Torna indietro

PARCO DEI NEBRODI

I CENTRI STORICI

di Nuccio Lo Castro pubblicato su "Nebrodi - Il Parco tra cultura e natura"

supplemento al n° 44 di Ambiente duemila

 

Sui Nebrodi, i "centri storici", costituenti complessi urbani di notevole interesse, stratificati ma unitari per valori storici, caratteri e qualità fisico-spaziali, conservano ancora in gran parte inalterati i nuclei antichi, leggibili nella loro originaria trama viaria e soprattutto per la conservazione di significative emergenze architettoniche. Attorno a queste solitamente si stringe e riconosce l'intero organismo abitativo, ingranditesi in genere per lento accrescimento o aggregazione di quartieri, talvolta a seguito di interventi di "addizione" (XVI-XVII secolo), tanto da dilatare in anni recenti in sfrangiate periferie o ai bordi delle strade carrozzabili.

Via degli Archi a RandazzoBella, storica città costruita su una ciglione lavico presso l'Alcantara, tra l'Etna e i Nebrodi, Randazzo vanta uno dei centri storici più interessanti. Racchiusa ancora in parte entro le mura aragonesi, articola il suo abitato attorno alle tre grandi chiese che costituirono i riferimenti monumentali delle genti (greca, latina e lombarda) che ne fecero una città prosperosa e vivace. Alle tre basiliche, quella di S. Maria, di fondazione normanna-sveva, di S. Nicolo, rifatta nella seconda metà del '500, e di S. Martino, dalla straordinaria torre campanaria trecentesca, si aggiunge un considerevole patrimonio monumentale tra cui si comprendono il cosiddetto Castello, piccole chiese medievali, numerosi palazzetti e abitazioni che conservano antiche ed eleganti membrature ed elementi in pietra lavica (bifore e portali ad ogiva). L'intero organismo urbano presenta caratteri morfologici e dimensionali poco alterati, offrendo una interessante rappresentazione della stratificazione che la cultura materiale vi ha sedimentato nei secoli.

Mistretta: il nucleo di espansione quattro-cinquecentesco intorno alla chiesa madre Altro antico centro di grande interesse per qualità, dimensioni e stato di conservazione è Mistretta, posto a 960 metri in un territorio in cui sono state e sono fervide le attività cerealicole e pastorali. L'abitato medievale (Roccazzo) precipita con pittoresche abitazioni articolate in isolati irregolari ritagliati da strade ripide e gradinate dall'aguzzo rilievo che ospitò il castello verso "il quartierio di Santo Nicolò". Dalla piazza, invaso di definizione cinquecentesca dove sono la Matrice e S. Sebastiano, i quartieri dilagano verso la chiesa di S. Giovanni e, seguendo la monumentale via Libertà, verso il convento e gli orti francescani, divenuti giardini pubblici, e la chiesa di S. Caterina. Il caldo colore della pietra ocra-rosata di Mistretta unifica selciati, paramenti, mostre architettoniche, cantonali, gradinate, ballatoi, mensole e cornici, sposandosi con la bruna terracotta di cui è costituito il singolare mosaico di tegole, che appieno si può cogliere e godere dall'alto, portandosi presso i ruderi della fortezza.

Portale barocco (1713) a S.Marco d'AlunzioPer quanto in parte alterato dalle troppe, disinvolte trasformazioni, il paese di San Marco d'Alunzio, posto a sentinella della costa tirrenica su un aguzzo acrocoro marmoreo, è uno straordinario palinsesto di culture, conservando monumenti di ogni tempo, da quello classico (tempio di Ercole, mura, cisterne) e bizantine (chiesa di S. Teodoro, Crasile, Tutti i Santi) a quello normanno (castello, basilica del SS. Salvatore), rinascimentale (S. Agostino, Madrice, Aracoeli) e barocco (Badia Grande, S. Antonio, S. Maria dei poveri, S. Giuseppe).

