RACCONTI BREVI
  
    


DALLA SERIE RACCONTI BREVI DI P.I.LETIZIA


LA FORESTA INCANTATA

In un angolo desertico del Sahara, vive tutt'oggi una bellissima foresta dagli alberi secolari, vivacizzata da strani e immensi fiori tropicali, un simpatico ruscello dalla forma irregolare, sfreccia felice nel suo interno, permettendo la vita a migliaia di animali che vi abitano indisturbati. Quella foresta sembra effettivamente viva, quasi incantata e chiunque desidererebbe abitarla, ma questo non è permesso a nessuno.

Ogni qual volta che piccoli gruppi di persone, attirati dal suo benessere, provano a insidiarsi, essa si ribella, costringendoli a fuggire terrorizzati, come se non desiderasse la presenza di persone, in grado solo di creare confusione intaccando la sua quiete.

Ma, non era stata sempre così. Secoli prima, al suo posto sorgeva un'altra foresta, forse ancora più bella, essa si ergeva fiera in alto nel cielo e le sue chiome erano ben visibili anche da molto, molto lontano. Esse coprivano una buona parte di cielo, proteggendo, così facendo, dal sole, le sue ricchezze naturali. Nel suo interno bellissimi uccelli dai mille colori, cantavano felici dalla mattina alla sera, rendendo quel luogo fatato. La sua acqua scorreva fresca e invitante lungo il cammino naturale che col tempo aveva segnato un letto molto strano che prendeva forme circolari e geometriche. In quel periodo, le sue acque e i suoi animali davano da vivere a un gruppo di nomadi che passati di lì per caso, non si lasciarono sfuggire quell'occasione, e trovando in essa un ottimo rifugio decisero di viverci. Ai loro occhi di nomadi, costretti a vagare alla continua ricerca di luoghi da abitare e di cibo, quel posto apparve come un paradiso terrestre

Il tempo scorreva tranquillo, i nomadi in completa spensieratezza si abituarono ben presto alla vita facile. La foresta regalava loro ogni sorta di cibo, il ruscello dava loro sempre acqua freschissima e gli alberi li riparavano dal forte sole che in quel luogo è molto potente e non dà tregua. I giovani nomadi non si rendevano conto della grande fortuna che avevano trovato, col tempo avevano dimenticato i sacrifici e le fatiche che i loro antenati avevano fatto in passato, per la sola sopravvivenza e ingordi sfruttarono al massimo la bella foresta.

