Un
materiale largamente impiegato nell’industria è un serio fattore di rischio
per chi si trova esposto professionalmente ad esso. Il caso dei tumori alla
vescica fra i lavoratori del porto di Genova
Riccardo Puntoni
Istituto
Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova
Gli epidemiologi dell’Ist di Genova hanno dimostrato, per la prima
volta al mondo, che una forte esposizione a polvere di nerofumo è in grado di
provocare tumori alla vescica nell’uomo. Lo studio, pubblicato su Lancet
(agosto 2001), è stato effettuato a seguito della richiesta di risarcimento
all’INAIL di 19 lavoratori portuali colpiti da tumore alla vescica, tra il
1990 ed il 1999.
I lavoratori erano stati addetti al carico-scarico di merci varie nel
porto di Genova tra il 1947 ed il 1963. In tale periodo, nel porto di Genova, lo
scarico del nerofumo veniva effettuato manualmente. Il nerofumo, o “carbon
black”, era contenuto in sacchi di carta, e veniva sbarcato a mano, i sacchi
venivano poi caricati su camion o carrozze ferroviarie, sempre a mano. I sacchi
perdevano polvere nera, e talvolta si rompevano; i lavoratori erano sempre
ricoperti di tale polvere, finissima ed untuosa, per l’intero turno di lavoro.
I risultati della ricerca hanno evidenziato un raddoppio del numero dei
tumori alla vescica.
Il principale uso del nerofumo è nell’industria della gomma
(copertoni). Fino ad oggi erano stati riportati casi in eccesso di tumori alla
vescica fra i lavoratori di tale industria, ma non se ne conosceva la causa.
Cos’è
il nerofumo? E’ talvolta confuso con
la fuliggine, ma è un materiale composto di carbone polverizzato prodotto da
una pirolisi controllata di idrocarburi. Vi sono differenti tipi di nerofumo con
un ampio raggio di dimensioni nelle particelle che lo compongono e con
differente composizione chimica. Ad es. il benzene, noto cancerogeno, può
essere presente dallo 0.001% fino al 1.7%. Situazione analoga per altri
componenti cancerogeni, quali la cenere, il toluene, gli idrocarburi policiclici
(PAH), quali il benzopirene, il benzoantracene, i nitroderivati.
Dal
punto di vista chimico-fisico possiamo dire, senza rischio di essere smentiti,
che esiste la plausibilità biologica riguardo al rischio di tumori polmonari,
vescicali, della bocca e delle alte vie respiratorie.
Nella
classificazione delle sostanze cancerogene della IARC, il carbon blake era
considerato non classificabile come cancerogeno per l’uomo, in quanto i dati
epidemiologici erano ancora inadeguati.
Usi
del Nerofumo. Il principale uso del nerofumo, circa il 90% è nella
produzione della gomma, comprese le gomme per auto. Viene impiegato come
colorante nel toner, inoltre nella produzione di cavi, funi metalliche, di
elettrodi per saldatura, inchiostri, prodotti per tipografie. Nell’editoria e
cartotecnica, nelle industrie poligrafiche, nelle confezioni di abbigliamento e
calzature, concia, preparazione, trattamento e rifinitura di pelli, produzione
di pitture e vernici e di elettrodomestici e nell’industria petrolchimica. E'
possibile trovare il nerofumo in vendita nei negozi di colori e vernici.
Effetti cancerogeni: gli studi epidemiologici. Vi sono pochi studi effettuati sui lavoratori esposti al nerofumo e questi riguardano in genere gli addetti alla produzione e l’esposizione inalatoria, con il susseguente rischio di tumore polmonare. Estremamente carente è il settore che riguarda le esposizioni cutanee e quello dei tumori delle vie urinarie (rene e vescica).
I
lavoratori del porto di Genova affetti da tumore alla vescica, che avevano
lavorato fra il 1950 ed il 1960, scaricando sacchi di carta contenenti nerofumo,
sono stati esposti a dosi elevate di polvere, principalmente per via cutanea,
per via orale ed inalatoria.
