Nella foto: La pineta del Melezzo, ad Arvogno
TORRENTE MELEZZO, ADDIO!
Ecco le nostre Osservazioni contro la costruzione
del primo dei due impianti idroelettrici
sul torrente Melezzo orientale,
che di fatto lo prosciugheranno
per nove mesi all'anno
6.8.03
ALL’UFFICIO
V.I.A.
PROVINCIA
VCO
Oggetto:
IMPIANTO
IDROELETTRICO SUL TORRENTE MELEZZO ORIENTALE NEI COMUNI DI TOCENO, SANTA MARIA
MAGGIORE E CRAVEGGIA
Presentato
all’Ufficio VIA della Provincia VCO dalla Ditta S.Andrea Desino di
Villadossola (VCO)
Data
di scadenza per le Osservazioni nella Fase di Verifica: 11.08.03
L’Associazione
Circolo Verbano di Legambiente, portatrice di interessi diffusi di tutela del
territorio, interviene con le seguenti Osservazioni nella
Procedura provinciale di VIA. Chiede all’autorità competente di essere
coinvolta ai sensi della LR 40/98, art. 9 c. 3, e comunque di presenziare
alle Conferenze dei servizi, di avere copia dei verbali e di essere informata di
ogni ulteriore passaggio amministrativo.
Presidente
Circolo Verbano di Legambiente
06/08/2003
La
seguente premessa contiene alcune considerazioni di carattere generale sul
problema ambientale creato dalle derivazioni idriche a scopo di sfruttamento
idroelettrico. Esse hanno per noi un valore generale e costituiscono documento
di riferimento fondamentale per tutte le Osservazioni che andremo a
proporre alle singole centraline idroelettriche sottoposte a
Valutazione di Impatto Ambientale nel VCO.
I
testi riportati sono stati scritti da Associazioni ambientaliste, ma anche da
esperti incaricati da Pubbliche Amministrazioni. A queste ultime chiediamo
coerenza con le loro proprie affermazioni. A fronte del numero sempre
crescente di domande di rilascio di concessioni per derivazioni idriche a
scopo di sfruttamento idroelettrico, è tempo che la questione venga
affrontata nella sua globalità, a livello di Pianificazione generale del
territorio. Tentare di gestire al meglio la questione, valutando l’impatto
ambientale di ogni singolo impianto idroelettrico, avulso da un contesto
almeno provinciale, significa consegnare il territorio alla speculazione.
Il
cosiddetto “oro bianco”, ovvero l’energia idroelettrica, è stato
fondamentale per lo sviluppo di tutta l’economia del nord Italia. Questo
ha giustificato interventi di notevole portata su tutto l’arco alpino per
la captazione e lo sfruttamento dei corsi d’acqua. Anche se si tratta
di una forma di energia considerata come rinnovabile, l’impatto a livello
paesaggistico e ambientale degli impianti idroelettrici è considerevole e
tutt’altro che transitorio. L’habitat che si crea attorno ad un corso
d’acqua conserva la sua importante valenza ecologica se si sviluppa come
continuum. Interruzioni e sbarramenti spezzano l’unità dell’ecosistema.
E’ sufficiente rendere artificiale un tratto di sponda per impedire le
dinamiche di comunicazione delle varie specie. Dighe e captazioni non
consentono di fatto la risalita delle specie ittiche, isolandone le comunità
e compromettendo le funzioni biologiche degli individui. Questi interventi,
oltre a ridurre fortemente l’apporto di materiale detritico e alluvionale,
compromettono notevolmente la portata idrica dei corsi d’acqua.
Secondo
uno studio della CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle
Alpi), pubblicato nel 1992, sulle Alpi il 79% dei corsi d’acqua ha un
equilibrio naturale compromesso dalla presenza di centrali idroelettriche e
l’82% presenta una qualità d’acqua carente o pessima.
M.
Tessaro, RSA nelle Aree Naturali Protette del VCO, Provincia del VCO,
Assessorato all’Ambiente, 2003
Tra
le fonti e le tecnologie disponibili, la scelta strategica di Legambiente è
rivolta a quelle che permettono di migliorare veramente la qualità della
vita degli abitanti di tutto il Pianeta, sia oggi, sia nei secoli a venire.
