagiy,
il quale si staccò dal patto di Varsavia proclamando la neutralità
dell’Ungheria. Le
truppe sovietiche presenti sul territorio furono costrette ad uscire dai
confini ungheresi. Cogliendo
il pretesto dell’incapacità del Governo Nagiy di far fronte ai
tentativi di controrivoluzione in atto, Kadar, Segretario del Partito,
egli pure antistalinista ed inizialmente favorevole a Nagiy, costituì
un uovo governo; una delle prime misure fu la richiesta di intervento
delle truppe del Patto di Varsavia che soffocarono nella violenza il
tentativo di liberalizzazione del socialismo ungherese. Nel
1968 inoltre ci fu la famosa “primavera
di Praga” “Non
erano la Cina di Mao né la Cuba di Castro, i modelli e i simboli che
mobilitarono le masse cecoslovacche, ma il maturo convincimento che era
necessario andare avanti nell’umanizzazione della società: questo era
l’aneddoto bruscamente interrotto dopo il 1968; combattevano per
mettere l’uomo al centro della Società e non certo interessi del
capitale o del partito”. Tutto
cominciò nel gennaio del ’68 quando il nuovo segretario del Partito
Comunista Dubcek cercò di rinnovare il sistema economico e politico del
suo Paese. Egli si proponeva di affermare un socialismo più aperto
rispetto agli altri socialismi dell’epoca. C’era voglia di
giustizia, libertà e democrazia e per questo si accettò la presenza di
nuovi partiti e si incentivò la libertà di stampa e di opinione. Grazie
a questo nuovo socialismo dal volto più umano la Cecoslovacchia conobbe
un periodo di grande fermento intellettuale, anche se le proposte
governative non vollero mari mettere in discussione la posizione del
Paese all’interno del Sistema Sovietico. L’URSS
però preoccupata degli effetti contagiosi che questa nuova situazione
avrebbe potuto portare negli altri Paesi del blocco, decise di inviare
in Cecoslovacchia le proprie truppe. Il
21 agosto del ’68 truppe sovietiche entrarono a Praga, arrestarono
prima e isolarono politicamente poi
dirigenti del Governo e gran parte degli intellettuali che lo
avevano appoggiato. Reinstallarono poi un Governo comunista di stampo
tradizionale. Questa
azione contribuì ulteriormente all’appannamento dell’immagine
dell’URSS. Essa infatti venne duramente contestata da gran parte dei
partiti comunisti del mondo. La
politica estera dei due blocchi Il
fenomeno della “deterrenza” ebbe come conseguenza lo spostamento in
zone periferiche della conflittualità che esisteva tra i due blocchi. Iniziò
così, alla fine degli anni ’40 una serie interminabile di conflitti
locali dietro i quali si collocavano più o meno visibilmente le due
superpotenze. Uno
dei conflitti che più fece restare il mondo col fiato sospeso fu la
guerra in Corea.
La Corea era divisa, a livello
del 38° parallelo, tra un nord legato geograficamente, economicamente e
politicamente a URSS e Cina e un sud proiettato verso il non lontano
Giappone e area fondamentale per la strategia militare americana. Nel
giugno del 1950, le forze nord coreane armate dai sovietici invasero il
sud del paese. Di
fronte a quella che appariva una clamorosa conferma delle mire
espansionistiche sovietiche, gli USA reagirono inviando in Corea un
forte contingente militare mascherato sotto la bandiera dell’ONU. Gli
americani riuscirono a respingere i nord coreani e a oltrepassare
addirittura il 38° parallelo. A
questo punto però, sentendosi minacciata, intervenne nel conflitto
anche la Cina di Mao in difesa dei comunisti, inviando un massiccio
corpo di “volontari”. Le forze comuniste riuscirono così a
rientrare nuovamente nei territori del sud. Le
forze americane, sotto il comando del generale Mc Arthur, furono tentate
di usare nuovamente la bomba atomica, ma per il timore di un conflitto
mondiale nucleare non se ne fece nulla. Nell’aprile
del ’51 Truman accettò di aprire le trattative con la Corea del Nord.
