babylett.gif (13259 byte) L'infanzia ieri e oggi
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INTRODUZIONE IL BAMBINO SFRUTTATO
L'INFANZIA NEL PASSATO IL BAMBINO ABUSATO
L'INFANZIA NEL NOVECENTO IL BAMBINO NELLA FAMIGLIA FRANTUMATA

 

INTRODUZIONE

L'attenzione all'infanzia è una delle più grandi conquiste culturali del XX secolo. Agli inizi del '900 la considerazione di questa età della vita è radicalmente mutata e sono stati riconosciuti i diritti dei bambini al pieno e armonico sviluppo della personalità.

Fondamentale è stato l'apporto delle scienze umane, pedagogia, psicologia e sociologia, che hanno posto l'accento sul fatto che anche il bambino è una persona umana, con caratteristiche peculiari che devono essere riconosciute e non violentate, e in quanto tale portatore di diritti che devono essere non solo rispettati, ma anche concretamente attuati.

Ma nei secoli precedenti la storia dell'infanzia è una continua successione di gravi abusi nei confronti dei bambini, mai considerati come persone, ritenuti sempre cose di proprietà dei genitori, pensati come materiale informe da plasmare con ogni mezzo in funzione di un modello precostituito dall'adulto.


L'INFANZIA NEL PASSATO

Nell'antichità classica si vedeva nel bambino un uomo immaturo e imperfetto, privo di dignità e di finalità proprie; di conseguenza il ruolo dell'educatore doveva fondarsi sull'autoritarismo e sulla disciplina oppressiva.

L'uccisione dei bambini era largamente praticata e Licurgo affidò agli anziani il diritto di decidere della vita e della morte dei bambini (i neonati deboli o malformati venivano uccisi perché inutili alla patria).

Solo qualche eccezione si distanzia dalla prassi comune, come Quintiliano che nell'Istituzione Oratoria, riconoscendo al bambino una propria individualità, elabora una teoria dell'educazione estremamente avanzata rispetto al suo tempo.

La situazione dell'infanzia non muta sostanzialmente nelle epoche storiche successive.

A Roma la patria potestas sanciva il potere assoluto del padre sulla vita del figlio: solo nel 374 d.C. l'uccisione di un bambino venne considerata omicidio.

Sotto l'influsso del Cristianesimo si afferma, in tutti gli ordinamenti del mondo occidentale, il principio del rispetto per tutti i deboli ed una ferma condanna per le uccisioni dei bambini.

In realtà, nonostante i maggiori pensatori cristiani ribadissero l'importanza di un'educazione fondata sulla dolcezza e sulla bontà, nella prassi educativa i bambini vennero trattati con metodi repressivi allo scopo di colpire, già nei piccoli, l'eredità del peccato originale.

Nell'Umanesimo e nel Rinascimento si ritorna alla tradizione di Quintiliano e si sostiene che non si deve subordinare la natura del bambino alle esigenze dell'educazione, ma al contrario modellare la scienza dell'educazione alle esigenze e ai bisogni del bambino.

Nel pensiero pedagogico di J.J. Rousseau questa intuizione trova piena esplicazione. Per il pedagogista svizzero, il bambino deve essere al centro del sistema educativo e deve essere studiato ed esaminato prima che educato. Egli fu il primo a darci un saggio geniale di descrizione delle tappe che percorre il bambino dalla nascita alla adolescenza, osservando lo sviluppo interno delle facoltà del soggetto.

Tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX secolo, alcuni filosofi come Kant, Herbart, Rosmini, evidenziano la necessità di rispettare i diritti e la libertà del bambino, ma le loro idee restano pura teoria senza riuscire ad incidere sulla condizione dell'infanzia, né a migliorarla.

Un dato appare emblematico delle drammatiche condizioni in cui vivevano i bambini in quell'epoca: la elevata mortalità infantile.

Nel 1850 la mappa della mortalità dei neonati al di sotto di un anno era assai diversificata da paese a paese a causa delle differenze profonde di atteggiamento verso il bambino e del diverso valore dato alla conservazione della vita umana.

