LA DISINFORMAZIONE COME ARMA DI GUERRA

(analisi a cura del CRJ, novembre 1999)

Indice:

1. Alcuni libri sulla disinformazione che nessuno ha recensito...

2. La "Ruder&Finn" ha curato - tra gli altri - la manipolazione della

opinione pubblica sul conflitto in Jugoslavia

3. La disinformazione ed il suo ruolo nello sfascio della Jugoslavia

4. Fonti sulle menzogne riguardanti i "campi di concentramento"

5. Fonti sulle menzogne riguardanti gli "stupri etnici"

6. Fonti sulla disinformazione di lunga data rispetto al Kosovo

 

1. Due libri dei quali forse non avete sentito parlare

Gran parte delle informazioni che seguono sono reperibili gia' da parecchi mesi sul sito del Coordinamento Romano per la Jugoslavia (si parta ad es. dalla URL: http://www.marx2001.org/crj/DOCS/desinf.html ), ma di recente hanno incominciato a trapelare anche in altra sede. In particolare, dopo i bombardamenti della NATO ha visto la luce una versione italiana del libro dell'IAC "NATO in the Balkans" ("NATO nei Balcani", Ed. Riuniti, lire 18mila). Consigliamo vivamente la lettura di questo libro, possibilmente nell'originale inglese (che si puo' ordinare via internet: http://www.iacenter.org ) poiche' la versione italiana contiene meno di un terzo dei documenti contenuti nell'originale. Sicuramente non avete notato alcuna recensione di questo libro, ed infatti... non l'ha ancora recensito nessuno! Strano, perche' campeggia sugli scaffali di tantissime librerie. Eppure si tratta del libro PIU' UTILE che si possa comprare sui fatti jugoslavi, nel panorama editoriale italiano attuale.

In effetti, sull'operato della Ruder&Finn sarebbe ancora meglio leggere "Le verites yougoslaves ne sont pas toutes bonne a dire", di Jacques Merlino (Ed. Albin Michel, 1993; cfr.http://www.marx2001.org/crj/DOCS/merlino.html). Di questo NON ESISTE proprio una versione italiana, e pare che anche in Francia sia fuori produzione. Il libro di Merlino ha svelato per primo la campagna disinformativa orchestrata dalla agenzia americana "RUDER&FINN", legata alla CIA. Una clamorosa conferma del lavoro fatto dalla Ruder&Finn, ora attiva insieme ad altre sul fronte del "Kosova", si trova nelle pagine ufficiali del Ministero della Giustizia Americano riportanti l'elenco dei cittadini ed enti americani che lavorano ufficialmente come agenti di formazioni politiche e Stati stranieri:http://www.usdoj.gov/criminal/fara/fara1st97/COUNTRY/KOSOVA.HTM

 

 

2. Gli scrupoli morali della "Ruder&Finn"(sintesi tratta dal sito internet del CRJ, 1998)

Dal 1989 alcuni commentatori hanno notato ed additato il lavoro svolto dai mezzi di disinformazione di massa, ad esempio nel conflitto contro l'Irak o nel caso della caduta di Ceausescu in Romania (es. i morti di Timisoara). Il lavoro che attorno agli scenari di guerra viene fatto dalle agenzie di informazione consiste nell'orientare l'opinione pubblica attraverso una scelta accurata delle informazioni da far "passare" e dei "casi" giornalistici da scatenare. Spesso non c'è bisogno di inventare notizie false: basta filtrare sapientemente ciò che arriva oppure usare in maniera tendenziosa le informazioni disponibili. Non è però raro, per chi fruisce delle informazioni, scoprire a posteriori - spesso molto dopo che "la frittata è fatta" – che determinate notizie lette a suo tempo erano semplicemente inventate. Rispetto a quest'ultima categoria di notizie (anche dette "menzogne") possiamo elencare brevissimamente alcuni esempi relativi al caso jugoslavo: il bombardamento di Lubiana e la distruzione del centro storico di Dubrovnik (1991); l'occupazione serba della Bosnia (1992); lo stupro di centinaia di migliaia di bosniaco-musulmane (1993); i bombardamenti al napalm sul Bihac da parte dei serbi (1994); nel 1995 si scatena poi un vero putiferio di stragi vere con attribuzioni false o di stragi "gonfiate", fino ai bombardamenti NATO.

