Storia della Legione Straniera
3^ parte ( 1944-1997)
Gli uomini della 13^ DBLE, ricostituita e rafforzata sia nel personale che negli
equipaggiamenti, si imbarcarono per l'Italia alla fine di aprile del 1944. Arrivarono
tardi per lo svolgimento della campagna, e lo sapevano: per questo erano desiderosi di
guadagnare il tempo perduto altrove.
Il Gen. Juin ne diede loro l'opportunità. Dal 13 al 22 maggio, da San Giorgio al Liri, la
Legione era già nel pieno della battaglia, tesa a spezzare le successive linee tedesche.
Entro il 25 maggio era cosa fatta: la strada per Roma era aperta. Dopo una breve sosta
nella Città Eterna, la 13^DBLE ritornò al fronte, il 15 giugno. Due giorni dopo
fronteggiò nuovamente il nemico, dinanzi a Radicofani. Questa battaglia fu coronata da
una difficile ma decisiva vittoria. Il lago di Bolsena era ormai a portata di mano, e il 3
luglio i francesi fecero il loro ingresso a Siena.
Un mese prima, il 6 giugno, gli inglesi e gli americani erano sbarcati in Normandia: era
del tutto chiaro che sarebbe stata quella francese la vera campagna di liberazione che
avrebbe portato alla vittoria finale.
Il 6 agosto al 13^DBLE sbarcò a Cavallaire nel sud della Francia. Il giorno successivo
ripulì la zona delle saline di Hyères e di Carqueiranne, facendo più di 300
prigionieri. Dopo la liberazione di Tolone, i Legionari intrapresero una corsa disperata
verso nord, in direzione di Autun, dove catturarono una colonna di 3.000 tedeschi. (Poco
dopo aver raggiunto Belfort, la 13^ si "incorporò" un intero Battaglione di
Russi di Wlassow fino ad allora nei ranghi della Wehrmacht).
Alla fine di dicembre 1944, la 13^DBLE, il ricostituito Reggimento di Marcia della Legione
Straniera (RMLE) ed il 1° REC, che facevano te della 5° Divisione Corazzata, furono
fermati nella loro corsa verso la Germania a mandati a ridurre alla ragione le ostinate
sacche di resistenza tedesca, che mantenevano posizioni sulla costa atlantica. Nel
ritornare in Alsazia, la Legione prese parte alla difesa di Strasburgo e successivamente
alla presa di Colmar. Ogni più piccolo villaggio in Alsazia divenne campo di battaglia,
da conquistarsi corpo a corpo. La Wehrmacht resistette ostinatamente, per proteggere il
fronte occidentale del Reich. Il 27 gennaio 1945 Colmar fu liberata. La campagna d'Alsazia
era terminata, ma fu subito seguita da quella che si sarebbe aperta in primavera per la
conquista della Germania.
La Legione tirò avanti, conseguendo nuove vittorie a Karlsruhe, Pforzeim e Stoccarda; ma
la grande cavalcata volgeva ormai al termine. Il 25 aprile i Legionari giunsero sulle rive
del Danubio; si spinsero fino al Lago di Costanza, e a Fridrichsshafen catturando
un'intera guarnigione di 1.250 uomini senza sparare un colpo. Il 6 maggio, il 1°
Battaglione del RMLE giunse all'Alberg: non andò oltre, la Germania si era arresa.
La gloria venne a Parigi, con la grandiosa parata del 18 giugno 1945. Nei giorni che
seguirono, i Reggimenti della Legione cominciarono gradualmente a ritornare in Nord
Africa; speravano in un meritato riposo, ma erano destinati a non ottenerlo.
Un'altra guerra li aspettava, a 7.500 miglia lontana, in Indocina.
La tempesta che aveva dilaniato la vecchia Europa per cinque anni, non aveva
risparmiato neppure il lontano oriente. Alleato dell'Asse, il Giappone, dalla Corea
attraverso l'Indonesia, la Cina, Birmania e Malesia era saltato addosso all'Asia
meridionale. Nel 1940, alleata del Giappone, la Tailandia, aveva tentato una conquista su
larga scala della Cambogia, alla quale si opposero vigorosamente le forze francesi, prima
affondando la flotta tailandese, e poi mantenendo i confini dell'Impero francese intatti.
Il Giappone vittorioso, impose la sua "mediazione", obbligando la Francia ad
accettare l'anessione delle provincie della Cambogia occidentale. Il territorio fino
all'alto Mekong, nel Laos, fu passato alla Tailandia.
La Legione era sempre stata presente nella regione sin dalle conquiste del secolo
precedente. Dal 1930, le sue unità erano state raggruppate in un unico Reggimento, il 5° R.E.I., il più importante raggruppamento di truppe europee in
tutto il territorio. Il suo posto abituale di guarnigione era nell'alto Tonkino, sul delta
del Fiume Rosso. Dall'invasione tailandese, un Battaglione venne destinato più a sud,
dove avrebbe contrastato e respinto l'attacco nemico.
In quel periodo, lungo la frontiera cinese a nord dell'alto Tonkino, la presenza
dell'Armata di Canton dell'Imperatore del Giappone si faceva pesantemente sentire. I
giapponesi si mossero verso sud, ricadendo sulla guarnigione di Lang Son e su parecchie
altre posizioni in mano alle truppe coloniali francesi, inclusa Dong Dang. Nella speranza
di spingersi oltre, i giapponesi, avanzarono fino al Passo di Dong Mo, difeso dal 5° REI
con tre Battaglioni. L'atteso scontro non ebbe mai luogo. L'Ammiraglio Decoux infatti
firmò un Protocollo, in qualità di Comandante in Capo, che avrebbe escluso, almeno
temporaneamente, l'Indocina dagli orrori di una dura occupazione. La forza francese in
Indocina era infatti scarsa e dotata di equipaggiamenti ormai antiquati. La sua unica
risorsa stava nella qualità dei combattenti.