I negoziati si trascinarono a lungo concludendosi solo nel ’53 con il
ritorno alla situazione precedente alla guerra ( confine lungo il 38°
parallelo ). Con
la guerra di Corea, gli USA accrebbero la loro sensibilità verso le
minacce espansionistiche sovietiche nel Pacifico e rafforzarono quindi i
legami militari con i loro alleati asiatici ed europei. All’inizio
del 1959, un movimento rivoluzionario guidato da Fidel Castro ed Ernesto
“Che” Guevara, poneva fine alla dittatura di Fulgenico Batista,
sostenuta dagli americani. Il
progetto di Castro si proponeva una politica di riforme di stampo
popolare ma le ostilità dimostrate dagli USA nei confronti della
rivoluzione, spinsero Cuba a stringere rapporti sempre più stretti con
la lontana Russia. Il
I dicembre ’61 Cuba si dichiarò repubblica democratica socialista. La
Russia diventò il principale partner economico di Cuba e tutte le
imprese dell’isola vennero nazionalizzate. All’inizio
del suo incarico, il presidente americano Kennedy tentò di soffocare il
regime socialista cubano sia boicottandolo economicamente ( l’embargo
contro Cuba è ancora in vigore )sia appoggiando i gruppi di esuli
anti-castristi che tentarono nel 1961 di sbarcare nella “baia dei
porci” per raggiungere l’Avana e rovesciare il regime castrista. L’azione
però fallì miseramente soprattutto grazie al mancato appoggio del
popolo agli anti-rivoluzionari. Nella
tensione così creatasi, si inserì l’Urss che non solo offrì ai
cubani assistenza economica e militare, ma iniziò l’installazione
sull’isola di basi per il lancio di missili nucleari. Gli USA
scoprirono ciò solo nel ’62 e Kennedy ordinò subito un blocco navale
attorno a Cuba per impedire che navi russe raggiungessero l’isola. Per
sei terribili giorni ( 16-21 ottobre )il mondo fu nuovamente vicino ad
un conflitto atomico ma alla fine il primo ministro russo Krusciov
cedette e si accordò con Kennedy per il ritiro dei missili in cambio
dell’impegno americano a non invadere l’isola. Una
delle conseguenze della II guerra mondiale fu l’emancipazione dei
popoli colonizzati. Gli anni fra il 1947 e il 1962, videro compiersi,
spesso con violenti contrasti, la dissoluzione degli imperi coloniali di
Gran Bretagna, Francia, Belgio e Olanda. In
particolare l’Indocina, dove movimento di liberazione guidato dal capo
comunista Ho-Chi-Minh si oppose al ritorno della Francia dopo la fine
della guerra, la lotta fu dura e sanguinosa. Il
conflitto che ne seguì si protrasse per otto anni ( ‘46-‘54 ) e
alla fine la Francia dovette abbandonare le sue colonie in Asia. L’Indocina
venne smembrata tra gli stati di Laos, Cambogia e Vietnam.