Esistono anche delle agenzie specializzate nel "fare lobbying", come si dice, ovvero nel creare n clima favorevole attorno ad una questione tessendo una rete di contatti e diffondendo in vario modo una concezione stravolta dei fatti. Di uno di questi casi si occupa il pezzo che riportiamo di seguito, tradotto dall'originale inglese (da "Mainstream", aprile 1994; in Italia su "Balcanica", n. 3-4/1994), che rispecchia un punto di vista ebraico (non l'unico) sulla guerra fratricida interjugoslava.

 

FERMARE LA GUERRA IN JUGOSLAVIA

di Yohanan Ramati (direttore del "Jerusalem Institute for Western Defense")

(...) Ed allora, chi è? Chi è che sta conducendo e controllando l'ampio sforzo di distruggere un popolo che gli Stati Uniti, l'Inghilterra e la Francia non hanno alcuna ragione di odiare allo scopo di costruire un secondo Stato musulmano, in una regione balcanica dove i musulmani sono minoranza?

Parte della risposta ci viene da una illuminante intervista a Mr. James Harff, direttore della "Ruder&Finn Global Public Affairs", rilasciata a Mr. Jacques Merlino a Parigi nell'ottobre 1993. La "Ruder&Finn" è una società di public relations, correntemente registrata come agente per l'estero. Ecco alcune delle frasi di Harff, leggermente sintetizzate.

HARFF: Per 18 mesi abbiamo lavorato per la Repubblica di Croazia e per la Bosnia-Erzegovina, così come per l'opposizione in Kosovo. In tutto questo tempo abbiamo ottenuto molti successi, guadagnandoci una immagine internazionale formidabile. Intendiamo avvantaggiarci di ciò e sviluppare accordi commerciali con questi paesi. La velocità è essenziale, perchè bisogna impiantare nell'opinione pubblica argomenti favorevoli ai nostri scopi. È la prima frase quella che conta. Le smentite non hanno effetto.

MERLINO: Con quale frequenza intervenite?

HARFF: Non è importante la quantità. Bisogna intervenire nel momento giusto e con la persona giusta. Tra giugno e settembre [1993] abbiamo organizzato 30 incontri con le principali agenzie di stampa, ed incontri tra personalità ufficiali musulmane ed Al Gore, Lawrence Eagleburger e 10 influenti senatori, tra i quali George Mitchell e Robert Dole. Abbiamo anche inviato 13 rapporti informativi esclusivi, 37 fax con notizie dell'ultimora, 17 lettere ufficiali ed 8 comunicati ufficiali. Abbiamo realizzato 20 chiamate telefoniche con lo staff della Casa Bianca, 20 a senatori ed un centinaio a giornalisti, editori, "newscasters" e ad altre persone influenti nei media.

MERLINO: Di quale risultato andate più orgogliosi?

HARFF: Di esser riusciti a portare l'opinione pubblica ebraica dalla nostra parte. Si trattava di una materia delicata, perchè il Dossier, visto da questo punto di vista, era pericoloso. Il presidente (croato) Tudjman è stato molto privo di tatto nel suo libro "La deriva della verità storica" [il testo di Tudjman nel quale si mette in discussione la realtà dello sterminio di 750.000 serbi e 25.000 ebrei nello Stato Indipendente Croato di Ante Pavelic, 1941-'44, e si dipingono gli ebrei internati nel lager di Jasenovac come aguzzini essi stessi; n.d.crj]. Leggendo i suoi scritti, uno potrebbe accusarlo di antisemitismo [celebre una frase di Tudjman degli anni dello scoppio della guerra: "Per fortuna mia moglie non è serba nè ebrea"; n.d.crj]. In Bosnia, la situazione non era migliore: il Presidente Izetbegovic aveva fortemente supportato la creazione di uno Stato islamico fondamentalista nel suo libro "The Islamic Declaration" [cfr. il nostro breve ritratto di Izetbegovic; n.d.crj]. Inoltre il passato croato e bosniaco era contrassegnato da un antisemitismo reale e crudele. Decine di migliaia di ebrei sono morti nei campi di concentramento croati. Per cui c'erano tutte le premesse che gli intellettuali e le organizzazioni ebraiche fossero ostili verso i croati ed i bosniaci [s'intendono i musulmani della Bosnia; n.d.crj]. La nostra sfida è stata quella di capovolgere questa attitudine. Ed abbiamo avuto un successo eclatante. All'inizio di luglio 1992 il "New York Newsday" se ne uscì con l'affare dei campi di concentramento (serbi). Abbiamo colto al volo l'opportunità. Abbiamo influenzato ["outwitted" nell'originale inglese] tre grandi organizzazioni ebraiche – la "B'nai B'rith Anti-Defamation League", l'"American Jewish Committee" e l'"American Jewish Congress". In agosto suggerimmo che pubblicassero un annuncio sul "New York Times" ed organizzassero dimostrazioni di fronte alle Nazioni Unite. Fu un colpo tremendo. Quando le organizzazioni ebraiche entrarono nel gioco dalla parte dei bosniaci (musulmani) noi potemmo immediatamente paragonare i serbi ai nazisti nella mente pubblica. Nessuno capiva quello che stava succedendo in Jugoslavia. La grande maggioranza degli americani si stava probabilmente chiedendo in quale paese africano fosse situata la Bosnia. Ma con un'unica mossa siamo stati in grado di presentare una storia esemplare di bravi ragazzi da una parte e mascalzoni dall'altra, la quale d'ora in avanti avrebbe camminato da sè. Abbiamo vinto prendendo l'auditorio ebreo come "target". Quasi immediatamente c'è stato un chiaro cambiamento del linguaggio sulla stampa, con l'uso di parole dal forte contenuto emotivo come "pulizia etnica", "campi di concentramento" eccetera, che evocavano immagini della Germania nazista e le camere a gas di Auschwitz. La carica emozionale era così potente che nessuno poteva opporvisi.

