Nella foto: R. Marini della FAO/EIFAC
 
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6.9.03
 
 

Raffaele MARINI

FAO/EIFAC

(European Inland Fisheries Advisory Commission)

Vice Chairperson Sub Commission IV

 

 

 

 

Verbania 6 settembre 2003:

 LEGAMBIENTE Convegno : “ENERGIA IDROELETTRICA:ENERGIA RINOVABILE?”

 

 

 

In primo luogo mi corre l’obbligo di ringraziare l’organizzazione , in particolare la D.ssa Amelia ALBERTI, per lo sforzo sostenuto e per la centralità critica del tema prescelto che qui , nel VCO, assume particolare evidenza e attualità.

Cercherò di formulare una serie di concetti da porre all’analisi ed alla riflessione dei presenti concludendo con una proposta di metodo così come nelle consuetudini della Commissione che qui ho l’onore e l’onere di rappresentare.

In particolare eviterò di esporre generiche affermazione del tipo “….è ovvio che senz’acqua o con poca e incerta acqua i pesci non vivono …..”, ma, partendo dal territorio che comunque per la tematica proposta resta l’elemento centrale, tenterò di individuare dei percorsi di condivisione della gestione della risorsa idrica e della risorsa ittica non conflittuali bensì regolati da un principio che in EIFAC è sempre a fondamento di ogni proposizione e precisamente : “co-user  - co-manager”.

Cioè a dire che tutti coloro i quali siano legittimamente utilizzatori di una o di tutte e due le risorse di cui oggi si discute debbono necessariamente essere altresì cogestori della risorsa medesima affinché partecipando direttamente e congiuntamente ai processi decisionali ne diventino consapevoli attori e non passivi e quanto mai svogliati o disillusi esecutori.

Ciò pone quindi gli Enti pubblici territoriali, responsabili direttamente o per delega della emanazione delle norme che regolano l’utilizzo delle risorse in questione ,a  non relegare al ruolo di meri soggetti consultati le categorie che sulla risorsa idrica agiscono a vario titolo e dalla risorsa idrica traggono utilità di varia natura , a partire da quella economica  per finire a quella ricreativa.

La mappa del territorio del VCO , qui esposta, con l’accurata e puntuale localizzazione degli oltre 150 impianti idroelettrici di varia potenza, evidenzia in modo indiscutibile tre situazioni:

Ä     Quasi tutto il territorio del VCO è stata penetrato invasivamente dalle captazioni idriche a scopo idroelettrico.

Ä     La sola valle (Vigezzo) sino ad oggi quasi indenne è oggetto delle recenti richieste di nuove concessioni

Ä     Il territorio del Parco della Val Grande ,ovviamente, può dirsi fuori pericolo anche se appena fuori dai propri confini esistono già delle piccole centrali idroelettriche in via di ammodernamento.

La prima questione su cui ragionare è la seguente: “esiste un limite allo sfruttamento del territorio e fino a che punto può essere spinto lo sfruttamento delle risorse naturali rinnovabili, nel nostro caso l’acqua?”

Una indicazione sulla possibile risposta che può essere data al quesito posto è stata da me trovata in un testo del 1987 del prof. Enzo TIEZZI ,”I Limiti dell’Energia”, ove dal paragrafo conclusivo del capitolo dedicato alle piccole centrali idroelettriche traggo questa dizione :” …Tenuto conto delle cautele ambientali e delle diverse esigenze di utilizzo delle acque, occorre assumere un atteggiamento assieme attivo e prudente che recepisca la necessità di piani di bacino e dei relativi interventi di riassetto idrogeologico, ma che sappia valutare a fondo anche l’impatto ambientale di ogni opera di sbarramento. ..”.

Ricordo a me stesso che il Prof. Tiezzi è stato l’unico italiano chiamato dal premio Nobel Prigogine per costituire il gruppo di lavoro che ha inquadrato e definito il concetto di sviluppo sostenibile.

E’ di ovvia evidenza che se dopo oltre 15 anni siamo qui oggi a constatare che questi limiti, fisici , di buon senso e di cautela verso le generazioni future, non sono stati minimamente posti in essere ,i soggetti titolati al governo del territorio e delle risorse naturali ,nelle fattispecie rinnovabili, non sono stati in grado o non hanno voluto identificare e porre in essere questi limiti .

Quando nel 1994 fu emanata la legge Galli (5/1/94 n° 36) molte aspettative si accesero e ancor di più quando   fu emanato il D.P.C.M. del 4/3/1996 recante “Disposizioni in materia di risorse idriche” del quale ritengo opportuno richiamare alcuni commi del paragrafo 2 dell’allegato:

“….Per usi delle risorse idriche si intendono sia quelli che ne prevedono il prelievo (usi civili, irrigui, industriali idroelettrici, etc.,) ,sia quelli che consistono in attività svolte nel corpo idrico (navigazione, balneazione, pesca).

