17 luglio 2001
Una favola nera a lieto
fine
Si è chiusa la 31ma edizione del Festival di Santarcangelo. Tra le numerose
rappresentazioni il "Teatro da mangiare?" e la vicenda umana
di "Roccu u stortu" di Fulvio Cauteruccio.
Gianni Manzella - Santarcangelo
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e può essere un funerale che attraversa la piazza di Santarcangelo con
la banda in testa. Oppure può essere l'inizio travolgente di un inconsueto
spettacolo che si consuma seduti a una lunga tavola apparecchiata con la tovaglia
a quadrettoni e il pane fatto in casa. All'attacco dell'inno proletario partono
di corsa i primi piatti di portata mentre un'attrice cerca di sovrastare quasi
urlando il volume della musica. Racconta di quando, nel 1989, decisero di abbandonare
il teatro che facevano e se ne andarono a vivere nella campagna di una fredda
valle dell'Appennino, quasi per una volontà di espiazione politica e
artistica. Dove col tempo hanno messo su un'azienda e costruito la sala che
è il loro nuovo teatro. E intanto da un lato uno di loro tira la sfoglia
della pasta per le tagliatelle che con un sugo alle noci costituiranno il culmine
dell'evento. Teatro da mangiare.
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E Teatro da mangiare? come si intitola lo spettacolo delle Ariette, Paola
Berselli e Stefano Pasquini. Con quel punto interrogativo rivolto dubbiosamente
al teatro, non certo alle cose da mangiare buonissime preparate dagli artefici,
fatte con i prodotti da loro stessi coltivati. E il racconto del grano che diventa
farina, fra autobiografia e parabola di valori antieconomici, accompagna il
pasto della piccola comunità che si è creata intorno alla tavola.
Il teatro è nei gesti della loro cucina che scorre in parallelo a una
lettera o una canzone. Con l'ironia a temperare la tentazione del patetico che
affiora in qualche momento. E qualche momento di commozione vera.