MERLINO: Ma quando avete fatto tutto questo non avevate prove che attestassero che ciò che dicevate fosse vero. Avevate solamente l'articolo sul "Newsday"!

HARFF: Il nostro lavoro non è quello di verificare le informazioni. Non siamo equipaggiati per questo. Il nostro lavoro è quello di accelerare la circolazione delle informazioni a noi favorevoli, di mirare su target scelti in modo appropriato. Noi non abbiamo confermato l'esistenza di campi della morte in Bosnia, abbiamo fatto soltanto sapere che che il "Newsday" diceva questo.

MERLINO: Siete coscienti di esservi investiti di una grave responsabilità?

HARFF: Siamo professionisti. Avevamo un compito e lo abbiamo svolto. Non siamo pagati per essere morali.

Le organizzazioni ebraiche americane ed i leader influenzati dalla "Ruder&Finn" possono ora sculacciarsi. Hanno giocato un ruolo centrale nel convogliare la simpatia del mondo verso regimi antisemiti in Jugoslavia. Questi sono "politically correct"... Ma resta un piccolo particolare: chi ha pagato la "Ruder&Finn"? Appare improbabile che i governi di Bosnia-Erzegovina e di Croazia [e men che mai quello "parallelo" del piccolo Kosovo albanese; n.d.crj] potessero raggranellare i soldi richiesti. Si tratta di soldi arabi? Di soldi delle compagnie petrolifere USA che operano negli Stati arabi? Di soldi delle banche internazionali? (...)

 

3. Disinformare per squartare la Jugoslavia

Stiamo dunque parlando di persone ed aziende che per professione si occupano di orientare l'opinione pubblica, come i pubblicitari, inducendola "democraticamente" a sostenere questa o quella causa, questa o quella guerra di aggressione. Chiaramente delle ditte private non potrebbero lavorare per questo se non avessero il consenso dei governi e delle strutture militari: non potrebbero ad esempio lanciare campagne su questioni ritenute "contrarie all'interesse nazionale". Si tratta dunque di ditte para-private, cioe' ditte che - come pure, purtroppo, tante ONG - svolgono una funzione collaterale a quella dei diplomatici, a quella

dei reporters di guerra, a quella dei militari stessi.

Una ampia analisi sul ruolo della disinformazione nella guerra contro la Jugoslavia (RFSJ), e contro i serbi in particolare in quanto popolazione maggioritaria della RFSJ, e' stata scritta da un professore di storia di Berkeley: si puo' leggere in lingua inglese all'indirizzo http://www.diaspora-net.org/food4thought/kent.htm sullo stesso sito sono archiviati molti altri articoli contenenti informazioni utili sulle campagne di disinformazione di questi anni, come quelli di Charley Reese e di Charles Boyd.