Quest’ultimo venne
ulteriormente diviso tra Vietnam del nord, retto da un regime comunista,
e Vietnam del sud, governato da un regime dittatoriale sostenuto dagli
USA. Dopo
il 1954 la situazione tra i due Vietnam si fece molto tesa. Nel
sud tra ’57 e ’59, si organizzò un movimento di guerriglia - i
“Vietcong” - contro la dittatura, guerriglia che venne appoggiata
dal governo comunista del nord ( e quindi anche da URSS e Cina ). Ne
nacque una sanguinosa guerra civile in breve tempo complicata
dall’intervento militare degli USA nel sud del paese. Nonostante
l’impiego di ingenti forze terrestri e aeree ( specialmente durante la
presidenza Jhonson ), gli americani non riuscirono a risolvere il
conflitto con la forza e la lotta si trascinò per anni, fino al 1974
quando, in seguito ad una grande offensiva lanciata dai nord vietnamiti,
l’intero paese cadde nelle mani dei comunisti. Il
conflitto, che alla fine si risolse dunque con la sconfitta degli
americani, aveva conosciuto, durante tutto il periodo del suo
svolgimento, una fortissima opposizione da parte dell’opinione
pubblica sia di sinistra che di destra. I
motivi della guerra, infatti, secondo l’opinione pubblica non erano
sufficienti a spiegare gli altissimi costi economici ma soprattutto
umani del conflitto. Senza contare poi che essa apparve a molti come una
guerra ingiusta (“una sporca guerra”) perché contraria al diritto
di auto determinazione dei popoli. Gli
uomini della coesistenza pacifica Tre
uomini, soprattutto, diedero consistenza alle prospettive di coesistenza
pacifica tra i regimi di tipo borghese e di tipo comunista: il sovietico
Kruscev, il neo presidente americano Kennedy e Giovanni XXIII papa dal
1958. Nel
1953 Stalin era morto e con la sua morte iniziarono a dissolversi, pur
tra numerose contraddizioni, quel clima cupo, quella rigidità
burocratica, quella pesantezza ideologica che avevano connotato la
politica del segretario generale del PCUS ( partito comunista russo ). Nikita
Kruscev impresse una vigorosa spinta alla politica di
riapertura e delle riforme. In quegli anni il Cremlino avviò una certa decentralizzazione delle decisioni economiche, privilegiò lo sviluppo dell’industria produttrice di beni di consumo rispetto a quella pesante. In
sostanza, Kruscev volle
interpretare il confronto tra i due blocchi soprattutto in chiave di
competizione economica fra i due sistemi: la vittoria sarebbe andata a
quella capace di assicurare al popolo il più alto grado di benessere e
di giustizia sociale. Kruscev
ebbe anche il coraggio di denunciare al mondo intero, durante il XX
congresso del PCUS del ’56 gli errori e i crimini commessi dal suo
predecessore Stalin:” Compagni! Il culto della personalità ha causato la diffusione di
principi errati nel lavoro del partito e nell’attività economica, ha
portato alla violazione delle regole della democrazia interna al partito
e dei soviet …,a deviazioni di ogni sorta che dissimulavano le lacune
e coprivano la verità”.Grazie a Kruscev il clima culturale in
URSS si fece più vivace. John Fitzgerald Kennedy, successore di Eisenhower, fu il più giovane presidente degli USA e fu anche il primo cattolico a entrare alla Casa Bianca. In
politica interna, Kennedy avviò un forte incremento della spesa
pubblica destinata in parte a programmi sociali, in parte alle
esplorazioni spaziali e in parte alla reintegrazione raziale di quegli
stati del sud che ancora praticavano forme di discriminazione contro i
neri. La
politica estera di Kennedy fu caratterizzata da una linea ambivalente,
da una parte vi fu un atteggiamento di apertura e disponibilità al
confronto dialettico con l’URSS, dall’altra però rimase una ferrea
intransigenza per quanto riguardava gli interessi americani nel mondo. La
questione di Cuba fu un chiaro esempio di questo nuovo clima che seppur
teso si risolse col ritorno al dialogo. Giovanni
XXIII, papa dal 1958, ebbe il merito rinnovare
l’atteggiamento sociale e la politica intrenazionale della chiesa e
