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L’idea di raccogliere le testimonianze delle esperienze didattiche di
maestri e delle aspirazioni di giovani studenti alla vigilia della
fatidica scelta professionale ci è venuta durante la preparazione di
un sondaggio nel nostro sito Internet (www.fogliolapis.it)
sul tema della progressiva scomparsa della figura maschile tra i
docenti, in particolare elementari. Il perché di tanta attenzione da
parte nostra a questa carenza sta nel fatto che noi riteniamo il
fenomeno estremamente preoccupante anche se nelle cronache non viene
mai menzionato né come “problema” né in alcun altro modo. Del
resto era nostro dovere affrontarlo, visto che da anni ormai ci
occupiamo delle varie problematiche connesse con la scuola
dell’obbligo, coinvolgendovi di volta in volta esperti di varia
provenienza, per esempio del mondo produttivo, di quello giudiziario
ed altri ancora, cercando
insomma di avvicinare alla scuola ogni settore della società civile.
Non mi
dilungo a spiegarvi, cari lettori, perché consideriamo
“preoccupante” che i primi anni di scuola per i nostri bambini
siano esclusivamente tinti di rosa, tanto è vero che, come racconta
uno dei nostri intervistati, a Torino le circolari nella scuola
elementare sono sempre indirizzate alle “care colleghe”, non mi
dilungo perché, carente io stessa di nozioni psicopedagogiche, parlo
esclusivamente con il buon senso di una mamma che vorrebbe per i
propri figli al loro ingresso nella società civile, una situazione
educativa più equilibrata. Il buon senso richiede infatti che, se gli
alunni sono “misti”, debbano necessariamente esserlo anche gli
insegnanti, perché ai piccoli sia data la possibilità di scegliersi
simbolicamente i propri modelli di riferimento. Questo
opuscolo contiene sei interviste, raccolte nei mesi di maggio e giugno
2001 con la sola eccezione di quella che riguarda il maestro Mario
Ruggiu, frutto di una conversazione che risale all’estate del 1998.
Inoltre presentiamo come introduzione la lettera che Alberto Manzi,
l’indimenticabile maestro televisivo di Non è mai troppo tardi,
mandava ai suoi alunni che terminavano la scuola elementare. E’ la
lettera di un uomo che si fece piccolo piccolo perché a lui
interessava essere compreso dai bambini, ma era un gigante nella
professionalità e soprattutto nel cuore. La speranza è dunque che il
nostro libriccino apra un dibattito tra gli esperti, psicologi, educatori,
politici ed economisti, dato che il principale motivo di questa
carenza sembra di natura economica. Noi genitori auspichiamo una
scuola non di missionari scontenti perché forzati, ma di seri
professionisti soddisfatti perché no anche del loro reddito e della
loro posizione sociale. Tutto ciò siamo convinti che andrebbe molto a
vantaggio della qualità dell’insegnamento. Amen.
Nota: un grazie di cuore a mia figlia Laura, che ha pazientemente trascritto le registrazioni delle interviste. m.f.v.
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