Il soddisfacimento dei fabbisogni attuali e futuri si intende ottimale allorché esso venga esplicitato tramite il ricorso a risorse idriche in quantità e qualità commisurate alla specifica tipologia d’uso…”.

La distanza fra la realtà di cui oggi si discute e i principi enunciati è sotto gli occhi di tutti!

Ciò pone la riflessione su quanto siano poi applicabili le leggi in particolare quelle che contengono ampi e generali principi , principi che a loro volta vengono resi inapplicati e inapplicabili da regolamenti attuativi e norme emanate da Enti territoriali delegati.

Un esempio ulteriore ed evidente sta nella lunga e tormentata via che sta percorrendo il DMV da tutti ritenuto la panacea per risolvere i conflitti sui prelievi delle acque correnti ma in pratica diversi sono ancora oggi i concetti di definizione , i tempi di attuazione previsti e comune invece la richiesta da parte dei più svariati soggetti per ottenere deroghe.

Ritornando al VCO vorrei porre alla vostra riflessione qualche considerazione di tipo se volete più “politico”.

L’inizio dello sfruttamento ai fini idroelettrici delle acque del bacino del Toce risale al 1928 con l’avvio della diga di Codelago .

L’Edison e altri soggetti privati a partire da allora hanno costruito i cosiddetti grandi impianti e tutto il reticolo di canali, di gronde, sbarramenti ecc. godendo di concessioni a rilascio zero.

Ma se guardiamo con attenzione cosa ha significato da allora fino a qualche anno fa questa attività, ci rendiamo conto che si è scambiato lo sfruttamento dell’acqua e del territorio con il pane. Vi è stato un periodo sufficientemente lungo in cui in quasi ogni famiglia delle vallate interessate “c’era uno che lavorava in diga o in centrale” senza contare la mano d’opera impiegata per le costruzioni dei manufatti.

Oggi questo “scambio” è venuto meno per mille ragioni prima fra tutto l’automazione e le privatizzazioni; oggi ci si accapiglia per salvare il centro di telecontrollo di Verampio che da lavoro a qualche decina di persone e gli unici posti di lavoro sicuri sembrano essere i guardiani delle dighe visto che le manutenzioni vengono per lo più fatte da aziende non locali.

Oggi l’Enel produce energia senza far ricadere valore aggiunto sul territorio che l’energia genera: questo è in primo luogo un disequilibrio socio-economico.

Se passiamo alle cosiddette centraline constatiamo un disequilibrio ancor maggiore: se è vero come la legge Galli definisce che l’acqua è un bene pubblico, nel caso di specie un privato non scambia nulla con il territorio.

Preleva risorsa che genera utile per il medesimo senza che un minimo di tale utile ricada a favore del territorio che questa risorsa mette a disposizione.

A ciò va posto rimedio.

Un esempio può essere tratto dalla vicina Svizzera ove è stato posto in essere un metodo di ecolabelling , naturmade basic e star.

In sintesi si tratta di un sistema di ecocertificazione a due livelli con cui si premia colui o coloro che pongono in essere metodologie di sfruttamento della risorsa idrica e di mitigazione degli impatti sull’ambiente circostante predefiniti da parte degli Enti pubblici competenti.

Coloro i quali sfruttando legittimamente la risorsa idrica restituiscono al territorio parte degli utili di impresa generando comunque valore aggiunto e quel che più conta ponendosi un limite allo sviluppo indiscriminato della risorsa.

Questa la nostra proposta: affiancare al tormentato iter del DMV un sistema di ecocertificazione del tipo di quello citato allo scopo di incentivare chi comunque tende a mitigare l’impatto delle opere di derivazione delle acque fluenti .

 

 

 

L’una cosa potrebbe far da traino all’altra e finalmente si potrebbe vedere un fiume regolato e vitale.

La conclusione di questo mio intervento è riservata agli amministratori locali oggi in verità del tutto assenti!

I Sindaci dei piccoli Comuni spesso sono lusingati dai proponenti la costruzione di una centralina perché pur di ottenere il loro consenso si arriva come nel caso dei Comuni di Re e Villette a garantire la fornitura gratuita dell’energia elettrica per l’illuminazione pubblica.

Qual è il valore del territorio che viene ceduto per questa opera rispetto al risparmio di qualche Kw/ora all’anno?

Gli amministratori di oggi hanno l’obbligo morale e civile di consegnare alle generazioni future un territorio vivibile e questo territorio oggi va gestito “…in maniera responsabile allo scopo di assicurare effettivamente la conservazione , la gestione e lo sviluppo delle risorse bio-acquatiche nel rispetto degli ecosistemi e della biodiversità..” (dal codice di condotta per una pesca responsabile della FAO).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   Energia idroelettrica: energia ecologica ?