favorì, col Concilio Vaticano II, il riavvicinamento delle varie
religioni che si richiamavano alla predicazione cristiana. Con
l’enciclica “Pacem in terris” egli sostenne nel 1963
“l’imprescindibile necessità della pace per il cammino illuminato e
costruttivo della civiltà umana”. Quando
la II guerra mondiale finì, la Germania era ridotta da un enorme campo
di macerie. I
tedeschi erano come paralizzati dall’incubo del passato e dalle
insicurezze del futuro, sarebbero stati i vincitori della guerra a
decidere il loro futuro. La
volontà delle potenze vincitrici era di impedire alla Germania, una
volta per sempre, di diventare nuovamente una forza politica ed
economica che potesse trascinare il mondo in un'altra guerra mondiale. Il
primo compromesso cui esse arrivarono perciò fu di dividere la Germania
in quattro zone occupate ed amministrate da americani, russi, inglesi e
francesi. L’URSS
cominciò immediatamente a ricostruire la Germania secondo i suoi piani
di “riparazione”. Gli
americani invece, cominciarono ad organizzare aiuti per la Germania
secondo il piano Marshall, affinché questa potesse diventare
l’avamposto USA contro l’Unione Sovietica. Anche
la Germania diventò quindi oggetto della guerra fredda e non ebbe né
la forza né la possibilità di sottrarsi alla dominazione e alla
concorrenza delle due superpotenze. La
vita quotidiana dei tedeschi era dominata dalla fame e dalla miseria, i
soldi avevano perso qualsiasi valore ed i prezzi non si calcolavano più
in marchi ma in sigarette americane. Per
rafforzare economicamente i territori tedeschi da loro controllati,
americani, inglesi e francesi decisero di sorpresa di introdurvi una
nuova moneta: il nuovo Marco. Le
potenze occidentali però non si erano accordate con l’amministrazione
russa riguardo alla nuova valuta tedesca. In
risposta a ciò, i russi, nel luglio del ‘48(?), bloccarono ogni
accesso alla parte occidentale di Berlino controllata dagli ex alleati. Per
dieci mesi gli occidentali organizzarono allora un ponte aereo per
rifornire Berlino ovest di viveri e beni di prima necessità. Alla
fine i sovietici si arresero, ma avevano perso più di una battaglia:
gli USA ora erano diventati i garanti della sicurezza mondiale mentre i
sovietici cominciarono a perdere le simpatie internazionali nei loro
confronti. Il
blocco di Berlino fu il colpo di grazia per chi sperava ancora
nell’unità della Germania. Pochi mesi dopo la fine del blocco, furono
creati due stati tedeschi: la Repubblica Federale (RFT) ad ovest e la
Repubblica Democratica (DDR) ad est. La divisione era il prezzo che la
Germania doveva pagare per aver scatenato la più grande guerra che
l’umanità avesse mai visto. Nel
corso degli anni ’50 la Germania Ovest conobbe un fortissimo boom
economico, mentre la parte orientale faceva molta fatica a riprendersi. Per
tutti gli anni ’50 quindi centinaia di migliaia di persone,
specialmente giovani tecnici e laureati fuggirono dall’Est all’Ovest
aumentando così le difficoltà economiche della DDR. Nelle
prime ore del 13 agosto del ’61, le unità armate della DDR
interruppero tutti i collegamenti tra le due Berlino e costruirono un
muro insuperabile che attraversava tutta la città. Non
solo a Berlino, ma in tutta la Germania, il confine diventò una
trappola mortale. I soldati ricevettero l’ordine di sparare su tutti
quelli che cercavano di attraversare il confine. Negli anni a venire
quest’ultimo venne attrezzato con macchinari sempre più terrificanti:
mine antiuomo, filo spinato con corrente ad alta tensione ed addirittura
impianti che sparavano automaticamente su tutto ciò che si muoveva
attorno a loro. La
costruzione del muro, che diventò ben presto il simbolo della guerra
fredda, destò grande scalpore ovunque ma le reazioni del mondo politico
tedesco ed internazionale furono molto strane. La
costruzione del muro dopotutto era vista come una soluzione brutta ma
tutto sommato accettabile, vista la situazione creatasi a Berlino, che
negli anni precedenti era diventata sempre più instabile e pericolosa.