Gli
studi precedenti. Numerosi quelli condotti su
lavoratori dei settori industriali ove il carbon black è presente. Uno studio
del 1981 (J. Occup. Med.) registra un elevato rischio di tumori alla
vescica fra i lavoratori dell’industria della gomma negli USA. Si dice però
che non è noto il fattore chimico causale. Un altro studio, in Gran Bretagna (J.
Natl. Cancer Inst. , 1984), rileva un eccesso di tumori alla vescica fra
lavoratori con alta esposizione agli inchiostri delle tipografie.
Numerosi altri studi sui tumori alla vescica riportano rischi in attività
dove il carbon black era presente, ma questo non viene mai considerato come il
fattore responsabile.
L’indagine
sui tumori alla vescica fra i lavoratori del porto di Genova. I
ricercatori dell’Ist hanno analizzato la mortalità e l’incidenza dei tumori
fra 6470 scaricatori genovesi per 12 anni. Per avere un idea delle dimensioni
dello studio, è come se si fossero studiate le cause di morte di 59.498
soggetti per un anno e l’incidenza dei tumori su 58.000 soggetti per un anno.
Lo
studio è stato ristretto ai soggetti “sicuramente” risultati residenti a
Genova. La mortalità osservata è stata confrontata con quella della Provincia
di Genova nello stesso periodo di tempo fra soggetti maschi della stessa età
dei portuali. Il numero di tumori osservati sono stati confrontati con quelli
del Registro Tumori di Genova nello stesso periodo, anch’essi per i maschi
della stessa età.
Inoltre,
si sono divisi i soggetti fra quelli assunti prima e dopo il 1957, in quanto,
dopo quella data l’attività di scarico del nerofumo si è notevolmente
ridotta. Negli anni successivi, si sono modificate anche le modalità di
imballaggio del prodotto, non più trasportato in sacchi di carta, soggetti a
rotture, che causavano agli scaricatori una notevole esposizione trans-cutanea.
I
lavoratori sono stati suddivisi in tre gruppi, allo scopo di scorporare una
sottogategoria di soggetti maggiormente esposti al nerofumo.
Nei 12 anni considerati, si sono registrati 375 decessi per tumore (tutti i tipi), rispetto a 302 decessi attesi. Quindi, la mortalità per neoplasie nei portuali risulta aumentata del 24% rispetto a quella della popolazione genovese maschile della stessa età.
Riguardo
all’incidenza, a 673 portuali era stata diagnosticata una neoplasia nel
periodo oggetto dello studio. I casi attesi erano 596 : pertanto, l’incidenza
è risultata più elevata del 12% rispetto ai genovesi maschi della stessa età,
e quindi statisticamente significativa.
Per
i tumori alla vescica, poi, si è effettuata un’analisi specifica a seconda
delle mansioni. La più colpita è risultata proprio quella che concerneva
direttamente lo scarico, con 10 decessi rispetto a 4.8 attesi. Nessun rischio
appare presente per le altre mansioni.
Si
osserva peraltro che occorrono più di 30 anni dall’assunzione, affinché il
soggetto risulti deceduto per un tumore alla vescica. Ciò è dovuto al tempo di
latenza, che, per tale neoplasia, è molto elevato. Molti soggetti si ammalano e
sopravvivono spesso per oltre 10 anni (molti giungono anche a guarigione).
In
conclusione, l’eccesso di casi osservato fra i lavoratori si è verificato
solo fra quelli addetti allo sbarco e solamente fra i soggetti assunti prima del
1958. Dopo questa data, si è ridotta moltissimo l’esposizione alle polveri di nerofumo, essendosi modificate le
modalità di trasporto (non più sacchi di carta, ma recipienti chiusi e
container)
Attualmente a Genova, i lavoratori del porto esposti a nerofumo durante
la loro precedente attività lavorative ed affetti da neoplasia vescicale hanno
visto riconosciuto il diritto al risarcimento, prima negato.
Ci auguriamo che questo studio sia utile per la prevenzione delle
neoplasie vescicali negli ambienti di lavoro e per l’emanazione di adeguate
normative di legge.