Col passare degli anni il piccolo gruppo si moltiplicò e la popolazione crebbe a vista d'occhio, per far fronte a queste nuove esigenze furono abbattuti molti alberi, alcuni per costruire nuove capanne e altri per grandi e inutili fuochi usati per lunghi festeggiamenti. La foresta cominciò a soffrire di quella situazione, sentiva che presto sarebbe arrivata la sua fine, non riusciva a sopportare di essere maltrattata e in silenzio viveva gli ultimi giorni prima della fine. Gli uccelli avevano abbandonato le invitanti chiome ormai non più tanto sicure, alla ricerca di un altro luogo da abitare, il bel ruscelletto, da anni non più circondato dai possenti alberi, si stava seccando irrimediabilmente al sole e il numero degli animali, non avendo più abbastanza cibo a disposizione si dimezzò. Era rimasto ben poco di quella che una volta era stata la più bella e la più ricca foresta vivente, erano bastati pochi anni d'insediamento umano a provocare la sua fine ed ora era lì sola a ricordare il suo passato. La foresta che per secoli si era eretta fiera avrebbe dovuto accettare la sua fine, ma non poteva sopportare che essa arrivasse dopo una lenta tortura. Da anni tormentata e non amata, aveva fatto di tutto per riuscire a sopravvivere ma le asce erano state molto più potenti del suo volere e stanca dei continui soprusi aveva deciso di lasciarsi morire. Un bel giorno, non riuscendo a sopportare oltre, approfittò di un tizzone ardente, rimasto acceso dopo una sfrenata serata di grandi danze e si dette fuoco. Quel piccolo fuoco iniziale non ebbe alcuna difficoltà ad espandersi, il suolo arido si prestava bene a tale scopo e in poco tempo dal piccolo tizzone uscirono immensi fiamme. I rami secchi scricchiolavano sotto la pressione delle fiamme, svegliando i nomadi che incuriositi uscirono dalle loro capanne, resosi conto della pericolosità della situazione scapparono immediatamente fuori della foresta, senza preoccuparsi minimamente di spegnere l'incendio. "Forse in cuor suo, la foresta avrebbe gradito quell'ultimo atto d'amore, ma così non fu". Ancora una volta essi avevano mostrato disinteresse verso colei che per anni aveva dato, senza mai chiedere niente in cambio. Increduli i nomadi rimasero ad osservare, senza battere ciglio, quel fuoco vorace che senza scampo divorava tutto ciò che trovava sul suo cammino. Con uno strano sorriso beffardo guardarono le capanne bruciare, senza riuscire a rendersi conto della gravità della situazione. I lunghi anni passati nell'ozio, avevano fatto si che essi si abituassero a vivere nella spensieratezza, non curanti della natura che li circondava, senza mai rendersi veramente conto della grande fortuna che avevano a vivere in quel luogo meraviglioso e ora tutto stava sfumando proprio davanti ai loro occhi increduli. Dopo alcune ore di fuoco, l'incendio incominciò a spegnersi, felici i nomadi rientrarono, convinti che quell'evento non avrebbe procurato loro alcun cambiamento. Sotto ai loro piedi, il terreno bruciava, la cenere nascondeva piccoli roghi ancora accesi, nessuno osava parlare e senza abbandonare il sorrisetto ironico, rimasto ormai scolpito sulle loro labbra, si guardavano intorno alla ricerca di qualcosa di familiare, ma il fuoco aveva fatto un buon lavoro, la foresta non aveva lasciato niente al caso e di lei era rimasto ben poco, solo alcuni tizzoni e tanta cenere che senza risparmio ricopriva il terreno. Il silenzio che si era venuto a creare era interrotto ogni tanto solo da alcuni scricchiolii che fuoriuscivano dai tizzoni ancora ardenti, ma i nomadi non se ne preoccuparono più di tanto e convinti di trovare una rapida soluzione si sedettero in cerchio per pensare. In quel luogo però, non esisteva più neanche un albero e per loro si creava l'impossibilità di costruire nuove capanne per ripararsi dal sole cocente e tanto meno dalla pioggia che presto avrebbe fatto capolino sulla zona, dato che era vicino il periodo delle piogge. A questo punto dovettero convenire che il problema era veramente grave ma non avevano la minima idea di come fare per risolverlo. Sino allora, bastava tagliare gli alberi per costruire le case e le grandi foglie sembravano fatte apposta per ricoprire i tetti, adatte sia a far scivolare l'acqua piovana in terra che a ripararli dal sole. Tutto era da sempre stato così semplice che ora, costretti a trovare una soluzione si resero conto che non erano più neanche in grado di pensare. I nomadi però non si fecero prendere subito dallo sconforto e convinti che da qualche parte avrebbero trovato dei tronchi ancora intatti, cominciarono a esplorare la superficie della foresta. Ci vollero molti giorni per controllare tutta la zona ma essi non trovarono altro che cenere, tizzoni e alberi scheletrici mezzi sbruciacchiati. Costretti dalle circostanze dovettero ingegnarsi a costruire un nuovo tipo di abitazioni e a fatica scavarono delle buche in terra e per ripararle dall'inondazioni le ricoprirono con una specie di tettino a sgrondo e in queste nuovo tipo di abitazione si rifugiavano per ripararsi dalla notte e dalle iene che avevano preso di mira la zona. Ma la vita vera e propria la passavano in superficie, su quel suolo che ormai non dava loro neanche il minimo indispensabile per vivere. Dovettero imparare a mangiare nuovi cibi. Alcuni nomadi passavano tutto il tempo a scavare nel terreno alla ricerca di radici e altri tentavano la caccia che ormai si era ristretta solo a piccolissimi roditori che quando avevano fortuna riuscivano a catturare. Anche se per un breve periodo aveva piovuto, il clima arido non permise alla vegetazione di crescere e i pochi animali rimasti si allontanavano sempre più, alla ricerca di zone più ricche. I nomadi cominciarono così a soffrire la fame e anche loro si videro costretti ad allontanarsi alla continua ricerca di cibo. La loro vita era diventata molto dura e difficile, spesso si trovavano a combattere con le mille avversità della vita e stanchi decisero di riprendere il vagabondaggio, abbandonato anni prima dai loro avi. Senza meta incominciarono un lungo cammino, sperando in cuor loro di ritrovare un'altro paradiso terrestre. Camminavano e camminavano senza però riuscire ad arrivare da nessuna parte, e come se fossero attratti da una forza misteriosa si ritrovavano sempre al punto di partenza. Sembrava che la foresta non volesse lasciarli andare come se desiderasse che quella gente vivesse la stessa sorte toccata a lei e per questo voleva che essi perissero lentamente, proprio come era successo a lei. Col passare del tempo, la popolazione stremata dalla fame e dalla fatica, diminuì drasticamente e dopo aver provato varie volte ad allontanarsi da quel luogo che ormai consideravano maledetto, si videro costretti ad arrendersi. I pochi superstiti rimasti non avevano più né la forza né la voglia di continuare quel vagabondaggio che non portava assolutamente a niente.