Un altro documento vasto e dettagliatissimo, particolarmente incentrato sulla destabilizzazione dei Balcani indotta nelle capitali dell'Occidente, e' "J'accuse" di Rajko Dolecek, professore ceco che ha pubblicato il testo in un libro uscito nel suo paese, ed ora su internet:http://www.srpska-mreza.com/ddj/Kosovo/articles/Dolecek.html

 

Altri siti con documentazione importante (veri e propri enormi archivi sulle falsificazioni di questi anni) sono http://www.Emperors-clothes.com (di J. Israel, un ebreo americano)http://www.srpska-mreza.com/library/facts/preface.html(di P. Makara ed altri serbi d'America)

In lingua italiana c'e' ancora ben poco, purtroppo. Rimandiamo pertanto al nostro sito: http://www.marx2001.org/crj oppure http://www.altern.org/crj ai documenti ed ai collegamenti in esso contenuti. Di li' si puo' scaricare in particolare l'opuscolo "Chi, come e perche' ha distrutto laRepubblica Federativa e Socialista di Jugoslavia" redatto nell'aprile 1999 a cura del Comitato contro la guerra imperialista alla Jugoslavia di Roma (vedasi: http://marx2001.org/crj/copertina.html) e contenente una dettagliata cronologia delle operazioni di destabilizzazione continuata ed aggravata dell'area da parte dell'Occidente, compresi alcuni momenti-chiave della campagna di disinformazione strategica, come le grandi stragi di Sarajevo e Srebrenica - sulle quali pertanto non ci soffermiamo.

A completare il quadro delle fonti cui attingere per capirne di più sulla problematica della disinformazione strategica nel caso jugoslavo, segnaliamo un libro *eccezionale*: quello di Michel Collon, POKER MENTEUR ("Il poker dei bugiardi", in francese - Ed. EPO e M. Collon, 20A Rue Hozeau de Lehaie, 1080 Bruxelles, Belgio - tel. +32-2-414 2988, fax +32-2-414 224, e-mail: editions@epo.be). L'autore, giornalista, collabora con la rivista del Partito del Lavoro del Belgio 'Solidaire'. Il suo libro, che consta di quasi 400 pagine in formato A4, e' il risultato di un lavoro ampio ed approfondito, incentrato sulla analisi della menzogna assurta a sistema nella guerra mediatica di questi anni. La problematica jugoslava e' affrontata da vari punti di vista: sotto il profilo geopolitico, sotto il profilo dei nazionalismi, e sotto il profilo storico. Mentre sulla analisi storica del periodo di Tito grava ancora a nostro avviso un ingeneroso pregiudizio ideologico da parte dell'autore, che nel conflitto tra Tito e Stalin criminalizza Tito ed assolve completamente il Cominform, tutti gli altri aspetti sono a nostro parere affrontati con grande competenza ed abbondanza di argomentazioni, anche in forza della vasta documentazione presentata (interviste, immagini, piantine, dati). Illuminante e' lo scenario tracciato per il futuro, quello delle 'prossime guerre per il petrolio'". Ovviamente, il libro di Collon non e' stato recensito da nessuno in Italia. Esiste pero' gia' una traduzione in italiano e ci stiamo attivamente impegnando per farlo uscire nel nostro paese - se non ci bombardano prima...

 

4. Campi di concentramento

Passiamo ad alcune questioni emblematiche, per fare degli esempi concreti di truffa ai danni dell'opinione pubblica, delle popolazioni balcaniche e della pace. Nell'intervista sopra riportata si e' parlato delle notizie sui "campi di concentramento". L'esempio piu' clamoroso,