In
questo senso proponiamo di agire su due direttrici:
per
l’immediato:
una fonte virtuale (con le relative tecnologie) ad impatto ambientale
“negativo”, consistente nell’aumento dell’efficienza energetica in
ogni processo (coibentazione edifici, cogenerazione, agricoltura biologica,
trasporto collettivo, riciclaggio
dei prodotti, raccolta differenziata con riutilizzo delle materie, ecc.),
con un ottimo ritorno in termini economici ed occupazionali;
per
il futuro:
energia dal sole, attraverso i pannelli solari fotovoltaici, i collettori
solari termici, oppure l’edilizia bioclimatica;
l’enorme disponibilità dell'energia solare, unita al fatto che
essa si trova naturalmente distribuita in modo equo sull’intero pianeta,
oggi e nel futuro, sono caratteristiche che ne fanno una fonte ideale.
Per
quanto riguarda invece in particolare gli sviluppi dell’energia idrica (o
idroelettrica) in Piemonte, occorre considerare che il suo sfruttamento è
da anni giunto ad essere pressochè totale, tanto da non lasciar intravedere
significative possibilità di ulteriori impianti senza pesanti conseguenze
ambientali: se mai andranno razionalizzati e resi più compatibili con
l’ambiente quelli già esistenti.
Infatti,
lo sfruttamento dell’energia idrica, a fronte di caratteristiche molto
positive (sia dal punto di vista economico, sia da quello ambientale), quali
la totale rinnovabilità, l’assenza di produzione di scorie, fumi o CO2,
l’elevato rendimento della trasformazione da energia idrica ad energia
elettrica (80-85%), la relativa diffusione nella nostra regione, presenta un
non trascurabile impatto ambientale sugli ecosistemi fluviali, che tende a
divenire intollerabile a mano a mano che il prelievo diviene siginificativo.
L’impatto
ambientale è legato essenzialmente alla sottrazione dell’acqua dai corsi
d’acqua interessati e si manifesta con:
1.
distruzione
di flora e fauna e dei relativi habitat a causa della innaturale riduzione
dei regimi idrologici
2.
alterazione
della continuità del corso d’acqua, dovuta alle traverse ed alle opere di
presa, con conseguenze sulla fauna ittica e sul trasporto solido
3.
alterazione
della circolazione delle falde acquifere sotterranee
correlate al corso d'acqua superficiale, a causa della diminuzione di
portata e della intercettazione operata, anche nel sub-alveo, dalle traverse
4.
riduzione
della ossigenazione dell’acqua che passa nelle condotte e diminuzione
della capacità di autodepurazione a causa della riduzione dell’alveo
attivo
5.
peggioramento
della qualità delle acque nei tratti sottesi dalle captazioni,
a causa della riduzione della capacità di autodepurazione
6.
alterazione
del regime naturale stagionale del corso d’acqua
7.
alterazione
del paesaggio naturale
8.
impatto
delle opere di costruzione delle centrali e delle condotte
(disboscamenti, scavi, materiali di risulta, cementificazioni, ecc)
L’appetibilità
economica di un utilizzo spinto dell’energia idrica (idroelettrica) è
oggi artificialmente sostenuta da contributi pubblici per la costruzione e
l’esercizio delle centrali che, a parere di Legambiente, andrebbero invece
utilizzati a favore di fonti energetiche emergenti e prive di
controindicazioni ambientali come ad esempio la coibentazione o l’energia
solare, piuttosto che a sostenere una fonte energetica il cui sfruttamento
in Piemonte è ormai “giunto alla frutta”.
G.
P. Godio, Responsabile per le questioni energetiche di Legambiente Piemonte,
Scheda riepilogativa, 2000
1) I
torrenti ossolani non alimentati dai ghiacciai sono in secca per almeno
dieci mesi l’anno. Togliere la poca acqua fluente, nonostante i
cosiddetti deflussi minimi vitali, significa prosciugarli, distruggendo ogni
forma di vita, con effetti
irreversibili.
