TROTZKIJ

Riproduciamo alcuni testi su Trotzkij comparsi su riviste, libri e quotidiani.

Iniziamo con un articolo sul "Corriere della sera", nel 1978. Il titolo era "Trotski, profeta armato e disarmato".

Il nome di Trotski é tornato all'improvviso alla ribalta soprattutto per il suo crudele assassinio nell'Estate del '40 e per le dirette responsabilità di Stalin, ormai riconosciute apertamente anche da parecchi comunisti europei (a cominciare dal PC francese, che ha riaperto il "caso" pubblicando su "l'Humanité" parti di un libro-testimonianza del messicano Valentin Campa).

Ma chi é stato davvero Trotski, il leader bolscevico che lo stalinismo ha preteso di cancellare addirittura dalla storia, mentre altri lo considerano uno degli eroi del nostro secolo?

Lev Davidovic Trotski (il suo vero cognome però era Bronstein) era nato il 7 Novembre 18799 a Janovka, in Ucraina, quinto di otto figli di una famiglia ebrea, proprietaria di una fattoria agricola, che viveva - lo dirà lui stesso - "in una certa agiatezza". Il padre voleva farne un ingegnere, ma Trotski sente presto il richiamo della politica, in un periodo in cui al declinante movimento populista e terrorista si sostituivano i gruppi marxisti. "Esitavo ancora fra la matematica pura e la rivoluzione" racconterà più tardi nell'autobiografia.

E' arrestato per la prima volta nel 1898, dopo avere partecipato a fondare l'Unione Operaia della Russia meridionale. va in prigione a Nikolaev, a Cherson, a Odessa (dove legge "con entusiasmo" due saggi di Antonio Labriola, tradotti in francese), é deportato in Siberia, dove ricorda che studiava i testi di Marx "cercando le blatte che si infilavano tra le pagine".

Fuggito con un passaporto falso intestato a Trotski (il nome che lo renderà famoso) comincia l'esilio a Vienna, a Parigi, a Zurigo, a Londra dove nell'Autunno del 1902 incontra Lenin, già impegnatissimo nel lavoro per il partito operaio socialdemocratico russo (POSDR), fondato quattro anni prima. Uno scontro con Lenin lo ha al secondo congresso del POSDR nel 1903, quando avviene la scissione tra i menscevichi, accusati di essere "molli" nella lotta rivoluzionaria, e i bolscevichi, sotto la guida di Lenin, ritenuti "duri", intransigenti nel volere un partito fatto solo di "rivoluzionari di professione". Trotski si schiera con i menscevichi, anche se se ne stacca presto, rimanendo fuori delle due fazioni. Poi, nel 1905, appena la "Domenica di sangue" lascia prevedere una lotta a fondo per abbattere lo zarismo, Trotski accorre in Russia e diventa l'esponente più in vista del Soviet di Pietrogrado. Per lui la rivoluzione del 1905, anche se non distrugge il sistema autocratico di Nicola II, sarà la "prova generale del 1917".

Di nuovo incarcerato e mandato in Siberia evade nel 1907 e inizia il secondo esilio, vivendo in prevalenza a Vienna ma con frequenti viaggi e soggiorni un po' in tutta Europa (in Bulgaria, Romania, Francia e Spagna). L'obiettivo é sempre lo stesso: lavorare coi vari gruppi rivoluzionari, magari discutere e litigare coi socialisti, specie coi "destri" della II Internazionale (Trotski infatti era il "re dei polemisti" secondo l'immagine di Bernard Shaw); comunque sempre convinto che la rivoluzione era l'unico mezzo indispensabile per dare un nuovo volto alla Russia e al quadro internazionale, dominato dal cosiddetto nemico di classe, la borghesia capitalistica. Agli inizi del '17 era andato sino a New York, "la città leggendariamente prosaica dell'automatismo capitalistico". Ma alla notizia della rivoluzione di Febbraio, quella menscevica capeggiata da Kerenski (lo "spaccone" lo chiamava Lenin) intuisce che per lo zarismo sta giungendo il "redde rationem".