Tale fenomeno era dovuto non solo a precarie condizioni igieniche, ad una alimentazione inadeguata e a cure mediche inefficaci, ma anche ad una precisa volontà di provocare quella mortalità. Molti decessi di lattanti erano consapevolmente causati dai genitori, impossibilitati da gravi condizioni d'indigenza a nutrire una famiglia numerosa.

Il massiccio ricorso delle famiglie borghesi all'assegnazione del bambino a balia, faceva lievitare il tasso di mortalità perché le nutrici, ignoranti delle basilari regole d'igiene, non controllate e mal remunerate, non potevano assicurare quelle cure che avrebbero potuto evitare la morte ai bambini loro affidati.

(Chesnais rileva che alla metà del XIX secolo, in alcuni dipartimenti della regione parigina, la mortalità dei bambini messi a balia raggiungeva l'85-95% e che nel 1860 tra i 20 mila bambini messi annualmente a balia, 15 mila morivano prima del compimento del primo anno).

Significativo è anche il fenomeno dell'abbandono dei figli; i dati raccolti in Francia ci parlano di una media annuale di trovatelli pari al 2% delle nascite.

In Italia il fenomeno non è meno rilevante: a Milano la media annuale nel decennio 1841-1850 è pari a 3300 bambini, per passare nel decennio successivo a 4384.

La mortalità dei bambini ricoverati negli ospizi è spaventosa: in Francia solo il 20% sopravvive; a Rouen nel 1783 e nel 1789 il 70% dei trovatelli non arriva ad un mese: il 17% muore durante la prima settimana di vita.

Anche nel resto d'Europa la morte infierisce sui lattanti con la stessa intensità.

A Camerino tra il 1749 e il 1908, il 68% dei trovatelli muore prima di aver compiuto il primo anno di vita.

La stessa sorte subiscono i trovatelli a Roma ed in Spagna.

Egualmente notevoli erano le sofferenze inflitte ai bambini, spesso senza alcuna ragione, nella convinzione che i sistemi educativi autoritari e violenti temprassero il carattere e rafforzassero la personalità.

Illustrazione tratta dal romanzo "Oliver Twist" di Ch. DickensAnche a scuola il metodo educativo si basava sulle punizioni fisiche: nelle scuole inglesi era prevista la figura del "flagellante", addetto alle punizioni fisiche degli allievi.

Nelle classi meno abbienti lo sfruttamento disumano del bambino nel lavoro dei campi o negli opifici era una drammatica realtà.

Nelle campagne i bambini erano avviati al lavoro fin dall'età di 6-7 anni; in alcune zone dell'Inghilterra del XVII secolo era frequente che molte bambine di 5-6 anni lavorassero come schiave a fabbricare oggetti di paglia o ricamare merletti.

Nelle fabbriche di cotone degli Stati Uniti nel 1830 il 20% della manodopera era rappresentato da bambini inferiori ai 12 anni.

Molti studi storici dimostrano come lo sviluppo capitalistico sia stato in gran parte realizzato col massiccio sfruttamento del lavoro minorile.

Bambini al lavoro in una filatuira - XIX secoloE' anche da sottolineare come la legislazione, che non tutelava in alcun modo il ragazzo dagli abusi degli adulti, era terribilmente severa e punitiva nei confronti dei ragazzi trattati come criminali anche per piccole mancanze e rinchiusi in istituti di rieducazione.

In realtà, fino al XX secolo la società ha mostrato una grandissima indifferenza nei confronti dell'infanzia, spesso concepita come peso inutile o come oggetto di proprietà dell'adulto.

 


IL NOSTRO SECOLO

Sin dagli inizi del XX secolo la considerazione dell'infanzia muta radicalmente e vengono riconosciuti i diritti dei bambini al soddisfacimento dei bisogni primari ed allo sviluppo integrale della personalità.

Il dato più importante da evidenziare è il significativo decremento della mortalità infantile dovuto essenzialmente ai decisivi progressi della scienza medica.

 

Scuola serale New York - Foto Riis 1890Per quanto riguarda la scuola, la cultura dell'infanzia del '900 continua ed accentua l'impegno ad una scolarizzazione sempre più estesa e perfezionata, già avviato nel secolo scorso.