     Convegno organizzato dal Circolo Verbano di Legambiente

     06/09/2003  Centro Servizi al Volontariato, Verbania.

 

    Relazione:

 

                  La Sezione Provinciale Pescatori del V.C.O. con la presente intende esprimere le proprie considerazioni in merito alla produzione di energia idroelettrica, che proviene dalle innumerevoli centrali disseminate sull’intero territorio provinciale.

    g            

                  Premesso che come dibattuto più volte non siamo, per partito preso, contrari alla produzione di energia idroelettrica, in quanto siamo ben consci che trattasi di energia pulita e rinnovabile, ma con la stessa convinzione e determinazione siamo convinti che il prezzo che il nostro territorio, ed in particolare i nostri corsi d’acqua stanno pagando, sia troppo alto. Riteniamo altresì che l’impatto delle centrali vada alterando irreparabilmente l’aspetto e la natura dei luoghi, dei corsi d’acqua, degli habitat fluviali e della relativa fauna ittica autoctona esistente, timorosi inoltre di un sostanziale e progressivo impoverimento dei nostri ambienti montani.

g

                E’ chiaramente alla luce di tutti che l’impatto ambientale cosiddetto progettualmente “ ZERO “  non possa essere effettivamente realizzato, nè tantomeno possa minimamente ricondursi ad una centrale idroelettrica che preleva la linfa vitale per un torrente. Come può una condotta forzata mascherata o nascosta dirsi compatibile con qualsiasi tipo di vallata e di conseguenza lasciarne inalterato l’ecosistema?

E’ palesemente innegabile che andando a modificare lo stato dei luoghi nulla potrà essere più come prima.

         g      

                Il territorio della nostra Provincia vede realizzate oltre 100 (cento) centrali idroelettriche (quelle che producono una potenza sup. ai 100 KW/ora). Altre  più piccole sono insediate in ogni valle, altre ancora 

                                                                                                                      2

 

 

 

 

 

stanno attendendo la fine del percorso burocratico che ne  determinerà la concessione. Infine, dai dati di cui siamo a conoscenza, ci sono diversi progetti in atto per nuove derivazioni. Ma a fronte di tutto questo scenario e considerato che da uno studio della Regione Piemonte pur essendo, se non la prima, di sicuro fra le zone della Regione con più insediamenti idroelettrici, non riusciamo neppure a coprire il nostro fabbisogno  di energia elettrica.

g

Risulta evidente perciò, che nel fabbisogno energetico locale,       l’insieme di queste centraline rappresenta assai poco e che i benefici per gli utenti sono alquanto iniqui o del tutto assenti. Ci sembra un sacrificio ambientale a volte miope e a volte insensato e crediamo che, se non si porrà freno alla diffusione di questi piccoli, medi e grossi impianti, verrà stravolta definitivamente l’idrografia delle nostre valli. Verrà inoltre sicuramente compromesso l’eco sistema montano, che rappresenta un patrimonio di inestimabile valore.

g

             Pertanto cogliamo l’occasione, ancora una volta, per ribadire che occorre soffermarsi un attimo, fare una dettagliata analisi, e riflettere tutti assieme, Politici, Amministratori, Enti ecc. se le nostre vallate, i nostri rii l’intero nostro territorio alpino possa ancora sopportare nuove concessioni, nuovi prelievi idroelettrici, altri sbarramenti o altre dighe.

g

                Non abbiamo mai creduto alle assicurazioni di rilasci abbondanti di acqua o ad obblighi ittiogenici generosi, che permetterebbero al corso d’acqua di continuare a rimanere vivo, o sarebbe meglio dire di sopravvivere. Questi palliativi sono solo normative burocratiche che non fanno altro che riempire i capitoli dei disciplinari di concessione e che restano tecnicamente validi solo sulla carta.

     g

                 L’esperienza che accomuna noi pescatori è unanime e ci porta ad un'unica e triste conclusione, quella che ad ogni diritto di derivazione concesso corrisponde un altrettanto tratto di torrente che perde ogni interesse diverso dallo sfruttamento idroelettrico.

g

                                                                                                                       3               

 

 

 

 

               

 

                Ci preme sottolineare che riteniamo  le attuali normative vigenti in materia  non sufficienti a garantire la tutela del corso d’acqua e della relativa fauna ittica. Questo perché, anche se da alcuni anni se ne fa un gran parlare, non esistono ancora scale di rimonta e il tanto conclamato  D.M.V. (deflusso minimo vitale)  se prescritto dal disciplinare della captazione e  se determinato, ( in quanto sono oltre il 75 % le centrali che non hanno D.M.V. o che se ne vedono attribuito uno ridicolo – esempio 20-30 litri al secondo) non pare sufficiente a garantire la tutela dell'eco sistema fluviale. E’ infatti ovviamente impossibile controllarne il completo rispetto con assiduità e costanza.