2) Il
D.M.V., deflusso minimo
vitale dovrebbe coincidere con la portata naturale del corso d’acqua dei
periodi di secca. Quelli fissati per legge sono assolutamente insufficienti
e per giunta difficilmente controllabili.
3) L’inevitabile
prosciugamento, come si può constatare nei torrenti con D.M.V. legali,
causa un accrescimento abnorme della vegetazione in alveo e, in occasione di
forti precipitazioni, ormai ricorrenti, provoca effetti diga ed onde di
piena catastrofiche.
4) La
funzione di tagliafuoco costituita dall’alveo bagnato, sgombro da
vegetazione, sarà annullata.
5) Nella
stagione invernale l’acqua residua può ghiacciare con pesanti
ripercussioni sull’ecosistema.
6) Nella
stagione estiva, la poca acqua fluente subirà un innalzamento della
temperatura, con riduzione dell’ossigeno disciolto e conseguenti
alterazioni degli equilibri ecologici (specie come la trota sono molto
sensibili in questo senso).
7) Anche
a valle del punto di rilascio i danni non saranno inferiori, contrariamente
a quanto si potrebbe supporre. Gli accumuli notturni o festivi (durante le
cosiddette ore vuote) determinano l’asciutta, per ore o giorni, di vaste
porzioni dell’alveo bagnato, causando forti stress o la distruzione della
fauna macrobentonica, anello fondamentale della catena
alimentare. Tutti si chiedono, per esempio,
le cause della enormemente diminuita potenzialità biologica del Toce
a valle della centrale idroelettrica Tessenderlo di Megolo, rispetto a
quella teorica o a quella esistente sino agli Anni Quaranta. Le cause sono:
il mancato riscaldamento delle acque, convogliate in lunghi percorsi
sotterranei e gli shock termici causati dalla loro intermittente
riemersione, la riduzione degli alvei bagnati a valle delle opere di presa e
le fortissime, repentine variazioni di livello a valle dei punti di rilascio
determinanti, come si è visto, una drastica riduzione della fauna bentonica.
Si aggiunga la distruzione e la banalizzazione degli habitat derivanti dalla
loro cementificazione, dai disalvei, dall’inquinamento e quant’altro e
si avrà la spiegazione della miserrima condizione dei nostri corsi
d’acqua.
8) La
costruzione delle opere di presa e complementari (scavi per le condotte e la
centrale, linee elettriche, strade di accesso, etc.) provocherà, in un
contesto fragilissimo e incontaminato, danni paesaggistici ed ambientali
di straordinaria gravità.
9) L’uso
a scopo idroelettrico pregiudica l’esercizio della pesca, praticato
nella provincia da migliaia di pescatori, che pagano un regolare e non
indifferente canone.
10) I
torrenti sono frequentati, nel periodo estivo, da bagnanti e turisti,
attratti dal paesaggio e dalle acque pure e ben ossigenate. Nel caso di
sfruttamento idroelettrico sarebbe ridotto, nella migliore delle ipotesi, ad
un acquitrino con dintorni cementificati.
11) Nel
periodo estivo la presenza di cascate consente il rinfrescamento e
l’ossigenazione dell’aria, creando un microclima assai gradevole. Il
torrente funge, a tutti gli effetti , da condizionatore naturale.
12) In
una prospettiva non molto lontana, a causa dei cambiamenti climatici in
corso, le acque del torrente potranno servire ad usi più nobili, come
quello potabile. In tal caso la comunità dovrà soggiacere a
penalizzazioni per riappropriarsi dei diritti d’uso.
13) Più
in generale si può ancora osservare che le centraline idroelettriche
sono assolutamente antieconomiche e non sarebbero sicuramente costruite se
non fosse per i contributi pubblici (circa il 50% del costo di costruzione)
e per la possibilità di vendere l’energia, per molti anni, ad un prezzo
almeno doppio di quello di mercato. Un ulteriore incentivo è dato dal
“mercato dei certificati verdi”. In pratica si può produrre energia con
metodi inquinanti se si dimostra di produrre almeno il 2% di energia con
fonti rinnovabili. Così si assiste al paradosso che la produzione di
energia “pulita” consente di incrementare quella “sporca”. Davvero
geniale. Da qui la corsa all’accaparramento dei predetti certificati
verdi.
