Au Pair, chi è partito racconta
Testimonianze



La brutta esperienza

"Come è stata la mia esperienza? Decisamente pessima. Non la consiglierei a nessuno"

Parola di Flavia G., 22 anni, studentessa iscritta al IV anno di Giurisprudenza nel primo Ateneo romano che tre anni fa è stata a Dublino come ragazza alla pari.

"Quando sono arrivata presso la famiglia che mi doveva ospitare –racconta- mi hanno detto che qualche giorno dopo la padrona di casa avrebbe dovuto partorire. Quindi per quindici giorni è stata in ospedale e io mi sono ritrovata praticamente tutta la famiglia a carico, che comprendeva due pesti di bambini. Dopo quei quindici giorni si è aggiunto anche il piccolino che era appena nato".

Quante ore dovevi lavorare a settimana?

"Lavoravo una media di 46 ore a settimana, con un giorno libero e picchi di anche nove ore al giorno. Ma il problema non erano tanto le ore, quanto le mansioni".

Cosa dovevi fare?

"La sguattera. La filippina sottopagata. Dovevo fare tutti i lavori di casa e quando avevo il pomeriggio libero era difficile incontrare altra gente visto che, anche se non te lo dicono mai, la famiglie spesso abitano fuori Dublino. Quindi ci mettevo molto tempo ad arrivare in centro e la paga settimanale spesso non bastava neanche per coprire il trasporto".

Quanto ti dava la famiglia ogni settimana?

"35 pound, più vitto e alloggio, anche se lì il pranzo non lo fanno".

Chi ti aveva messo in contatto con quella famiglia?

"Una mia conoscente mi aveva dato l’indirizzo di una scuola di inglese irlandese che organizzava questi soggiorni".

E se fossi partita tramite agenzia?

"Io l’agenzia l’ho solo saltata, ma molte mie amiche che erano nella mia stessa scuola erano venute tramite agenzia ed avevano i miei stessi problemi. Probabilmente io sono stata particolarmente sfortunata. Innanzitutto perché la mia famiglia era terribile. Poi anche perché, nonostante fosse previsto che, qualora non mi fossi trovata bene con la famiglia, la scuola avrebbe dovuto cambiarmela, in effetti non è andata affatto così. Sarebbe stata per la scuola una spesa ulteriore. Così ho preferito andarmene e continuare a lavorare a Dublino come cameriera. È vero che altre ragazze si sono trovate bene, ma tutto dipende dalla famiglia in cui si capita. Non è una questione di agenzia".

L’esperienza la ripeteresti?

"No. C’è un margine di rischio troppo alto".


La bella esperienza

"Certo che lo rifarei: a occhi chiusi. Non solo perché ho avuto occasione di imparare una lingua importante come l’inglese, ma soprattutto perché mi sono divertita".

E l’opinione di Giulia M., 20 anni, un’estate alle spalle trascorsa come ragazza alla pari in un paesino nel sud dell’Inghilterra".

Come ci sei arrivata in quel paesino?

"Tramite un annuncio su un giornale che parlava della possibilità di andare in Inghilterra ospiti di una famiglia, non pagando niente oltre al viaggio. In effetti mi ritrovai a parlare con un’agenzia che mi chiese di pagare 250 mila lire per mettermi in contatto con la famiglia. Però ne è valsa la pena".

Com’è andata?

"Se devo dirti la verità all’inizio ero molto perplessa, perché non sapevo molto bene l’inglese e quindi i primi giorni è stato difficile comunicare con i padroni di casa, anche perché la lingua che si parla vicino Portsmouth non è proprio quella di Oxford. Poi mi sono ambientata. Del resto la padrona di casa era molto comprensiva nei miei confronti. Tutti erano molto disponibili. Si è instaurato da subito un buon rapporto".

Quante ore dovevi lavorare ogni giorno?

"Prima di partire dall’Italia l’agenzia mi aveva detto che avrei dovuto lavorare dalle quattro alle sei ore al giorno. In realtà la situazione non era poi così rigida. Certo, dovevo dedicarmi alle faccende domestiche come stirare, lavare i piatti, cucinare, tenere i bambini, ma non era come un lavoro normale in cui si timbra il cartellino ad una certa ora e si va via ad un’altra. Quando c’era bisogno di pulire casa lo si faceva. Ma quando non serviva non dovevo rimanere per forza chiusa dentro. Vivevo un po’ come se fossi stata un membro della famiglia stessa, anche se con qualche compito in più. Per quei compiti in più in effetti ricevevo anche una paga settimanale"

Di quanto?

"Circa settantacinque mila lire"

Insomma una bella esperienza.

"Senza dubbio. Pensa che con la famiglia che mi ospitava sono ancora oggi in contatto, dopo più di un anno e mezzo. I bambini mi si erano affezionati particolarmente e mi chiedono spesso quando torno e se continuiamo le lezioni di chitarra che impartivo loro durante il mio soggiorno. Se tornerò in Inghilterra penso che andrò a trovarli".


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