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REPERTORIO
1) Notturno in do diesis minore op. 27 n. 1
2) La sera del di' di Festa
3) Ballata in sol minore op. 23
4) A Silvia
5) Barcarola in fa diesis maggiore op. 60
6) Il sogno
7) Polacca in la bemolle maggiore op. 53
8) Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
Leopardi e Chopin sono due geni. Ma il discorso non può finire qui, perché esistono fili invisibili che associano spiriti lontani e cammini erti lungo i quali un genio procede solitario, ma avendo la sorpresa di ritrovare sulla vetta le tracce di un’altra presenza geniale.
Ci sono testimonianze stupefacenti circa l'accostabilità di Leopardi e di Chopin: tra tutte quelle di Friedrich Nietzsche e Georges Sand. Ma anche il grosso pubblico, che lo proclama "poeta del pianoforte", conferma questa trasversalità dell'arte geniale che interseca di slancio generi tenuti separati dalla tradizione.
Leopardi dette il titolo di "Canti" alla raccolta delle sue liriche, fin dal tempo della prima edizione fiorentina (1831), intendendo significare che i suoi componimenti avevano anche una valenza musicale: "Ho inteso suscitare in chi legga o ascolti i miei versi gli stessi effetti assegnati al suono e al canto e a tutto ciò che spetta all'udito" (Zibaldone, 1927).
Se per Leopardi la poesia si apre alla musica, vale per Chopin la reciprocità simmetrica; la sua musica ha tale potenza e pienezza di espressione da valere una comunicazione letteraria. Le sue Ballate, ad esempio, non necessitano di esplicazioni narrative, perché la sua musica ha valenza poetica.
I nostri due artisti vanno di concerto e possono dirsi genialmente fratelli per la comune capacità di commuoversi davanti al destino umano e per la medesima attitudine a frugare nel cuore onde spremerne i sentimenti cangianti.
Entrambi appartennero alla stagione romantica, di cui furono interpreti pur nell'autonomia della loro vocazione artistica, caratterizzata da una equilibrata sintesi di istanze classiche e moderne. Essi sono da annoverare tra i romantici "creativi", a cui stette più a cuore la realizzazione in concreto dell'arte che non la discussione teorica.
Gastone Belotti (il miglior biografo italiano di Chopin) paragona esplicitamente il modo di comporre del grande musico a quello adottato da Leopardi: "Essi non suddividono il tema in parti precostituite, né aggiungono sviluppi secondo le leggi di associazione e di contrasto, e nemmeno concludono come hanno iniziato. Essi, mentre raccontano qualcosa raccontano se stessi, restando fedeli alla natura del racconto, che è un'entità emozionale ed effusiva, che tende a fluttuare per l'intervento di varianti e con il mutare del tono".