Questa qualità sarebbe stata messa a dura prova il 9 marzo 1945, quando i giapponesi
sferrarono un attacco a sorpresa in tutta la penisola, annientando in poche ore le forze
francesi. A Ha Giang i Legionari di guarnigione furono massacrati prima ancora di potersi
arrendere. A Lang Son, il Plotone Motorizzato del S.Ten. Duronsoy fu letteralmente
annientato. A Tong, i Legionari catturati furono decapitati sommariamente con le sciabole.
Fortunatamente, tre Battaglioni del 5° REI riuscirono a ricongiungersi, e con l'aiuto di
reclute locali, ad intraprendere una ritirata verso i territori più sicuri della Cina.
Durò due mesi, e sarebbe entrata nella leggenda della Legione come la "marcia della
morte".
Il 15 agosto 1945 il Giappone si arrese. Le truppe francesi erano già in viaggio per
raggiungere l'Indocina con l'intenzione di cacciare i giapponesi. Al contrario, essi si
trovarono a fronteggiare un'insurrezione popolar-nazionalista, in parte organizzata dai
comunisti di Ho Ci Minh e Vo Nguyen Giap. Questa guerra si sarebbe trascinata per altri
nove anni.
Raccontarla in poche righe è chiaramente impossibile. Il coinvolgimento della Legione in
quella guerra fu profondo, dato che il 40% di tutte le truppe che vi presero parte
proveniva da essa. Anche i dati delle perdite parlano da soli: 309 Ufficiali, 1.082
Sottufficiali e 9.092 Legionari persero la vita nella campagna Indocinese. Mai, dalla sua
creazione, la Legione Straniera aveva schierato sul campo un così alto numero di uomini.
C'erano quattro Reggimenti di Fanteria, un Reggimento di Cavalleria Corazzata con i suoi
Gruppi Anfibi aggregati, due Battaglioni di Paracadutisti, il tutto senza contare le
numerose Compagnie indipendenti del Genio, Trasporti, Manutenzione, Rifornimenti Aerei;
circa 30.000 uomini in tutto.
Il 5° REI, stremato dai combattimenti e senza aver avuto rinforzi sin dal 1940, lasciò
l'Indocina per un pò, e fu rimpiazzato dal 2° R.E.I., stanziato
nel centro dell'Annam. Le prossime unità ad arrivare sarebbero state la 13^ D.B.L.Eed il 1° R.E.C..
Il 3° R.E.I. che seguì presto, non era altro che il R.M.L.E. della 2^
Guerra Mondiale.
Dopo la ricostituzione in Algeria, il 5° REI ritornò nel 1949. Tutti questi Reggimenti
schierarono, due, tre e fino a cinque Battaglioni ciascuno; secondo l'idea del Gen. De
Lattre di costituire un efficiente Esercito Vietnamita, essi si dotarono di Battaglioni
reclutati fra le truppe locali, comandati da Ufficiali della Legione. Nel 1948 venne
formato il 1° Battaglione Straniero di Paracadutisti (1° B.E.P.)
subito seguito dal 2° B.E.P.. Questi due Battaglioni si sarebbero
ben presto coperti di gloria.
Dal 1947, il 3° REI prese parte alla riconquista delle regioni alte del Tonkino, Lang
Son, Dong Khe e Bac Khan. Laggiù si insediò, costruendo avamposti e tranquillizzando le
popolazioni terrorizzate, e la cui vita dipendeva dal Reggimento e dalla sua protezione. I
Viet-Minh reagirono attaccando gli avamposti. Alcuni di questi caddero, molti altri
resistettero. Fu il caso di Phu Tong Hoa dove, il 15 luglio 1948, i 104 Legionari della
2^Compagnia, guidati dal Cap. Cardinal, rintuzzarono gli attacchi di due reggimenti nemici
per oltre nove ore. Il mattino seguente, i sopravvissuti contrattaccarono e ripulirono
l'avamposto. Due Ufficiali e 21 Legionari furono uccisi, ma come i loro predecessori a
Tuyen Quang, la guarnigione riuscì a schierare una Guardia d'Onore perfettamente
equipaggiata per presentare le armi alla colonna di rinforzo, finalmente arrivata.
Dopo il gennaio 1950, la disfatta delle forze nazionaliste cinesi di Chiang-Kai-Sheck
lasciò libero l'ingresso all'Esercito della Cina Popolare in Indocina. Da quel momento i
Viet-Minh godettero di arsenali e protezioni fuori dalla portata dei francesi. I comunisti
approfittarono di questa situazione per creare unità regolari, in parte equipaggiate con
materiali abbandonati dai nazionalisti cinesi, ed in parte dotati di equipaggiamento
americano catturato in Corea dai Cinesi rossi. Era chiaro ormai che la pressione del
nemico si sarebbe fatta sentire lungo la catena di piccole fortificazioni sparse
attraverso la zona di frontiera, lungo la linea della vecchia Strada Coloniale n°4
(R.C.4), tra Lang Son e Cao Bang.
La crisi si aperse nell'ottobre 1950. Al 3° REI venne ordinato di abbandonare Cao Bang e
di ritirarsi lungo la R.C.4 per congiungersi con la colonna di supporto che si stava
muovendo verso ovest per l'incontro.