"Se la foresta li voleva lì, essi sarebbero rimasti".

Entrarono nelle loro caverne sotterranee, desiderosi di riposare si misero stranamente a pregare. Le loro condizioni erano diventate talmente drammatiche da credere improvvisamente persino nel soprannaturale e l'arrivo di un miracolo sarebbe stato ben accetto.

Nessuna preghiera, però, sembrava in grado di esaudire i loro desideri.

Signore non regala miracoli ai primi venuti ed essi se ne resero conto ben presto. Desideravano riavere la loro bella foresta, ma cosa erano disposti a fare in cambio di tanta grazia? Le loro preghiere si intensificarono sempre più, ma questa volta le richieste erano diverse, non chiedevano più di riavere la foresta, ma di conoscere il modo per farla rivivere e a quel punto a tutti sembrò di udire una voce

" AMATEMI,  E IO RIVIVRO' "

La cosa era talmente inconsueta che tutti credettero in un primo momento di aver avuto un mancamento, dovuto alla fame ma dovettero ricredersi dato che tutti avevano udito e per un lungo istante rimasero a pensare a quelle due uniche parole e si resero conto che essi non avevano mai fatto effettivamente niente con amore, verso colei che tanto aveva dato. Tutto ciò che avevano fatto, l'avevano fatto senza pensare minimamente al male che avrebbero potuto provocare. Decisi di fare del loro meglio, il mattino dopo partirono carichi di nuovo impegno, convinti di aiutare la foresta a rinascere. Avevano deciso che avrebbero trattato quella foresta come una persona cara. Usciti dalla caverna, si guardarono intorno con altri occhi e per la prima volta si resero conto dello sporco e della desolazione in cui essa era caduta. Sentendosi finalmente responsabili di quella situazione, si misero al lavoro. Senza mai più lamentarsi ripulirono il terreno dagli sterpi e dalle ceneri, scoprendo sotto ad essi tante piccole piante pronte a innalzarsi verso il cielo ma che sotto a tutto quel sudiciumaio non riuscivano ad emergere e in poco tempo, come per magia, la foresta ridivenne bellissima.

