AURORA

BOLLETTINO APERIODICO D’INFORMAZIONE-N°3

OTTOBRE 1999

 

L’ULTIMA AVVENTURA

In 30 giorni di bombardamento aereo, la Jugoslavia ha subito più di 1000 morti, 4.500 feriti, si è vista scaricare addosso oltre 2000 missili da crociera (cruise) e 7.000 tonnellate d’esplosivo in 9.000 missioni d’attacco aereo. Queste sono le cifre dell’ultima avventura dell’Impero d’Occidente (la NATO dominata dagli USA). Avventura iniziata quando la piccola Jugoslavia si era rifiutata di firmare i cosiddetti accordi di Rambouillet. Un gran rumore si era frequentato da parte dei nostri media, su quest’accordo, firmato dall’UCK (il cosiddetto esercito di liberazione del Kosova), ma non dagli jugoslavi. Non si potrebbe comprendere l’atteggiamento di questi ultimi (e si è fatto di tutto per non renderlo comprensibile) se non si leggessero gli articoli dell’accordo preteso “equo”, che l’Impero d’Occidente voleva imporre a Belgrado.

 

Alcuni esempi chiariranno la sua vera natura:

1) Le truppe che dovevano garantire ordine e sicurezza in Kosova dovevano appartenere esclusivamente alla NATO

2) Le truppe Nato dovevano essere libere di spostarsi in TUTTO il territorio della Jugoslavia

3) Queste truppe, inoltre, sarebbero state libere di perseguitare chiunque la Nato ritenesse punibile “per reati contro l’umanità” (la costituzione del tribunale penale internazionale, rientra tra giustificazione dell’interventismo e dell’ingerenza dei paesi forti, come gli USA, e danno dei paesi deboli)

4) Immunità stile Cermis, da garantire alle truppe Nato in territorio jugoslavo; non sottoponibili, quindi alle leggi della Federazione Jugoslava

5) Le spese dell’occupazione dovevano ricadere sulle finanze di Belgrado

6) Invadenza dell’apparato d’intelligence occidentale nei confronti delle strutture militari, economiche ed industriali jugoslave (così, com’è accaduto in Iraq)

La domanda che ci si pone, leggendo questi articoli, è perché la Nato ha voluto attuare un così pesante programma di controllo, quasi d’occupazione della Jugoslavia.

La risposta può avere molteplici aspetti:

A) La Jugoslavia rappresenta contemporaneamente sia un possibile trampolino di lancio della Nato contro la Russia (o meglio il secondo artiglio della tenaglia che va stringendosi su Mosca, essendo il primo costituito dalla Polonia e dagli stati baltici), sia un avvertimento a Mosca stessa, allo scopo di mostrarle il suo ruolo subalterno in un pianeta dominato dal Nuovo Ordine Mondiale a guida USA

B) L’attacco è una fase che rientra nel piano di controllo e, forse, di destabilizzazione dell’Unione Europea, il cui capitale famelico può procurare gravi problemi di concorrenza interimperialistica agli USA

C) Gli USA sono dovuti intervenire, inoltre, perché l’imperialismo tedesco, dopo aver contribuito in modo determinante alla dissoluzione della Jugoslavia socialista, favorendo la secessione di Slovenia, Croazia e Bosnia, puntava alla distruzione della piccola federazione serbomontenegrina allo scopo di impossessarsi delle miniere di rame e cromo presenti nel Kosova (le più grandi d’Europa).

Quindi, per evitare che il capitale rivale tedesco potesse acquisire stabili fonti di materie prime, gli USA sono intervenuti nei Balcani.

La conclusione che si può trarre dalle analisi di questi dati, è che alla Nato non importa nulla della popolazione del Kosova (se non che per giustificare i bombardamenti sulla Jugoslavia); ciò è dimostrato dallo stato di pratico abbandono in cui si trovano i profughi kosovari.

Inoltre, alla Nato non interessa se i bombardamenti provocano delle vittime tra i civili, fa parte del “gioco”, direbbero i suoi rappresentanti, ed inoltre avrebbero l’effetto (voluto) che i bombardamenti massicci hanno sempre avuto: spargere il terrore tra la popolazione.

Anche i vertici Nato, a loro modo, sono state vittime di se stesse, prima illudendosi che un paio di giorni d’attacchi aerei avrebbero convinto la Jugoslavia a piegarsi (come se si trattasse di Grenada o della Somalia), poi, accortisi della coriaceità dei popoli jugoslavi, i capi della Nato si sono gettati in un’orgia propagandistica senza limiti, definendo gli jugoslavi: fascisti, nazisti, mostri e addirittura esseri demoniaci, portando come prove foto e filmati datati di mesi o anni, quando non truccati (vedi foto di presunte fosse comuni, dove i vari esperti della Nato parlano di file di tombe orientate verso la Mecca! Da quando i serbi sono divenuti mussulmani?)

Conseguenza di tutto ciò, e che la Nato e l’occidente si trovano in un vicolo cieco, da cui non possono uscire che in due modi: sferrando un attacco terrestre, rischiando di subire centinaia o migliaia di perdite di vite umane tra le proprie truppe; oppure rinunciare ai bombardamenti, rischiando di far dissolvere nel nulla la credibilità del patto atlantico quale gendarme e padrone del Mondo.

 

 

La bancarotta socialdemocratica

I governi europei che hanno preso parte all’attacco contro la Jugoslavia sono costituiti da partiti di orientamento socialdemocratico: Blair, Schroeder, Jospin, D’Alema. Insomma tutti i governanti dell’UE, tranne la Spagna (ma Solana, segretario della Nato, fa parte del Partito Socialista spagnolo), tutti rappresentanti eminenti della sinistra “responsabile” europeista, hanno concordato con l’imperialismo USA e del capitale europeo, sulla necessità di bombardare il popolo jugoslavo per fare “affermare i diritti” dei kosovari. Quest’atteggiamento di ottusa intransigenza che i riformisti europei manifestano è dettato, in realtà, dalla necessità di farsi riconoscere dal Capitale quali veri garanti della stabilità socioeconomica, del mantenimento dello status quo a danno sia dei ceti lavoratori di casa propria e sia dei paesi dell’est e del sud. Tale comportamento favorisce l’imperialismo USA nell’imporre la propria iniziativa strategica a livello mondiale, anche a danno degli interessi dell’Europa.

Questa contraddizione tra europeismo a parole e asservimento nei fatti agli interessi dell’imperialismo USA, procureranno dei danni gravissimi ai partiti al governo, è assai probabile un loro prossimo tracollo elettorale con relativa perdita di legittimità; Mentre a livello internazionale, l’UE perderà qualsiasi possibilità di far valere i propri interessi nei confronti degli Stati Uniti, e sarà costretta a seguirne la politica fino alla catastrofe finale. Questo è il bilancio prossimo venturo della cosiddetta “sinistra di governo”: una vera e propria bancarotta economica, politica e morale. Una bancarotta che ricorda quella dei partiti socialdemocratici della Seconda Internazionale di fronte allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.