Questi ordini non tenevano conto del Gen.
Giap. Egli preparò una gigantesca imboscata,
nelle ripide colline coperte da giungla selvaggia che dominano ogni curva dell'R.C.4, nel
suo percorso a serpente verso sud-est. Circa 30.000 uomini furono destinati a questa
operazione, dieci volte la forza totale disponibile dei francesi. Quando, il 1° ottobre
1950, l'ordine di lasciare Cao Bang raggiunse il III°/3° REI, il Battaglione partì in
realtà per un massacro. La cosiddetta "colonna di rinforzo" era già in guai
seri più a sud: attaccata da più parti, venne circondata in un tratto di foresta presso
Coc Xa, nonostante l'insperato aiuto dei paracadutisti del 1° BEP. Entro la notte dell'8
ottobre, quasi tutta la forza francese fu messa fuori combattimento. Tra i caduti c'era
anche il Comandante FORGET, una delle più grandi figure del 3° REI, come pure il Cap.
SEGRETAIN, l'eroico comandante dell'annientato 1° BEP.
Nel gennaio 1951,
incoraggiato da questo successo, Giap sperò di prendere Hanoi, capitale
del Tonkino. Ma si scontrò con un uomo più forte di lui: il Gen. De Lattre. Egli radunò
tutte le sue unità migliori presenti in Indocina, ed in particolar modo la 13^ DBLE, per
contrastare le mosse di Giap e Vinh Yen. Il 1951 portò una successione di vittorie. Giap
fu sconfitto tre volte: a Mao Khe dove si trovò a fronteggiare i carri e i Legionari del
5° REI; sul fiume Day, dove incontrò la 13^ DBLE ed infine a Nghia Lo, nell'ottobre
1951, dove fu la volta dei parà del 2° BEP. L'inverno che seguì fu testimone della
grande battaglia di Hoa Binh, nel corso della quale si distinsero sia la 13^ DBLE che il
5° REI.
Nell'ottobre 1952 Giap abbandonò le sue ambizioni di occupazione delle regioni alte; si
concentrò a sud, occupando la catena di Nghia Lo, tra il fiume Rosso e il fiume Nero.
Reso euforico da questa vittoria, lanciò una delle sue Divisioni contro una base aerea
francese, isolata, a Na San. L'attacco prese le mosse alla fine di novembre 1952. I
comunisti assaltarono la postazione 24, ignari della presenza del 3° REI che la teneva, e
che fin da Cao Bang aveva con loro un conto in sospeso. Tre giorni di lotta sanguinosa
portarono ai Legionari vendetta e vittoria.
Un anno più tardi, i francesi iniziarono la costruzione di una guarnigione più grande a
Dien-Bien-Phu. Le unità di paracadutisti che tentarono, nel novembre 1953, di occupare
questa conca circondata da colline, comprendevano il 1° BEP e una nuova Compagnia di
Paracadutisti dotati di mortai da 120mm. Alla vigilia dell'attacco nemico, nel marzo 1954,
cinque dei dieci battaglioni presenti a Dien-Bien-Phu erano forniti dalla Legione: il
I°/13^DBLE, il III°/13^DBLE, il I°/2°REI, il III°/3°REI ed il 1°BEP.
Alle 5 del pomeriggio del 13 marzo, Giap lanciò la sua offensiva. Egli schierò tre
Divisioni di Fanteria( la 308, la 312 e la 316) e una Divisione di Artiglieria al completo
(la 351): circa 50.000 uomini in complesso, assistiti da un numero di ausiliari valutato
tra 75-100.000. La Guarnigione che lo avrebbe contrastato, contava su poco più di 11.000
uomini, compresi i non combattenti. Il primo Battaglione ad essere attaccato fu il
III°/13^DBLE sotto tiro dalla postazione "Beatrice". In poche ore il
Battaglione perse tutti i suoi Ufficiali, compreso il Comandante Pègot e il Cap. Pardi.
Il Col. Gaucher li avrebbe seguiti poco dopo. All'una del mattino seguente, sommersi da
una marea di nemici, i 250 sopravvissuti di "Beatrice" furono travolti. I giorni
che seguirono non furono migliori: nonostante lanci di parà lungo il perimetro ad opera
di altri cinque Battaglioni, compreso il 2°BEP e numerosi volontari senza addestramento
che vennero a combattere al fianco dei loro camerati, la guarnigione di Dien-Bien-Phu fu
costretta a cessare il fuoco il 7 maggio 1954. L'ultima unità rimasta a combattere
sarebbe stata il III°/3°REI, alla postazione "Isabella", travolta anch'essa
all'alba dell'8.
All'inizio del settembre 1954 a Tuyen Quang, vicino al monumento eretto agli eroi
dell'assedio del 1885, un Commissario Politico Viet-Minh annunciò ad un gruppo di
Legionari prigionieri di Dien-Bien-Phu: " la prossima fase della decolonizzazione
sarebbe partita dal Nord Africa". Diceva nient'altro che la verità.
Fin dal 1 novembre 1952, gruppi armati del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) avevano
compiuto azioni terroristiche nella regione di Costantina: la guerra d'Algeria era
incominciata, e sarebbe durata sei anni e mezzo.
Non appena scesi dalla nave provenienti dall'Indocina, i Legionari si trovarono
immediatamente nel bel mezzo di questa nuova guerra. Essa rivestiva un significato
particolare per loro, dato che avrebbero combattuto per difendere la loro terra. La forza
complessiva della Legione era pressappoco quella presente in Indocina, meno le truppe
ausiliarie vietnamite, lasciate nei paesi d'origine.