Italo
Orsi, Presidente Italia Nostra, Sezione VCO, Da un Intervento
contro un impianto idroelettrico in Valle Ogliana, 2003
Continuano
le richieste da parte di enti pubblici e privati per la realizzazione di
centraline idroelettriche nelle nostre montagne. Il problema è che tali
infrastrutture, oltre ad alterare in modo spesso pesante l’aspetto di
molte valli, rimaste finora pressoché incontaminate, riducono fortemente
per lunghi tratti il quantitativo di acqua nei torrenti con danni gravissimi
alla flora ed alla fauna alpina. La costruzione di tali opere è spesso
motivata da ragioni “ecologiche” (ridurre la produzione di energia
elettrica nelle centrali termochimiche), occupazionali (dare lavoro in
valle) ed economiche (una parte degli introiti vengono versati alle comunità
locali). Ma, a ben vedere, nessuno delle prospettive sopra indicate è
valida, perché la quantità di energia elettrica prodotta è irrisoria, gli
assunti sono ben pochi e le risorse finanziarie tutte da quantificare. Resta
solo il danno all’ambiente.
Pro
Natura, Cuneo, Centraline, 2001
Da
quando ci sono appetitosi finanziamenti statali, costruire centraline
idroelettriche è diventato un buon affare. E’ iniziata una vera e propria
“corsa all’oro”, con l’obiettivo di accappararsi le concessioni di
derivazione per il maggior numero possibile di corsi d’acqua di montagna. Da
tutte le parti sono in costruzione molti impianti o sono state presentate le
richieste relative. Il rischio è che in pochi anni scompaiano gran parte
dei torrenti di montagna. E’ vero, adesso si parla di “Deflusso
Minimo Vitale” (DMV), ma non fatevi illusioni, è come tenere una persona
con il minimo d’aria per non farla morire: chi la potrebbe ancora definire
vita? Lo stesso per i torrenti, un rigagnolo d’acqua, specie
d’estate, non permette certo la vita agli organismi acquatici, non c’è
più autodepurazione, si rischia in breve tempo la morte biologica del corso
d’acqua. Così questi “salvatori della patria”, questi
“benemeriti” dell’energia pulita (?) mostrano il loro vero volto: alti
profitti (in parte pagati dai consumatori sulla bolletta ENEL) e distruzione
dell’ambiente.
Amici
del Po News Quanti torrenti dovranno ancora morire? 2003
Graia
srl Tabella tratta da Piano Ittico della Provincia VCO, 1998
Le
captazioni di acqua superficiale comportano un'alterazione del regime
idrologico naturale, consistente in una riduzione generalmente notevole
delle portate in alveo; tale alterazione determina un impoverimento
dell’ecosistema fluviale, in particolare delle comunità biologiche, sia
da un punto di vista qualitativo che quantitativo, e danneggia gli aspetti
paesaggistici e la fruibilità del corso d’acqua.
Nello
specifico, gli effetti derivanti dalla riduzione delle portate sono
sintetizzabili come segue:
1.
Diminuzione
della superficie dell’alveo bagnato e del tirante idraulico, con
conseguente sottrazione dello spazio vitale disponibile per le comunità
fluviali,
costrette ad una contrazione in termini di numero di individui e biomassa
dei popolamenti acquatici (diminuzione della capacità portante del corso
d’acqua); gli individui che sopravvivono sono inoltre soggetti ad una
maggiore competizione intra e interspecifica e quindi ad ulteriore stress.