relativamente alla Bosnia, e' quello del campo di prigionia di Trnopolje, del quale parla Thomas Deichmann, giornalista tedesco, nel capitolo 9 di "NATO in the Balkans": Deichmann ha raccontato l'operato di Penny Marshall, giornalista dell'ITN, che ha visitato Trnopolje ed ha fotografato una persona in condizioni fisiche precarie al di la' di un filo spinato, suscitando estremo scandalo in tutto il "mondo civile" per il trattamento "barbaro" operato dai serbi... peccato che la persona fosse malata da tempo, e che fosse ALL'ESTERNO della recinzione, non all'interno. La storia e' documentata anche con tutte le fotografie sulsito di "Living Marxism" http://www.informinc.co.uk/ITN-vs-LM/story/LM97_Bosnia.html Per avere smascherato le bugie del reporter dell'ITN, "Living Marxism" ha scatenato le furie di questo colosso massmediatico, che ha allora cercato di mandarli in rovina (vedi: http://www.informinc.co.uk/ITN-vs-LM/index.html Si noti che "Living Marxism" ha lanciato una campagna per finanziare le proprie spese legali, non sarebbe male dar loro una mano...). Per completezza di documentazione segnaliamo anche la vasta documentazione presente sul sito serbo-americano di cui sopra: http://www.srpska-mreza.com/lm-f97/lm-f97.html Un altro esempio clamoroso riguardante i "campi di concentramento" e' quello di Roy Gutman, giornalista (anzi: PREMIO PULITZER!!!) e bugiardo matricolato: si veda http://www.srpska-mreza.com/ddj/Kosovo/articles/Dolecek.html#b13

 

5. Stupri etnici

Di nuovo si puo' partire con la lettura di "NATO in the Balkans", oppure dalla pagina dell'IAC: http://www.iacenter.org/rape.htm o ancora dal gia' citato Dolecek: http://www.srpska-mreza.com/ddj/Kosovo/articles/Dolecek.html#b14 dove si ricorda che tutta la campagna sui serbi "stupratori etnici" fu iniziata dal ministro bosniaco-musulmano Silajdzic alla Conferenza di Ginevra del 1993, e poi ripresa a pappagallo da tutti i mezzi di informazione di tutti i paesi occidentali, compresi quelli di sinistra che anzi, se possibile, hanno contribuito ancor piu' fortemente a creare indignazione e sentimenti antiserbi.

La questione degli stupri etnici venne messa in dubbio per la prima volta in Occidente nell'articolo "Notizie dalla Jugoslavia: 'la stampa di parte'", di Peter Brock - in italiano su "Internazionale" del 26/2/1994 a pagina 11; originale inglese su "Foreign Policy", n.93 inverno 1993/'94; in tedesco prima su "Die Weltwoche" (CH) e poi "KONKRET" (RFT). Questo articolo scateno' un parapiglia nella corporazione dei giornalisti, che infatti dopo averne variamente diffamato l'autore hanno relegato la questione nel dimenticatoio. Sfortunatamente il "grimaldello" di far leva sui sentimenti dell'opinione pubblica progressista, e femminista, e' sempre efficace, come dimostra un paginone infame apparso su "La Repubblica" un mesetto fa. Si tratta di una serie di illazioni sul presunto stupro di 10mila donne albanesi-kosovare da parte dei serbo-cetnici durante gli umanitari bombardamenti della NATO. Sara' triste constatare come "La Repubblica", quotidiano leader dello sciovinismo "liberal" filoamericano, non rettifichera' mai quelle informazioni false; peraltro proprio in questi giorni "La Repubblica" non sta pubblicando NIENTE su quello che esce ormai persino sul New York Times, e cioe' che in Kosovo non c'e' stato nessun genocidio degli albanesi da parte serba.

6. Kosovo

Scriveva Jim Naurekas su "Extra", rivista statunitense, nel maggio 1999 (citato da Sergio Finardi su "Il Manifesto" del 4/8/1999): "Il primo uso esatto del termine 'ethnically clean' in riferimento al Kosovo appare in un articolo del New York Times del 12 luglio 1982, scritto da arvin Howe, che cita un funzionario comunista albanese in Kosovo: 'I nazionalisti hanno una piattaforma in due punti, in primo luogo stabilire ciò che chiamano una repubblica albanese ethnically clean e quindi fondersi con l'Albania per formare una Grande Albania'". Poco dopo (28 novembre 1982), "il corrispondente del New York Times, David Binder scrive: "Numerose persone sono state uccise e centinaia ferite a causa delle violenze che sono scaturite dai disordini all'università di Pristina nel marzo 1981. Quasi settimanalmente ci sono stati casi di stupro, incendi dolosi, saccheggi, sabotaggi industriali, chiaramente progettati per indurre i rimanenti slavi, serbi e montenegrini, ad andarsene dal Kosovo".

Descrivendo il tentativo di dar fuoco ad un ragazzino serbo di 12 anni, Binder scriveva appena prima (9 novembre, 1982): "Tali incidenti hanno spinto molti abitanti slavi del Kosovo a lasciare la provincia, aiutando così la realizzazione della richiesta dei nazionalisti per un Kosovo albanese etnicamente puro. L'ultima stima di Belgrado è che 20.000 serbi e montenegrini hanno lasciato il Kosovo per sempre dalla rivolta del 1981."

