Gaia: colazione in camera di Oceano

 

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Eccolo, e' tornato. Lo sento già nel dormiveglia del mattino. E' come fame, sete, bisogno fisico da saziare. E allora ripasso velocemente i tanti copioni immaginati la sera, prima di addormentarmi ... ne scelgo uno: "colazione in camera"!
Non devo pensarci troppo, altrimenti mi blocco:
- pronto, mi fa portare due cappuccini e due brioche alla crema?
Camera 107, grazie. -
E' fatta ...  allora:  LUCE, ci vuole tanta luce! Ecco!  Apro le tende e una lama di luce scolpisce il tavolo della camera,  un po' piu' a destra, perfetto ... e dietro, il letto scomposto. Paolo si gira assonnato, mi guarda, capisce, si sveglia.
- Tu te ne stai buono, chiuso in bagno -  gli dico.
- No ... ti prego Gaia, fammi vedere -  mi supplica.
- In bagno, sbrigati che sta arrivando! -
- uffa, pero' poi mi racconti tutto! Per filo e per segno! -
- se fai il bravo ... corri! -
- pero' tengo la porta aperta ... -

Toc-toc  - Colazione... -
Piedi nudi, canottiera nera poco sopra l'ombelico, null'altro. Vado ad aprirgli. E' un omino tutto compunto sulla cinquantina, potrebbe essere mio padre; con il vassoio in mano, piccoletto, grigio, educato, tutto sommato signorile, timido,  mani curate.
- Prego, appoggi pure sul tavolo - gli dico da dietro la porta mezza aperta.
Entra, sempre tutto compunto, e si dirige al tavolo, mentre io alle sue spalle richiudo la porta. Posato il vassoio sul tavolo si gira.
Silenzio. Poi le orecchie e le gote. Rosso fuoco, deglutisce, guarda in basso, rialza lo sguardo guarda  verso il bagno da dove sente uscire il ronzio del Braun. Torna a guardarmi, sguardo fisso, evita gli occhi, non si muove di un millimetro.  Gli vado incontro.
- Grazie, anzi, mi dia una mano -
Con la destra gli prendo la mano. Lui mi lascia fare, e' come un bimbo. Con la sinistra spezzo la brioche alla crema e con il suo dito medio penetro la meta' che tengo in mano. Lui , col medio ricoperto di crema all'uovo proteso a mezz'aria, e' totalmente paralizzato. Quasi non si accorge quando avvicino la sedia al tavolo e in due passi ci salgo in piedi, ma subito dopo gli e' gia' impossibile ogni tentativo di distogliere lo sguardo dalla lama di sole che seziona simmetricamente in mio corpo, nudo dall'ombelico in giu'.
Io, sempre stringendo la sua mano destra, lentamente mi giro di spalle, anzi, data l'altezza del suo viso, di natiche.  Comincio a piegarmi, le gambe tese, sempre piu' giu' (vent'anni di danza son ben serviti a qualcosa!), capelli ormai sul tavolo e mano libera in appoggio. Lo sento respirare sempre piu' affannato. Allargo le gambe quel tanto che basta per sbirciare il suo viso: infuocato.
Vediamo se mi segue. Si', continua a lasciarsi  guidare come un bimbo  per mano quando comincio ad avvicinare il suo dito medio al mio ano. Lo appoggio, spingo. La crema aiuta: entra la punta, spingo di piu', rilasso i muscoli, entra l'articolazione della prima falange. Lui e' sempre muto, immobile, anzi, non lo sento piu' respirare! 
Lunga apnea, poi riprende il respiro affannato e riprende la mia spinta. Entra la seconda articolazione. Ora il dito del cameriere mi penetra completamente e io comincio a stringere l'anello muscolare.
Sempre piu' forte, forte e a lungo. Poi lo rilasso, spingo un po' in fuori, lo ricontraggo, risucchio tutto  il dito dentro, rilasso di
nuovo lo sfintere ... lentamente, inesorabile, interminabile ... come l'onda lunga dell'oceano ... come l'amplesso delle tartarughe delle Galapagos ...

Paolo ed io non abbiamo mai capito a chi piaccia di piu' questo rito:
se a me che lo faccio
o a lui che lo subisce.

- GAIA ... - vibra la voce di mio marito.
Il cameriere ha un sussulto, estrae di colpo il dito dal mio corpo. Mi giro, lui mi guarda smarrito, gli occhi sbarrati. Io con l'indice sulle labbra lo invito al silenzio e con l'altro gli indico la porta dicendogli:
- Grazie, a posto cosi'. -
Gli basta una frazione di secondo per uscire.
- Allora ... - il tono di Paolo tradisce il livello della sua eccitazione ...
Io sono ancora sul tavolo, con la luce del sole che disegna il mio profilo, mi giro, come prima, mi piego, come prima.
- sei tutta sporca di crema ... -  geme,  - puliscimi ... - lo esorto protendendomi verso il suo viso. La sua lingua e' come la brezza primaverile sulla pelle nuda, poi diventa il maestoso delirio del mare in burrasca,  infine è l'acqua cristallina di un atollo maldiviano.
Birichina, infuocata, dolcissima.

Al momento del conto Antonio (cosi' l'ho sentito chiamare) era vicino al bancone; teneva lo sguardo basso, non osava l'incrocio con quello di mio marito.
All'arrivederci finale alza gli occhi, mi fissa malinconico, io gli sorrido, lui sbatte le palprebe e la tristezza cede il posto a un mezzo sorriso, prima di riabbassare lo sguardo.
Sappiamo entrambi che sara' un ricordo che durerà a lungo.

 

 

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By Oceano