Quell’anno 1989 fu un anno drammatico
I
cambiamenti democratici, le piccole rivoluzioni nell’ economia e nella
politica in Polonia, in Ungheria e nell’URSS riempivano ogni giorno i
giornali di tutta Europa, una notizia sensazionale dall’Europa dell’
est seguiva l’ altra, solo nella DDR il tempo sembrava essersi
fermato. Visto che il tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest
equivaleva ancora ad un suicidio, la gente si inventò un’altra
strada. All’improvviso
Praga, Varsavia e Budapest diventarono le città più amate da molta
gente della DDR, ma non per la bellezza dei loro monumenti ma perchè
qualcuno aveva capito che le ambasciate della Germania Federale in
queste città, erano il territorio occidentale più facilmente
accessibile. Ma
il colpo decisivo all’esistenza della DDR avveniva anche questa volta
in un modo del tutto insolito e inaspettato. L’
Ungheria, che era forse il paese più avanzato per quanto riguarda le
riforme democratiche fece un passo che doveva portare in soli due mesi
alla caduta del muro di Berlino. Il
10 settembre aprì i suio confini con l’Austria. Decine
di migliaia di tedeschi dell’est erano già affluiti in Ungheria nei
giorni precedenti in attesa di questo evento, e le immagini della gente
che, ancora incredula e piangente, assisteva alla rimozione del filo
spinato tra Ungheria e Austria fecvero il giro del mondo. Il
governo della DDR aveva disperatamente cercato di impedire questa
dcisione, ma la prospettiva di una migliore collaborazione con
l’ovest, era per gli ungheresi era più importante dellla solidarietà
ideologica con la DDR. Nell’ottobre
del 1989 gli eventi nella DDR precipitarono. Sotto la pressione delle
manifestazioni di massa e del flusso sempre crescente di persone che
lasciavano il paese, molte amministrazioni comunali si sciolsero e
furono sostituite da organi ai quali partecipavano per la prima volta
anche gruppi di opposizione. Quando
la sera del 9 novembre un portavoce del governo della DDR annunciò una
riforma molto ampia della legge sui viaggi all’estero, la gente di
Berlino est la interpretò a modo suo: il muro doveva sparire. Migliaia
di persone stavano all’est davanti al muro, ancora sorvegliato dai
soldati, ma migliaia di persone stavano aspettando anche dall’altra
parte del muro, all’ovest, con ansia e preoccupazione.
Nell’incredibile confusione di quella notte, qualcuno ,e ancora oggi
non si sa esattamente chi sia stato, aveva dato l’ordine ai soldati di
ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall’est e
dall’ovest, scavalcando il muro, si inconravano per la prima volta
dopo quarant’anni. Il muro era caduto ma esistevano ancora due stati
tedeschi, due stati con sistemi economici e politici completamente
diversi. Tutta l’organizzazione della vita pubblica era diversa.
Adesso la libertà tanto a lungo desiderata c’era, mancava però il
benessere e la gente dell’est non voleva più aspettare: infatti, dopo
la caduta del muro il flusso dall’est all’ovest non diminuì, ma
anzi aumentò. Dopo le prime elezioni nel marzo 1990 la DDR aveva
finalmente un governo democraticamente legittimato, ma la fiducia
nel proprio stato stava scendendo a zero. Si diffondeva uno stato di
quasi anarchia e l’economia stava crollando verticalmente. Nella DDR
cominciò a regnare il caos. Dopo pochi mesi
la riunificazione non era più una possibilità, ma una necessità,
era diventata l’unico modo
per fermare il degrado dell’est. Ma riunire due stati non è così