Accanto alle "scuole nuove " sorte tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, dove si attuano contenuti di studio più aggiornati e modalità di vita meno ritualizzate, in cui si intrecciano studio e gioco, esistono, e sono la maggior parte, edifici antichi e inadeguati in cui il bambino vive una lunga giornata scolastica in aule sovraffollate, costretto tra il banco e la cattedra senza poter realizzare la sua creatività.

Nel periodo tra le due guerre nasce una nuova istituzione extra-domestica con lo scopo di aiutare le madri che lavorano e che sono in condizioni di bisogno economico: l'asilo nido.

Dagli anni '50 agli anni '80, epoca di ulteriore calo della mortalità, di modificazione della struttura familiare e di aumento del lavoro femminile, si diffonde una nuova immagine della primissima infanzia e si elaborano nuovi sistemi educativi.

Le numerose ricerche in ambito psico-pedagogico sostengono che la personalità e l'intelligenza si sviluppano nei primissimi anni di vita e ribadiscono la necessità di una educazione compensatoria precoce per i bambini di classi socialmente e culturalmente svantaggiate.

Cominciano ad avvertirsi come primarie le esigenze del bambino, ora considerato come soggetto che vive nel mondo sin dalla nascita e che organizza la sua esperienza cercando di farsi comprendere.

Si creano nuovi settori del lavoro e delle professioni legati a questi nuovi soggetti prima poco osservati: neuro-psichiatri infantili, pediatri, psicologi. L'infanzia viene vista come periodo che dalla nascita all'età adulta si evolve attraverso fasi diverse e quindi degna di essere formata ed educata.

IL NOVECENTO SECOLO DELL'INFANZIA?

Le leggi e le grandi affermazioni verbali sui diritti della persona umana e quindi del bambino e la comune diffusa coscienza che anche l'infanzia va rispettata e protetta, non impediscono che ancor oggi, nel "secolo dell'infanzia", sia presente nel tessuto sociale una violenza diffusa che credevamo tipica di epoche passate.

A ciò vanno aggiunte le sofferenze causate ai bambini dai conflitti armati che sempre più numerosi e spesso dimenticati caratterizzano il nostro tempo.

IL BAMBINO E LA   GUERRA

Bambino vittima delle mine antiuomo Sierra Leone 1995: ragazzo con le mani amputate
Bambino vittima della guerra Bambino del Ruanda

 IL BAMBINO SFRUTTATO

Portatrice d'acqua Nel mondo 250 milioni di bambini tra i cinque ed i 14 anni sono costretti a lavorare: cuciono palloni, tessono tappeti, scavano nelle miniere, raccolgono frutti nelle piantagioni. Il 60% di questi bambini è concentrato in Asia, il 32% in Africa, il 7% in America Latina. Portatrici di pietre

 


Un caso emblematico: Iqbal Masih, un bambino coraggioso 

Iqbal  Masih  (1983-1995)Era nato nel 1983 Iqbal Masih e aveva quattro anni quando suo padre decise di venderlo come schiavo a un fabbricante di tappeti. Per 12 dollari.

Picchiato, sgridato e incatenato al suo telaio, Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno. E' uno dei tanti bambini che tessono tappeti in Pakistan; le loro piccole mani sono abili e veloci, i loro salari ridicoli, e poi i bambini non protestano e possono essere puniti più facilmente.

Un giorno del 1992 Iqbal assiste alla celebrazione della giornata della libertà, organizzata dal Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF). Per la prima volta sente parlare di diritti e dei bambini che vivono in condizioni di schiavitù. Spontaneamente decide di raccontare la sua storia: il suo improvvisato discorso fa scalpore e nei giorni successivi viene pubblicato dai giornali locali.

Durante la manifestazione Iqbal conosce il leader del BLLF, il sindacalista che rappresenterà la sua guida verso una nuova vita in difesa dei diritti dei bambini.

Così Iqbal comincia a raccontare la sua storia sui teleschermi di tutto il mondo, diventa simbolo e portavoce del dramma dei bambini lavoratori.

Ma la storia della sua libertà è breve.

Il 16 Aprile 1995 gli sparano a bruciapelo mentre corre in bicicletta nella sua città natale. Qualcuno si era sentito minacciato dall'attivismo di Iqbal, la polizia fu accusata di collusione con gli assassini. Di fatto molti dettagli di quella tragica domenica sono rimasti oscuri e i colpevoli sono in libertà.