E' da osservare che nonostante i danni apportati all'ecosistema siano
generalmente legati all'entità della captazione, la diminuzione di habitat
non è semplicemente proporzionale a quella del volume d’acqua che occupa
l’alveo; a seconda della morfologia di quest'ultimo, infatti, l'acqua si
distribuisce in modo differente, creando habitat più o meno adeguati alla
vita acquatica. Ad esempio un alveo piatto e largo, dove l’acqua scorre in
una lama sottile, risulterà poco idoneo ad ospitare i pesci sia per la
mancanza d'acqua sia perché in tali condizioni i pesci si trovano più
esposti a predatori aerei e alle avversità climatiche; un alveo incavato
permette invece la presenza di una colonna d’acqua sovrastante al pesce
che fornisce rifugio visuale e garantisce anche una protezione dalle
escursioni termiche. Nei casi in cui una traversa crea un invaso d’acqua
ferma, i problemi legati alla variazione dell'habitat per le comunità
acquatiche si pongono anche nel tratto immediatamente a monte della
captazione. Queste situazioni si spiegano considerando che ciascuna specie
acquatica mostra particolari preferenze per i parametri idraulici quali
profondità dell’acqua e velocità di corrente, modificati dalla riduzione
di portata. La riduzione di portata può, in casi estremi, arrivare a
determinare la scomparsa di un habitat acquatico: ciò si verifica quando il
deflusso a valle di una captazione idrica è nullo (non viene rilasciata
acqua) e nel caso di un alveo costituito da materiale fortemente permeabile,
sul quale il deflusso rilasciato tende a filtrare attraverso il fondo e a
scorrere nel subalveo, lasciando il letto asciutto.
2.
Semplificazione
dell’habitat (banalizzazione):
la riduzione di velocità e profondità determina, infatti, una perdita
della diversità idraulico–morfologica, da cui dipende il normale
svolgimento delle diverse fasi vitali degli organismi acquatici. Ad esempio
i pesci utilizzano acque basse e veloci per riprodursi e alimentarsi, acque
calme e profonde invece per sostare e nascondersi.
3.
Rallentamento
della velocità di corrente e diminuzione della turbolenza:
diminuisce in questo modo la capacità di autodepurazione nei confronti di
eventuali immissioni inquinanti di sostanza organica e viene favorito il
processo di sedimentazione del materiale fine, che tende a sedimentare sul
substrato di fondo, occludendo gli spazi interstiziali, distruggendo così
un prezioso microhabitat per gli
organismi bentonici e per la riproduzione dei Salmonidi. La diminuzione
della velocità di corrente può determinare anche una diminuita idoneità
dell’habitat idraulico nei confronti delle trote, che prediligono acque
relativamente veloci.
4.
Diminuzione della profondità dell’acqua, che, fra
l’altro, facilita la predazione dei pesci da parte degli uccelli
ittiofagi.
5.
Compromissione degli aspetti relativi alla qualità delle acque:
un minore volume significa una minore capacità di diluizione degli
inquinanti e una minore capacità di omeostasi termica (il corpo idrico si
riscalderà o si raffredderà più velocemente, con il rischio di
raggiungere le temperature critiche per gli organismi acquatici). La capacità
autodepurativa di un corso d’acqua captato è inoltre ridotta dalla più
bassa velocità di riossigenazione, conseguente alla minore velocità e
turbolenza delle acque.
6.
Considerevole aumento della fluttuazione tra portata di magra e di
piena: la portata rilasciata a valle di una captazione costituisce
generalmente solo una minima parte del deflusso naturale, mentre le portate
di piena sono tanto elevate da non essere influenzate in modo rilevante
dalla captazione; questa situazione causa gravi ripercussioni negative
sull’ecosistema acquatico nella sua interezza.
Oltre
agli aspetti legati alla riduzione della portata, un’opera di presa
determina ulteriori effetti negativi legati sia alla presenza della
struttura stessa dell’opera che alle operazioni necessarie alla sua manutenzione.
La
presenza di strutture invalicabili quali gli sbarramenti impedisce alla
fauna ittica i movimenti migratori sia trofici che riproduttivi lungo l'asta
fluviale; tale problema può essere almeno in parte risolto con la
costruzione di appositi passaggi artificiali per la fauna ittica, le
“scale di rimonta”. Dal punto di vista normativo, già nel Testo Unico
delle leggi sulla pesca, risalente al 1931, è presente una norma (Art. 10)
che prevede la presenza obbligatoria di “scale di risalita” lasciando la
possibilità di fare immissioni “compensative” di fauna ittica, solo nei
casi in cui la costruzione di tali opere è tecnicamente impossibile.