Il 1° R.E.
continuò a fornire i servizi di magazzinaggio ed addestramento per l'intera
Legione, nei suoi centri di Sidi-bel-Abbes, Saida e Mascara. Le altre unità coinvolte
erano il 2°,3°,4° e 5° REI, insieme alla 13^ DBLE. I due Battaglioni di paracadutisti
furono subito riorganizzati e denominati come Reggimenti 1° e 2° R.E.P. C'erano anche il
1° e 2° R.E.C. e le quattro Compagnie Motorizzate del Sahara (C.S.P.L.E) con il compito
di perlustrazione sulle sabbie ricche di petrolio dell'estremo sud. La forza complessiva
era di 20.000 uomini.
In termini generali, la guerra d'Algeria sarebbe consistita in una successione di piccoli
scontri con bande armate, che avrebbero occasionalmente interrotto la monotonia delle
lunghe marce di settimane, oppure scorribande o imboscate alla ricerca di informazioni
tattiche. Con poche eccezioni non ci furono "battaglie", i cui nomi sarebbero
stati scritti negli annali di storia, come era invece capitato in Indocina. Una di queste
eccezioni fu la battaglia "delle frontiere" nel corso della quale, nei pressi di
Souk Ahra nell'aprile 1958, il Col. Jeanpierre, comandante del 1° REP, venne ucciso.
Nonostante le truppe nemiche dimostrassero una qualche organizzazione nei primi mesi della
guerra, esse non riuscirono mai a schierare forze di combattimento analoghe a quelle del
Gen. Giap dal 1950 in poi. La Legione e altre unità francesi si sarebbero invariabilmente
scontrate contro gruppi FLN di piccola entità, raramente più numerose di una
"Katiba", una forte compagnia composta da 150/180 "Fellagha". Dopo
l'operazione su larga scala del Gen. Challe nel 1959, i francesi non incontrarono mai, che
i resti delle bande armate, forzate nuovamente a ritornare ad azioni terroristiche come
prima del 1955.
Il territorio algerino presentava incomparabili difficoltà per il soldato. La provincia
di Orano rimase calma per lungo tempo, e la maggior parte delle schermaglie ebbero luogo
nell'estremo orientale del paese, particolarmente in tre zone principali: i Massicci di
Aurèe e Nementchas, al limite del Sahara, dove il 1° REP, il 1° REC ed il 4° REI
combatterono successivamente, ela zona di frontiera da Bona fino a Khenchela, dove il 2°
REP e il 2° REC operarono. Il "triangolo" della penisola di Collo-Djidjelli era
la terza zona, fittamente boscosa, tagliata da canaloni e zeppa di grotte dove i ribelli
trovavano rifugio ideale. Questa zona sarebbe stata pertinenza del 3° REI dal 1956 in
poi.
A ovest verso Orano e Mostaganem, il 5° REI fece base a Arzew, mentre il 2° REI
combatteva a sud dopo il rientro nel 1956 da una spedizione in Marocco. Per i sei anni
seguenti, i kepì bianchi e i baschi verdi sarebbero stati insieme ovunque nel paese. Alla
fine della guerra, la Legione aveva perso 65 Ufficiali, 278 Sottufficiali e 1.633
Legionari. Furono perdite forse di un quinto rispetto a quelle dell'Indocina, ma
l'abbandono dell'Algeria sarebbe stato disastroso per la Legione. Fu una amara e lacerante
esperienza ela sensazione generale fu che non si era fatto abbastanza per conservare
l'Algeria. Non c'era certo stata mancanza di coraggio umano, ma semmai di volontà
politica.
Nel 1961, quando l'imminente abbandono dell'Algeria divenne ormai inevitabile, la Legione
si pose duri interrogativi sul vero significato delle parole iscritte sulla sua bandiera
"ONORE E FEDELTA'". L'ammutinamento che scoppiò nell'aprile di
quell'anno coinvolse, oltre ad altre unità, il 1° REP che fu, il 30 Aprile , giorno di Camerone, sciolto per la terza volta.
Nel 1962 l'esercito francese lasciò l'Algeria per rientrare in Francia. La Legione
Straniera non aveva altra dimora che Sidi-bel-Abbes. Si trovava nello stesso dilemma che
attanagliava il milione di algerini europei allontanati dal loro paese di nascita: Senza
famiglia, senza radici. Più di qualunque altro gruppo, la Legione aveva costruito
l'Algeria, e vi aveva impresso il suo marchio. La più bella illustrazione di questo
sentimento è forse l'iscrizione lasciata sui muri di Djenien Bou Regz dai Legionari della
6^ Cmp. Motorizzata del 2° REI, prima di lasciare gli edifici agli algerini: "Soldati
dell'Esercito Nazionale del Popolo, il campo di Djenien Bou Regz è opera degli uomini
della Legione Straniera. Mantenete questo bene di valore, intatto per la vostra Patria.
Ciò sarà a testimonianza della nobiltà dell'Uomo".
