Georg
Brandes e le interpretazioni del pensiero
di Nietzsche in area di cultura germanica (1880
- 1914).
Francesco Ingravalle, in "Margini"
n. 20, novembre 1997
Ci si potrebbe chiedere
perché, tra la sterminata bibliografia
nietzscheana in lingua straniera, le "Edizioni
di Ar" hanno pubblicato proprio le conferenze
di Georg Morris Cohen Brandes intitolate "En
Afhandling em aristokratisk radikalisme"
risalenti al 1888, e pubblicate in edizione accresciuta
nel 1909 e, di lì a pochi anni, tradotte
in francese e inglese (1914) e in tedesco. Tre
lustri fa riscuoteva molti consensi l'interpretazione
che Gianni Vattimo aveva dato di Nietzsche come
di un "maestro del pensiero libertario",
che non pareva consona né all'auto-interpretazione
di Nietzsche (Ecce Homo), né alle prime
interpretazioni che si incentravano sul superuomo.
Georg Brandes invece parlava di "radicalismo
aristocratico" concepito per creare una "Herrenmoral"
in cui la vita, superando la decadenza, cioé
il predominio degli ideali ascetici, realizza
sé stessa nelle forme più alte;
Lou Salomé intendeva l'intero percorso
filosofico nietzscheano come un tentativo di superare
i valori che annientavano la vita nelle figure
di un'umanità superiore - il "superuomo"
- che si sostituisce alla vecchia immagine di
Dio (Lou Andreas Salomé, "Friedrich
Nietzsche in seinen Werken" , Wien, 1894).
Queste due letture del pensiero di Nietzsche coglievano
alla perfezione il nesso "nichilismo - critica
della morale - superuomo" (nel quale rientrava
perfettamente anche l'"eterno ritorno dell'uguale"
come culmine del nichilismo stesso e come 'prova
di forza dello spirito'). A Brandes e Lou Salomé
si deve aggiungere R. Steiner "F. N. Ein
Kampfer gegen seine Zeit", Weimar, 1895,
che, però, considerava la critica della
morale un corollario dell'idea di "superuomo".
Si esamini la bibliografia su Nietzsche compresa
tra il 1880 - anno in cui Nietzsche compare citato
per la prima volta nei "Grundrisse der Geschichte
der Philosophie" di F. Uberweg - e il primo
conflitto mondiale dopo il quale Ernst Gundolf
e Florentin Hildebrandt, appartenenti al circolo
letterario di Stefan George, pubblicarono un'opera
in cui si proponeva l'immagine di Nietzsche come
"temperamento eroico" in lotta contro
il nichilismo politico e morale della modernità;
successore di Nietzsche è il poeta George;
essa sembra culminare nell'immagine di Nietzsche
come una "torcia ardente gettata sulla polverosa
Europa"; in George rivive l'antica visione
eudemonica del mondo, "la sfera che ruota
eternamente su sé stessa" e il "sereno
sorriso" della Grecità olimpica. (cfr.
E. Gundolf - Florentin Hildebrandt "Nietzsche
als Richter unserer Zeit", Breslau, 1923).
Già nel 1918 Ernst Bertram ("Nietzsche,
Versuch einer Mythologie", Berlin, Bondi)
aveva interpretato Nietzsche come figura leggendaria
e come creatore di miti strettamente religioso,
nordico e luterano. Il superuomo appare come trasvalutazione
e redenzione dell'umano.
Con queste due interpretazioni iniziava un'altra
storia: quella del recupero neo-romantico della
grecità e del mito in contrapposizione
alla e come compensazione della disfatta tedesca
del 1918, come risposta alla disfatta stessa.
E' già il clima della "rivoluzione
conservatrice", del nuovo nazionalismo e
della utilizzazione del mito che costituirà
l'anima del nazional - socialismo in Rosenberg
e Hitler. Un'altra storia dunque: quella della
reazione della cultura tedesca al crollo dell'impero
guglielmino e della tensione fra chi reagisce
guardando a Oriente, alla Russia dei Soviet, e
chi reagisce scendendo nelle profondità
mitologiche del Deutschtum (attraverso le quali
guarda, magari, alla Grecità, come è
il caso del "Platon" del filologo classico
U. von Wilamowitz - Moellendorff); una storia
che, dalla età precedente aveva ereditato
alcune 'parole - chiave': "nichilismo",
"superuomo", "decadenza":
la prima e l'ultima ristre tte alla diagnosi della
"catastrofe tedesca", la seconda piegata
alle speranze di una rinascita, anche nei termini
millenaristici di un 'Terzo Reich'.
Come fu interpretato Nietzsche dai suoi 'compatrioti'
che l'avevano per lo più ignorato (ricordando
che chi colse nel segno fu uno storico danese
della letteratura, appunto Brandes, e una intellettuale
russa che ebbe modo di conoscere da vicino il
filosofo, Lou Salomé)?