Caronia: il castello normanno dominante la "terra" murataCaronia riassume il suo passato medievale nei quartieri perimetrati un tempo dalla cerchia di mura aperta sull’esterno con la ogivale "porta di terra" o arco saraceno. Sul punto più alto del colle grandeggia il Castello, costruito al tempo di Ruggero e poi dato in feudo ai Pignatelli. Esso costituisce non soltanto il maggiore monumento del genere in questo territorio, ma uno dei più integri ed interessanti edifici dell'architettura civile normanna in Sicilia. Entro un perimetro di mura turrite sono il Palazzo, costruzione a due piani con paramento in cui si fa ricorso alla pietra e al cotto e interessanti ambienti che si richiamano a spazialità e tipi islamici (sala triloba con varchi ogivali e pseudovolte alveolate), ed una Cappella la cui architettura richiama quella di età bizantina e anticipa soluzioni che si trovano sviluppate nelle cattedrali normanne della provincia palermitana. Alcara li FusiAlcara li Fusi presenta ancora ben conservato il quartiere antico della Motta, tra l'aguzzo spuntone dov'è Castel Turio, il piano delle fontane e dei mulini e la chiesa di S. Pantaleone. Le chiese medievali di S. Nicolo e del Rosario, un tempo fuori dall'abitato, sono state inglobate dal quartiere della Madrice riedificata dopo il terremoto del 1490, e dalla recente crescita della periferia verso Nord. Longi possiede ancora un nucleo medievale stretto intorno al Castello, su uno sperone di roccia che si affaccia sul torrente Milè. La Madrice fa da cerniera con l'abitato più tardo, addensato presso le chiese del SS. Salvatore e dell'Annunziata.

UcriaUcria si affaccia da alture boscate verso valle con quartieri che riscendono dal distrutto castello medievale e dalla Madrice fino alla chiesa della Nunziata. Con la costruzione delle chiese domenicane del Rosario e di S. Maria la Scala, la parte recente dell’abitato è stata richiamata verso monte, anche per la realizzazione dell’importante arteria stradale di attraversamento.

Cesarò ed Etna sullo sfondoAnaloghe vicissitudini urbanistiche ha vissuto Cesarò, che conserva ancora notevoli resti del Castello Colonna sullo sperone di roccia che guarda a sud verso l'Etna e gli spogli rilievi centroisolani. Sulla spianata, a cui si accede per un portaletto tardomanieristico, è pure la chiesa di S. Caterina. Ruderi del castello Colonna a Cesarò, ancora a dominio del vecchio abitato La chiesa Madre, seicentesca, rappresenta il fulcro generatore dell'espansione moderna sul prospiciente rilievo. Del castello di Cerami restano pochi ruderi su un rilievo roccioso scavato da ambienti semiipogei. Esso fu ricostruito insieme alle mura dai Normanni, dopo una vittoriosa battaglia qui combattuta con gli eserciti arabi. Ai suoi piedi si dispone il quartiere medievale (Madrice, sec. XV), che si slarga a sud presso il palazzo dei Principi Rosso e la chiesa dedicata a S. Sebastiano, costruita nel XVII secolo sull'area dei giardini offerti dalla famiglia feudale.

Facciata della chiesa di S. Francesco (XV sec.) a Tortorici Quasi completamente distrutta da frane e alluvioni del XVII secolo, Tortorici venne ricostruita sul greto del torrente omonimo, rifasciando di fitti isolati con semplici case dai portaletti in pietra il rilievo dov'era il Castello. Due edifici individuarono la zona alta, la Madrice e la chiesa di S. Francesco con annesso un ricco convento. Presso il fiume furono riedificate le chiese di S. Nicola e del SS. Salvatore insieme a ricche dimore del notabilato locale, sulle aree che tra i sec. XVIII e XIX si iniziarono a saturare spingendo tendenzialmente la successiva espansione verso nord. Il verificarsi di fenomeni franosi nel Settecento e agli inizi del secolo presente, ha in parte distrutto l'abitato di San Fratello. Sui curiosi affioramenti calcarei che dominano il paese, fu riedificato il castello dai Normanni venuti al seguito di Adelasia, poi tenuto dai Larcan. Sul rilievo adiacente, presso i ruderi della chiesa di S. Nicolò, sopravvive indenne il quartiere medievale; il versante orientale (Porta Sottana) è ben leggibile, con case a schiera in blocchi allungati che seguono le curve di livello, mentre sulla linea di sezione della frana, tra la " Raccafart " e la chiesa del Crocifisso, si leggono i segni del terribile evento naturale. La parte recente dell'abitato si stende a sud, con maglia regolare, nel triangolo compreso tra il Convento, il ricostruito duomo e il Monte Capizzi: p.zza Umberto I con la chiesa di S. GiacomoNuovo. Dall'alto dei suoi millecento metri, Capizzi riveste la sommità del colle su cui fu il castello, dimora di re aragonesi e signori feudali, allungandosi tentacolarmente nella direzione delle maggiori strade esterne. Nel quartiere più compatto sorge la Chiesa Madre, con corpi risalenti al XIII secolo ma rimaneggiata nel XVI, prospettante su un invaso nobilitato da palazzetti e corpi di edifici conventuali. La via dei Vespri la collega alla piazza S. Giacomo, toccando la chiesa di S. Antonio Abate e antiche abitazioni come quella dei Larcan. Sulla regolare piazza, propostasi quale nuovo centro cittadino, affacciano la chiesa di S. Giacomo ed eleganti prospetti di Oratori, tra cui Bronteuno preceduto da elegante portico neoclassico. Con un documento emanato nel 1535 l'Imperatore Carlo V riuniva in Bronte gli abitanti di numerosi casali vicini, dando così avvio ad un processo d'inurbamento che ha visto ingrandire la cittadina fino ai nostri giorni. I più antichi quartieri si strinsero attorno alle chiese della Trinità, dell'Annunziata e del Soccorso, che proprio nel XVI secolo si ingrandirono e assunsero i caratteri dell'architettura rinascimentale.