Il 17 Maggio 1917 é di nuovo in Russia, un mese dopo che ci era tornato anche Lenin. E a contatto con la sconvolgente raltà di un sistema in sfacelo, con le masse operaie e contadine stremate dalla guerra e dalla crisi interna, Trotski (fino a Luglio capo del gruppo degli "interdistrettuali") decide di confluire definitivamente nelle file del bolscevismo, e Lenin dirà subito che "non c'é miglior bolscevico del compagno Trotski". La sua diagnosi politica, esposta già due mesi prima delle giornate di Ottobre, era drastica. "La rivoluzione permanente contro il massacro permanente! Questa é la lotta in cui sono in gioco le sorti dell'umanità". Da quando il 7 Novembre 1917 i bolscevichi conquistano il potere, sino al 1923, il nome di Trotski é a fianco di quello di Lenin, anche se talvolta "in concordia discors" su certi problemi di importanza vitale.

Per dare la misura del peso politico di Trotski bastano le cariche ricoperte: presidente del Soviet di Pietrogrado, capo del Comitato militare rivoluzionario, commissario del popolo agli affari esteri per la pace di Brest-Litovsk e poi dal '18 commissario alla guerra e capo dell'Armata Rossa durante l'esperienza terribile della guerra civile, quando bisognava battere i nemici interni e vincere i massicci attacchi esterni.

Anche il passaggio dal "comunismo di guerra" alla NEP, la nuova politica economica inaugurata nel '21, trova Trotski sostanzialmente d'accordo con Lenin, un Lenin costretto dal male a ridurre l'attività politica quotidiana, specie dalla seconda metà del '22. E infatti, già al XII Congresso del partito, tenutosi nel '23 (Lenin assente), comincia contro Trotski la congiura degli epigoni, orchestrata dalla troja di Stalin, Zinovev e Kamenev.

Certo, acnhe Trotski non é esente da colpe: sottovaluta Stalin, che con spregiudicatezza si stava impadronendo di tutte le leve del partito, e non rinuncia a quell'insistente "eccesso di fiducia in se stesso", che anche Lenin gli aveva rimproverato nel testamento (scritto alla fine del '22), pur riconoscendolo "forse l'uomo più capace del comitato centrale".

"La calunnia vomitava lava gelata" dirà, commentando la violenza della lotta, che già nel '25 lo priva della carica di commissario alla guerra. Nel '26, appena Stalin si é disfatto anche di Zinovev e Kamenev, cerca di allearsi con loro nella cosiddetta "opposizione unificata". Ma dietro la disputa ideologica di Stalin, che voleva imporre la via del "socialismo in un paese solo" e rinfacciava a Trotski il peccato mortale della "rivoluzione permanente", in cui coinvolgere tutto il mondo, c'é lo scontro ben più aspro per imporsi al vertice del partito. E a vincere sarà il furbo georgiano, empirico e senza scrupoli, sempre "posseduto dalla volontà di potenza", come De Gaulle dirà di Stalin.

Nel '27 Trotski é espulso dal comitato centrale del partito e dal comitato esecutivo del Komintern, il 14 Novembre é radiato anche dal partito, e costretto al confino di Alma Ata, e nel '29 all'esilio nell'isola di Prinkipo, in Turchia, dove scriverà il suo capolavoro, la "Storia della rivoluzione russa".

Per 'indomito "profeta armato", come lo definirà Isaac Deutscher, il suo maggior biografo (che scriverà anche la successiva parabola del "profeta disarmato" e anche del "profeta esiliato", suggeriamo noi), cominciava il perido tragico e amaro degli ultimi dodici anni di esilio, a fianco della seconda moglie Natalia, mentre da Mosca lo stalinismo trionfante lanciava contro di lui violente campagne per squalificare, anche sul piano morale, l'antico leader dell'Ottobre Rosso, dipingendolo come un traditore, un criminale, un venduto al soldo dei nemici antisovietici.

Trotski, ormai solitario e costretto a vagare per il mondo (in Francia, in Norvegia, infine nel Messico) cerca di ribattere le accuse più ignobili e smontare "le calunnie stuoide e vili" come le chiamerà persino nel suo testamento. Denuncia con lungimirante acume la crescita del processo degenerativo nell'URSS, la "rivoluzione tradita" di Stalin ormai dittatore sovrano. Vede con notevole lucidità la minaccia del nazismo; tenta addirittura nel '38 di dar vita a Parigi alla IV Internazionale, per raccogliere quanti rifiutavano i crimini e le degenerazioni del comunismo sovietico.

Ma anche lontano, isolato, Trotski restava una voce troppo potente perché Stalin non facesse di tutto per ridurlo al silenzio, attraverso qualche sicario o qualche "longa manus" del Komintern o della GPU. Così, il 20 Agosto 1940 Trotski cade ucciso da un agente di Stalin, di nome Ramon Mercader, detto anche Jacques Mornard.