Disponiamo di quattro modelli interpretativi:
a) Nietzsche come seguace di Schopenhauer.
Inizialmente, Nietzsche fu inteso come un discepolo,
sia pur brillante, di Schopenhauer: così
F. Uberweg (1880), Falkenberg (1886, che lo associa
anche a Wagner), M. Brasch (1888). H. Vaihinger
lo vede come rovesciatore di Schopenhauer sotto
l'influsso di Darwin ("Nietzsche als Philosoph",
1902).
b) Nietzsche come individualista assoluto.
Vi fu chi, come R. Schellwien ("Stirner und
Nietzsche", 1893) considerò affini
il "Superuomo" e l'"Unico"
dell'anarchico individualista Max Stirner (1845)
- non è un caso che anche in Italia il
primo studioso del pensiero di Nietzsche fosse
Ettore Zoccoli ("F. N." , 1901) che
fu uno dei maggiori studiosi del pensiero di Stirner
(e primo traduttore, nel 1902 dell'"Unico"
per le edizioni Bocca di Torino); cf. anche E.
von Hartmann "Ethische studien", Leipzig
1898.
c) Nietzsche come caso clinico.
Una corrente di studi fu rappresentata dall'interpretazione
medico-psichiatrica del pensiero di Nietzsche:
a esempio K. Eisner, "Psychopathia spiritualis"
(1891), ma sopratutto il dottor P. J. Moebius,
"Ueber das pathologische bei Nietzsche"
(1902) che si riferiva al saggio di Max Nordau
"Degenerazione" (1896) (dove erano citati
come casi 'clinici' sia Nietzsche, sia Stirner).
Moebius interpreta psicopatologicamente tutta
l'opera di Nietzsche. E' la sensibilità
estetica di Nietzsche a fornire un caso, tipico,
di décadence secondo la definizione che
ne aveva dato, nel 1885, lo scrittore francese
Paul Bourget; non a caso, nota Moebius, Nietzsche
ammira soggetti malati mentalmente - come Schumann,
Wagner, Schopenhauer, Stendhal, Flaubert, Dostoevskij,
Baudelaire - ma evita le figure di artista sano
(es. Goethe (!)). Il radicalismo aristocratico
di Nietzscheè il frutto patologico della
degenerazione mentale. (Osservazioni che sono
metodologicamente analoghe agli studi dell'italiano
Cesare Lombroso raccolti in "Genio e follia").
cfr. W. Weigand, "Friedrich Nietzsche Ein
psychologischer Versuch" , Munchen, 1893.
d) Nietzsche come esteta.
Julis Zeitler (1900) considererà l'estetica,
la filosofia dell'arte, come il centro delle speculazioni
nietzscheane e distinguerà una fase estetico-metafisica
in cui il filosofo interpreta romanticamente la
grecità ("Nascita della tragedia"),
una fase estetico-critica che analizza positivisticamente
la fase precedente e, infine, una fase estetico-filosofica
dove l'arte è concepita esclusivamente
come manifestazione biologica e vitale. Alois
Riehl ("Friedrich Nietzsche, der Kustler
und der Denker", 3\'a1, Stuttgart, 1901)
sostiene che la trasfigurazione dell'esistenza
consiste per Nietzsche nel superamento della problematica
morale nell'arte, nell'impulso estetico esteso
a tutto campo nei diversi ambiti del'esistenza:
una morale a misura estetica, una religione a
misura estetica.
Il saggio sull' "Essenza della filosofia"
(1907) di Wilhelm Dilthey e la serie di conferenze
tenute da Georg Simmel ("Schopenhauer und
Nietzsche" , Leipzig, 1907), rappresentano
un punto di arrivo decisivo: saldano insieme la
prospettiva morale e la prospettiva estetica del
pensiero di Nietzsche e la connettono alla sua
critica all'astrazione dei sistemi filosofici
del presente e del passato. Sia per Dilthey, sia
per Simmel il problema centrale di Nietzsche è
il problema della decadenza e dei valori: è
questa l'angolazione dalla quale Nietzsche guarda
alla realtà della cultura moderna. L'arte,
come la politica, ne è una sfaccettatura
- anche se di enorme rilievo.
Il cerchio si chiude: perché questo era
il significato attribuito all'esperienza filosofica
nietzscheana da Georg Brandes e, poi, da Lou Salomé.
