(Per ulteriori notizie sulle vicende legate ai Castelli di Cannero, v. nel
nostro sito web all'indice Territorio)
Da Il Giornale del 12.05.03
In nome dell'arte fermiamo i
nuovi barbari
Dopo recenti, ripetute visite, in ogni contrada di Italia, da Tuscania a
Pordenone, da San Pietro in Lama a Cisterna di Latina, da Senigallia a
Sacile, martoriate dalla presunzione e dalla stupidità di laureati in
architettura, che hanno ucciso lo spirito dell'architettura, negando
l'armonia e la bellezza, occorre ribellarsi a ogni falsa, ingannevole
idea di progresso. La inaudita violenza patita, e ancora minacciata senza
pietà, a intere aree e a paesaggi come a singoli edifici, affidati a
scientifici devastatori, talora mascherati da improvvidi restauratori, non
può essere più a lungo tollerata da cittadini che abbiano a cuore la
difesa della loro civiltà in tempo di pace, ma sottoposta a un attacco
impietoso di forze armate contro la bellezza, di cospiratori alla
conquista di un patrimonio ineguagliabile, non per possederlo, ma per
distruggerlo.
E’ arrivato il momento di acquistare compiuta coscienza della importanza
di ogni reliquia, alla quale provvedere con ogni cura per la sua
conservazione, giacché ogni volta che si è creduto di migliorare o di
modernizzare si è perduto il sapore dei luoghi, la loro verginità, la
loro identità. E, ciò che è più grave e più evidente, il loro valore,
anche materiale. Quando un luogo è stato contaminato, quando l'antico
è stato sostituito dal moderno si è perduto per sempre quel bene
prezioso che nasce dalla congiunzione tra le creazioni della natura e
dell'uomo e il tempo. I cittadini devono rivendicare con orgoglio la
proprietà della polis sottraendola alle mani di amministratori senza
scrupoli, ignoranti prima che corrotti, i quali, in modo arbitrario,
decidono orrori irreparabili senza avere alcuna coscienza estetica,
ritenendosi padroni e non custodi della eredità della storia che nelle
loro mani si dissolve. Per questo la benemerita azione delle
associazioni, culturali in difesa del patrimonio monumentale, per non
disperderne il valore, anche economico, non può restare uno spunto
volontaristico e di impotente indignazione, ma deve diventare un impegno
attivo, una controffensiva, una vera e propria lotta di liberazione. Gli
incredibili episodi, sommamente emblematici, della gibbosa aberrazione
di piazza Montecitorio, stupefacente testimonianza di prepotenza nel
luogo dove si sono fatte le leggi per impedirla, e dell'abbattimento del
contenitore dell'Ara Pacis, contro cui ora si alzano cori di proteste da
parte dei cittadini, sono solo due delle innumerevoli occasioni di
violenza al patrimonio, compiute anche per la debolezza di chi aveva le
idee e le giuste convinzioni per impedirli, ma non il potere. La
minaccia ai parchi, alle coste, alle montagne, all'acustica dei teatri,
alle piante, agli intonaci, ad ogni cosa che è fragile, che sembra più
facile sostituire con le modeste invenzioni del debole pensiero di
progettisti frustrati che infieriscono contro giardini, pavimenti di
chiese, prospetti di edifici, centri storici, non ci può trovare
impotenti. Occorre acquistare coscienza politica della straordinaria
identità culturale dell'Italia la cui vocazione alla bellezza è un bene
primario che non si può consentire di disperdere. I cittadini devono,
insieme alla coscienza, avere anche gli strumenti per garantirsi
contro i barbari. Sembra incredibile aver dovuto assistere, e continuare
ad assistere, inorriditi alla dispersione sistematica, alla cinica
manomissione di beni indisponibili, con la serena distruzione di
architetture e di spazi della città e della natura, come se potessimo
disporre di un dipinto di Giotto o di una scultura di Michelangelo per
graffiarli o amputarli, quando non rifarli dopo averli distrutti.
I partiti hanno mostrato fino ad ora, nei loro ambiziosi programmi,
un'inaccettabile sottovalutazione di ciò che appare agli occhi del
mondo, e nella coscienza critica di una piccola parte, non un ingombrante
fardello di faticosa manutenzione, ma la variegata dimostrazione di ciò
che, ancora oggi, rende l'Italia la prima potenza al mondo per la sua
eredità culturale. E che non si tratti di beni obsoleti è dimostrato
dalla crescente, massiccia presenza di visitatori stranieri nei nostri
musei e di oggetti e dipinti italiani nei principali musei del mondo,
senza che per questo sia stata spogliata la nostra nazione. Noi abbiamo un
altissimo dovere davanti alla storia e alle generazioni future. E non
possiamo disporre o lasciare disporre di questo patrimonio senza regole
certe, che consentano di difendere le città come la natura. È’
questa la principale questione culturale che richiede misure drastiche al
pari delle emergenze sanitarie. L'epidemia dei distruttori della bellezza
è contagiosa e, purtroppo, non è atipica. Sono necessarie garanzie per
la salute, in una più alta dimensione spirituale. Perseguendo, in uno, il
Bene e il Bello, si deve agire per una riforma non velleitaria della
istruzione, stabilendo, in modo ordinato, i principi di formazione
alla bellezza, come etica dell'individuo e abito mentale. Invertire il
pernicioso principio degenerativo per cui è bello ciò che piace,
ristabilendo la necessità di valori estetici universali, come non è
lecito consentire a ogni malato di discutere i metodi per la sua cura.
Occorre ristabilire principi e valori non discutibili in una perfetta
coincidenza di etica e di estetica. Occorre essere intransigenti. Ogni
concessione alla mediocrità, ogni tolleranza sono una minaccia alla
sopravvivenza dell'unico mondo reale che è il mondo interiore,
consentendo all'ignoranza e alla disinvoltura di disperdere ciò che è di
tutti, come se qualcuno potesse strappare i fogli della Bibbia di Borso
d'Este, o avvolgere tabacco nelle pagine dei Canti di Leopardi. Questo
avviene ogni giorno del patrimonio monumentale e ambientale, e non potremo
accettare che la distruzione continui senza armarci per impedirlo. E
dunque, in tempo di pace, sia guerra alla stupidità e alla mediocrità
e a chi distrugge con la leggerezza e con la presunzione di costruire un
futuro migliore, senza rispetto per la storia, per la tradizione, per
la memoria.
Vittorio Sgarbi