CONTRIBUTO    di Ale

 

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Sono qui davanti al monitor a scrivere con la mano destra. La sinistra
è impegnata a trastullare il cazzo. Sullo schermo passano immagini di
film pornografici. Vedo donne ammiccanti, compiacenti, aggressive e
trasgressive. Di nessuna di loro si vede mai un orgasmo. Ma tutte
sembrano sempre felici di succhiare un cazzo enorme, di farsi
schizzare in bocca, faccia, tette, culo, pancia, gambe e talvolta
anche sulle scarpe, di prenderne anche due o tre o addirittura quattro
di cazzi. Non so come facciano. Sono riprese dovunque, cessi, barche,
mare, spiagge, auto, boschi, cucine, motel, uffici, stazioni della
metro. E tutte queste immagini mi lasciano quasi indifferente. Mi
eccitano di più i particolari. Gli occhiali, le calze, i capelli, le
mani.
Anni fa non era così. Qualunque cosa me lo faceva venire duro. Anche
una immagine solo accennata. Una parola a doppio senso. E allora
decisi di girare. E ho viaggiato parecchio. Ho provato tante
esperienze, anche le più perverse. Di tanto in tanto mi domando se ho
umiliato le donne che ho conosciuto oppure se anche loro erano
consenzienti. A volte  mi piacerebbe pensare che lo hanno fatto solo
per me.
E oggi, a distanza di anni, ricordo solo una persona. Kiara, americana
di S.Francisco. Non deve essere stato facile mettersi minigonne senza
mutande e farsele alzare per infilare un dito nella passera mentre si
è seduti nella metropolitana. Con lei c'erano 20 anni di differenza.
Mi amava. Voleva venire con me in Italia. Voleva solo metter su una
famiglia. Abbiamo fatto di tutto. Ecco, a ripensarla mi ritorna duro.
Se penso alla highway. In auto noleggiata. Decapottabile. Lei nuda
sotto l'ombelico. Una gnocca perfettamente depilata che mostrava il
segno del tempo, con le piccole labbra che fuoriuscivano dalle grandi.
Gambe aperte. Una sul finestrino abbassato. Sole a 35 gradi.
Affiancare un camion. Attirare l'attenzione del conducente. E poi
masturbarsi. Infilarle dentro un vibratore. E poi via. A tutta
velocità. Col camionista che ci suonava dietro.
Intanto sul monitor le immagini scorrono. Una tipa attorniata da 5 o 6
uomini raccoglie il loro sperma in una grossa ciotola. E alla fine
beve tutto. Lo chiamano "bukkake". Chissà quanto la pagano per fare
questo.
Con Kiara fu diverso. Avevamo bevuto spumante. Facemmo l'amore sul
pavimento. Appena finito si alzò e si mise accovacciata. Il bicchiere
a coppa sotto la passera a raccogliere il liquido seminale. Una frase
"vediamo che sapore abbiamo" prima di bere tutto. Quando vidi il pomo
d'adamo muoversi prima verso l'alto e poi verso il basso fu come se
avessi goduto di nuovo. È tutto nitido, qui, nella mia memoria.
Fermo la mia mano. Mi giro. Vedo la piccola casa che ho arredato con
la mia compagna. Non mi dice niente. Mobili Ikea senza personalità.
Identici in tutto il mondo. Anche lei all'inizio era divertita dalle
mie fantasie. Dopo poco che siamo venuti a vivere insieme però ha
cominciato con l'idea del bambino. Ovvero, come distruggere una
persona: fare l'amore solo in camera da letto, solo nei giorni
"giusti" , niente fantasia perché "stiamo facendo una cosa seria, non
un gioco". Il bambino non arriva ma intanto i nostri "giochi" sono
finiti. E allora scarico film porno da internet. Quando lei è via li
passo in rassegna. Giusto solo per ricordare i tempi belli andati, per
ricordare Kiara, ancora lì, sola, nella speranza di metter su famiglia
e su quello che avremmo potuto fare se solo avessi avuto più coraggio.


 

                                                                                                                           

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