La
manutenzione delle prese richiede la periodica eliminazione del sedimento
che si accumula, che determina un rilascio a valle di notevoli quantità di
solidi sospesi, cui consegue un danneggiamento degli organismi acquatici;
esso è dovuto da un lato all’azione di abrasione a carico delle loro
parti più sensibili e all’occlusione degli organi respiratori da parte
delle particelle trasportate dalla corrente, dall’altro alla
banalizzazione dell’habitat fisico con riempimento degli spazi
interstiziali e delle pozze.
Un’ulteriore
considerazione è relativa agli impatti delle captazioni idriche sul
paesaggio naturale. Il paesaggio fluviale viene, infatti, da parzialmente a
totalmente compromesso dalla riduzione di portata, soprattutto in ambiente
montano, a causa della perdita di elementi naturali tipici, quali cascate e
rapide; tale compromissione può essere totale in caso si verifichi lo
scorrimento in subalveo del deflusso rilasciato. Accanto all’impatto sul
fiume, potrebbe diventare problematica anche la presenza delle opere
accessorie sulle sponde, che generalmente però vengono inserite nel
territorio mitigando l’impatto visivo, attraverso ad esempio
l’interramento delle condotte e la costruzione di infrastrutture secondo
adeguati piani architettonici.
A
valle delle considerazioni sopra formulate, emerge come la fauna ittica sia
particolarmente interessata da un impatto significativo, che può alterare
sensibilmente la composizione di una comunità ittica sia dal punto di vista
qualitativo (tipo e numero di specie presenti rispetto alla vocazione
naturale del tratto) che quantitativo (riduzioni di densità e biomassa
ittica).
Graia
srl. Piano Ittico della Provincia VCO, Commento alla tabella, 1998
SINTESI DEL PROGETTO
L’impianto
di sfruttamento a scopo idroelettrico delle acque del Melezzo orientale si
compone delle seguenti opere:
1.
opera di presa a quota 1019 m in comune di Toceno
2.
galleria di derivazione lunga 2223 m in comune di Toceno
3.
vasca di carico a quota 1018 m in comune di Toceno di
(3,6x21,5x9)mc
4.
condotta forzata interrata lunga 3650 m nei comuni di
Toceno, S. M. Maggiore e Craveggia
5.
centrale elettrica a quota 750 m e canale di restituzione
in comune di Craveggia
La
portata naturale media del torrente è di 924 l/s, la portata derivata media è
di 710 l/s, il rilascio medio effettivo è di 214 l/s, il DMV calcolato è di
88,1 l/s, il DMV eff. sarà di 102 l/s.
La
potenza nominale media (P=qhg=0,710x271,4x9,81) è pari a 1890 Kw.
La
potenza nominale massima (P=qhg=1,0x271,4x9,81) è di 2662 Kw.
E’
attesa la produzione di 13.769.166 Kwh/anno.
La
spesa complessiva prevista è pari a 7.140.000,00 €, coperta totalmente da un
finanziamento mediante leasing immobiliare per 8 anni, cioè pari alla durata
dei Certificati Verdi, al tasso del 4%. Il costo previsto è quindi pari a 8,26
Ecent/Kwh.
OSSERVAZIONI
Il
Melezzo orientale, soprattutto nel tratto in comune di Toceno, è un corso
d’acqua a carattere torrentizio, che conserva una fascinosa caratteristica di
selvaggità, esaltata dalle sue foreste di pino silvestre e dai suoi orridi,
biotopi di interesse provinciale. E’ una natura che richiama la selvaggità
del contiguo Parco Nazionale Val Grande, di cui dovrebbe da tempo fare parte, se
i calcoli miopi degli Amministratori locali non si dimostrassero prevaricanti
rispetto alle vocazioni del territorio.