Nietzsche, finché fu cosciente, non fu
compreso dagli intellettuali tedeschi. Trovò
più agevolmente spiriti inclini al suo
modo di filosofare nei paesi latini soprattutto
nei letterati: in Francia Hippolyte Taine, Daniel
Halévy, in Italia Gabriele D'Annunzio,
ove, in certo qual modo, la presenza di determinate
costanti culturali condivise da Nietzsche poteva
facilitarne una certa accoglienza: la valutazione
della cultura rinascimentale per l'Italia, la
glorificazione della musica mediterranea della
"Carmen" di Bizet e della scrittura
stendhaliana in Francia (come la vicinanza tematica
ai moralisti francesi del XVI e XVII secolo e
a Voltaire).
Ma che il primo a cogliere il nucleo essenziale
della filosofia di Nietzsche sia stato un danese
è un fatto che stupisce, indubbiamente.
Chi era, intellettualmente, Georg Brandes? L'introduzione
al volume pubblicato da "Ar", risponde
più all'esigenza di presentare Brandes
sotto il profilo della rilevanza teoretica della
sua interpretazione di Nietzsche che non della
storicità della sua figura di intellettuale.
Brandes era nato a Copenhagen il 4 febbraio 1842.
Il punto di convergenza dei suoi interessi è
stato sempre l'arte nel suo rapporto con la società
. E' una impostazione fortemente reperibile nella
sua tesi di dottorato su Hippolyte Taine, sostenitore
della necessità di comprendere sociologicamente
i fenomeni artistici, fortemente condizionati
dal milieu, dall'"ambiente". Ma 'ambiente'
significa sia rapporti sociali, sia le condizioni
storico-geografiche, sia le condizioni etniche.
Cosicché, a esempio, la poesia era per
Brandes "realistico dibattito dei problemi
della vita", "coscienza della realtà",
in altri termini, psicologia dei fenomeni estetici
e delle loro connessioni con l'"ambiente".
La sua opera più celebre "Le correnti
fondamentali della letteratura europea del XIX
secolo" (1872-1890), corso di lezioni tenuto
all'Università di Copenhagen dopo un soggiorno
all'estero, in Francia e Italia (durante il quale
conobbe Taine, Renan, Stuart Mill), 1870-71, è
uno dei più potenti tentativi di comprendere
i fenomeni letterari dal punto di vista dell'"estetica
naturalistica". Le opposizioni dei conservatori
gli impedirono di ottenere, nel 1872, la cattedra
di estetica all'università di Copenhagen.
Dal 1878 al 1882 risiedette a Berlino e, sopratutto
attraverso la lettura del romanziere russo Dostoewskij,
approfondì il problema del margine di autonomia
che esiste nel rapporto fra l'artista e l'ambiente
sociale, giungendo a una maggiore attenzione per
la realtà psicologica dell'individuo. Non
è un caso che l'interesse per Nietzsche
coincida cronologicamente con l'interesse per
Dostoewskij (sul quale pubblicò un saggio
nel 1889), autore fondamentale anche per Nietzsche.
Brandes giunse, così, a concepire l'arte
come esito della dialettica fra le condizioni
della società (movimenti sociali) e la
dinamica psicologica individuale. Se Lou Salomé
poteva parlare della psicologia di Nietzsche e
del suo nesso con la sua filosofia per aver conosciuto
direttamente e conflittualmente Nietzsche, Brandes
lo poté fare grazie al suo superamento
critico della teoria naturalistica della cultura
e alla sua indipendenza ad ogni cristallizzazione
accademica del sapere. Soltanto quando la sinistra
liberale andò al potere, nel 1901, Brandes
ottenne la cattedra all'università di Copenhagen:
aveva 69 anni ed era conosciuto in tutta Europa
come l'"uomo più rappresentativo sul
piano culturale" della Danimarca. Profondo
conoscitore della Russia zarista (v. "Impressioni
di un viaggio in Russia" , 1889) considerà
con favore la rivoluzione di Ottobre ("La
seconda parte della tragedia", 1919), ma
senza nascondere la tragicità di quell'evento
e della guerra mondiale per l'umanità,
senza prendere partito nell'immane carneficina.
Vorrei suggerire che il messaggio più rilevante
di Brandes si trova nell'interpretazione della
figura dello "spirito libero" come scettico
osservatore e critico della realtà contro
ogni dogmatismo: è il modo migliore per
rispondere alla "sfida della complessità"
della nostra epoca. Nichilismo significa, prima
di tutto, infatti, morte delle certezze: sicché
la scelta tra barbarie e cultura non può
più ancorarsi a modelli pre-costituiti
o metafisici.
E' uno degli insegnamenti ricavabili da Nietzsche.
E' il maggiore insegnamento di Brandes.
L'Autore di questo scritto, Francesco Ingravalle,
ha pubblicato per le
Edizioni di Ar le seguenti opere:
- "Nietzsche illuminista o illuminato?"
- "L'automa della legge. Sul procedimento
criminale contro il Fronte Nazionale".
- "La Teoria e la sua ombra. Sul vero come
dissonanza."
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