Con i 15 mila dollari del Premio Reebok per la Gioventù in Azione ricevuti in dicembre '94 a Boston, Iqbal voleva costruire una scuola perché i bambini schiavi potessero ricominciare a studiare.


L'Italia, quinta potenza industriale al mondo, non è immune da questa piaga: secondo una stima dell'Unicef nel nostro paese lavorano 300 mila bambini. Solo il Portogallo e l'Albania in Europa hanno una situazione peggiore della nostra.

Alcune ricerche realizzate in Italia negli anni '80 hanno tracciato una nuova fisionomia del lavoro infantile diversa da quella tradizionale: non più legato unicamente alla povertà ed al bisogno, si sviluppa anche tra i ceti medi come investimento precoce nel mondo del lavoro e utile completamento all'economia familiare per mantenere standard di consumo elevati.

Mancano provvedimenti legislativi adeguati per bloccare con sanzioni severe tale fenomeno, le punizioni per gli sfruttatori sono simboliche e non è prevista la chiusura dell'attività che impiega bambini.

E' inoltre necessario attivare dei provvedimenti per eliminare la piaga dell'evasione dall'obbligo scolastico e sostenere le famiglie meno abbienti con aiuti economici.


Esiste inoltre una forma anche più subdola di sfruttamento dei minori: quella che li utilizza come "pezzi di ricambio " per altri bambini non sani ma ricchi e per alimentare il mercato dei cosmetici.

La stampa ci ha comunicato recentemente notizie del commercio dei feti umani per fornire l'industria farmaceutica o cosmetica. Ad esempio nel 1982 un deputato belga ha denunciato alla Camera dei Rappresentanti che vi erano donne pagate per portare una gravidanza indesiderata fino al sesto - settimo mese, per poi cedere il bambino vivo alla medicina o all'industria cosmetica e utilizzarlo come materia prima.

E' del 1987 la notizia che a Città del Guatemala, bambini d'età compresa tra un mese e tre anni erano in attesa di essere venduti negli USA per essere sottoposti alla asportazione di organi da trapiantare.

Vanno inoltre emergendo nuove forme di sfruttamento, più sofisticate e apparentemente meno dannose per la salute fisica del minore. Vi è infatti un'assoluta indifferenza nei confronti dell'utilizzazione del bambino nella pubblicità che dà origine a ritmi di vita stressanti, non adatti alla sua giovane età.

Del resto in una società che tende a mercificare tutto, anche il bambino rischia di diventare una cosa in proprietà di qualcuno, un oggetto da sfruttare, una merce da cedere al miglior offerente, monetizzandone il corpo.


IL BAMBINO ABUSATO

Sempre più frequentemente i mass media diffondono notizie di bambini sessualmente abusati in famiglia, a scuola, nei luoghi sportivi e ricreativi.

Certamente l'abuso sessuale sui bambini fa parte della storia dell'infanzia, ma oggi il corpo del bambino o dell'adolescente è, ancor più che nel passato, oggetto di desiderio ed il fenomeno tende a crescere.

 L'ENTITA' DEL FENOMENO

Premesso che, in questo campo, il sommerso è assai rilevante, le statistiche giudiziarie relative al nostro paese, indicano questi dati:

* violenze carnali dal 1977 al 1987: mediamente si registrano 1007 casi l'anno
* gli atti di libidine violenti sono stati mediamente sui 1.300 casi l'anno
* le denunce per il reato di corruzione di minorenne è sostanzialmente analogo
* le denunce per incesto sono state mediamente di 23 casi l'anno.

 LE CONSEGUENZE SULLO SVILUPPO PSICOLOGICO DEL BAMBINO

Nei bambini vittime di abusi sessuali si riscontrano:

- crisi di ansia,

- fobie ed ossessioni,

- sintomi psicosomatici,

- atteggiamenti seduttivi nei confronti dell'adulto,

- disadattamento scolastico,

- comportamenti aggressivi.

Nel caso in cui l'abuso sia compiuto da un genitore, la situazione psicologica del bambino è fortemente compromessa.