Gli alberi crebbero a vista d'occhio, il ruscello nuovamente pieno d'acqua, ricominciò a scorrere felice, facendo sentire il suo fruscio lungo il suo cammino e gli animali richiamati da quel dolce richiamo, rifecero la loro comparsa. La foresta ridiventò bella e accogliente, ma i nomadi ormai vecchi, continuarono ad abitare nelle caverne sotterranee, mai avrebbero avuto il coraggio di tagliare un solo albero.

Mai, avrebbero osato far del male a colei che ormai consideravano una cara amica. Dopo alcuni anni i nomadi, ormai vecchi morirono e l'ultimo del gruppo ancora in vita, era terrorizzato all'idea di dover abbandonare la sua amata. "Chi si sarebbe preso cura di lei?"

Si chiedeva preoccupato, conoscendo molto bene l'animo umano.

Un giorno durante una delle sue solite escursioni, stanco si appoggiò al tronco di un albero possente che era, di fatto, il più alto della foresta, talmente alto che sembrava fosse il guardiano di quel paradiso.

'uomo era disperato, sentiva la sua fine vicina e temeva per la sua creatura, sapeva che un giorno o l'altro altri esseri umani si sarebbero comportati come avevano fatto loro in passato e questo lo terrorizzava. Un nuovo insediamento avrebbe potuto causare ancora una volta la fine della bella foresta e questa volta poteva essere anche per sempre e forse nessuno sarebbe più stato in grado di farla rinascere a nuova vita. L'uomo si sentiva impotente, verso tale eventualità e stanco si appisolò. Nel suo sogno desiderò di poter custodire per l'eternità quella foresta, avrebbe lavorato di buon grado e si sarebbe preso cura di lei con amore; dei suoi fiori, delle sue piante, senza mai lamentarsi. E come per magia qualcuno accolse quel suo desiderio, l'uomo non si risvegliò mai più dal suo sonno e da allora nessuno più lo rivide. Dopo un po' di tempo passò di lì un'altro gruppo di nomadi che felici di aver trovato quel luogo bellissimo, decisero di isidiarvisi. Cominciarono così a tagliare gli alberi per costruire capanne e ad ammazzare animali per saziare la loro fame, la storia si stava ripetendo esattamente come aveva temuto il vecchio nomade.

Il grande albero non resistette a tale scempio e lo spirito dell'uomo che era entrato in lui, si risvegliò. Agitando i lunghi rami creò un forte vento e in tutta la foresta si cominciarono ad udire urla furiose, mentre una strana coltre scura la ricoprì. I nomadi scapparono terrorizzati e a tutti coloro che trovarono sul loro cammino, raccontarono la strana avventura e per renderla ancora più affascinante, non dimenticarono di metterli in guardia verso lo spirito maligno che si era impadronito della foresta, senza capire che il vero spirito maligno erano proprio loro, perché ovunque andassero portavano distruzione e morte. Da allora mai più nessuno osò disturbare la quiete della foresta ma qualcuno ebbe il coraggio di sfidare quegli spiriti di cui tutti parlavano e osò visitarla rendendosi immediatamente conto che in lei non c'era assolutamente niente di maligno. Dappertutto si potevano osservare piante di rara bellezza, ben tenute e curate come se qualcuno si stesse prendendo cura di loro, ma nessuno mai riuscì a vedere quell'attento giardiniere. Ancora oggi i nomadi che passano di là, sanno di poter contare su di lei per un riposo tranquillo e sicuro, e prima di lasciare quel luogo paradisiaco, si arricchiscono l'animo con il canto degli uccelli, riempiono le loro borracce di quell'acqua sempre fresca e poi si allontanano, lasciando il posto esattamente come l'avevano trovato ad un'altro viaggiatore stanco, desideroso di inebriarsi di tanta bellezza.

Nel Sahara, temono e nello stesso amano la bella foresta incantata, l'amano a tal punto da non osare più violare la sua tranquillità, per paura di distruggerla.

 

FINE

  

Vi ricordo che i racconti sono di proprietà esclusiva della scrittrice.

  

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