Se
a poche centinaia di metri in linea d’aria la selvaggità è ritenuta un
valore tale da aver determinato l’istituzione di un parco nazionale, non si
accetta che per il torrente Melezzo orientale questa medesima condizione possa
essere usata come giustificazione per sottovalutarne il prosciugamento di fatto
e comunque l’alterazione sostanziale del regime.
L’impianto
idroelettrico interferisce con due Biotopi di interesse provinciale, inseriti
nell’elenco ufficiale dei Biotopi (gennaio 2000).
La
L.R. 3 aprile 1995 n. 47 "NORME PER LA TUTELA DEI BIOTOPI" è stata
pubblicata sul B.U.R. n.15 del 12 aprile. Per l’individuazione dei siti da
segnalare come Biotopi il gruppo di lavoro incaricato dalla Provincia si è
attenuto (v. il documento “Censimento Biotopi del territorio provinciale”)
alla definizione contenuta nella summenzionata legge:
Nelle
Considerazioni conclusive al Censimento i tecnici scrivono:
“Lo
scopo del presente lavoro è quello di accrescere la sensibilità verso
l’ambiente e nello stesso tempo di creare dei percorsi turistici nel
territorio provinciale.
La
gestione dei siti secondo gli intendimenti della legge regionale che valorizza i
biotopi dovrà essere affidata ad associazioni ed enti che ne cureranno la
conservazione e la fruizione”.
I
biotopi con cui interferiscono le opere dell’impianto in oggetto sono:
§
La pineta di
pino silvestre (Pinus sylvestris) della Valle Vigezzo nel comune di Toceno
(“si tratta della stazione di pino silvestre forse più estesa del
Piemonte”, dice il Censimento citato), che interferisce con la galleria di
derivazione sotterranea e, in zona periferica sud, con la vasca di carico
§
L’orrido di
Crana nel comune di S. Maria Maggiore, interessato dalle opere, in quanto
verrà drasticamente ridotta la quantità di acqua fluente.
Si
contesta l’interferenza dell’impianto con i Biotopi di cui sopra e si chiede
quindi di rivedere il tracciato del medesimo.
Si
cita il seguente paragrafo, di tono perentorio, tratto dal volume edito dalla
Regione Piemonte, Collana Ambiente, 1999, “Proposta di linee guida per la
predisposizione dei dossier di compatibilità ambientale dei prelievi idrici da
corsi d’acqua naturali”, pag. 252: “In ogni caso i tracciati non devono
attraversare Biotopi”.
Nel
caso della pineta, in particolare, non si può escludere che le opere in
galleria non alterino l’equilibrio chimico-fisico del substrato vegetativo a
cui attinge l’apparato radicale dei pini, soprattutto se nel corso dello scavo
si riveleranno venute d’acqua sotterranee; certamente interferenti saranno
invece le opere di costruzione della vasca di carico, che comporteranno il
taglio di circa 30 elementi; interferente poi con il paesaggio, in modo
permanente, la presenza della vasca e della pista di accesso.
Nel
caso dell’orrido di Crana si evidenzia che la perdita di acqua fluente,
calcolata mediamente di circa tre volte, non soltanto diminuisce l’attrattiva
paesaggistica e turistica del biotopo, ma anche ne limita la naturale evoluzione
geologica, verificato che gli orridi si generano per l’azione tumultuosa
e costante dell’acqua.
In
subordine alla costruzione della galleria si osserva che non sono ben
documentati e accertati i punti di conferimento del materiale di scavo.
Si
chiede di produrre documentazione adeguata.
L’impianto
modificherà in modo negativo sostanziale la diluizione degli scarichi fognari.