facile e nel caso della Germania si doveva considerare
anche il fatto che la DDR faceva ancora parte di un sistema di
sicurezza militare e di
un’alleanza con l’Unione Sovietica e che anche la Germania Federale
a questo riguardo non poteva agire senza il consenso degli ex-alleati
della Seconda Guerra Mondiale. Questo rendeva la riunificazione un
problema non solo nazionale ma
internazionale e solo dopo trattative non facili tra USA, URSS, Francia
e Gran Bretagna e dopo il “sì” definitivo di Gorbaciov, la strada
per la riunificazione era
libera. Il 3 ottobre del 1990, i due stati non furono riuniti, ma uno
dei due stati, cioè la DDR, si auto scioglieva e le regioni della DDR
furono annesse in blocco
alla Repubblica Federale. Nessun
politico dell’ovest può reclamare alcun merito concreto per quanto
riguarda gli eventi che portarono alla riunificazione. Gli unici
politici che in un certo modo hanno contribuito a iniziare o ad
accelerare il processo della riunificazione della Germania erano
Gorbaciov, che con la sua politica ha reso possibile tutto quello che
successe, e il governo dell’Ungheria, che nell’agosto dell’89
prese la coraggiosa decisione di aprire i confini con l’Austria e con
ciò diede inizio a una valanga inarrestabile che portò in pochissimo
tempo alla caduta del muro di Berlino. “Oggi,
nel 1997, la Germania è ancora molto lontana dall’essere un paese
veramente unito. Era divisa per 40 anni, e non è del tutto escluso che
passeranno altri 40 anni prima che le ultime ferite del passato siano
chiuse e dimenticate.” “Vento
di cambiamenti” in URSS Il ventennio che va dal
1965 al 1985, in Unione Sovietica, fu un periodo di conservatorismo
politico di "stagnazione", come dirà poi Michail Gorbaciov,
vi era una situazione di totale immobilità. A partire da Breznev si
erano tenuti orientamenti rigidamente conservatori, perchè c'era la
convinzione che il sistema sovietico non fosse riformabile. La crisi
dell'URSS ed il suo
indebolimento sulla scena internazionale erano
così evidenti che, il 12 marzo 1985, M.Gorbaciov fu nominato
Segretario Generale del PCUS con il compito preciso di portare una
ventata di rinnovamento al sistema. Pertanto, una volta insediatosi,
sulla base di una situazione che richiedeva soluzioni immediate e
radicali, decise che era necessario uno sforzo a livello nazionale:
bisognava cambiare il regime di accumulo ed il metodo di controllo
economico, si doveva raccogliere la sfida estera, liberare l'economia e
la società dagli strascichi dello stalinismo,e del peso del sistema
amministrativo istituito negli anni '30. La riforma doveva arrivare
dall'alto. Il gruppo dirigente lanciò quindi tre parole d'ordine:
GLASNOST (trasparenza); USKORENIE (accelerazione), appello ad
un'accelerazione dello sviluppo economico; infine PERESTROJKA
(ristrutturazione), che avrebbe portato alla destrutturazione ed alla
trasformazione del sistema sovietico. I concetti che si nascondevano
dietro le tre parole non erano nuovi; "quello che appare nuovissimo
e inedito è però il tentativo di coniugare simultaneamente, per la
prima volta all'interno dell'universo comunista, la perestrojka con la
glasnost: ovvero il riformismo economico, che il primo dei due termini
auspica e promette, con la liberalizzazione politica e civile alla quale
il secondo più ambiguamente allude"(Bettiza). La rivoluzione di
Gorbaciov cominciò da quella che, ancora oggi, rappresenta la maggiore
acquisizione dall'epoca di Stalin, ovvero la libertà di espressione.