Numerose ricerche evidenziano come molti soggetti che presentano patologie psichiatriche nell'età adulta hanno vissuto una traumatica esperienza di abuso sessuale nell'infanzia; molti genitori abusanti sessualmente sono stati vittime di abusi sessuali; l'esperienza di abuso spesso induce atteggiamenti autodistruttivi (prostituzione, suicidio, droga). 

LA FAMIGLIA INCESTUOSA

Da alcune ricerche sull'abuso sessuale realizzato nel contesto familiare, emergono i seguenti dati:

VITTIME:
-  la quasi totalità delle vittime è di sesso femminile (94%) al di sotto dei 14 anni

-  il 63% dei casi è rappresentato da figlie, l'11% da sorelle, l'8% da nipoti, il 6% da      figlie di conviventi dell'autore del reato.

AUTORI DEL REATO:
nel 98% dei casi l'autore del reato è di sesso maschile, il 44% di età inferiore ai 40 anni (solo il 7% si colloca tra i 14 e i 20 anni).

- l'80% degli abusanti sono occupati, l'87% è costituito da lavoratori dipendenti.

IDENTIKIT DELL'ABUSANTE:
-  l'autore dell'abuso in danno dei bambini non è un mostro con caratteristiche fisiche e di personalità facilmente riconoscibili, né un soggetto con gravi patologie mentali. (La percentuale di psicotici varia dal 6% al 12%)

Non è un soggetto che vive una situazione socio-economica o ambientale particolarmente disagiata; il comportamento incestuoso è diffuso in tutte le classi sociali.

Le cause dell'incesto devono essere individuate in una "cultura della violenza" diffusa nelle relazioni familiari.

In quest'ottica l'incesto non va interpretato come un fatto riguardante il sesso, ma come un fatto legato ai rapporto di potere all'interno della famiglia ed alla cultura della potenza virile, della supremazia del maschio, del possesso dei figli.

Non è casuale che la forma più diffusa di incesto sia quella padre-figlia, come affermazione, da parte del padre-padrone, del totale potere sui membri della famiglia.

 

LA PROSTITUZIONE MINORILE

Lo sfruttamento sessuale dell'infanzia non riguarda soltanto il Bangladesh, lo Sri Lanka, la Thailandia o le Filippine . E' presente anche nel nostro paese, anche se in modo nascosto.

Da una indagine sulla prostituzione minorile emerge quanto segue:

- nel Nord il 10% della prostituzione è costituito da ragazzine tra i 10 ed i 15 anni, mentre il 30% da minorenni tra i 16 e i 18 anni;

- il 7% delle prostitute intervistate ha dichiarato di aver avuto un rapporto sessuale completo a 12 anni, mentre il 30% afferma di aver avuto rapporti prima dei 15 anni, il 24% ha subito violenza carnale nell'infanzia; l'8% ha avuto il primo rapporto con un parente adulto.

Da una inchiesta emerge che non sono la povertà o le privazioni materiali che inducono il ragazzo a prostituirsi: su 69 ragazzi intervistati, solo pochi provenivano da ambienti poveri, mentre tutti gli altri appartenevano alla media ed alta borghesia. Invece quasi tutti avevano avuto un'infanzia affettivamente povera o gravemente traumatizzata: molti erano stati violentemente picchiati con cinghie, fruste o bastoni; molti avevano subito una violenza sessuale nell'ambito familiare.

Emerge chiaramente da queste testimonianze come alla base della prostituzione minorile non vi sia né una devianza sessuale né desiderio di facili guadagni: vi è sempre un disturbo relazionale nel rapporto del soggetto con se stesso e con gli altri.

IL BAMBINO DIMENTICATO

Ogni giorno, in molti Paesi del mondo, il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza della propria persona è violato, calpestato, negato.

Nel solo Brasile milioni di bambini sono abbandonati a se stessi; costretti a vivere, mangiare, dormire per le strade. Ogni giorno sono costretti a subire le più atroci violenze.

Lo scorso anno 457 di questi bambini, in sole tre città del Brasile, sono stati uccisi dai cosiddetti "squadroni della morte", composti da poliziotti fuori servizio che uccidono per "tenere pulite le strade".

Questo succede in Brasile, in India, in Colombia, in Guatemala.