 

k

                Un rilascio adeguato, a nostro parere, dovrebbe, oltre a garantire il sistema biologico di un torrente, anche mantenere altri aspetti fondamentali da non sottovalutare, quali:

 

un corso d’acqua non è forse una barriera naturale tagliafuoco che a volte non permette ad un incendio di propagarsi da una costa all’altra della montagna?

 

Un corso d’acqua abbondante non impedisce forse la crescita smisurata della vegetazione sulle proprie sponde, evitando il restringimento dell’alveo che sarebbe pericoloso in caso di piene?

 

La vista di una cascata di montagna non è forse un’attrattiva turistica da mantenere e non da sopprimere .

 

                 L’aspetto del nostro territorio è purtroppo oggetto di scelte che lo modificano, caratterizzandolo all’uso che la comunità decide di farne e per questo siamo convinti che gli impianti idroelettrici non si possono inserire in qualsiasi contesto. Riteniamo che si debbano prevedere luoghi dove è possibile, con i dovuti accorgimenti, produrre energia pulita ma anche luoghi a vocazione turistica e ambientale o di particolare pregio, dove ci sia la possibilità di intraprendere uno sviluppo turistico alternativo.

   k

                Basti pensare alle possibilità che sono proposte nell’ultima bozza di  Legge Regionale sulla tutela della fauna ittica e sull’esercizio della pesca  sportiva, che speriamo diventi Legge al più presto, per accorgersi di come un torrente possa promuovere molti interessi diversi dallo sfruttamento idroelettrico, anche in termini di posti di lavoro e di ricettività turistica.                                                                                       

                

                                                                                                                                         

                                                                                                                 

 

                        La nostra Sezione è da sempre impegnata al recupero ed incremento delle specie ittiche autoctone che rischiano, a causa anche delle sopracitate derivazioni, la completa estinzione; la trota marmorata, il temolo padano pinna blu, la trota fario di ceppo mediterraneo, tanto per citare le più rappresentative.

 

                Attraverso incubatoi  di valle quotidianamente controlliamo la  crescita dei nostri esemplari riproduttori, affinché ogni primavera siano  capaci di fornire migliaia di piccoli pesci da seminare nei corsi d’acqua idonei.

 

                I nostri Guardiapesca vigilano lungo le rive dei torrenti affinchè ogni nostro socio agisca in maniera corretta e in sintonia con l’attuale legge Regionale, una vigilanza che  scongiura a volte anche diverse forme di inquinamento.

 

              Un gruppo si è specializzato ad intervenire, recuperando a mezzo elettrostorditore tutta la fauna ittica, qualora i fiumi  vengano colpiti da improvvise secche, es. lavori vari in alveo, deviazioni di flusso, siccità e chiaramente prelievi indiscriminati e DMV inconsistenti.

 

                         Con l’Assessorato Provinciale alla Pesca abbiamo stipulato una

          convenzione che ci delega  il compito di ripopolare la quasi totalità  dei

          corsi d’acqua oltre che  tutti i laghi alpini della nostra Provincia.

 

                      

Abbiamo istituito zone   di protezione totale, dove è assolutamente

vietato pescare, in altre zone si pesca a regolamento particolare dove  non si

può trattenere nessuna cattura ( NoKILL ).

Ci sono tratti di pesca facilitatà e altri tratti invece dove si svolgono le

Manifestazioni Sportive ( gare,sagre , pescate ecc.)

                                                                                                                                   

 

                Questa e solo una piccola parte del lavoro che abbiamo intrapreso

   e che ci  vede costantemente  impegnati esclusivamente  a livello di

   volontariato.

 

                         Fiduciosi che con la nostra passione dettata dal rispetto che da

            sempre abbiamo dimostrato verso i nostri torrenti e laghi, tutti gli  sforzi

            che facciamo possano dare dei concreti risultati, anziché venir vanificati

           da un progresso che costantemente ci penalizza .

 

Oggi possiamo contare attualmente su circa  2300 tesserati residenti in Provincia e su 28 Sezioni di Pescatori Sportivi a noi affiliate in rappresentanza di altrettanti Comuni, più una Associazione di Sub.

 

A termine di questa nostra relazione intendiamo ringraziare il Circolo Verbano di Legambiente che ha organizzato questo convegno rendendo possibile una seria ed attenta riflessione in materia di sfruttamento idroelettrico con la sue molteplici ricadute  positive e non  sul territorio. 

 

Ricordiamoci tutti che oggi abbiamo tracciato un punto di partenza, e non assolutamente uno di arrivo.

 

Grazie.

 

2003 Anno Internazionale dell’acqua

 

 

   Il Delegato Provinciale FIPSAS             Il Presidente della Sezione Provinciale

          Bertoia Gian Mauro                           Pescatori del VCO

                                                                           Grossi Umberto