Adesso, sembra che anche i comunisti (almeno fuori dall'URSS) comincino a riconoscere che il manico della picozza, con cui Trotski ebbe spaccata la testa, fu manovrato dal Cremlino. Eppure se sarà lunga e tortuosa la via per "riabilitare" Trotski dopo le vergogne ripetute da tanta e sedicente storiografia ufficiale, ormai il processo é avviato. E al di là degli errori politici, da cui anche Trotski non fu immune, c'é solo da attendere da parte comunista un esame critico e autocritico.

"Verrà il giorno che il partito lo capirà e la storia lo riconoscerà", aveva scritto Adolf Joffe, suo compagno di lotta. L'anno venturo é il centenario della nascita di Trotski: non potrebbe essere la volta buona?

Arturo Colombo

 Trotskij: "Il profeta dimenticato"

Sessant’anni fa Lev Trotskij, compagno di Lenin e dirigente della rivoluzione d’Ottobre, veniva assassinato in Messico da un sicario stalinista che gli trafiggeva il capo con una piccozza. Per decenni la sua immagine è stata infangata dalle calunnie dei dirigenti ufficiali dei partiti comunisti.

Basti guardare la descrizione che viene fatta all’indice dei nomi sotto la voce Trotskij nelle edizioni Progress di Mosca del 1964 delle opere scelte di Lenin: "Nemico acerrimo del leninismo. Al VI Congresso del POSD(b)R nel 1917 fu ammesso al partito bolscevico. Dopo la Rivoluzione socialista d’Ottobre rivestì varie cariche statali. Dal 1923 condusse un’accanita lotta frazionistica contro la linea generale del partito, contro il programma leninista di costruzione del socialismo nell’Urss. Il Partito comunista, denunciando il trotskijsmo come una deviazione piccolo-borghese in seno al partito, lo sconfisse sul piano ideologico e organizzativo.

Nel 1927 Trotskij fu esluso dal partito, nel 1929 per la sua attività antisovietica, fu espulso dall?Urss e nel 1932 fu privato della cittadinanza sovietica. Trovandosi all’estero, proseguì nella lotta contro lo stato sovietico e il Partito comunista, contro il movimento comunista internazionale".

Come si può notare oltre a tante bugie presenti in queste righe, non si fa alcuna menzione delle circostanze in cui morì Trotskij, né si dice ovviamente, che Ramon Mercader (il suo assassino) venne accolto a Mosca nel 1960 con tutti gli onori.

Nello scorso numero di Falcemartello abbiamo pubblicato uno speciale di 8 pagine nel quale Alan Woods rispondeva a queste e ad altre calunnie ricordando il ruolo gigantesco che Trotskij ebbe nell’affermazione delle idee rivoluzionarie e nella lotta contro lo stalinismo.

Ancora due anni fa, ai tempi della scissione in Rifondazione Comunista, i cossuttiani rispolverarono tutto il vecchio armamentario ideologico accusando Bertinotti di "farsela con i trotskisti" di Livio Maitan e di aver costruito una maggioranza nel partito insieme a loro.

Non ci interessa aprire qui la discussione su quanto possano considerarsi "trotskiste" le posizioni di Livio Maitan, ma quale fu la risposta che in quel frangente venne data dal segretario del Prc.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Bertinotti disse (riportiamo in modo non letterale ma certamente corrispondente alla sostanza) che se c’era ancora qualcuno nel movimento operaio che considerava Trotskij un controrivoluzionario, non era stata ancora estirpata l’unica corrente del pensiero comunista che andrebbe rigettata, quella stalinista.

Non ci pare che i redattori di Liberazione la pensino allo stesso modo visto e considerato che il 20 agosto del 2000, nel 60esimo anniversario dell?assassinio di Trotskij, non hanno pubblicato neanche una riga di commemorazione. Si potrebbe obiettare che l’attentato avvenne effettivamente il 20 agosto, ma che in realtà la morte sopraggiunse il giorno dopo e che Trotskij non poteva essere ricordato il 21 agosto del 2000 che era un lunedì e il quotidiano non usciva (ma il 22 sì?). Resta il fatto che lo stesso giorno (20 agosto, 2000) Liberazione non ha dimenticato invece di commemorare il 36esimo anniversario della morte di Palmiro Togliatti.