 IL BAMBINO NELLA FAMIGLIA FRANTUMATA

La separazione dei genitori è un avvenimento lacerante per il bambino, non solo perché si ripercuote negativamente nel suo ambiente di vita, ma anche perché minaccia la sia stessa identità.

I genitori infatti sono una fonte importante di protezione, stabilità, sicurezza, educazione alla vita, e la frantumazione dell'unità familiare incide drammaticamente sull'autostima e la stabilità emotiva del bambino.

E' importante cercare di ridurre al minimo le conseguenze della separazione, rendendo meno conflittuale la rottura dei rapporti genitoriali, cercando di sostenere adeguatamente il ragazzo ed evitando di demonizzare o deresponsabilizzare la figura del genitore affidatario.

Nessun bambino esce psicologicamente indenne dalla rottura dell'unione genitoriale, tuttavia esistono possibilità di recupero e di superamento della crisi.

Negli anni '60 le scienze psicologiche e sociali hanno posto fortemente l'accento sui danni conseguenti alla separazione: si attribuiva al cambiamento di struttura familiare la causa di disturbi psichici o comportamentali dei ragazzi, descrivendo una "sindrome da separazione" che portava al disadattamento sociale, psico-sessuale e scolastico.

Successivamente si è notato come sia più deleterio per la salute psichica del bambino vivere in una famiglia legalmente intatta ma conflittuale, rispetto ad una famiglia separata ma sufficientemente serena.

La conflittualità tra i genitori e la rottura del loro legame emotivo, prima ancora che giuridico, determinano nel ragazzo ansia, paura di abbandono, atteggiamenti persecutori o depressivi.

I più piccoli che non riescono a fronteggiare adeguatamente l'ansia, presentano disturbi quali regressioni, stati di irritabilità, alterazioni del sonno e dell'alimentazione, malattie psicosomatiche.

I più grandi per superare la propria crisi interiore sviluppano fantasie di riconciliazione fra i genitori e cercano di attirare la loro attenzione con comportamenti abnormi (fuga da casa, tentato suicidio, anoressia, reazioni ipocondriache).

IL BAMBINO CONTESO

Un'ulteriore forma di violenza si abbatte sul bambino quando esso entra nel conflitto coniugale come oggetto di contesa, o come strumento utilizzato da un genitore per colpire l'altro.

In simili situazioni il bambino non avrà mai la possibilità di superare la crisi e di recuperare l'equilibrio.

E' necessario infatti che ci sia una serena relazione tra gli ex-coniugi e tra il bambino e i genitori non affidatari.

Ciò è importante perché cancella la convinzione del bambino di essere lui la causa della separazione e perché lo libera dalla preoccupazione di perdere il genitore che non vive con lui.

Purtroppo però le separazioni coniugali sono spesso seguite da un'aspra contesa del figlio in vista di vari obiettivi: mantenere un adeguato rispetto sociale, affermare che la colpa del fallimento familiare è dell'altro, ricostruire con il figlio un rapporto che compensi quello perduto, compiere una vendetta e infliggere una punizione al partner.

In questo modo gli interessi del bambino, i suoi bisogni, le sue aspettative, il rispetto della sua personalità divengono realtà inesistenti: nella contesa sono in questione solo le esigenze degli adulti.

Nelle procedure giudiziarie il bambino viene manipolato per esprimere pesanti giudizi su un genitore e manifestare preferenze per l'altro.

Ulteriori violenze si ripercuotono sul ragazzo quando l'affidamento viene conteso per fini economici che si intendono realizzare nella separazione.

A volte il conflitto continua anche in seguito alla decisione giudiziaria relativa all'affidamento. Il genitore affidatario cerca di ostacolare i rapporti del figlio con l'altro, mentre il genitore non affidatario reagisce denigrando agli occhi del bambino l'ex coniuge. In una simile guerra il ragazzo esce sostanzialmente distrutto: spesso non subisce solo violenza psicologica ma anche fisica. A tale proposito si può notare che sono in costante aumento i rapimenti di bambini di coppie separate.

Questo fenomeno è particolarmente inquietante perché rappresenta in modo emblematico l'assoluta mancanza di rispetto nei confronti del bambino, ridotto a "cosa" da possedere come oggetto di rivalsa da parte dell'altro genitore o come simbolo esclusivo di vittoria.


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