Per altri quarant'anni, ormai la Legione ha continuato a vivere. Ai quattro angoli della
terra, i Legionari continuano a compiere l'una o l'altra delle loro grandi missioni:
battere sentieri, aprire nuove strade, costruire installazioni di ogni tipo e sviluppare
le campagne. Nella Guyana Francese il 3° REI, erede del famoso
RMLE delle due guerre mondiali, ha concluso ormai il suo sforzo titanico di aprire la
"Route dell'Est" attraverso la giungla. Nelle isole del Pacifico, il 5° R.E.ha costruito il poligono nucleare di Mururoa: il gagliardetto
sulla tromba de Reggimento reca ancora il motto "Reggimento del Tonkino". A
Gibuti, la 13^ DBLE, la stessa di Narvik, Bir Hakeim e
Dien-Bien-Phu, garantisce quasi esclusivamente con le proprie forze la sicurezza della
Repubblica dei Somali. Sia che essa si trovi a Mayotte, in Corsica, a Aubagne o nel Pacifico, essa costruisce. Nello spirito dei padri, la Legione costruisce
tutto, affinchè duri per sempre, gettando in questo modo le fondamenta del domani. Forse
quel futuro porterà la guerra: la Legione è pronta. I suoi Reggimenti hanno provato in
molte occasioni, durante gli ultimi trenta anni, di essere le migliori truppe del mondo.
Questo è stato dimostrato soprattutto a Kolwezi; ed è stato dimostrato nel Ciad.
Nel 1969 il Governo Legale del Ciad, allora composto da popolazioni etnicamente diverse
e non musulmane, era in lotta contro due movimenti ribelli, ispirati e alimentati
dall'esterno del paese. Uno di questi movimenti era operante lungo la frontiera orientale
del Ciad, e l'allora Presidente Tombalbaye lo accusava di operare da basi sudanesi.
L'altro movimento, costituitosi attorno ad un gruppo tribale conosciuto come Tubu, era
più attivo nel Sahara centrale. I suoi movimenti si estendevano fino ai confini con la
Libia, accerchiando praticamente i massicci di Ennedi e Borkou, desolati lastroni nel
mezzo del deserto.
Tra aprile e settembre 1969, tre Compagnie del 2° REP lasciarono
Calvi (la base corsa) in direzione di Forte Lamy, al comando del Col. Lacaze. Essi furono
accompagnati da una Compagnia Motorizzata (C.M.L.E.), formatasi con personale non
paracadutista della Legione, e comandata dal Cap. Aubert. Queste quattro Compagnie,
raggruppate in due Gruppi di Combattimento, "Chassenet" e "Malaterre",
stabilirono basi nella boscaglia a Mongo e Am-Timan, nelle zone operative dei ribelli. Una
motorizzazione con veicoli fuoristrada, unitamente al trasporto con elicotteri,
caratterizzò queste unità di grande efficienza e mobilità in una missione che avrebbe
facilmente potuto diventare confusa e incoerente. Vigilanza e precise informazioni erano
essenziali.
Poco a poco le bande ribelli vennero logorate; le incursioni del nemico divennero sempre
più rare, sia lungo le rive del Chari che nelle valli degli affluenti orientali. I
Legionari furono costretti a operare in un ambiente cespuglioso, o di bassa savana; paludi
e sentieri fangosi con un clima caldo e umido. Le loro continue necessità operative
comunque non impedirono di rinfrancare i legami con le genti locali, abitanti in villaggi
di paglia, ormai abituate a vedere soldati francesi da trent'anni.
Con l'inizio del 1971, le zone del centro e del sud del Ciad si potevano considerare
pacificate: l'attenzione dell'Alto Comando ora si concentrava al nord. La "caccia
alla volpe" era terminata; ora si trattava di snidare un grosso cinghiale dalla sua
tana. Le spesso impari schermaglie dell'anno precedente furono presto dimenticate nei
violenti scontri con intere bande armate, che dovettero essere inseguite fin nei loro
nascondigli sui pendii rocciosi delle colline. La maggior parte delle perdite subite dalla
Legione in Ciad si verificarono durante queste azioni. Nel dicembre 1971 il CMLE e il 2°
REP ritornarono in Corsica: la loro missione era compiuta con con completa soddisfazione.
del Presidente Tombalbaye. Ciononostante, nel 1978, il Ciad si trovò nuovamente ad essere
lacerato da disordini tali, che l'aiuto francese fu chiesto ancora una volta, in nome
degli accordi di cooperazione militare già sottoscritti.
Il secondo intervento francese in Ciad ebbe inizio nel gennaio 1978, con l'invio di alcuni
elementi della 9^ Divisione di Fanteria di Marina, e dell'11^ Divisione Paracadutisti, fra
i quali vi erano 25 Ufficiali e Sottufficiali del 2° REP. Nel quadro dell'Operazione
"Tacaud", Parigi schierò progressivamente oltre 2.000 uomini, appoggiati da
elicotteri da combattimento e cacciabombardieri Jaguar.
La prima azione di rilievo a cui prese parte la Legione venne condotta il 20 maggio, dal
1° Squadrone "Ivanoff" del 1° REC, giunto in Ciad due mesi prima. Appoggiate da elementi
del 2° REP e dai Fanti di Marina del 3° RMa, le autoblindo AML60 e AML)=
del Cap. Ivanoff riuscirono, dopo trenta ore di feroci
combattimenti, a riprendere Ati caduta in mano ai ribelli il 18 maggio. Pochi giorni dopo
questo primo duro scontro, che costò al Frolinat (Fronte di Liberazione Nazionale del
Ciad) oltre 120 morti, il 1° Squadrone si distinse di nuovo durante la riconquista di
Djedda, piccola località situata a 50 Km. da Ati, dove si erano attestate importanti
forze ribelli. La serie di rovesci costrinse il Frolinat a ritirarsi ancora più a nord.
Altri tre Squadroni del 1° REC ed alcune Compagnie del 2° REI
vennero via via a rinforzare il dispositivo francese in Ciad che, a partire dall'estate
1978, copriva Ndjamena, Ati e Abeche.