Diventava perciò possibile avere ragione sul Partito, la cui parola
cessava di essere verità assoluta. La censura centralizzata iniziò ad
indebolirsi nel 1986, per ridurre il suo ruolo al controllo delle
informazioni sui segreti di stato. A partire dal 1989 venne permessa
anche la critica su Lenin. Questa trasparenza non aveva però portato a
miglioramenti concreti delle condizioni di vita. Dal punto di vista
economico gli anni della gestione Gorbaciov sono stati disastrosi,
infatti il livello di vita dei sovietici è andato sempre peggiorando,
togliendo credibilità agli occhi della popolazione alle numerose
riforme economiche ed al nuovo dispositivo giuridico. La perestrojka
sconvolse un'economia basata su coercizione e corruzione, inoltre la
mancata creazione di istituzioni giuridiche affidabili che fossero in
grado di garantire il diritto di proprietà e la stipulazione di
contratti regolari, che assicurassero la soluzione di contenziosi e
l'esecuzione delle decisioni, impedivano l'instaurazione del libero
mercato. Nonostante la rottura con i meccanismi dell'economia
pianificata degli anni '30, la "ristrutturazione" non seppe
fornire nuove regole del gioco, nè proporre ai lavoratori nuove
motivazioni. I cambiamenti in
politica estera attuati da M.Gorbaciov sono particolarmente
interessanti. Nel suo "Perestrojka, il nuovo pensiero per il nostro
paese e per il mondo", il Segretario teorizzava un nuovo pensiero
considerando i tre mondi (capitalista, socialista e terzomondista)
integrati ed interdipendenti tra di loro, nessuno poteva prevalere
sull'altro con mezzi militari: "Nel mondo contemporaneo,
interdipendente e sempre più omogeneo, è impossibile il progresso di
una società isolata dai processi mondiali per chiusura di frontiere e
per barriere ideologiche. Ciò riguarda tutte le società, comprese
quelle socialiste."(Gorbaciov). Lo scopo della nuova politica
estera era di ridurre la corsa agli armamenti, i cui costi erano
diventati insostenibili per l'URSS, oltre che ottenere crediti da parte
dell'Occidente finalizzati alla modernizzazione del paese. Furono quindi
definite tre linee d'azione fondamentali: l'attenuazione della tensione
Est-Ovest attraverso un disarmo negoziato con gli Stati Uniti e la
risoluzione dei conflitti regionali; l'intensificazione degli scambi
commerciali con l'estero; il riconoscimento dello status quo nel mondo
intero senza più privilegiare gli stati marxisti-leninisti. Gorbaciov
riuscì ad imporre la propria personalità sulla scena internazionale.
La rinnovata politica estera dell'Unione Sovietica, indirizzata verso la
pacificazione, fu sottolineata dal consenso accordato alla
riunificazione della Germania ed alla posizione assunta durante la
Guerra del Golfo. L’URSS
dopo il crollo del muro di Berlino I cambiamenti apportati
dalla glasnost e dalla perestojka di
M.Gorbaciov ebbero una grande influenza sui
rapporti tra l'URSS ed i suoi paesi satelliti. La volontà di
confinare la "ristrutturazione" del sistema socialista
esclusivamente all’interno delle Repubbliche Sovietiche si scontrò
con forti problemi economici e soprattutto politici, determinati
dall'incerto consenso popolare che reggeva i paesi comunisti dell'Europa
Orientale. L'URSS dovette rivedere in maniera radicale i propri rapporti
con i paesi dell'Est, che, a causa della crisi economica degli ultimi
anni, erano diventati un peso per la sua economia. Questi cambiamenti
superavano di gran lunga i piani della perestrojka. I sei paesi che componevano il blocco socialista
(Polonia, RDT,
Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria) assunsero posizioni
differenti nei confronti delle riforme di Gorbaciov. Da un lato Polonia
ed Ungheria dove governo e società erano determinati ad appoggiare il
leader del Cremlino, sapendo che le riforme sarebbero andate ben oltre
quelle tentate in Unione Sovietica. Dal lato opposto vi erano i governi
di Cecoslovacchia, Romania, bulgaria e RDT, che senza il consenso
popolare, avevano deciso di contrastare la perestrojka e tutte le eventuali riforme che potevano mettere in
pericolo la stabilità del loro sistema socialista. Conseguentemente
alle elezioni sovietiche del 1989 esplosero rivolte in quasi tutti i
paesi del blocco comunista, infatti ora che la patria del socialismo si
avviava a diventare un paese democratico, i regimi dittatoriali non
avevano più ragion d'essere all'interno del blocco. A partire dal
"crollo del muro di Berlino" le azioni di protesta nei paesi
dell'Europa Orientale si moltiplicarono, accelerando il moto
riformatore. In Cecoslovacchia un forte movimento di protesta guidato da
Vàclav Havel, in seguito alle numerose manifestazioni, presentò un
piano riformatore che il Partito fu
costretto a prendere in considerazione per cercare di salvare la
situazione. Alla fine del dicembre del 1989 V.Havel diventò il
presidente della Repubblica Cecoslovacca. A Bucarest la rivolta invece
fu molto violenta e portò
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