PALAZZO VENIERI

Francesco Saverio Moretti (Recanati 1800-1866)

Dimenticato dalla moderna storiografia artistica, il pittore recanatese Francesco Saverio Moretti condivide con molti altri artisti marchigiani dell'ottocento questa condizione di disinteresse; l'aver rifiutate interessanti proposte di lavoro in centri più prestigiosi, optando per una tranquilla e serena esistenza nella provincia maceratese, non ha certamente giovato alla fortuna critica dell'artista, la cui reputazione è rimasta circoscritta in una ristretta cerchia di ammiratori e committenti locali.

Appresi i primi rudimenti del disegno e delle tecniche pittoriche presso Serafino Maritozzi, il Moretti rivelava ben presto un'eclettica predisposizione alla pratica artistica; oltre a dipingere, si esercitava nel campo degli studi prospettici e del disegno architettonico, nel modellare in creta figure di grande raffinatezza.

Soltanto nel 1825 il Padre Filippino Roberto Carradori dava al Moretti la possibilità di completare la sua educazione artistica a Roma presso l'accademia di San Luca; scomparso nel 1822 lo scultore Antonio Canova, la prestigiosa istituzione romana era diretta da Vincenzo Camuccini e fra i maestri che maggiormente influenzarono il giovane Moretti, si segnala il faentino Tommaso Minardi del quale il recanatese frequentava, oltreché le pubbliche lezioni, anche lo studio privato di Palazzo Colonna. Tommaso Ovidi colloca il Moretti nel secondo gruppo di scolari del Minardi (1833 - 1841) in anni in cui molti giovani promettenti artisti marchigiani frequentavano lo studio del pittore fiorentino (Domenico Bernardi di Corinaldo, Francesco Cardi di Ascoli, Luigi Castelli di Loreto, Alessandro Finardi di Ancona, Domenico Ventura di Macerata ed altri ancora). Era il periodo in cui il Minardi, superato ogni residuo neoclassico, andava teorizzando i principi basilari dell'estetica purista: del purismo minardiano il Moretti condivideva particolarmente l'importanza attribuita ad un rigoroso esercizio grafico e l'amore incondizionato per le opere giovanili di Raffaello, sulle quali egli studiava instancabilmente tanto da meritarsi gli elogi del maestro che soleva dirgli di fronte agli altri allievi: "Moretti imita meglio di voi tutti lo stile di Raffaello".

Dopo dodici anni trascorsi a Roma, probabilmente senza ricevere importanti commissioni, ma molto esercitandosi, il Moretti veniva richiamato in patria per decorare un appartamento di Palazzo Carradori in occasione delle nozze del conte Antonio con Laura dei Principi Simonetti; nel 1838 il pittore completava questo primo incarico con piena soddisfazione dei committenti che, nei decenni successivi, gli affidavano altri importanti compiti, tanto per il palazzo cittadino quanto per la villa di campagna, l'odierna Villa Koch.

Avendo l'artista mantenuto nel corso degli anni una coerenza stilistica che non denuncia particolari evoluzioni formali, è difficile, in mancanza di documenti, datare per induzione stilistica le opere del Moretti, che affrontò con pari impegno tanto imprese decorative di ampio respiro, come quelle per Palazzo Carradori e per l'ex Palazzo dei Filippini, quanto tematiche sacre svolte in composizioni aggraziate e ben calibrate, rigorose nell'impianto disegnativo ed armoniose nella scelta gamma cromatica.

Questi dipinti formalmente corretti, sostenuti da un virtuosismo tecnico spesso egregio, dovevano essere largamente apprezzati dai contemporanei ed il Moretti non disdegnava di prestare la sua opera anche per committenti di mediocre prestigio; pago di questa gloria tutta locale, egli non volle abbandonare Recanati, neppure quando nel 1856 e nel 1858 riceveva pressanti sollecitazioni per tornare a Roma a restaurare gli affreschi raffaelleschi delle Logge Vaticane; una pratica, quella del restauro, alla quale il Moretti era solito dedicarsi anche a Recanati dove con impegno e grande cura risarciva le decorazioni murali della galleria di Palazzo Antici.

Afflitto da una fastidiosa malattia agli occhi, il Moretti trascorse gli ultimi anni di vita in un abbattimento di spirito via via crescente ed in condizioni di estrema indigenza, trovando sollievo in pratiche religiose sempre più frequenti ed assidue.

Il 5 maggio 1866 Francesco Saverio Moretti si spegneva a Recanati; come per l'artista, anche per la sua produzione pittorica cominciava un lungo periodo d'oblio.

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