Tuttavia, mentre i francesi continuavano le operazioni di sorveglianza e di pattugliamento
nel deserto, la situazione nella capitale andava rapidamente deteriorandosi. Le forze del
Generale Malloum entrarono in contatto con quelle del Primo Ministro Habre e, nel febbraio
1979, i combattimenti sconvolsero Ndjamena. I Legionari presenti sul posto ricevettero
l'incarico di proteggere i cittadini francesi e stranieri, residenti nella capitale, con
l'esplicito divieto di partecipare ai combattimenti che opponevano le due fazioni locali.
Il 23 marzo 1979, in seguito all'Accordo di Kano, Malloum e Habre furono costretti a
dimettersi e al loro posto si insediò un Consiglio di Stato provvisorio, capeggiato da
Gukuni. Per i Legionari il secondo intervento in Ciad si concluse nel settembre 1979.
Il 10
agosto 1983 scattava, con l'Operazione "Manta", il terzo intervento
francese in Ciad. Questa volta fu Habre, che nel giugno 1982 aveva cacciato Gukuni dal
potere, a chiedere aiuto a Parigi. Alcune settimane prima le forze di Gukuni, appoggiate
dai libici, si erano impadronite delle principali località del nord. L'intervento
francese consentì di stabilizzare il fronte all'altezza del 15° parallelo, una
"linea rossa" che tagliava il Ciad in due zono d'influenza, e che veniva
considerata da Parigi come il massimo limite tollerabile dell'espansione libica verso sud.
Il 2° REP, arrivato in Ciad nel gennaio 1984, stabilì la sua base principale a Biltine,
a 150 Km. dal confine sudanese, mentre alcuni elementi avanzati vennero schierati ad
Arada, piccola oasi situata a 80 Km più a nord. Uno Squadrone del 1° REC, installato ad
Ati, al centro del dispositivo francese, venne tenuto in allarme pronto ad intervenire in
caso di attacco.
Anche se la tensione continuava a covare sotto la sabbia, i Legionari non ebbero
l'occasione di dimostrare le proprie capacità, poichè l'Operazione "Manta" si
concluse senza scontri importanti. La permanenza della Legione in Ciad finì nel maggio
1984.
Oggi i reparti della Legione sono impegnati, a rotazione, in turni di permanenza in Ciad,
anche se, dopo le pesanti sconfitte delle forze libiche del 1987, la minaccia proveniente
dal nord, è pressochè scomparsa.
All'alba del 13 maggio 1978, la città mineraria di Kolwezi, nella provincia
meridionale dello Zaire, fu dilaniata da uno scoppio di furia violenta che i tremila
residenti bianchi credevano ormai retaggio solo del passato. La secessione del Katanga
scatenata da Moise Tschombe era un vago ricordo, e il Governo centrale faceva sentire la
sua presenza autoritaria per mezzo delle truppe dell'Esercito regolare dello Zaire. Ma non
appena venne aperto il fuoco, in quell'alba tragica, i soldati regolari si dileguarono,
lasciando la popolazione bianca e nera nelle mani dei ribelli, le "Tigri del
Katanga". Erano giunti dalla vicina Angola, a riconquistare la loro provincia. Erano
armati sino ai denti, ma non si erano curati nè di tattiche nè di strategie. Misero
semplicemente Kolwezi a sacco, bruciando i negozi, saccheggiando le abitazioni, bevendo
tutto ciò che trovavano, violentando e assassinando indiscriminatamente.
A Kinshasa i direttori della compagnia mineraria Gecamines furono informati della
situazione a Kolwezi da comunicazioni disperate. All'inizio, essi semplicemente pregarono
che i ribelli se ne andassero. Quando questa speranza si rivelò vana, si rivolsero ai
Colonnelli Gras e Larzul, rispettivamente Assistente Tecnico e Attacchè militare
dell'Ambasciata francese. Essi passarono subito la richiesta di aiuto alle potenze
occidentali, che studiarono un progetto di salvataggio, con un contingente di truppe
dall'Europa. Il 17 maggio, ormai convinta che gli europei residenti a Kolwezi erano in
grave pericolo di vita e spazientita davanti alle tergiversazioni del governo belga, la
Francia decise di intervenire.
Il 2° REP di stanza a Calvi in Corsica venne messo in allarme. Le
Compagnie disperse in esercitazioni, ed i singoli Legioanri in permesso, furono richiamati
all'istante. Il Comandante Col. ERULIN annunciò che il Reggimento era pronto al
combattimento. Ricevette gli ordini di movimento alle 01,30 del mattino del 18 maggio:
l'Operazione "Leopard" aveva inizio.
Un'enorme distanza separava l'aeroporto di Solenzara, in Corsica, dalla provincia di
Shaba: ci volevano otto ore di volo per raggiungere Kinshasa, e da li altre quattro per il
trasporto dei parà fino a Kolwezi con gli aerei da lancio. Il tempo disponibile per
preparare l'operazione fu ridotto all'osso: anche la più piccola fuga di notizie circa il
lancio imminente avrebbe infatti scatenato il massacro degli europei. Alle 23,30 del
medesimo giorno, il Col. Erulin era a Kinshasa. Senza troppo rispetto per il piano di volo
originale, gli altri cinque DC-8 con a bordo 650 paracadutisti arrivarono via via nel
corso della notte. La forza sul campo comprendeva un Plotone da Ricognizione, un Plotone
Mortai e quattro Compagnie di Fucilieri.