Attualmente
i comuni di Toceno, S. M. Maggiore e Craveggia non sono serviti da impianti di
depurazione, ma soltanto da fosse Imhoff, che recapitano direttamente o
indirettamente nel torrente Melezzo orientale. La situazione è già grave allo
stato attuale, soprattutto nei mesi estivi, quando la popolazione si moltiplica
per un fattore 10. Agli atti della Privincia, Assessorato Ambiente, si trova, in
effetti, come affermato nella relazione tecnica di accompagnamento, la pratica
che prevede la costruzione di un depuratore consortile a Re, di cui non è
ancora neppure prevista la data di ultimazione, il quale comunque nella sua
prima fase di attivazione servirà 9000 abitanti-equivalenti, circa la quarta
parte degli abitanti-equivalenti nei periodi di punta. Gli altri abitanti
continueranno inevitabilmente a recapitare in acque superficiali, che, ridotte
di quantità e di turbolenza, avranno una ridotta capacità autodepurativa, in
contrasto con quanto affermato in modo apodittico nella relazione tecnica di
accompagnamento. (Per tutto ciò, si rimanda alla Premessa generale).
Si
chiede di ricalcolare in modo documentato l’impatto ambientale presente e
futuro degli scarichi fognari, rispetto all’impianto idroelettrico proposto.
Viene
affermato senza addurre prove che la qualità delle acque è ottimo (prima
classe IBE) e che le modifiche indotte dall’impianto non avranno effetti
negativi sulla qualità indicata.
La
classificazione riportata risale al 1998 (Piano Ittico provinciale), quando
venne effettuata in mesi autunnali. Non è stata ripetuta e soprattutto non è
stata fatta la misurazione in punti diversi e in periodi dell’anno diversi, ad
esempio in presenza di un forte apporto turistico. Poiché le abitazioni dei
paesi alti non saranno allacciate neanche in futuro alla rete fognaria
consortile, occorre calcolare l’apporto degli scarichi e la loro diluizione in
condizioni di stress.
Si
chiede di produrre una classificazione più completa della qualità del corso
d’acqua interessato.
La
tavola riprodotta nella “Relazione di inquadramento dell’area e recupero
ambientale” non è argomentata.
La
tavola cui si fa riferimento è stata ricopiata dal Piano Ittico della Provincia
VCO, redatto dallo Studio GRAIA srl, che anche noi abbiamo riportato (tal quale)
nella nostra Premessa generale. Nelle intenzioni dello Studio GRAIA ogni
passaggio della tavola suddetta era dato come assoluto, secondo quanto riportato
a suo commento, per dimostrare la ineluttabile ricaduta negativa di qualsiasi
impianto idroelettrico sull’ecosistema e in particolare sull’ittiofauna.
Nella
Relazione progettuale, invece, oltre a non esserne citata la fonte, la tavola è
commentata, voce per voce, in modo superficiale, fino a concludere che la
“riduzione qualitativa e quantitativa della comunità ittica” in seguito
alle opere sarà “da irrilevante a poco rilevante”.
Si
contesta punto per punto la tavola come riportata nel progetto, in quanto i
commenti appaiono in contraddizione con le più comuni e mai smentite
affermazioni scientifiche (v. ad es. le considerazioni svolte nel Piano Ittico
provinciale, da noi riportate nella Premessa generale), e soprattutto si
contesta come inaccettabile che una diminuzione dichiarata di tre volte tanto la
quantità di acqua fluente possa essere “irrilevante o poco rilevante” per
la comunità ittica presente, demandando su questo punto sia al Piano Ittico
provinciale sia alle Osservazioni delle Associazioni di categoria dei pescatori.
In
una tavola progettuale sono riportati alcuni mappali gravati da uso civico, su
cui verranno costruite le opere intermedie, ma non si dice niente sulla volontà
espressa dal Comune e dai cittadini di rinunciare agli usi civici e sulle
pratiche eventualmente predisposte per affrancarli o liquidarli.
Noi
riteniamo gli usi civici una memoria di civile convivenza, cui non è il caso di
rinunciare mai, anche se la qualità e il ritmo della vita odierna ne abbia
sminuito (o meglio: modificato) l’importanza. Le terre gravate di uso civico
sono portatrici di un vincolo ambientale di primaria importanza. Svendere un
capitale collettivo per un interesse immediato di piccolo conto non è
operazione lungimirante.
Si
chiede che vengano evidenziati “tutti” i terreni gravati da uso civico,
compresi quelli eventuali alle opere di presa e che vengano indicati i passi già
compiuti o che si intendono compiere e far compiere per risolvere il problema.