(Nella foto: alluvione)

 
DUE GIORNI DI PIOGGIA ED E' GIA' ALLUVIONE
Nessun rimedio "vero", soltanto soldi sparsi (è il caso di dirlo) a pioggia
 
Le "alluvioni" sono per gli ambientalisti una palestra di esercitazione sul malgoverno del territorio. Poiché esse si ripetono con una frequenza disarmante (due giorni di pioggia intensa sopra un territorio ben governato non dovrebbero mai mettere così in ginocchio una comunità), viene voglia di provare a tirare fuori dalla memoria elettronica qualche scritto precedente, come quello che trascrivo qui sotto, di due anni fa, che era stato pubblicato integralmente su La Stampa, ai tempi della Grande Alluvione, quando da una parte l'assessore Racchelli tuonava contro ogni ostacolo che rallentasse la corsa del Toce verso il lago, il sindaco di Vogogna Borghi proponeva le coltivazioni in montagna come rimedio, gli abitanti delle rive lacustri stavano con le stanze dei piani bassi a mollo nell'acqua. Da allora niente è stato fatto, se non concedere sussidi a pioggia a chi ha avuto danni (compresi coloro che hanno costruito capannoni industriali sulla riva del Toce). Da notare che questa incapacità di intervento sistematico sul territorio è una caratteristica che lega indissolubilmente la destra alla sinistra politica. Nella Provincia VCO, ad esempio, né la sinistra né la destra sono stati capaci di portare a compimento uno straccio di Piano di Pianificazione territoriale. Non parliamo poi di interventi sulla questione dell'effetto serra, che va semplicemente esorcizzato negandolo.
 

In risposta all’Intervento di E. Borghi, sindaco di Vogogna e presidente Uncim,

“La prevenzione parte dalla montagna”

pubblicato su La Stampa del 22/10/00

LA PREVENZIONE PARTE DALLA MONTAGNA

… MA NON DIMENTICA LA PIANURA

 

Sulle alluvioni, così come sugli impianti chimici, la gestione dei rifiuti, la costruzione di strade e viadotti, tutte questioni a grosso impatto ambientale, mi piace proporre ragionamenti tecnici semplici, supportati da buon senso e conoscenze comuni, alieni da ogni forma di dogmatismo o demagogia. Lanciare slogan, come molti hanno fatto in questi giorni, abusando dei mezzi di comunicazione, serve forse a conquistare o a consolidare un consenso elettorale, ma non impedisce alle montagne di crollare e al lago di salire.

Incomincio questo mio ragionamento, elencando alcuni punti fissi, che nessuno ha messo in discussione.

La nostra montagna è fragile e franosa. Se piove lentamente, regge. Se piove violentemente, si imbeve e frana.

In questi ultimi decenni in Italia il clima sta cambiando, forse per l’effetto serra, e si sta trasformando da temperato a tropicale, caratterizzato da scrosci violentissimi di pioggia alternati a periodi di siccità.

Tutta l’acqua che scende dal cielo, deve trovare inevitabilmente una collocazione. O viene trattenuta, almeno in parte, da boschi maturi (l’erba e le coltivazioni basse servono a poco), o da vasche o golene di laminazione, oppure scivola a valle attraverso rii e torrenti. Più acqua viene trattenuta e più lungamente, meno acqua scivola a valle velocemente e d’un sol colpo (ondata di piena dei torrenti). Più lunga e più lenta è l’onda di piena, meno danni combina a tutti, a monte e a valle, zone rivierasche del lago comprese.

Un fiume sinuoso e con sponde larghe e basse contiene più acqua e corre meno velocemente verso la foce.

Ne scendono alcune logiche conseguenze, che attribuire agli ambientalisti è fargli troppo onore.

Le frane in montagna avvengono e avverranno sempre più numerose e rovinose. E’ urgente spostare tutte le costruzioni dalle basi delle possibili frane.

Ripristinare i pascoli in montagna e la minuta rete di drenaggio delle acque ad alta quota può servire a rendere più belli i luoghi e più appetibile una vacanza, ma non serve per trattenere l’acqua piovana, anzi.

Togliere gli alberi dalle sponde rende più veloce la corrente. Idem per i massi e per gli isolotti.

Pulire (disalveare) i torrenti e arginarli è indispensabile soltanto per proteggere manufatti preziosi, che una sensata pianificazione avesse voluto in quei luoghi.

Scavare la sabbia dai letti dei fiumi fa bene soltanto a chi commercia in sabbia e a chi fa politica con gli slogan.

Chi abita sul lago stringa un patto di alleanza con chi abita in montagna, per trovare le soluzioni idrauliche ottimali, tenendo presente che non esistono soluzioni facili e indolori.

Individuare nell’Autorità di Bacino il colpevole di ogni nequizia è uno sfogo comprensibile in un momento di angoscia; maledire gli ambientalisti è una perdita di tempo, visto che sono così pochi e senza alcun potere.

Amelia Alberti