Nonostante alcune
difficoltà tecniche: avarie ai C-130 e incompatibilità
dell'equipaggiamento francese con i paracadute americani distribuiti sul posto, il primo
dei due "ponti aerei" partì alle 11 del mattino del 19. Arrivati a Kolwezi
quattro ore più tardi, i C-130 scaricarono da 200 mt. di quota il Comando Operativo e tre
Compagnie del 2° REP. Furono accolti dal crepitio delle armi automatiche, le quali
tuttavia vennero messe a tacere appena gli uomini toccarono terra. Formatisi sul posto, i
gruppi si mossero verso gli obiettivi assegnati. Dopo una frustrante avanzata fra giardini
privati e cortili chiusi, e sotto il fuoco sporadico dei Katanghesi, i Legionari
paracadutisti ripulirono ed occuparono la Città Vecchia. Ovunque giacevano corpi in
putrefazione tra le macerie di bungalow distrutti e bruciati. Entro la notte, svariati
gruppi di ostaggi furono liberati dalle mani dei ribelli. Altre centinaia di europei
videro avvicinarsi la fine di un incubo. I progressi erano più lenti nella Città Nuova:
le "Tigri" stavano ancora perlustrando quella parte della città a bordo di
veicoli corazzati pesanti, mentre i Legionari erano a piedi. Svariati singoli scontri
dimostrarono il sangue freddo ed il coraggio delle Squadre del 2° REP, e la distruzione
di due veicoli corazzati, ad un nodo nevralgico della città, raffreddò di molto la
baldanza nemica.
All'alba del 20, mentre la seconda ondata di paracadutisti prendeva posizione e si
accingeva a sistemare le cose nella Città Nuova, una Compagnia riuscì a penetrare nel
quartiere di Manika, liberandolo casa per casa. I Legionari salvarono molti ostaggi per il
rotto della cuffia dalle mani delle ultime bande armate, che già avevano dato inizio ai
massacri. Per la prima volta, nel corso di una interminabile settimana, la calma si fece
strada a Kolwezi. La popolazione si riversò nelle strade e cominciò a contare i morti:
erano tantissimi. Dovunque andassero, i Legionari trovavano corpi torturati, bruciati o
tagliati a pezzi, testimonianza di una furia selvaggia e cieca. Gli europei residenti, in
preda allo shock non si opposero all'ordine impartito dall'esercito belga, finalmente
giunto ed impossesatosi dell'aeroporto, di lasciare immediatamente il paese in aereo.
Anche se il 2° REP aveva riguadagnato il controllo di Kolwezi, il Col. Erulin sapeva che
la ribellione era lontana dall'essere finita. Mandò perciò squadre di combattimento
presso i quartieri residenziali attorno alla città. Alla miniera di Shaba, i Legionari
dovettero impegnarsi parecchio contro svariate compagnie di "Tigri" solidamente
barricate e armate fino ai denti. L'assalto finale scattò dopo un pesante fuoco di
sbarramento di mortai: il nemico fu costretto a ritirarsi lasciando sul campo molti
caduti, un gran numero di armi leggere, mortai, mitragliatrici e cannoni senza rinculo.
Tra il 21 e 27 maggio, forti dei due veicoli mandati in aereo dal Reggimento e di altri
forniti dalla Gecamines, gli uomini del 2° REP estesero le loro perlustrazioni. La
resistenza si sbriciolò, e il nemico sembrava ormai in fuga verso la frontiera con
l'Angola. Tra il 28 maggio e 8 giugno, il Col. Erulin distribuì i suoi uomini tra Kolwezi
e la capitale provinciale di Lumumbashi, i cui abitanti sentivano il bisogno di un gesto
rassicuratore. La fiducia tornò presto in tutti. Quando la Forza Multinazionale Africana
atterrò a Shaba, l'8 giugno, il 2° REP potè ritornare alla sua base corsa, portandosi
dietro la soddisfazione di aver terminato la missione di salvataggio. L'efficienza e la
prontezza del 2° REP fu riconosciuta dal mondo intero
Quando fu presa la decisione di inviare, nel 1982, una Forza Multinazionale di Pace a
Beirut, il Governo francese si rivolse ancora una volta al 2°REP. Con la freddezza tipica
dei soldati professionisti e la leggendaria vigilanza e disciplina propria della Legione,
il Reggimento mantenne uno stretto controllo del porto, durante il difficile periodo di
evacuazione dei guerriglieri dell'O.L.P. (Organizzazione per la Liberazione della
Palestina), compiendo nel contempo operazioni di perlustrazione nel settore occidentale
della città.
Nel 1983 i governi occidentali decisero di mandare un'altra Forza Multinazionale di Pace a
Beirut. Ancora una volta la Legione vi venne rappresentata. Questa volta sarebbe stata
agli ordini della 31^ Brigata, comandata dal Gen. COULLON, che era anche il Comandante
della Legione Straniera. Era il turno dei "kepi bianchi" del 2° REI,
1° REe 1° REC a conseguire il
difficile obiettivo di mantenere la pace. La stampa ebbe a dichiarare che solo "soldati
di questa fatta avrebbero potuto resistere, senza venir meno alla loro disciplina, ai
cecchini, alle bombe e ai ferimenti quotidiani."
Nei tre mesi di permanenza in Libano, la Legione dovette includere nel suo Ruolo d'Onore
altri 5 morti e 25 feriti.
Il contributo alle forze terrestri della Coalizione, denominato "Division
Dauguet", era essenzialmente la 6^ D.B.L. molto rinforzata.
Il 2° REI fu il primo ad arrivare a Yambu, Arabia Saudita, nel
settembre 1990.
Il 1° REC, il 2° REI e gran parte del 6° REG fornirono l'asse occidentale per l'avanzata della Divisione in Iraq con unità del XVIII
Corpo Aviotrasportato Statunitense, il 24 febbraio 1991( la 3^ Cmp. del 6° REG era con
l'asse orientale, prevalentemente con unità dei Marines.