Nella via Umberto I, strada maestra dell'abitato, nello stesso secolo si alzarono le chiese del Rosario, di S. Giovanni e della Catena, deputando l'arteria quale spazio rappresentativo su cui si allineeranno i palazzi dei notabili e, nel corso del XVIII secolo, quello del prestigioso Collegio Capizzi. Risultato di una volontà rivolta a guadagnare nuovi spazi alle città, abbandonando i quartieri più arroccati, sono le Palazzo De Spuches e Matrice a Galati Mamertino"addizioni" realizzate nel XVI e XVII secolo a Militello Rosmarino e a Galati Mamertino ad opera dei Signori locali. Nel primo caso il barone Enrico Rosso, con la costruzione della chiesa di S. Domenico spostò il centro di gravitazione dal borgo antico, aggrappato sul rilievo del Castello, alla "platea", grande piazza attorno a cui si costituì il nucleo moderno della cittadina; a Galati Mamertino l'intenzione si tradusse nella sistemazione del "chjanu", invaso di forma triangolare in fondo a cui sorsero fronteggiati la nuova Chiesa Madre e il Palazzo del Principe; accanto a questo si allinearono successivamente i fronti della "palazzata", quinta continua delle dimore dei baroni Marchiolo, Bianco, Parisi. Al rinnovo degli organismi urbani nel '500 seguì nel secolo successivo la costruzione di nuove cittadine, sulla base delle "licentiae populandi" rilasciate dalla Corona ai nobili feudatari. Così nel 1619 Antonio Quintana Duegnas Veduta di Florestafondò Floresta su un più antico casale esistente presso gli alti pascoli nebroidei, accresciutasi attorno alla chiesa di S. Giorgio e ai palazzetti prospettanti sulle attuali via Umberto I e Vittorio Emanuele.

S. Domenica VittoriaNel 1628 fu la volta della vicina S. Domenica Vittoria, fondata da S. Pagano attorno alla chiesetta presso la Rocca e al palazzo baronale, oggi inteso come "la Torre". Nel 1630 il Barone Luigi Gallego di Militello ottenne dal re Filippo IV la "pia facoltà di popolare la marina" di S. Agata Militello, iniziando a far sorgere attorno al nuovo castello costiero una cittadina destinata ad accrescersi considerevolmente, sede di una classe borghese che a partire dalla II metà dell'800 fece sorgere cospicue dimore all'interno del paese e nelle campagne vicine, dove furono impiantate moderne piantagioni di agrumi. Nel 1692 fu la volta di S. Teodoro, sorta a breve distanza da Cesarò attorno alla chiesa e al palazzo del principe Bonaccini, che aveva ottenuto il feudo con investitura da parte del re Carlo II. 

L'abitato di S.Stefano di Camastra Ma ancor più interessante esperienza urbanistica fu quella del Duca di Camastra che fece ricostruire l'abitato di Santo Stefano di Camastra, distrutto da una frana nel 1682, presso la costa (1695-1708).

L'impianto ebbe a modello un quadrilatero romboidale inciso da strade a pettine individuanti oblunghi isolati, ulteriormente segnato da un sistema principale di strade crociate (mediane e diagonali) che individuano nei maggiori incroci degli slarghi a raggiera, richiamandosi al disegno di taluni giardini reali settecenteschi. Al centro vi fu edificata con elementi di reimpiego la chiesa di S. Nicolò, mentre sul lato a mare fu eretto il palazzo baronale. La fiorente attività di lavorazione della terracotta e della ceramica favorì il sorgere di numerosi stazzi all'esterno del perimetro urbano, verso sud ed est, attirandovi l'espansione più recente, tra le cui costruzioni si distinguono - decorati con maioliche locali - la chiesa del Calvario e il Palazzo Armao.

Torna indietro