"Il New York Times - continua Naureckas - ritorna sulla questione del Kosovo il 28 aprile del 1986 quando Henry Kamm riporta che gli jugoslavi slavi 'accusano gli ethnic Albanians' ...di continui assalti, stupri e vandalismi. Essi credono che lo scopo sia quello di spingere i non-albanesi fuori della provincia". Inoltre, l'1 novembre 1987 ancora David Binder scrive (sempre sul New York Times) "gli 'ethnic Albanians' al governo hanno manipolato fondi pubblici e regolamenti per impadronirsi delle terre che appartengono ai serbi... Chiese ortodosse slave sono state attaccate, bandiere bruciate. Sono stati avvelenati alcuni pozzi e bruciati i raccolti...".

E' bene notare che sarà proprio in questa ultima situazione che Milosevic pronuncerà il "famigerato" discorso del 1987 che prometteva protezione ai serbi e portava poi alla revoca dell'autonomia ["speciale"] del Kosovo. Nessuno l'ha detto, nessuno l'ha ricordato, tra i fautori dei bombardamenti etnici, né negli Stati uniti, né in Europa. Eppure queste cose stavano scritte sul New York Times, non sul bollettino di qualche parrocchia di radicali.

I vecchi articoli del New York Times degli anni '80 citati da Finardi nel testo sono leggibili, ell'originale, agli indirizzi:

http://marx2001.org/crj/DOCS/nyt82.txt (Howe 1982)

http://www.srpska-mreza.com/ddj/Kosovo/articles/Binder87NYT.htm (Binder 1987)

In essi (*anni Ottanta*) si raccontava la persecuzione dei serbi del Kosovo da parte del montante movimento irredentista panalbanese. Piu' recentemente e' diventato di moda, anzi obbligatorio, accusare invece Milosevic per avere "dato il via" a tutte le disgrazie della regione - anzi a tutte le disgrazie dei Balcani - nel 1989 con il suo "celebre" discorso di Kosovo Polje. Ma (udite udite!!!) in tutti questi anni NESSUNO ha mai riportato il tanto vituperato discorso di Milosevic a Kosovo Polje, sui nostri democratici mezzi di informazione. Ora pero' esso e' leggibile in inglese su: http://www.emperors-clothes.com/articles/jared/milosaid.html ed in italiano su: http://marx2001.org/nuovaunita/jugo/crj/m_l/150799.htm

 

Ne consigliamo caldamente la lettura, tanto per mettere a confronto l'immaginazione con la realta'. Ma queste sono storie vecchie di piu' di 10 anni, dira' qualcuno. Beh, a noi non sembra proprio, visto che solo un anno fa il Partito Radicale Trans-nazionalista di Marco Pannella ed Emma Bonino faceva riferimento al "discorso di Milosevic a Kosovo Polje" per chiedere la incriminazione del suddetto dinanzi al Tribunale dell'Aia... I radicali, nel frattempo, sono stati accontentati: Milosevic e' stato incriminato per volonta' della NATO ed intercessione pannelliana pochi giorni prima della fine dei bombardamenti. Ma il discorso di Milosevic non l'ha letto nessuno.

In questi giorni i giornali piu' onesti pubblicano le smentite delle notizie terroristiche diffuse dai portavoce della NATO e dai nostri governanti durante e dopo i bombardamenti: non c'e' stato genocidio in Kosovo (ORA c'e'), non ci sono fosse comuni che non siano opera dell'UCK. Si tratta dell'ultimo atto, per ora, della campagna di disinformazione strategica mirata ad ottenere l'occupazione militare del Kosovo e (presto) la sua secessione ed annessione alla grande Albania. Una campagna che ha visto come protagonisti non solo Jamie Shea e Massimo D'Alema, ma anche tanti giornalisti (di Erich Rathfelder abbiamo chiesto l'anno scorso l'incriminazione come criminale di guerra: http://www.marx2001.org/crj/DOCS/rathfelder.html). E persino il capo della missione OSCE In Kosovo William Walker (http://marx2001.org/crj/GEOPO/zetra.html).Tutti costoro, ne siamo certi, dovranno presto rendere conto delle loro menzogne e dei loro crimini.