Uomini del 2° REI e del 6° REG penetrarono 5 Km. nel territorio dell'Iraq la notte del
22 febbraio per prendere "Natchez", una postazione irachena che dominava la loro
linea di avanzata da una scarpata; i genieri della Legione ed il 1° Batt./27° Engineers
americano costruirono una via su per la scarpata il giorno 23. Le colonne francesi
sfondarono con facilità la 45^ Divisione irachena, e conquistarono il loro obiettivo, il
paese ed il campo d'aviazione di Al-Salman., entro la mattina del 26; furono presi
prigionieri circa 3.000 iracheni.
La Legione non subì perdite.
Fin dal primo invio di truppe dell'ONU, i francesi hanno contribuito con il contingente
più numeroso, mantenedo nel settore di Sarajevo almeno due Battaglioni di fanteria
rinforzati con Compagnie provenienti da varie unità.
Parà della Legione ( 2° REP) ed
elementi del 2° REI, 1° REC e
6° REG sono spesso stati protagonisti in queste "task force".
Il periodo di transizione durante il quale venne tolto l'assedio serbo di Sarajevo vide
l'intero 2° REI schierato intorno al monte Igman. La Legione ha perso 2 uomini.
Repubblica
Centroafricana.
Nella
settimana dal 20 al 26 maggio 1996, a Bangui, una parte delle Forze Armate
Centroafricane si ammutinano e si sollevano contro il governo in carica. Subito
avvengono scontri con le forze lealiste della Guardia Presidenziale; la
città si ritrova sconvolta dalla guerra civile con le inevitabili scene
di massacri e razzie.
Le attività economiche francesi a Bangui sono messe in pericolo, e la Francia organizza un'operazione militare per garantire
la riapertura e la ripresa di tali attività.
Le truppe francesi, stazionate a Bangui, vengono messe in stato di allerta, e richiesti altri rinforzi.
La Legione invia 3 Compagnie del 2° REI e il 5° Squadrone del 1° REC.
Mentre le truppe francesi prendono posto dentro la citta e occupano i posti chiave, viene decisa l'evacuazione dei cittadini francesi.
Al Palazzo Presidenziale e alla sede della Radio, i Legionari aprono il fuoco sui ribelli; arrivati ad un negoziato, la città torna alla calma.
L'esercito francese occupa tutti i posti nevralgici della città, le attività economiche, riattivate, riprendono poco alla volta il loro ritmo produttivo, i reparti della Legione ritornano alle loro basi.
Nel dicembre 1996, la capitale della Repubblica Centroafricana è nuovamente in tumulto. Tre etnie principali si disputano il potere, e un nuovo ammutinamento militare esplode.
Le forze francesi reagiscono subito e, dal Ciad, arriva il 2° REP. Malgrado il copri-fuoco la tensione resta alta.
Durante un pattugliamento sulla linea del fuoco, i Legionari vengono assaliti dai ribelli; i parà della Legione reagiscono al fuoco e mettono in fuga i rivoltosi.
Durante una tregua, decretata il 4 gennaio, nel corso di una trattativa, due paracadutisti francesi vengono uccisi dai rivoltosi; i Legionari ricevono l'ordine di occupare tutti i punti nevralgici ed i Palazzi del Governo, facendo uso delle armi.
L'offensiva riesce, e i rivoltosi si arrendono. L'indomani l'offensiva riprende, e tutti i punti di resistenza vengono neutralizzati.
La sicurezza della popolazione viene restaurata: la missione del 2° REP è compiuta.
Congo
Nel maggio 1997, al fianco delle truppe alleate (americani, inglesi, belgi e portoghesi) la Francia dà il via all'operazione "Pellican".
1250 soldati francesi, tra cui i Legionari del 2° REP, 2° REI e 1° REC intervengono in questo dispositivo.
In un primo tempo, l'operazione consiste nell'evacuare i connazionali da Kinshasa verso Brazzaville, poi a sostenere e difendere le organizzazioni umanitarie che portano soccorso alle migliaia di rifugiati, per la maggioranza ruandesi.
Dal 5 al 7 giugno la violenza esplode nella capitale; tre milizie si fronteggiano e danno inizio a dei massacri, saccheggi e violenze inaudite. Gli europei sono ostaggio di queste milizie e spesso vittime di saccheggi e violenze:
La sera del 7 giugno, dopo gli angosciati appelli della popolazione europea, il Comando francese decide l'intervento armato e dà inizio all'operazione "Pellican 2".
L'esercito francese impegna le sue truppe, e principalmente il 2° REP. Quest'ultimo, in pieno centro della città, cade in un'imboscata tesa dalle milizie congolesi.
La battaglia esplode, i Legionari rispondono al fuoco e riescono a mettere a tacere il punto di resistenza. In quest'azione il 2° REP lamenta un morto e otto feriti, di cui due gravissimi.
L'indomani la battaglia si sposta all'aeroporto, dove sono ammassati la maggioranza dei civili europei. Sotto il fuoco nemico i Legionari iniziano le operazioni di evacuazione dei civili.
Il 15 giugno termina l'operazione "Pellican 2", il 2° REP ha liberato più di 2.500 connazionali e fatto evacuare più di 3.600 persone dall'aeroporto.
Per questa operazione il 2° REP avrà l'onore di essere l'ultima unità a lasciare il Congo, ma la soddisfazione più grande è stata il ricevimento di migliaia di lettere, di elogi e di ringraziamenti ,scritte dagli scampati.