Forse mancava spazio, o trattandosi di una edizione estiva la redazione non era al completo e la questione non poteva essere trattata con la serietà che meritava, oppure una semplice distrazione, tutte cose che capitano (!!!)

Ma il tutto suona come una beffa per chi, come noi, pensa che l’immagine di un grande rivoluzionario come Lev Trotskij meriterebbe di essere riabilitata completamente, tanto più da un giornale che si richiama alla rifondazione comunista.

Soprattutto perchè la responsabilità dell’assassinio, ci dispiace dirlo, perché spezzeremo il cuore di qualche compagno della redazione di Liberazione e non solo, è da attribuire interamente a quella cricca burocratica di cui anche "Il migliore" faceva parte.

In quegli anni, di feroce repressione contro gli oppositori, nell’epoca delle purghe staliniane, quando vennero mandati al patibolo i principali dirigenti della rivoluzione d’Ottobre, Togliatti stazionava a Mosca ed era uno dei principali dirigenti del Komintern stalinista.

Ma forse qualcuno preferisce dimenticare, mettere una pietra sul passato, non è vero cari compagni di Liberazione?

Per quanto ci riguarda il nostro tributo a Trotskij lo daremo ripubblicando una delle sue opere principali, La Rivoluzione Tradita, nella quale il capo dell’Armata Rossa denuncia con lucidità il

tradimento della Rivoluzione d’Ottobre da parte degli stalinisti.

In attesa dell’uscita del libro e a profitto dei nostri lettori alleghiamo qui accanto la traduzione di un breve contributo, che scrisse il nipote di Trotskij (Esteban Volkov) per l’edizione spagnola della Rivoluzione Tradita pubblicata nel 1991 dalla Fundación Federico Engels.

FalceMartello

Ai lettori di Esteban Volkov nipote di Lev Trotskij

Della vasta opera politica di Lev Trotskij, La Rivoluzione Tradita, fu

definita dallo storico Isaac Deutscher, come un classico della

letteratura marxista.

Fu scritta da Trotskij nel 1936, poco prima della sanguinosa e

Mostruosa farsa dei processi di Mosca orchestrati da Stalin, e dell’assassinio

dell’autore avvenuto in Messico il 20 agosto del 1940.

Con l’assassinio di Trotskij, Stalin portò a termine il suo impegno di

eliminare la vecchia guardia bolscevica, i leali compagni di lotta di

Lenin e la maggior parte dei sopravvissuti dell’Ottobre. Aggiungendo

Un altro crimine alla sua lunga lista di tradimenti, che Lev Trotskij

descrive e analizza magistralmente nella sua opera, ribadendo una volta

di più il suo indiscusso titolo di becchino della Rivoluzione d’Ottobre

come lo definì l’organizzatore dell’Armata Rossa.

La Rivoluzione Tradita è una chiara dimostrazione della lotta senza

quartiere che scagliò Trotskij fino alla morte contro la dittatura

burocratica stalinista, cercando di salvare l’essenza e i postulati

della Rivoluzione d’Ottobre contro le falsificazioni e i tradimenti di Stalin

e della sua cricca.

In questa opera, con grande conoscenza e grande cura dei dettagli,

l’autore analizza a fondo il regime stalinista e il perché del suo

totale distanziamento dai postulati e dagli ideali di Marx, Engels e Lenin, in

modo profetico alla luce dei recenti sviluppi.

Lev Trotskij oltre mezzo secolo fa, dichiarò l’inevitabile collasso

storico dell’anacronostico e ingiusto regime stalinista, descrive

l’Unione Sovietica come una società contradditoria, a metà strada tra il

capitalismo e il socialismo, e prevede due opzioni rispetto al futuro:

un ritorno al capitalismo se i rapporti di forza fossero sfavorevoli alla

classe operaia o un avanzamento verso l’autentico socialismo se la

classe operaia riconquista il potere.

Dopo aver letto questo libro, risulta chiaro che il collasso dello

stalinismo in nessun modo rappresenta la fine del progetto socialista;

tutto il contrario, nel "nuovo ordine mondiale" di demenziale violenza

imperialista e di sempre più spietato ed efficiente sfruttamento delle

masse oppresse del pianeta e di distruzione e avvelenamento

dell’ecosistema: il vero socialismo si rivela per il genere umano

l’unica soluzione per fermare la barbarie imponendo la pace e la giustizia allo

stesso tempo.

Messico, aprile 1991